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Tribunale civile di Bologna, 15 gennaio 1999, sull'obbligo dell'Università di restituire la prima rata delle tasse universitarie in caso di mancata immatricolazione UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA : “ Voglia il Giudice adito: - in preliminare e principale dichiarare inammissibile la riassunzione del processo; - in subordine, nel merito, respingere la domanda in quanto infondata. In ogni caso, con vittoria di spese ed onorari”. giudizio l’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA in persona del Magnifico Rettore pro tempore (di seguito, per brevità, UNIVERSITÀ), riassumendo davanti al Tribunale un procedimento già iniziato davanti al Giudice di Pace di Bologna con citazione notificata il 26/6/1995 e conclusosi con la sentenza 27/11/1995, nella quale il Giudice di Pace dichiarava la propria incompetenza per materia indicando nel Tribunale di Bologna il giudice competente e compensando le spese di lite. Esponeva il M. richiamandosi a quanto già evidenziato davanti al Giudice di Pace, di avere in data 22/8/1994 versato presso gli sportelli della Carimonte banca la somma di £. 568.500 -pari all’importo della prima rata di tasse universitarie- necessaria per procedere all’immatricolazione presso il corso di laurea in economia e commercio per l’anno accademico 1994-95, così come prescritto dal bando emesso dall’UNIVERSITÀ contenente le istruzioni per l’immatricolazione, posto che per quell’anno accademico era stato stabilito il cosiddetto ‘numero chiuso’ e le immatricolazioni erano consentite solo ai primi 1400 studenti che avrebbero versato la prima rata della tassa d’iscrizione. Al momento del versamento di tale somma il M. riceveva il modulo per la domanda d’immatricolazione, da presentarsi presso la competente segreteria universitaria entro il 7/10/1994, come disposto dal bando d’iscrizione per l’anno accademico 1994-95, secondo il quale “il pagamento della prima rata di tasse non costituisce immatricolazione, questa, pertanto, deve essere perfezionata con la presentazione alle segreterie della domanda, nonché di tutti i documenti necessari, improrogabilmente entro il termine del 7/10/1994, in caso contrario la domanda sarà considerata fuori termine”. Parte attrice non provvedeva peraltro a presentare la domanda d’immatricolazione, e si determinava quindi a richiedere all’UNIVERSITÀ la restituzione della somma versata corrispondente alla prima rata di tasse universitarie, poiché la mancata immatricolazione rendeva privo di causa il versamento effettuato a titolo di rata d’iscrizione. In seguito alla risposta negativa da parte del Rettore tramite raccomandata inviata in data 9/5/1995, il M. conveniva in giudizio l’UNIVERSITÀ davanti al Giudice di Pace per chiedere la restituzione della tassa versata, ritenendo sussistere nel caso di specie gli estremi dell’indebito oggettivo o dell’arricchimento senza causa. Con sentenza del 27/11/1995 comunicata il 4/12/1995, il giudice adito dichiarava “la propria incompetenza per materia ai sensi dell’articolo 9 comma 2° c.p.c., che attribuisce al Tribunale ordinario le cause in materia di imposte e tasse” e compensava le spese di lite. Per tali motivi, il M. conveniva in giudizio l’UNIVERSITÀ di Bologna davanti al Tribunale, chiedendo la restituzione della somma pagata in conformità alle conclusioni già prese innanzi al Giudice di Pace. 2) Con comparsa di risposta depositata in data 7/5/1996 si costituiva in giudizio l’UNIVERSITÀ degli studi di Bologna con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto della domanda. Esponeva in via pregiudiziale di rito parte convenuta, che la riassunzione del processo doveva considerarsi inammissibile, poiché l’articolo 38 c.p.c. nel testo precedente la riforma della legge 353/1990 prevedeva la riassunzione nel solo caso di incompetenza territoriale non funzionale ed ove vi fosse espressa adesione delle altre parti. Oltre che inammissibile in rito, la domanda di parte attrice -ad avviso di parte convenuta- era pure infondata nel merito. Infatti, il versamento della prima rata della tassa di iscrizione comportava “la costituzione di effetti giuridici vincolanti per l’ateneo nei confronti dell’odierno attore”, garantendogli “il riconoscimento del diritto di accesso al corso di studi prescelto” mantenendo vincolato “il posto (uno dei 1400 previsti)” necessario per iscriversi in presenza del numero programmato. Pertanto, il fatto che il M. non avesse poi provveduto all’iscrizione doveva considerarsi irrilevante, posto che “il pagamento effettuato non poteva essere considerato privo di causa”; e posto che “è la natura della tassa in argomento a rendere inaccoglibile la richiesta di ripetizione” poiché “in previsione della domanda dell’interessato l’ateneo ha organizzato e predisposto il servizio didattico”, e la “domanda dello studente rappresenta il fatto generatore della spesa cui ha corrisposto l’offerta del servizio”. Per tali motivi, parte convenuta chiedeva il rigetto della domanda. 3) Alla prima udienza del 9/5/1996 le parti concordemente chiedevano fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni. Alla seconda udienza del 1/12/1998 venivano precisate le conclusioni così come sopra trascritte, ed il G.I. tratteneva la causa in decisione assegnando i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali memorie di replica. Solo parte attrice, depositando comparsa conclusionale in data 11/1/1999, svolgeva le proprie difese conclusive. secondo la quale la riassunzione del processo deve dichiararsi inammissibile in quanto non prevista dall’ordinamento nel caso di incompetenza per materia. Tale eccezione è giuridicamente del tutto infondata, e come tale deve essere respinta. Come ha correttamente rilevato parte convenuta, è infatti orientamento pacifico ed incontestato della Suprema Corte che l’istituto della riassunzione ha una valenza generale e s’applica a tutte le forme di incompetenza, non potendosi attribuire in tal senso nessuna rilevanza alla differenza tra incompetenza per valore, per territorio derogabile, per litispendenza, continenza o connessione e l’incompetenza per materia o per territorio inderogabile (cfr. da ultimo Cass. 30/1/1998). Infatti, la norma di cui all’articolo 50 c.p.c., pur se collocata nella sezione VI del capo I del titolo I del codice di procedura -sezione relativa al regolamento di giurisdizione e competenza- tanto per il tenore letterale (il processo continua se la riassunzione avviene dopo la comunicazione della sentenza di regolamento “o della sentenza che dichiara l’incompetenza del giudice adito”) tanto per il contenuto logico e l’interpretazione sistematica, ha una valenza di carattere generale ed è riferita -oltre che alle sentenze di Cassazione- anche alla riassunzione dopo la sentenza di incompetenza di un giudice di merito, senza distinzioni circa il tipo di incompetenza ravvisata. In particolare, la giurisprudenza non ha mai dubitato che ad una sentenza che statuisca l’incompetenza per materia del giudice ed indichi il giudice ritenuto competente, ben possa seguire una comparsa di riassunzione per proseguire la causa davanti a tale giudice (cfr. ex pluribus Cass. 9073/1997, Cass. lav. ord. 728/1996, Cass. 10692/1992, Cass. 410/1989, Cass. 5948/1986, Cass. 5551/1981, Cass. 3290/1980). Proprio questo è il caso di specie, posto che il Giudice di Pace si è dichiarato con sentenza incompetente indicando come competente ai sensi dell’articolo 9 c.p.c. il Tribunale, e parte attrice ha correttamente e tempestivamente riassunto la causa davanti al giudice dichiarato competente nel rispetto del termine semestrale di cui all’articolo 50 c.p.c. Nessun profilo di inammissibilità può quindi essere mosso nei confronti dell’atto di riassunzione proposto dal M., e l’eccezione dell’Avvocatura dello Stato deve quindi essere respinta. Il Tribunale, ritenendo poi corretta la pronuncia di rito del Giudice di Pace, non ha motivo di sollevare conflitto di competenza ex art. 45 c.p.c., e la competenza a giudicare della causa resta quindi definitivamente ben radicata davanti a questo giudice. b) Passando ora all’esame del merito della domanda attorea, relativa alla richiesta di restituzione del versamento effettuato a titolo di prima rata di iscrizione senza essere seguito poi dall’immatricolazione all’Università, va rilevato come la domanda appaia fondata e debba pertanto essere accolta. Occorre innanzitutto evidenziare come non possa dubitarsi del fatto che l’immatricolazione all’Università da parte del M. non si sia mai verificata, e che il pagamento di £. 568.500 effettuato il 2/8/1994 sia stato fatto a titolo di pagamento della prima rata di tasse universitarie. Non lascia infatti dubbi in proposito il tenore letterale del bando emanato dall’UNIVERSITÀ di Bologna relativo alle istruzioni per le immatricolazioni dell’anno accademico 1994-95, che recita come “il pagamento della prima rata di tasse non costituisce immatricolazione, questa, pertanto, deve essere perfezionata con la presentazione alla segreteria della domanda nonché di tutti i documenti necessari, improrogabilmente entro il termine del 7 ottobre 1994, in caso contrario la domanda sarà considerata fuori termine” e che “lo studente provvederà alla compilazione della domanda di immatricolazione nelle parti non stampate” della ricevuta del versamento che il cassiere della banca rilascerà in duplice copia. D’altronde, che il meccanismo fosse questo, e che il M. abbia pagato la prima rata di tasse universitarie ma non sia mai risultato immatricolato all’Università di Bologna per l’anno accademico 1994-95 per il fatto di non avere presentato l’apposita domanda alla segreteria, è circostanza pacifica in causa e non contestata dall’UNIVERSITÀ (cfr. pagg 3 e 4 della comparsa di risposta). Ciò posto, ritiene il Tribunale che l’unica funzione economico-sociale che possa essere ricondotta al versamento delle tasse universitarie, sia quella dell’ottenimento dell’immatricolazione. Qualora, per un motivo qualunque, l’immatricolazione non avvenga, il pagamento della tassa universitaria risulta senza causa, e pertanto deve essere ripetuto ai sensi dell’articolo 2033 c.c. a titolo di indebito oggettivo. Tale assunto è condiviso anche dalla giurisprudenza -per la verità non numerosa- formatasi sul punto, che ha chiarito come le tasse di iscrizione universitarie sono dovute dagli studenti “in virtù di tale loro specifica veste”, e cioè in virtù dell’immatricolazione (cfr. Cons. Stato 45/1997); e come conseguentemente sia dovuta la restituzione delle tasse universitarie versate nel caso di non avvenuta immatricolazione (cfr. Cass. Sez. Un. 6322/1997). Non ha poi pregio l’osservazione dell’Avvocatura dello Stato, per la quale la mancata immatricolazione è imputabile ad una scelta volontaria del M., poiché l’articolo 2033 c.c. non esclude la ripetizione delle somme versate nel caso il vincolo non sorga per una scelta ricollegabile ad una parte, limitandosi invece a prescrivere la ripetizione in seguito alla mancanza originaria o sopravvenuta della causa debendi. Parimenti da rigettare è il tentativo di parte convenuta di ricondurre ad un meccanismo causale diverso da quello dell’iscrizione il pagamento effettuato da parte attrice, assumendo trattarsi di una tassa a seguito della quale l’Ateneo s’impegna “al riconoscimento del diritto di accesso al corso di studi prescelto” (pag. 3 comparsa di risposta). Basta al proposito osservare come da un lato l’ordinamento non riconosce alle Università alcuna potestà impositiva autonoma al di fuori dei casi fissati dalle leggi (cfr. Cass. Sez. Un. 6322/1997 e T.A.R. Toscana 13/1994); dall’altro lato, già si è comunque detto come sia lo stesso bando a qualificare come dovute a titolo di tassa di iscrizione -e non ad altro titolo- le somme versate. Ugualmente fuori luogo è il rilievo sviluppato dall’Avvocatura secondo il quale “è, invero, la natura della tassa in argomento a rendere inaccoglibile la richiesta ripetizione” (pag. 4 comparsa di risposta). Infatti, come ha correttamente rilevato controparte, la tassa di iscrizione all’Università è giustificata dalla fornitura del “servizio di insegnamento” da parte dall’Ateneo, ma per usufruire di tale “servizio di insegnamento” è necessaria quell’immatricolazione che nel caso di specie mai si è verificata. Pertanto, il pagamento della tassa è stato effettuato per un servizio che non può essere utilizzato, ed il pagamento stesso non può quindi che essere ripetuto. Essendo la buona fede dell’accipiens, e cioè dell’UNIVERSITÀ, presunta secondo i principi generali e comunque ictu oculi evidente per il fatto che la mancata immatricolazione è riconducibile alla scelta volontaria del M., gli interessi sulla somma da ripetere decorrono ai sensi dell’articolo 2033 c.c. dal giorno della domanda. Trattandosi poi di giudizio di riassunzione, come più sopra specificato, per il principio della traslatio iudicii la domanda giudiziale deve essere intesa come quella proposta davanti al Giudice di Pace, poiché ai sensi dell’articolo 50 c.p.c. la dichiarazione di incompetenza non fa cessare la litispendenza, ed il rapporto processuale sorto davanti al giudice incompetente continua se tempestivamente riassunto davanti al nuovo giudice -in questo caso il Tribunale- in forza della domanda originaria (cfr., ex pluribus, Cass. 4940/1988). c) Conclusivamente allora, l’UNIVERSITÀ degli studi di Bologna deve essere condannata a restituire a titolo di indebito oggettivo a P. M. la somma di £. 568.500, posto che il versamento effettuato a titolo prima rata di iscrizione universitaria è rimasto senza causa, con interessi legali dal 22/6/1995 (giorno della domanda giudiziale) al saldo. Le spese di lite della procedura davanti al Tribunale seguono la soccombenza, non essendovi motivo alcuno di derogare alla generale regola dell’articolo 91 c.p.c., e sono liquidate come da dispositivo. Nulla deve invece statuirsi circa le spese di lite relative alla fase davanti al giudice di pace, per le quali la sentenza dello stesso Giudice di Pace aveva disposto la compensazione. definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, promossa da P. M. nei confronti dell’Università degli studi di Bologna in persona del Rettore pro tempore, con atto di citazione davanti al Giudice di Pace di Bologna notificato in data 26/6/1995 e con comparsa di riassunzione davanti al Tribunale di Bologna notificata in data 6/3/1996, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) dichiara tenuta e condanna l’Università degli studi di Bologna in persona del magnifico Rettore pro tempore a pagare al signor P. M. la somma di £. 568.500, oltre ad interessi legali dal 26/6/1995 al saldo; 2) dichiara tenuta e condanna l’Università degli studi di Bologna in persona del magnifico Rettore pro tempore a rifondere al signor P. M. le spese di lite, che si liquidano in complessive £. 2.500.000 (di cui £. 600.000 per esborsi e spese generali, £. 400.000 per diritti, £. 1.500.000 per onorari) oltre IVA e CPA come per legge. Così deciso in Bologna, 15/1/1999. Il Giudice Unico Dott.ssa Arceri (Sentenza redatta con la collaborazione del dottor Gianluigi Morlini, uditore giudiziario). |
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