Tar Emilia Romagna, sez. staccata di Parma, sent. n. 422 del 11
settembre 2000, sull’attività extraterritoriale delle Aziende Municipalizzate
nel settore dei servizi idrici
FATTO E DIRITTO
1.La ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe indicati con i quali
è stato affidato il servizio acquedottistico del Comune di ……. “in
regime di concessione” per il periodo 1/3/1997 – 31/12/2004, all’A.S. M.
……, deducendone l’illegittimità.
Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, hanno controdedotto
puntualmente alle avverse doglianze concludendo per la reiezione del ricorso.
L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. 191/1997.
All’udienza del 4/7/2000 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Va preliminarmente respinta l’eccezione di irricevibilità
del ricorso per carenza di legittimazione e di interesse a ricorrere sollevata
dalla difesa dell’A.S.M. nei confronti della ………..
In realtà la Società ricorrente è incontestabilmente
un’operatrice nel ristretto e specifico settore di attività oggetto
degli atti impugnati e, in sostanza, lamenta una violazione della par condicio.
In effetti l’affidamento del servizio in parola all’A.S.M., in virtù
delle scelte operate dall’Amministrazione, di fatto le preclude la possibilità
effettiva di partecipare ad eventuali procedure selettive per svolgere
essa stessa la medesima attività. Ciò consente di ravvisare
in capo alla ricorrente un interesse strumentale alla verifica della legittimità
degli atti impugnati oggetto del presente giudizio (cfr. per la legittimazione
a ricorre in fattispecie analoghe, Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 198,
n. 1996; Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 1995, n. 454).
3. Va altresì respinta l’eccezione di irricevibilità
del ricorso per tardività in relazione alla impugnativa della deliberazione
19/3/1996, n. 52, con cui il Comune di ………. avrebbe autorizzato l’A.S.M.
di ……….. ad operare al di fuori del territorio comunale.
Nella concreta fattispecie in esame, infatti, si discute della gestione
del servizio acquedotto del Comune di ……….e, pertanto, la lesione concreta
ed effettiva della posizione soggettiva della Società ricorrente
si verifica nel momento in cui, con la deliberazione del Consiglio Comunale
di ……20/1/1997, n. 696, tempestivamente impugnata, si affida effettivamente
all’A.S.M. di ……. il servizio acquedottistico “in regime di concessione”
per il periodo 1/3/1997 – 31/12/2004.
4. Ne’ può essere condivisa l’eccezione di improcedibilità
del ricorso (rectius inammissibilità), per omessa impugnativa dell’atto
presupposto costituito dal Regolamento comunale di …… per la gestione del
pubblico acquedotto.
Tale Regolamento, infatti, concerne la fornitura, l’uso e la distribuzione
dell’acqua degli acquedotti del Comune di …….. la cui gestione è
affidata all’A.S.M., ossia le modalità operative di effettuazione
del servizio, una volta affidato all’Azienda Servizi Municipalizzati di
……….. Tali aspetti, invece, non sono oggetto di contestazione in quanto
la Società ricorrente si duole alla base della scelta di affidare
il servizio in convenzione all’A.S.M. e non delle modalità concrete
ed operative dello svolgimento dell’attività stessa. La scelta di
affidare il servizio acquedottistico all’A.S.M., quindi, è ricollegabile
direttamente ed unicamente agli atti ritualmente impugnati con il presente
ricorso che, pertanto, per questo profilo, è pienamente ammissibile.
5.Nel merito il ricorso è infondato.
Con la prima censura la Società ricorrente deduce la violazione
dell’articolo 10 della legge n. 36 del 1994 che, secondo la prospettazione
della difesa, in vista della creazione del servizio idrico integrato,
avrebbe voluto “bloccare” la situazione esistente per evitare che i singoli
comuni procedessero ad affidamenti parziali dei servizi idrici.
Tale interpretazione non può essere condivisa.
L’articolo 10, primo comma, in parola, richiamato dalla ricorrente
a sostegno dalla propria tesi, infatti, dispone che “ Le Aziende speciali,
gli enti ed i consorzi pubblici esercenti i servizi, anche in economia,
esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, continuano
a gestire i servizi loro affidati fino alla organizzazione del servizio
idrico integrato”. Tale disposizione non può essere interpretata
nel senso di un blocco generalizzato verso l’affidamento, nelle forme consentite,
del servizio idrico o di parte di esso come il servizio acquedottistico,
pena in alcuni casi l’impossibilità di svolgere un servizio pubblico
essenziale per la collettività. La norma, infatti, ha inteso garantire
continuità ai servizi esistenti alla data di entrata in vigore della
legge, in attesa della realizzazione del servizio idrico integrato, ma,
qualora il suo svolgimento con le modalità in essere non sia possibile,
non ha certo precluso l’affidamento del servizio ad altro soggetto nelle
forme di legge. In sostanza tale disposizione ha valore di proroga per
i servizi esistenti naturalmente se gli enti gestori intendano esercitare
la facoltà loro concessa. Del resto, una interpretazione così
restrittiva, diretta a paralizzare l’espletamento di un servizio pubblico
essenziale anche nel caso in cui l’ente attualmente gestore non intendesse
o non fosse più in grado di svolgere detta attività, farebbe
venir meno ogni interesse anche strumentale al presente ricorso da parte
della stessa Italgas che, comunque, se fosse corretta detta interpretazione,
non potrebbe, come nessun altro soggetto, aspirare al conseguimento del
servizio stesso.
Naturalmente, ogni nuovo affidamento del servizio non può pregiudicare
e ritardare la realizzazione del servizio idrico integrato ove si realizzino
le condizioni e si pongano in essere le procedure per renderlo operativo
e, pertanto, ogni nuovo affidamento è destinato a venir meno con
la effettiva realizzazione del servizio idrico integrato previsto dalla
legge 5 gennaio 1994, n. 36.
6. Con la seconda censura viene dedotta la violazione degli articoli
22 e seguenti della legge 142 del 1990 nonché la violazione dell’articolo
267 del r. d. 1175/193 e dell’articolo 20 della legge n. 36 del 1994, essendo
stato affidato il servizio acquedottistico di ………… all’A.S.M. di …….. senza
svolgere alcun tipo di procedura di evidenza pubblica e solo in base alla
previa stipula di una convenzione.
Tale vizio di legittimità non sussiste.
Come precisato da questo Tar con la sentenza n. 386 del 3 luglio 1998
la legge n. 142 del 1990 non ha abrogato l’articolo 5 del D. P. R. n. 902
del 1986 (in tal senso vedi Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2000, n. 1520;
23 aprile 1998, n. 475; 3 agosto 1995, n. 1159), il quale consente al Comune
di deliberare l’estensione dell’attività della propria Azienda di
servizi al territorio di altri Enti Locali, previa intesa con i medesimi,
sulla base di preventivi di impianto e d’esercizio formulati dall’Azienda
stessa e ciò, al di fuori di ogni gara di appalto, attraverso lo
strumento alternativo della stipula di un’apposita convenzione (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 20 marzo 2000, n. 1520, sopra citata). Nella concreta fattispecie
in esame le Amministrazioni intimate hanno utilizzato proprio la procedura
prevista dal citato articolo 5 del D. P. R. n. 902 del 1986, senza che
assuma rilievo la circostanza che la deliberazione impugnata abbia fatto
esplicito riferimento soltanto all’articolo 24 della legge n. 142 del 1990,
di cui l’articolo 5 costituisce una fattispecie speciale, disciplinata
autonomamente ma pur sempre compresa nel più ampio genus dell’articolo
24. Ciò che rileva ai fini della legittimità delle scelte
amministrative effettuate, infatti, è la sostanza del potere esercitato
che nel caso concreto è perfettamente riferibile a quello previsto
dallo stesso articolo 5.
7. Con il terzo motivo la società ricorrente rileva che, comunque,
nella fattispecie non sussisterebbero neppure i presupposti per l’applicazione
dell’articolo 5 del D. P. R. n. 902 del 1986, mancando il requisito dell’integrazione
funzionale dell’attività dell’Azienda A.S.M. con l’attività
da svolgere nel Comune di ………...
La censura non è condivisibile nella particolare fattispecie
concreta concernente i servizi idrici.
Va, infatti, osservato che non soltanto la deliberazione del Consiglio
comunale di ………. impugnata fa esplicito riferimento all’esigenza di intensificare
i rapporti tra i Comuni della ……….. al fine di sviluppare la possibilità
di utilizzare l’A.S.M. per lo svolgimento, in modo coordinato ed integrato,
di una serie di servizi ambientali, ma soprattutto che la normativa specifica
di settore costituita dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, per quanto concerne
la particolare materia delle risorse idriche, ha introdotto il principio
dell’ambito territoriale ottimale per lo svolgimento del servizio proprio
al fine di superare la frammentazione delle gestioni ed il conseguimento
di adeguate dimensioni gestionali, con ciò evidenziando la necessità
di superare l’ambito territoriale comunale per lo svolgimento di detto
servizio, naturalmente nel rispetto del suddetto “ambito territoriale ottimale”,
come definito dall’articolo 8 della stessa legge, nella fattispecie presumibilmente
coincidente con l’ambito provinciale, sulla base delle valutazioni della
Giunta Regionale (vedi delib. G. R. doc. 7).
Da rilevarsi, al riguardo, che il Comune di …….. è finitimo
con quello di ………….
8. Ne’ può essere condivisa la censura secondo la quale la previsione,
a carico dell’A.S.M., di un canone annuo di trenta milioni costituirebbe
un onere economico a carico del Comune a cui fa capo l’azienda non
consentito dal citato articolo 5 del D. P. R. n. 902 del 1986.
Va, infatti, osservato che nessun onere economico è a carico
del Comune di ……… e che il canone in parola, a carico dell’A.S.M, costituisce
un mero corrispettivo per l’utilizzo della rete esistente di proprietà
del Comune di ……….. che ben potrà essere considerato anche in sede
di determinazioni tariffarie, per garantire l’economicità di gestione.
9. Con il quarto motivo di ricorso viene dedotta genericamente la violazione
dei principi generali in materia di concorrenza e di pubbliche gare, nonché
dell’articolo 41 della Costituzione.
Va preliminarmente osservato che con la presente censura non si ravvisa
la violazione di una specifica direttiva o regolamento comunitario e del
resto la direttiva Cee n. 92/50 in materia di appalti di servizi non potrebbe
trovare applicazione con riferimento alle concessioni di pubblico servizio
(per una fattispecie analoga vedi Tar Emilia Romagna, sez. staccata di
Parma n. 10 del 23 gennaio 1996) , essendo il suo ambito di applicazione
riferito alle ipotesi in cui l’Amministrazione sceglie un appaltatore che
svolge servizi a suo favore e remunera i servizi stessi attraverso la corresponsione
di un corrispettivo.
Ne’ sussiste alcun contrasto con l’articolo 41 della Costituzione,
che semmai riguarderebbe una eventuale incostituzionalità degli
articoli 24 della legge n. 142 del 1990 e dell’articolo 5 del D. P. R.
n. 902 del 1986, che l’Amministrazione ha applicato nella specie, in quanto
l’articolo 41 stesso costituisce una norma programmatica diretta ad orientare
il legislatore che, con la normativa sopra indicata non ha sacrificato
significativamente la possibilità per le imprese di svolgere la
propria complessiva attività economica ed il suo intervento, sulla
base delle valutazioni del legislatore stesso, attribuendo la facoltà
di operare in regime di concessione, con i limiti sopra indicati,
appare diretto a garantire altri principi di rilievo costituzionale per
la gestione di pubblici servizi.
Ne’ sussiste la violazione del Trattato Cee in quanto, in mancanza
di una specifica normativa, in proposito, la “specifica missione affidata”
cui fa riferimento l’articolo 90 del Trattato Cee per le imprese incaricate
della gestione di servizi di interesse economico generale, quale deroga
alle regole della concorrenza, non va limitata al mero territorio comunale
ma può essere estesa nei limiti di cui all’articolo 5 del
D. P. R. n. 902 del 1986, nonché “all’ambito territoriale ottimale
per lo svolgimento del servizio”, come precisato al punto 7 della presente
sentenza.
10. E’ altresì infondata la quinta censura con cui si deduce
il difetto di motivazione della deliberazione impugnata. In realtà
la deliberazione del Consiglio Comunale di …….. 20/1/1997, n. 696, con
cui il Comune di …….. ha approvato lo schema di convenzione da stipulare
con il Comune di …….. ed ha affidato all’A..S.M. di .......... il servizio
acquedottistico “in regime di concessione” per il periodo 1/3/1997 – 31/12/2004,
indica le valutazioni di merito dell’Amministrazione, non sindacabili in
questa sede di legittimità, alla base della scelta adottata, ne’
era necessaria, ai fini della legittimità dell’atto, contrariamente
a quanto dedotto dalla ricorrente, una puntuale motivazione in ordine agli
aspetti economici ed ai criteri di definizione del compenso stesso.
11.Per tali ragioni il ricorso va respinto.
Sussistono giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese
di causa
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di
Parma, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo Respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
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