CONSIGLIO
DI STATO,
SEZ. IV - sentenza 28 aprile 2008 n. 1873 , domanda risarcitoria e rito
speciale del silenzio rifiuto
E’
inammissibile la domanda di risarcimento del danno, sul
piano processuale e su quello sostanziale in quanto non sussiste alcuno
dei
presupposti di applicazione dell’art. 21 bis della legge n. 1034 del
1971,
poiché col rito in esso previsto può unicamente essere
impugnato il silenzio
serbato dall’amministrazione su una istanza, ma non si può
formulare alcuna
ulteriore domanda, né quella di impugnazione dell’atto che abbia
dato riscontro
all’istanza (cfr. C.d.S. Sez. IV, n. 5310 del 2007), né quella
volta al
risarcimento di un danno, poiché – in ragione della natura del
rito – non
possono essere esaminati gli indefettibili elementi costitutivi
dell’illecito
(quello oggettivo, l’antigiuridicità e la colpevolezza).
R E P U B B L I C A I T
A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il
Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n.
7744 del 2007, proposto dai signori Pia Belmonte e Ferdinando Belmonte,
rappresentati e difesi dall’avvocato Paolo De Caterini, presso il cui
studio
sono elettivamente domiciliati in Roma, alla via A. Bertoloni n. 49;
contro
il Comune
di Battipaglia,
in persona del Sindacopro tempore, non costituitosi nella
presente fase
del giudizio;
per la riforma
della
sentenza del
Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania,
Sezione di Salerno, Sez. I, 10 luglio 2007, n. 810, e per
l’accoglimento
integrale del ricorso di primo grado n. 703 del 2007;
Visto il
ricorso in
appello, con i relativi allegati;
Visti gli
atti tutti del
giudizio;
Relatore
il Consigliere di
Stato Luigi Maruotti alla udienza del 19 febbraio 2008;
Nessuno
presente per le parti;
Considerato in fatto e
in diritto quanto segue:
1. A seguito della decadenza
del vincolo preordinato
all’esproprio su un’area di loro proprietà (estesa mq 110), in
data 12
settembre 2006 gli appellanti hanno proposto al Comune di Battipaglia
una istanza
volta alla sua ripianificazione quale area con destinazione C2.
In assenza
di un riscontro
del Comune, col ricorso di primo grado (proposto ai sensi dell’art. 21
bis
della legge n. 1034 del 1971 al TAR per la Campania,
Sezione di Salerno), gli interessati hanno impugnato il silenzio
dell’amministrazione, nonché la delibera consiliare n. 48 del 7
settembre 2006
(riguardante la determinazione dell’indennità da corrispondere
nel caso di
reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio), ed hanno
altresì chiesto
la condanna del Comune al risarcimento dei danni derivanti dal ritardo
della
ripianificazione dell’area.
Con la
sentenza n. 810 del
2007, il TAR:
- ha
accolto il ricorso,
nella parte rivolta alla dichiarazione dell’obbligo del Comune di
definire il
procedimento;
- ha
dichiarato
inammissibile l’impugnazione della delibera riguardante i criteri di
liquidazione dell’indennità nel caso di reiterazione del vincolo
preordinato
all’esproprio (perché esso non è stato disposto);
- ha
dichiarato inammissibile
la domanda di risarcimento del danno (perché non proponibile col
ricorso
previsto dall’art. 21 della legge n. 1034 del 1971).
2. Col
gravame in esame,
gli appellanti hanno chiesto che, in parziale riforma della sentenza
gravata,
sia accolta la loro originaria istanza di destinazione dell’area a zona
C2 ed
hanno altresì chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei
danni
patrimoniali e morali (da liquidare in una somma giornaliera per ogni
giorno di
ritardo).
Nel
richiamare i principi
giurisprudenziali applicabili nel caso di decadenza del vincolo
preordinato
all’esproprio, nonché i principi nazionali e comunitari sul
risarcimento del
danno, gli appellanti hanno dedotto che in questa sede potrebbe essere
accertata la fondatezza della pretesa della istanza di ritipizzazione
del
terreno quale area con destinazione C2, ai sensi dell’art. 2 della
legge n. 241
del 1990 (come novellata con le leggi nn. 15 e 80 del 2005).
3.
Così riassunte le
censure degli appellanti, ritiene la Sezione che esse vadano
respinte.
3.1.
Quanto alla loro
pretesa che in questa sede sia accolta l’istanza già presentata
in sede
amministrativa, osserva la Sezione che non è nella
specie applicabile
il richiamato art. 2, per il quale nel giudizio avverso il silenzio,
«il
giudice amministrativo può conoscere della fondatezza
dell’istanza».
Infatti,
il giudice
amministrativo può esercitare tale potere di cognizione solo
quando l’istanza
abbia sollecitato l’emanazione di un provvedimento vincolato, e
cioè quando una
sola sia la soluzione conforme all’ordinamento e l’amministrazione non
abbia
emanato il dovuto atto.
Solo in
tal caso,
l’inerzia dell’amministrazione – di accertamento dei requisiti
necessari e
sufficienti per l’accoglimento dell’istanza – può essere seguita
dall’accertamento in sede giurisdizionale dei medesimi requisiti.
Invece,
quando – come
nella specie - si tratti del mancato esercizio di un potere
discrezionale
(caratterizzato dalla insostituibilità dell’esercizio del potere
amministrativo
sulla scelta tra più possibili valutazioni conformi
all’ordinamento), e a
maggior ragione quando si tratti di poteri di pianificazione, in sede
giurisdizionale di legittimità non si può assolutamente
sostituire la
indefettibile valutazione dell’autorità amministrativa e non si
può accertare
se l’istanza di ripianificazione sia ‘accoglibile’ o ‘fondata’.
Non
può pertanto il
giudice amministrativo formulare alcuna valutazione sugli interessi
pubblici
che l’amministrazione comunale intenda soddisfare nel corso della fase
del
procedimento che si conclude con la delibera di adozione della variante.
3.2.
Quanto alle altre
pretese degli appellanti, esse risultano ugualmente infondate,
poiché:
- come ha
correttamente
rilevato la sentenza gravata, essi non hanno alcun interesse a
censurare la
delibera comunale concernente la reiterazione dei vincoli preordinati
all’esproprio, in quanto tale vincolo non risulta stato nella specie
reiterato;
- in ogni
caso, le
eventuali pretese di natura pecuniaria nei confronti
dell’autorità urbanistica
sono rilevanti nei limiti previsti dall’art. 39 del testo unico sugli
espropri,
per le cui controversie, inoltre, sussiste la giurisdizione del giudice
civile
e la competenza della corte d’appello;
-
in relazione alla domanda di risarcimento del danno, sul
piano processuale e su quello sostanziale non sussiste alcuno dei
presupposti
di applicazione dell’art. 21 bis della legge n. 1034 del 1971,
poiché col rito
in esso previsto può unicamente essere impugnato il silenzio
serbato
dall’amministrazione su una istanza, ma non si può formulare
alcuna ulteriore
domanda, né quella di impugnazione dell’atto che abbia dato
riscontro
all’istanza (cfr. C.d.S. Sez. IV, n. 5310 del 2007), né quella
volta al
risarcimento di un danno, poiché – in ragione della natura del
rito – non possono
essere esaminati gli indefettibili elementi costitutivi dell’illecito
(quello
oggettivo, l’antigiuridicità e la colpevolezza).
4. Per le
ragioni che
precedono, l’appello va respinto.
Nulla per
le spese e gli
onorari del secondo grado del giudizio, non essendosi costituita
l’amministrazione appellata.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l’appello n. 7744 del
2007.
Nulla per
le spese e gli
onorari del secondo grado del giudizio.
Ordina che
la presente
decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, nella
camera di consiglio tenutasi il giorno 19 febbraio 2008, presso la sede
del
Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:
Giovanni
Vacirca
Presidente
Costantino
Salvatore
Consigliere
Luigi
Maruotti Consigliere
estensore
Anna Leoni
Consigliere
Carlo
Deodato Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Luigi
Maruotti Giovanni
Vacirca
Depositata
in Segreteria
il 28/04/2008.
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