Consiglio di Stato, sez. V, 15 febbraio 2002, n. 917, sulla della
selezione di un socio privato minoritario per una costituenda società
per azioni a capitale misto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
decisione
sui ricorsi in appello:
R.G. 1760/2001 proposto dalla AGAC s.p.a. in persona del legale rappresentante
pro tempore in proprio e quale mandataria dell’Associazione temporanea
con la DECO s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione
in carica, entrambi rappresentati e difesi dagli avvocati Ettore Paolo
Di Zio e Angelo Clarizia presso il quale ultimo elettivamente domiciliano
in Roma, alla via Principessa Clotilde, n. 2
contro
EMAS AMBIENTE s.p.a.in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino e Andrea Abbamonte,
elettivamente domiciliata in Roma, al viale Parioli, n. 180 presso il primo;
e nei confronti
del Comune di Pescara, in persona del Sindaco in carica, rappresentato
e difeso dagli avvocati Osvaldo Prosperi e Benedetto Giovanni Carbone presso
il quale ultimo elettivamente domicilia in Roma, V.le di Villa Grazioli
n. 13;
nonché di Manutencoop s.c.a.r.l. e Aimeri s.p.a. non costituitesi
in giudizio.
R.G. 2048/2001 proposto dal Comune di Pescara come sopra rappresentato
e difeso
contro
EMAS AMBIENTE s.p.a. come sopra rappresentata e difesa
e nei confronti di
Consorzio AGAC come sopra rappresentato e difeso;
nonché di Manutencoop s.c.a.r.l. e Aimeri s.p.a. non costituitesi
in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo
– sezione staccata di Pescara n. 54/2001 pubblicata mediante deposito il
29 gennaio 2001
Visti gli appelli con i relativi allegati:
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Emas Ambiente s.p.a.
e del Comune di Pescara.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Viste le ordinanze nn. 1933 e 1935 del 2001 con le quali sono state
accolte le richieste di sospensione della esecuzione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti delle cause;
Nominato relatore per l’udienza dell’11 dicembre 2001 il Consigliere
Filoreto D’Agostino e uditi altresì per le parti gli avvocati Angelo
Clarizia per Agac s.p.a., Mario Sanino e Andrea Abbamonte per Emas Ambiente
s.p.a., Osvaldo Prosperi e Benedetto Giovanni Carbone per il Comune di
Pescara;
Visto il dispositivo di decisione n. 686 del 19.12.2001;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue
Ritenuto in fatto
Vengono in decisione gli appelli avverso la sentenza in epigrafe indicata
con la quale il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione
staccata di Pescara ha accolto il ricorso n. 418/2000 proposto dall’appellata
Emas Ambiente s.p.a. e ha, per l’effetto, annullato le deliberazioni della
Giunta municipale di Pescara 12 aprile 2000, n. 143 e 9 maggio 2000, n.
202, statuenti l’approvazione della graduatoria della selezione di un socio
privato per una costituenda società per azioni a capitale misto
e l’individuazione, nel raggruppamento temporaneo di imprese costituito
tra le società AGAC e DECO, del socio “A” della costituenda s.p.a.
per la gestione del servizio di nettezza urbana nonché gli atti
presupposti, tra i quali i verbali di gara, e gli atti conseguenti, tra
i quali la determinazione del Dirigente comunale 25 maggio 2000, n. 47,
di costituzione della s.pa. mista.
L’appellata Emas Ambiente s.p.a. si è costituita e ha concluso
per il rigetto dei gravami.
All’udienza dell’11 dicembre 2001 parti e causa sono state assegnate
in decisione.
Considerato in diritto
Va preliminarmente disposta la riunione dei due appelli rivolti avverso
la medesima sentenza.
Le questioni proposte con i gravami alla decisione di questo Consiglio
di Stato sono sostanzialmente due:
a) se l’impresa che abbia partecipato a una procedura ristretta ad
evidenza pubblica “assimilata all’appalto concorso” (per la scelta di socio
minoritario di una costituenda società per azioni finalizzata alla
gestione del servizio di igiene urbana) e sia stata collocata nella relativa
graduatoria al terzo ed ultimo posto sia legittimata a interporre rimedio
giurisdizionale avanti il Giudice amministrativo;
b) se sia legittima la deliberazione del Comune di Pescara che, a fronte
delle conclusioni raggiunte dalla Commissione di gara, secondo la quale
nessun progetto presentato dalle partecipanti era tecnicamente idoneo,
ha ritenuto di scegliere come socio minoritario l’impresa che si era collocata
al primo posto nella graduatoria formata dalla Commissione stessa.
I temi qui rassegnati sono variamente intrecciati tanto da consigliare
il Collegio di anteporre la disamina della questione sub b), dalla cui
conclusione emergono ragioni necessarie e sufficienti per risolvere correttamente
anche la precedente sub a).
Sub b).
E’ incontestabile che la Commissione di gara emise un giudizio
di inidoneità dei progetti delle tre concorrenti.
Sul progetto dell’appellante AGAC la valutazione di inidoneità
è stata affidata alle seguenti parole: “la raccolta differenziata,
anche se in linea con l’attuale, risulta inadeguata ed inoltre lo stesso
progetto privo di indicazione circa il raggiungimento degli obiettivi
fissati dal decreto Ronchi. Il servizio di spazzamento prevede un numero
inadeguato di personale e mezzi tale da non garantire almeno l’attuale
livello del servizio.”
In claris non fit interpretatio.
La Giunta comunale di Pescara, a fronte di una così categorica
conclusione, aveva un solo e preciso dovere: non approvare gli atti e comunque
procedere a nuova gara.
Le ragioni sono evidenti:
l’inidoneità del progetto non rende solo svantaggiosa per l’amministrazione
l’offerta, ma individua anche un preciso punto di contrasto tra interessi
in concreto perseguiti e interesse pubblico cui era preordinata la procedura
di selezione;
l’interesse pubblico primario e rilevante sul quale si strutturava
l’intera gara era evidentemente quello di acquisire una proposta tecnicamente
valida da parte del socio minoritario della costituenda società
per azioni;
in carenza di quest’ultima, il Comune appellante avrebbe dovuto fare
buon uso del principio costituzionale di buon andamento che impegna l’Amministrazione
ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da perseguire
(C.d.S., V, 26 luglio 1999, n. 508);
in funzione di tale principio e per il ripristino della legalità,
la pubblica Amministrazione è sempre tenuta, in sede di approvazione
dei risultati di una procedura a evidenza pubblica, a riesaminare gli atti
di gara (C.d.S., IV, 7 ottobre 1998, n. 1290);
è per questa finalità che il soggetto pubblico conserva
tutti i poteri e facoltà (compresi quelli di revocare e annullare
gli atti amministrativi e le operazioni connesse precedentemente posti
in essere) prima della stipulazione del contratto (C.G.R.S., 20 luglio
1999, n. 365; C.d.S., V, 22 gennaio 1999, n. 50; V, 19 maggio 1998, n.
633);
in tale quadro, è stata ritenuta legittima la revoca di
aggiudicazione fondata sul riscontro di carenze o difformità tecniche
(C.d.S., V, 20 dicembre 1996, n. 1575);
in sintesi: la non approvazione è collegata a un preciso e rilevante
interesse pubblico (C.d.S., VI, 14 gennaio 2000, n. 244; V, 25 novembre
1999, n. 1986), evidentemente correlato, nel caso di specie, alla mancata
acquisizione di un progetto conforme alle prescrizioni di bando e della
lettera d’invito;
alla stregua di questo dato, il Giudice di prime cure, con osservazioni
ineccepibili, ha ritenuto illegittimo il comportamento dell’Amministrazione
comunale che, pur in presenza di un così preciso giudizio di inidoneità
dei progetti presentati, ha sostanzialmente eluso e violato le previsioni
del bando di gara e della lettera di invito (che presupponevano offerte
tecnicamente valide e adeguate) e ha utilizzato in modo distorto
gli atti della procedura selettiva, decidendo di costituire la società
mista con un soggetto la cui offerta era stata valutata come inidonea;
la ratio cui si è ispirata la pronuncia qui impugnata è
implicita nella più recente giurisprudenza di questo Consiglio,
che ha ribadito come la scelta del socio nella formazione delle società
di capitali preordinate alla gestione di pubblici servizi deve necessariamente
seguire procedure di evidenza pubblica, non potendosi tale scelta sottrarre
ai principi concorrenziali ormai immanenti nell’ordinamento, quando si
debba prescegliere un operatore privato chiamato a svolgere attività
per conto e nell’interesse della pubblica amministrazione (C.d.S., V, 3
settembre 2001, n. 4586; V, 22 maggio 2001, n. 2835; V, 19 settembre 2000,
n. 4850);
al di fuori di una selezione in base alla logica dei requisiti richiesti
(in aderenza cioè ai precetti del bando di gara e della lettera
di invito, che, nel caso di specie, erano stati elusi o ignorati dai concorrenti),
la scelta del socio finisce per risolversi una specie di individuazione
sulla base del mero intuitus personae, da tempo ripudiata per i comportamenti
anacronistici ed elusivi dei principi di buon andamento e imparzialità
dell’azione amministrativa (C.d.S., V, 6 aprile 1998, n. 435);
in definitiva, ancorché strutturata come approvazione dei risultati
di gara, la determinazione del Comune di Pescara di prescegliere un socio
la cui offerta era obiettivamente inidonea equivale a una statuizione che
esula dalla logica dell’evidenza pubblica e si risolve in una immotivata
statuizione fondata sull’intuitus personae.
In definitiva, si ravvisa un incolmabile iato tra risultato della gara
(che avrebbe imposto la non aggiudicazione e la ripetizione della procedura)
e la determinazione di costituire comunque la società per azioni
con soggetto presentatore di offerta inidonea, con la conseguenza di assimilare
la statuizione del Comune appellante a una scelta che esula dalla procedura.
Sub a)
Se può agevolmente omologarsi la determinazione impugnata alla
scelta di un socio al di fuori della logica concorrenziale e concorsuale,
in contrasto, cioè, con il principio stabilito dall’articolo
22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (che impone di avvalersi di strumenti
concorsuali particolarmente affinati: C.d.S., V, 19 febbraio 1998, n. 192),
ne consegue la piena legittimazione dell’appellata a impugnare il provvedimento
di affidamento del servizio in qualità di impresa del settore, come
lucidamente osservato nella pronuncia di prime cure.
Gli appelli vanno pertanto respinti.
Si compensano le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta riuniti
gli appelli n. 1760/2001 e 2048/2001, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma addì 11 dicembre 2001 dal Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta riunito in camera di
consiglio con l’intervento dei Signori:
Presidente f.f. Corrado Allegretta
Consigliere Aldo Fera
Consigliere Filoreto D’Agostino est.
Consigliere Marco Lipari
Consigliere Marzio Branca
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