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Tar Lombardia – Milano, sent. n. 7131 del 12 novembre 2001, sulle quote latte REPUBBLICA ITALIANA
contro Regione Lombardia, in pers. del Pres. della giunta reg. p.t., rapp.ta e difesa dagli avv. ti Vivone e Rapetti ed el.te dom.ta presso in Milano, presso l’Avv.ra reg., v. Filzi 22; e nei confronti A.G.E.A. – Agenzia per le erogazioni in agricoltura, n.c.; per l'annullamento del provvedimento prot. N. MI.2001.13395/ocm del 23.4.2001, notificato in data 28.4.2001, con il quale la direzione generale agricolura della Regione Lombardia comunicava alla ditta ricorrente l’obbligo di versare entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento stesso la somma di £ 14.669.710 a titolo di prelievo supplementare per produzioni di latte attribuite all’azienda stessa, a seguito di mancato riconoscimento dei contratti di soccida posti in essere con la ditta CESIA s.p.a. e di ogni altro atto presupposto o susseguente; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione regionale; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 3.10.2001, il Dott. Solveig Cogliani; uditi, altresì, i procuratori delle parti; F A T T O e D I R I T T O provvedimento con cui la Regione Lombardia comunicava la chiusura del procedimento, relativo al prelievo supplementare, nonché conseguentemente l’obbligo dell’azienda medesima di versare le somme specificate. 2. Per precisare i fatti della complessa vicenda da cui trae origine l’odierna controversia, deve richiamarsi quanto specificato nello stesso ricorso. L’azienda, infatti, come dalla stessa dichiarato, alla luce della normativa sulle quote latte, al fine di sottrarsi all’applicazione dell’inevitabile prelievo supplementare in considerazione del numero di bovini di cui era proprietaria e del quantitativo di latte prodotto, per esubero di commercializzazione di latte rispetto al proprio quantitativo individuale di riferimento, decideva di vendere alcuni capi alla società CESIA s.p.a., avendo quest’ultima intenzione di costituire un’azienda per la produzione del grana padano OGM Free, con la necessità di avere un controllo diretto dell’intero ciclo produttivo. Veniva, così, concluso anche un contratto di soccida, per la durata di due anni rinnovabili, a mezzo del quale l’azienda agricola, che dispone delle strutture necessarie per l’allevamento e la mungitura, si impegnava a prendersi cura delle mucche di proprietà della CESIA, secondo le indicazioni di questa. Deduceva l’azienda di aver posto in atto un comportamento lecito, avendo trovato il contratto di soccidda reale esecuzione. Faceva seguito, tuttavia, il provvedimento su menzionato, con cui , a seguito dell’instaurazione di un procedimento amministrativo nei confronti della ditta CESIA s.p.a. e dello svolgimento dell’istruttoria, nella quale peraltro l’azienda in causa non produceva alcuna copia del contratto di soccida, si contestava alle produttrici, che avevano posto in essere i contratti con la CESIA, tra cui l’istante, la violazione della normativa in vigore e le modalità operartive utilizzate e si dichiarava l’obbligo del pagamento del prelievo supplementare. L’amministrazione considerava, infatti, consegnato il latte ad acquirente non riconosciuto, con attribuzione , pertanto, della produzione per intero al soccidario. Agli atti, risulta, peraltro, il decreto n. 9339 del 23.4.2001, di ingiunzione di pagamento per illecito amministrativo in materia di applicazione del regime di quote latte nei confronti della ditta CESIA s.p.a. soccidante. In tale decreto la Regione evidenziava che: - a seguito dell’istruttoria espletata, “i contratti di soccida che legano il CESIA S.p.A. (soccidante) ai produttori (soccidari) non sono da considerarsi eseguiti in quanto non è stata riscontrata la presenza dei presupposti minimi essenziali…né tantomeno il rispetto di elementi sintomatici…dell’esecuzione di tali contratti, quali: - la separazione fisica delle diverse mandrie presenti in stalla…; - la separazione della gestione alimentare delle diverse mandrie presenti in stalla; - separazione della mungitura…”; - la “valutazione, in merito alla non esecuzine di tali contratti, è confortata e sostenuta dal contenuto della sentenza della Corte di Giustizia C.E. – 15-1-91, n. C. 341/89”,nonché dal fatto che “la Corte di Giustizia (in causa C. 15/95) aveva ritenuto in generale vietato il ricorso al contratto di soccida in quanto “[…] rischiava di favorire forme di partecipazione non conformi alla normativa comunitaria””; - conseguentemente, “la ditta CESIA S.p.A. non possa essere ritenuto l’effettivo produttore della quantità di latte contenuta nella dichiarazione di vendite dirette …ma debba configurarsi come una ditta “Primo acquirente”, anche se non riconosciuto, di latte conferito dai soggetti indicati …come soccidari”; - “pertanto …un contratto di soccida non eseguito nel rispetto della normativa sulle quote latte non può produrre effetti giuridici sostanziali e…quindi il quantitativo di latte che il CESIA S.p.A di chiara di aver prodotto in qualità di soccidante…va in realtà attribuito ai soggetti conferenti come latte prodotto in regime di “consegne”. Faceva seguito, pertanto, la sanzione nei confronti della s.p.a. soccidante per violazione della normativa in materia di ricnoscimento dei soggetti primi acquirenti. 3. Deduceva la ricorrente, le seguenti censure: - I. Violazione degli artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento; - II. Eccesso di potere sotto il profilo dell’insufficienza ed infondatezza della motivazione, per mancata considerazione delle argomentazioni svolte dalla ricorrente nella nota di risposta alla contestazione, nonché poiché i contratti soccida risultavano visionati al momento del sopralluogo; - III. Eccesso di potere sotto il profilo del mancato rispetto della nota della direzione generale dell’agricoltura della Commissione europea (nota del direttore generale CE 13.12.2000), con cui si evidenziava che il contratto di soccida è tipico dell’Italia e che non doveva riscontrarsi alcun divieto qualora il contratto desse vita ad una nuova forma di società, che si presentasse come nuovo titolare delle quote degli associati, dovendosi vietare solo quei contratti di soccida che diano vita a temporanei trasferimenti di quote latte in frode alla legge; - IV. Eccesso di potere per mancato rispetto della circolare 29.6.98 della Regione Lombardia, con cui si precisavano le modalità di accertamento delle anomalie dei contratti e che i contratti devono comunque essere considerati validi in caso di riscontro di concreta esecuzione; - V. Violazione dell’art. 3 Cost., poiché l’amministrazione nel corso dei vari procedimenti di riesame si era sempre soffermata sulla oncreta esecuzione dei contratti e non tanto sugli elementi di seprazione delle mandrie sopra ricordati; - VI. Mancato rispetto del principio dell’affidamento; - VII. Contraddittorietà del comportamento della p.a.; - VIII. Violazione dell’art. 1, co. 4, l. n. 79 del 2000, laddove dispone che il prelievo supplementare debba avvenire a carico del primo acquirente in casoi di ritardato invio dei modelli L1 (e conseguentemente, asseritamente di mancato invio degli stessi). Si costituiva la Regione, precisando che il meccanismo di compensazione deve essere unico a livello nazionale, essendo vietata ogni compensazione tra produttori. I vari Stati membri si debbono così adoperare per evitare le compensazioni intersoggettive. In particolare le quote devono essere distinte in quote consegne e quote vendite dirette, riconosciute alle aziende che producano e trasformino direttamente i proprio latte, disponendo di strutture di lavorazione. Evidenziava che, nei fatti, la compensazione per le produzioni realizzate in consegne è enormemente deficitaria, mentre quelle in vendita diretta è totale. Precisava, altresì, che: - la CESIA s.p.a. non dispone di un centro produttivo proprio, realizzando la produzione, mediante contratti di soccida; - che, tuttavia, non è possibile individuare una separazione delle attività produttive tra i soggetti interessati; - che la stessa organizzazione CESIA s.p.a. è contraria alla normativa che non consente situazioni miste tra regioni diverse (art. 2, d.m. n. 762 del 1994). L’amministrazione, pertanto, sulla base anche dei richiami alla normativa comunitaria ed agli orientamenti della Corte europea, concludeva per la necessità di considerare come autonoma la produzione dei centri aziendali, non riferibili ad un’unica azienda. Questo Tribunale riteneva di accogliere, in sede cautelare, la domanda incidentale di sospensione sulla base della indicazione, nel provvedimento censurato, della mancata produzione del contratto di soccida, risultante, al contrario, agli atti di causa. Nelle more della decisione la CESIA s.p.a. comunicava che la stessa aveva dichiarato di recedere dal contratto in corso con una delle aziende soccidarie, dichiarando che “gli animali ancora detenuti dall’azienda agricola già soccidaria, non sono più di nostra proprietà”. 4. In relazione alla richiesta di riunione dei procedimenti, va rilevato che, pur a fronte della coincidenza delle doglianze prospettate dalle aziende soccidarie della CESIA s.p.a., la complessità della fattispecie, nonché la molteplicità dei provvedimenti adottati, suggerisce di mantenere distinti i procedimenti. 5. Innanzi tutto devono confutarsi i primi due motivi di ricorso. Infatti, la stessa azienda ricorrente afferma in ricorso che l’amministrazione non avrebbe preso in considerazione le note di controdeduzioni prodotte nel procedimento dagli interessati. Orbene, va, rilevato che a seguito dell’apertura del procedimento nei confronti della CESIA s.p.a., nell’ambito del quale già si procedeva al sopralluogo aziendale nelle aziende interessate, qualificate come soccidarie, la regione chiedeva alle amministrazioni provinciali di avviare un controllo presso le unità produttive coinvolte e dichiarate dalla CESIA stessa. Le aziende provvedevano, dunque, a rispondere con proprie note, essendo a conoscenza sia dell’avvenuto sopralluogo che della natura e del contenuto del procedimento avviato nei confronti della CESIA. Non può, conseguentemente, che ritenersi rispettato il principio della partecipazione al procedimento amministrativo. 6. Ai fini della soluzione della controversia in esame deve farsi cenno alla complessa regolamentazione della materia della compensazione della quote latte, con riferimento alla normativa interna e comunitaria. Assumono particolare rilevanza a riguardo i seguenti provvedimenti. Con il reg. CEE n. 3950/92 era istituto il prelievo supplementare, volto all’equilibrio del mercato del latte e dei prodotti derivati. Si disponeva, pertanto, la fissazione per ciascuno Stato membro di un quantitativo globale garantito, formato dalla somma tra quantitativi individuali attribuiti per consegne e quelli per le vendite dirette. L’assegnazione delle quote individuali traeva la ragione dalla produzione ed il trasferimento di quote era determinato solo in collegamento con particolari situazioni previste e disciplinate. Inoltre, era conferita al primo acquirente la responsabilità principale di una corretta applicazione del regime, con la conseguenza che si rendeva necessario il meccanismo del riconoscimento dei primi acquirenti nell’ambito dei singoli Stati. Con il reg. CEE n. 536/93 venivano dettate disposizioni per l’applicazione del precedente regolamento, in particolare per la determinazione del prelievo applicabile in forza dei quantitativi prodotti, determinando le differenze tra quantitativi dati in consegna e quelli in vendita diretta. Ogni Stato doveva rendersi idoneo alla verifica a posteriori dell’esattezza del prelievo compiuta dai primi acquirenti riconosciuti. Il ruolo del primo acquirente assume, nell’ambito della disciplina comunitaria, un ruolo preminente. A questo, infatti, spetta di trasmettere all’autorità competente dello Stato membro interessato una distinta dei conteggi effettuati per ogni produttore, nonché la somma dei quantitativi di riferimento individuali di cui i produttori dispongono. Anche per il solo ritardo il primo acquirente è tenuto al pagamento di una penale (art. 3). Altresì, per il caso di vendite dirette, il produttore è tenuto ad indicare il volume dei prodotti o del latte venduto direttamente ed è tenuto a versare il prelievo dovuto in base ai quantitativi di riferimento. Per quanto concerne la disciplina interna, già il d.m. 30.9.85 prevedeva la registrazione dei produttori venditori diretti. Con la l. n. 468 dle 1992 era disciplinata in attuazione del regolamento comunitario, le modalità con cui i primi acquirenti devono trattenere il prelievo supplementare dai produttori che superano la quota individuale. Il d.m. n. 762 del 1994 prevedeva, poi, le ipotesi particolari di pluralità di aziende con un unico conduttore e di gestione unitaria delle quote da parte di associazioni di produttori. “2. Pluralità di aziende con un unico conduttore. 1. A partire dal periodo 1994-95 il conduttore di una pluralità di unità produttive, può considerare unitariamente le quote inerenti le singole aziende, distribuendo liberamente la produzione sulle medesime, qualora vengano soddisfatte le seguenti condizioni: a) le aziende devono essere ubicate nella medesima regione e nella stessa area omogenea (zone di pianura, zone di montagna, zone svantaggiate); b) ove il conduttore sia un produttore associato, deve essere aderente ad un'unica associazione per tutte le aziende di cui al punto a); c) tutto il latte consegnato è conferito ad un unico acquirente per l'intero periodo. 2. Il conduttore è tenuto a rilasciare all'acquirente cui consegna il latte un'apposita dichiarazione, convalidata dalla regione per quanto concerne il rispetto della condizione prevista al punto a) del comma 1, da cui risulti la sua volontà di avvalersi della facoltà prevista nel presente articolo, gli elementi identificativi delle aziende, e la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, punti a), b) e c). 3. L'acquirente, ricevuta la dichiarazione di cui al comma 2, considera unitariamente i quantitativi di riferimento del produttore. 4. La predetta dichiarazione deve essere inviata, in copia, all'associazione di appartenenza, nel caso in cui il conduttore sia associato, nonché all'EIMA. 5. La realizzazione dell'intero quantitativo di riferimento su un'unica azienda non determina, alle predette condizioni, la perdita della quota ai sensi dell'art. 2, comma 4, della legge n. 468/1992, in relazione alle aziende su cui non è realizzata la produzione medesima. 7. Ove ricorra l'ipotesi prevista nel presente articolo, il quantitativo di riferimento relativo a ciascuna azienda rimane comunque correlato all'azienda cui lo stesso si riferisce e non subisce riduzioni in applicazione dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993.” “3. Gestione unitaria delle quote. 1. Le associazioni di produttori, riconosciute ai sensi del regolamento CEE n. 1360/78, che abbiano richiesto la gestione unitaria delle quote ai sensi dell'art. 3 della legge n. 468/1992 e secondo le modalità di cui al relativo regolamento di esecuzione, svolgono, nell'ambito della gestione unitaria delle quote, i seguenti compiti. 2. I presidenti delle associazioni di produttori effettuano nei termini e con le modalità previste dall'art. 5, comma 5, della legge n. 468/1992 e dall'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993, la compensazione fra le consegne eccedenti le singole quote e le quantità non utilizzate dai produttori associati titolari di quota. Le modalità tecniche e le procedure di calcolo per effettuare la compensazione sono dettate dall'EIMA con apposita lettera circolare. 3. Qualora per uno o più produttori non siano pervenuti all'associazione i dati relativi alle consegne di cui all'art. 5 della legge n. 468/1992, le associazioni acquisiscono, al fine di poter attuare la compensazione, direttamente dai produttori una dichiarazione, sostitutiva di atto notorio, da cui risultino tutti gli elementi utili per il calcolo del quantitativo consegnato nel periodo in questione nonché i dati identificativi degli acquirenti. 4. Nella delibera di imputazione del prelievo supplementare di cui all'art. 5, comma 7, della legge n. 468/1992 devono essere riportati i dati contenuti nelle dichiarazioni effettuate dai produttori ai sensi del comma precedente. 5. I Presidenti delle associazioni esercitano le funzioni concernenti l'esercizio del diritto di prelazione nella vendita di quote previsto dall'art. 10, comma 8, della legge n. 468/1992 e dall'art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 569/1993 fatto salvo l'esercizio del diritto di prelazione da parte delle cooperative…”. 7. Devono, alla luce di siffatte premesse, allora, svolgersi talune considerazioni. Primariamente non si può esaminare la fattispecie oggetto della controversia senza avere riguardo alla politica comune europea in materia, alla necessità di equilibrio del mercato espressa dai provvedimenti comunitari, nonché all’incidenza della disciplina europea nel sistema interno in termini di armonizzazione delle normative. Si pone, nella specie, all’interprete un problema di interpretazione di figure negoziali tipiche del sistema giuridico italiano nell’ambito della quale non si può non tenere in considerazione da un lato l’immediata incidenza delle norme di provenienza comunitaria (come ha precisato la Corte di giustizia, già nella causa n. 93/71, “i regolamenti comunitari … entrano a far parte dell’ordinamento giuridico nazionale”), dall’altro che le ragioni dell’imperatività della fonte sovranazionale sono strettamente legate agli obiettivi di armonizzazione di interi settori di rapporti all’interno dell’Unione. Dalla disciplina sopra ricordata possono estrapolarsi alcuni cardini: - esiste una differenziazione nell’ambito della quota complessiva attribuita agli Stati, tra quote in vendita diretta e quote consegna; - la vendita diretta corrisponde ad aziende che affrontano da sole diversi cicli di produzione e vendita ed è un fenomeno con minore diffusione per comprensibili motivi di ordine economico e di organizzazione aziendale; - le quote di consegna attuano un meccanismo di controllo già a livello di produttori della corrispondenza tra quote assegnate e quote prodotte, assegnando al primo acquirente il compito di verificare la suddetta coincidenza e di applicare il prelievo; - il primo acquirente diventa il responsabile principale dell’esattezza del prelievo e, pertanto, deve essere riconosciuto attraverso un porocedimento particolare; - tutti i meccanismi di cessione di quote e di associazione devono avvenire sulla base di schemi prefissati ed al verificarsi di particolari condizioni, al fine di evitare l’elusione della normativa comunitaria e, specificamente, l’aggiramento delle norme in materia di quote di produzione e di conseguente super prelievo in caso di eccedenza rispetto alle quote assegnate. A fronte dei punti evidenziati, non si discute più qui se il contratto di soccida debba essere considerato negozio con causa legale tipica, accettabile o meno nell’ordinamento come disegnato a seguito dei dettami comunitari, ma va verificato dall’interprete in concreto se la fattispecie negoziale disegnata dalle parti sia in qualche modo capace di realizzare un’elusione dei divieti e degli obblighi imposti dalla disciplina comunitaria del mercato. Deve verificarsi ovvero se sia stato fatto dalle parti un uso strumentale dello schema tipico, al fine di pervenire ad un concreto risultato economico difforme da quello tipico del contratto concluso e per di più vietato dall’ordinamento. Orbene, a tal riguardo appaiono significative le dichiarazioni della parte ricorrente, laddove afferma di aver proceduto alla contestuale vendita dei bovini ed alla stipulazione del contratto di soccida, con conseguente vendita diretta delle quote da parte del soccidante, nuovo proprietario dei bovini, al fine di evitare il prelievo supplementare, che sarebbe derivato dalla produzione di quote latte, superiore a quelle assegnate e destinate ad essere consegnate ad altro acquirente. Tuttavia, già dell’esame della figura negoziale sulla base del diritto interno, l’assunto dei ricorrenti appare fondato su un errato presupposto. Infatti, causa tipica del negozio di soccida è quella di un’associazione tra soccidante e soccidario “per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delleattività connesse, al fine di ripartire l’eccrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano” (art. 2170 c.c.). Dispone, poi, l’art. 2178 c.c. che “gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dalle norme corporative, dalla convenzione o dagli usi”. Nel caso concreto il contratto, qualificato di soccida semplice, in atti, mentre si preoccupa di disciplinare la ripartizione degli utili derivanti dalla trasformazione del latte, nulla prevede sulla ripartizione dei prodotti, ovvero del latte. A prescindere dalle considerazioni di parte resistente sull’uso elusivo dello strumento contrattuale, non può che rilevarsi la diversità tra prodotto ed utile e, dunque, tra latte ed utile derivante dalla trasformazione dello stesso. Ne consegue che, anche a voler assumere a punto di riferimento interpretativo della fattispecie in esame la disciplina di diritto interno, invocata da parte ricorrente, il latte prodotto in regime di soccida non può essere considerato di proprietà del soccidante, ma la titolarità di esso va riferita, in assenza di espressa regolamentazione tra le parti, ad entrambe – soccidante e soccidario. Né vengono richiamati usi sifformi. Pertanto, il latte prodotto, dai bovini di nuova proprietà CESIA, non può che concorrere a costituire la produzione – o super produzione – delle aziende soccidarie, incise dai provvedimenti di prelievo dell’amministrazione. Se si prende in considerazione, poi, la nota prodotta in corso di causa, ed invocata da parte resistente ad ulteriore sintomo dell’anomalia dei contratti posti in essere, con cui la CESIA dichiarava la cessazione del contratto di soccida nei confronti di una delle aziende soccidarie (Chinelli), facendone discendere anche il venir meno della titolarità dei bovini collocati presso l’azienda agricola, deve osservarsi che tale documento può semmai aver valore solo per l’azienda interessata. Tuttavia, non può non ricordarsi che l’art. 2181 c.c., prevede, nel caso di scioglimento del contratto che “il soccidante preleva …un complesso di capi che… sia corrispondente alla consistenza di bestiame apportato all’inizio della soccida”. Sicchè il meccanismo tipico avrebbe comportato che la società titolare dei bovini, a seguito del contratto di vendita e soccidante, prelevasse i bovini originariamente conferiti in soccida. Diversamente parrebbe che la vendita dei capi assuma un significato meramente strumentale alla efficacia del contratto associativo posto in essere. Tuttavia, non risultano nei documenti prodotti strumenti di cessione dei bovini, adottati, da parte della CESIA, in relazione ai capi, già di proprietà delle aziende coinvolte (a parte il menzionato caso), ai quali, però genericamente faceva riferimento la difesa di parte ricorrente in sede di discussione conclusiva. Non può, neppure, dimenticarsi che l’associazione di produttori nel settore della produzione di latte e di prodotti è soggetta ai limiti di cui al d.m. n. 762 del 1994 ricordato (le aziende devono essere collocate nella medesima regione). Peraltro, non possono avere alcun valore vincolante i criteri elaborati nella relazione della commissione ministeriale quote latte in data 16.1.1998. Tuttavia, anche in quella sede, assumeva carattere di rivelazione di anomalia l’omessa richiesta di cambio di titolarità delle quote ed il mantenimento separato delle originarie imprese. Nell’interpretazione deve peraltro farsi riferimento a quanto elaborato del giudice comunitario in tema di acquirente. Afferma da ultimo la Corte di giustizia CE (causa 288/97, sent. Del 29.4.99) che “la nozione di acquirente ai sensi dell’articolo 2, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 28 dicembre 1992, n. 3950 e dell’art. 9 del regolamento (CEE) 28 dicembre 1992, n. 3950, lett. E),…deve essere interpretata nel senso che rientra in essa ogni impresa intermediaria che proceda all’acquisto del latte presso un produttore nell’ambito di un rapporto contrattuale, quali che siano le modalità di remunerazione di quest’ultimo, allo scopo di trattarlo o di trasformarlo essa stessa, oppure di cederlo…”. Nella specie, appare evidente, che ciò che interessava alla CESIA stessa non era la titolarità dei bovini, quanto piuttosto il latte che serviva alla produzione della stessa e che a tal fine risultava stipulato il negozio di soccida, al quale tuttavia non faceva corrispondenza la realizzazione di un’associazione secondo i precetti normativi. La fattispecie realizza, pertanto, un meccanismo attraverso il quale le aziende in produzione eccedente, che avrebbero dovuto consegnare le quote al primo acquirente, assicurandosi l’utile di cui al contratto di soccida, pretendevano di far risultare della CESIA stessa il latte prodotto presso le stesse. Ma, in primo luogo, come già detto, tale assunto non è conseguenza diretta del contratto i soccida, dovendo il latte prodotto essere riferito ad entrambi gli associati. Peraltro, nel quadro evidenziato, risulta alterato sia il descritto meccanismo di controllo delle quote e di prelievo a mezzo del primo acquirente, che l’equilibrio e l’eguaglianza tra produttori capaci di vendite dirette, che, infine, il prescritto sistema associativo. 8. Da quanto esaminato non può che discendere la legittimità del provvedimento assunto dall’amministrazione, oltre che sulla base della considerazione dell’anomalia negoziale, prima di tutto in virtù dell’attribuita titolarità del latte prodotto in capo alle aziende ricorrenti, con conseguente attribuzione del prelievo a carico delle aziende medesime, cui corrisponde il diverso provvedimento sanzionatorio, qui non in causa, nei confronti della CESIA. 9. Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. In considerazione della particolare complessità della fattispecie sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Milano, addì 3.10.2001, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sez. I) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati: Giovanni Vacirca PRESIDENTE Carmine Spadavecchia Consigliere Solveig Cogliani, rel. Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO
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