Cass. Civ., sez. III, 14 luglio 2004, n. 13084, sulla
rappresentanza
apparente colposa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 25 giugno 1996 Domenico Musumeci convenne in
giudizio, dinanzi al pretore di Catania, la Cooperativa edilizia
"Carmen
‘80", onde sentir dichiarare la sussistenza del nesso di
causalità tra un
pagamento di L. 7.500.000 da lui effettuato in data 17.10.1990, nelle
mani di
Giuseppe Buonomo (promotore e fondatore della cooperativa) a titolo di
versamento quote sociali in favore della convenuta e l'indebito
arricchimento
da questa, per l'effetto, conseguito.
La cooperativa, non costituitasi in giudizio, previa dichiarazione di
contumacia, venne condannata dall'adito Pretore (che riconobbe
l'esistenza di
un indebito arricchimento in suo favore) a corrispondere al Musumeci la
somma
richiesta, oltre interessi e spese processuali.
La sentenza venne riformata dal tribunale di Catania che, in
accoglimento
dell'appello della società, rigetterà integralmente la
domanda del Musumeci,
ritenendo:
- che il soggetto fisicamente destinatario del versamento della quota
sociale,
e cioé Giuseppe Buonomo, non rivestisse più da tempo la
carica di
amministratore della cooperativa, tanto che, processato in sede penale,
egli
era stato condannato per appropriazione indebita di somme
corrispostegli da
vari soci (tra cui proprio il Musumeci) o aspiranti soci della "Carmen
‘80".
- A conferma tale assunto v'era una scrittura privata del 18.3.1993, in
virtù
della quale veniva raggiunto, tra la cooperativa ed il Bonomo, un
accordo
transattivo che vedeva quest'ultimo obbligarsi a restituire le predette
somme
(accordo, peraltro, mai onorato).
- Era pertanto "evidente", secondo il giudice d'appello "che il
Bonomo aveva tratto in inganno i vari soci della cooperativa", ma
"dell'attività di quest'ultimo, la seconda non poteva certo
rispondere,
dovendo viceversa rispondere il Bonomo stesso".
- "Il fatto che il Bonomo, per raggirare i soci della cooperativa, si
presentasse agli stessi come incaricato alla riscossione delle somme"
non
valeva, ancora secondo il giudice di seconde cure "a far ritenere la
cooperativa obbligata alla restituzione".
- Ed era ancora "evidente che il Musumeci avrebbe dovuto rivolgere la
sua
azione nei confronti del Bonomo e non nei confronti della Cooperativa"
che, delle somme in contestazione, "non aveva beneficiato, e,
conseguentemente, non se ne era indebitamente arricchita". (il giudice
di
appello rigetterà, conseguentemente, l'appello incidentale
proposto dal Musumeci
sul tema della rivalutazione della somma ottenuta in primo grado e
della
corretta decorrenza degli interessi legali sulla medesima).
Impugna la sentenza del tribunale catanese il Musumeci, con ricorso
affidato a
due motivi.
Resiste con controricorso la Cooperativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso di Domenico Musumeci è fondato e va, pertanto,
accolto per quanto di
ragione.
In ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso medesimo,
vengono,
nel primo motivo di doglianza, riportate testualmente le risultanze
processuali
testimoniali del giudizio di merito (ciò che consente l'accesso
diretto agli
atti relativi da parte della Corte, per il dovuto riscontro pro
veritate, pur
essendo nella specie lamentato il vizio di omessa e contraddittoria
motivazione), dalle quali si evince come, quantomeno sino all'anno
1992, a
detta del presidente della cooperativa, Clemente Cucchetti:
- il Bonanno fosse stato effettivamente socio promotore e fondatore
della
cooperativa, attivatosi per la sua creazione attesa la sua esperienza
nel
settore;
- egli si fosse occupato della gestione economico-amministrativa della
"Carmen ‘80" anche dopo aver rassegnato le dimissioni;
- in particolare, egli avesse provveduto a mantenere i rapporti con gli
organi
regionali competenti, a riscuotere i versamenti che i soci, secondo
esigenze da
lui stesso rappresentate, erano chiamati ad effettuare nel corso degli
anni, a
tenere i libri contabili;
- egli godesse, in definitiva, essendo l'unica persona con esperienza
nel campo
delle società cooperative, della fiducia incondizionata dei
soci;
- che tale fiducia era poi venuta meno nel corso del 1992, anno in cui,
ritirati i libri sociali dalle mani del Bonanno, venivano a lui
richieste
spiegazioni scritte circa il suo comportamento.
A ciò va aggiunto che, per effetto del versamento oggetto della
presente
controversia, l'odierno ricorrente venne regolarmente iscritto nel
registro dei
soci della cooperativa, mentre la successiva esclusione (ciò che
generò la sua
richiesta di restituzione della quota originariamente versata) fu
causata dal
non avere voluto il Musumeci partecipare al successivo programma
associativo.
E' pertanto evidente che il Tribunale catanese abbia fatto assoluto
malgoverno
delle risultanze processuali e dei canoni che impongono di valutare
queste
ultime secondo corretti criteri (logici e) giuridici di
interpretazione,
criteri, nel caso di specie, da identificarsi con l'applicazione del
principio
dell'incolpevole affidamento nell'apparenza, creatasi senz'altro per
fatto e
per colpa della cooperativa, della legittimità formale e
sostanziale della
posizione del Bonomo in seno alla compagine sociale quale effettivo
rappresentante di quest'ultima (in argomento, ex multis, cfr. Cass.
4299/1999;
3988/1999; 11186/1998; 6770/1996; 9902/1995).
La sentenza di merito va cassata sul punto ed il processo rinviato ad
altra
sezione del tribunale di Catania che, nell'uniformarsi al principio di
diritto
dianzi indicato, provvederà anche alla liquidazione delle spese
del presente
giudizio di cassazione.
Resta assorbito il secondo motivo del ricorso principale, al pari del
ricorso
incidentale del controricorrente avente ad oggetto il regolamento delle
spese
processuali.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il
secondo
motivo ed assorbito altresì il ricorso incidentale; cassa e
rinvia, anche per
le spese, al Tribunale di Catania.
ROMA, 3.3.2004.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 14 LUGLIO 2004
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