Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Milano, sentenza
n. 994 del 14 aprile 2003, sulla necessità della gara per l’affidamento
del servizio pubblico
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza) ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso R.G.N. 2710 del 2002 proposto da Pizzamiglio Andrea s.r.l.,
in persona dell’Amm.re unico, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandra
Stefano ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
Milano, v. Fontana 25, per delega a margine dell’atto introduttivo;
contro
Comune di Vidigulfo, in persona del Sindaco pro-temore, non costituito
in giudizio;
e nei confronti
ASM Pavia s.p.a., in persona del Direttore generale pro-tempore, rappresentata
e difesa dall’avv. Colucci ed elettivamente domiciliata presso il suo studio
in Milano, v. Menocchio 18;
per l'annullamento
- della deliberazione n. 15 del 10.6.2002, a mezzo della quale il consiglio
comunale di Vidigulfo deliberava “l’affidamento diretto ad ASM Pavia S.p.A.”
della gestione del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti solidi
urbani e speciali servizi complementari sul territorio comunale, approvando
il relativo schema contrattuale;
- di ogni altro atto e provvedimento preordinato inerente e consequenziale
l’affidamento predetto ed in particolare:
- le deliberazioni C.C. n. 18 del 17.11.2001 e n. 13 del 24.4.2002,
con cui il Comune di Vidigulfo deliberava l’acquisto di partecipazioni
azionarie in ASM Pavia S.p.A. “al fine di procedere alla gestione dei servizi
pubblici ad esso facenti capo attraverso il modello organizzativo della
società di capitali partecipata dagli enti locali”;
- con ogni consequenziale statuizione anche in ordine all’invalidità
del contratto medio tempore eventualmente stipulato;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della controinteressata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 26.2.2003, il Dott. Solveig
Cogliani; uditi, altresì, i procuratori delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Con il ricorso in esame, l’istante, specializzata nei servizi
di igiene urbana ed attività connesse, esponeva che sin dal 1982
aveva svolto, in regime di appalto, presso il comune di Vidigulfo, il servizio
di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e, dal 1996,
anche quello di raccolta differenziata. Nell’imminenza della scadenza della
proroga contrattuale (30.6.2002), era informata dal Comune che il servizio
sarebbe stato assunto dall’odierna controinteressata, società per
azioni a totale capitale pubblico, nata dalla trasformazione in società
di capitali dell’Azienda speciale ASM del Comune di Pavia, partecipata
per la quasi totalità dal Comune di Pavia e per minima parte da
alcuni altri Comuni dell’hinterland pavese..
Pertanto, la Società ricorrente censurava i provvedimenti
sopra indicati, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art.
113, t.u. enti locali nel testo novellato dalla riforma di cui all’art.
35, l. n. 448 del 2001, nonché la violazione del d.lg. n. 157 del
1995 e della direttiva comunitaria 92/50/CEE, in relazione agli artt. 6
e ss. del cit. d.lg., la violazione degli artt. 49 e ss. E 81 e ss. del
Trattato CE. Deduceva, ancora, il vizio di eccesso di potere per sviamento,
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, carenza istruttoria
e carenza di motivazione, contraddittorietà, irrazionalità
ed illogicità manifeste.
In particolare, l’istante evidenziava che l’art. 113 del t.u.
enti locali è stato radicalmente sostituito dalla l. finanziaria
per il 2002, con cui i molteplici modelli di gestione dei servizi pubblici
sono stati sostituiti – per i servizi a rilevanza industriale - dal
“conferimento della titolarità del servizio a società di
capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad
evidenza pubblica”.
Sottolineava, peraltro, che nel corpo normativo non era rinvenibile
alcun differimento temporale per il pieno dispiegarsi dell’effetto abrogativo-sostitutivo
della disposizione menzionata.
Esponeva che il settore in oggetto deve ritenersi rientrare nel
novero dei servizi a rilevanza industriale, rientrando tra i servizi connessi
ad infrastrutture di rete e definiti come produttivi.
Di tal chè, la scelta dell’amministrazione si pone anche
in violazione delle regole comunitarie in tema di evidenza pubblica.
Ulteriormente, l’istante censurava, in via sostanzialmente subordinata,
la violazione dell’art. 113 t.u. cit., nel testo previdente alla richiamata
riforma, in considerazione della esigua partecipazione del comune
affidante al capitale sociale della costituita S.p.A. .
Da ultimo, rilevava la contrarietà della deliberazione
ai principi della libera concorrenza fissati in ambito comunitario nonché
al principio , costituzionalmente garantito, della libertà di iniziativa
economica. Infine, deduceva la violazione delle norme di partecipazione
al procedimento.
Si costituiva la società controinteressata, chiedendo
il rigetto della domanda. In specie, sosteneva l’inapplicabilità
della disposizione del t.u. come rinnovata, prima dell’emanazione della
norma regolamentare che specifichi quali debbano intendersi i servizi pubblici
di rilevanza industriale ed, in particolare, contestava la possibilità
di far direttamente rientrare la categoria del servizio di raccolta e trasporto
rifiuti nella predetta classe. Con riguardo a tale ultimo aspetto,
evidenziava che tale settore è caratterizzato da talune
peculiarità, prima tra tutte la vigenza del regime di tassazione.
Inoltre, richiamava l’art. 21, d.lg. n. 22 del 1997 che stabilisce che
i comuni effettuino la gestione dei rifiuti urbani in regime di privativa,
con eccezione per quanto concerne solo l’attività di recupero a
norma dell’art. 23, l. 31.7.2002 n. 179, di modifica dell’art. 21 predetto.
Relativamente al secondo ordine di censure prospettate, evidenziava
l’irrilevanza della posizione del singolo comune, a fronte invece, della
posizione omogenea dell’insieme dei comuni partecipanti all’assetto societario
della società di capitali.
Contestava, infine, che la posizione dell’istante potesse configurarsi
quale di destinatario diretto ai fini della applicabilità delle
norme sul procedimento amministrativo, richiamate in ricorso.
La causa era chiamata in udienza il 26.2.2003 ed era trattenuta
in decisione.
D I R I T T
O
Osserva il Collegio che, ai fini della definizione della presente
controversia, appare determinante la valutazione circa l’applicabilità
o meno alla fattispecie della disposizione contenuta nell’art. 113, comma
5, d.l.g. 18.8.2000 n. 267, come modificata dall’art. 35, l. 28.12. 2001
n. 448.
I punti su cui deve soffermarsi la riflessione sono tre:
- la vigenza della disposizione prima dell’emanazione del regolamento
governativo di specificazione dei settori qualificabili come servizi pubblici
di rilevanza industriale;
- la riconducibilità del settore oggetto di causa tra i servizi
predetti;
- il rapporto tra la normativa generale di cui al t.u. enti locali
e la disciplina in materia di rifiuti.
Per quanto concerne il primo aspetto, va richiamata la disposizione
di cui all’art. 35, comma 16, l. n. 448 cit., in cui il legislatore
demanda al Governo l’adozione di “un regolamento … ai sensi dell’art. 17,
comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni”
per l’adozione de “le disposizioni necessarie per l’esecuzione e l’attuazione
del presente articolo, con l’individuazione dei servizi di cui all’art.
111, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali,
di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dal
comma 1 del presente articolo, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge”.
Orbene, va osservato, innanzitutto, sul piano letterale, che
la norma non esaurisce le “disposizioni necessarie per l’esecuzione e l’attuazione”
della legge nella individuazione dei servizi pubblici di rilevanza industriale,
ma tale indicazione costituisce un inciso. Ovvero, al Governo è
demandata la disciplina degli aspetti necessari alla predetta attuazione
ed in tale contesto, anche la specificazione de i servizi predetti.
Da un punto di vista sistematico, va rilevato, poi, che nessuna
norma della legge dispone un differimento del vigore della nuova formula
dell’art. 113 all’emanazione del regolamento predetto.
Peraltro, la giurisprudenza ha affermato che “A differenza
di quanto prescritto dall'art. 76, Cost.,
per i regolamenti, il termine fissato dalla
legge per l'adozione del regolamento di esecuzione
non ha carattere perentorio, ne' implica, nel caso in cui
non venga rispettato, la consumazione del potere conferito
all'amministrazione. Esso, infatti, per la sua funzione di normativa
che pone in essere le condizioni
e gli adempimenti necessari alla concreta attuazione
del dettato normativo primario, assolve alla funzione
di completamento ed interpretazione dei principi
contenuti nella legge, ed il momento della sua emanazione deve
intendersi rimesso alla discrezionalita' dell'amministrazione, salvo
che la legge stessa disponga altrimenti.”(Consiglio Stato sez. IV, 25 settembre
1998, n. 1209).
Sicchè, in assenza di un’espressa disposizione di legge,
il concludere per l’inapplicabilità delle disposizioni contenute
nella legge dovrebbe comportare un differimento dell’entrata in vigore
delle disposizioni – anche di raccordo alla disciplina comunitaria
– rimesso alla discrezionalità dell’amministrazione.
La natura stessa del regolamento di esecuzione fa sì che
ad esso non vada riconosciuta una funzione innovativa dell’ordinamento,
essendo esso destinato a disporre solo secundum legem, con una funzione
chiarificatrice, ma in presenza di disposizioni già insite nella
legge.
In tale senso, peraltro, risulta già essersi espresso
questo Tribunale, che con la sentenza n. 1504 del 2002, ha
evidenziato che le disposizioni regolamentari non potrebbero influire “sulla
chiara volontà del legislatore di erogare il servizio... a mezzo
di società di capitali individuate attraverso l’espletamento di
gare con procedura di evidenza pubblica e non con affidamento diretto”.
Passando, ora al secondo e terzo campo di indagine, che risultano
connessi, va rilevato che l’espressione “carattere industriale” non è
nuova nel nostro ordinamento, ormai, trovandosene menzione nella disciplina
degli appalti (a proposito degli organismi di diritto pubblico) di matrice
comunitaria. Ed in tale ordinamento, essa assume il significato di
natura economica dell’attività, ovvero di carattere imprenditoriale
della stessa.
Nell’art. 113 in esame, non si trova alcuna definizione specifica
del servizio pubblico di rilevanza industriale, ma solo un accenno alla
presenza di “impianti” e “reti”, preoccupandosi il legislatore di
disciplinare i casi di unità o differenziazione dell’erogazione
del servizio e della gestione delle reti.
Orbene, l’art. 23, d.lg. n. 22 del 1997, sulla disciplina dei
rifiuti, richiamato dalla difesa della società controinteressata,
dispone al comma 4 “ I comuni provvedono alla gestione dei rifiuti urbani
mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990,
n. 142, come integrata dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n.
498.”, norme che risultano, ormai, sostituite dal t.u. enti locali.
Ed ulteriormente, deve evidenziarsi come la necessaria presenza
di impianti per l’attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti,
rimandi all’ambito di cui all’art. 113 cit., come anche la natura evidentemente
economica della stessa.
Ciò che assume rilievo a riguardo è la natura dell’attività
in sé considerata, che fa sì che il servizio in oggetto,
per la necessità dell’organizzazione produttiva ed economica,
non possa che ricondursi nell’ambito delle attività di rilevanza
industriale.
Né pare che a riguardo possa assumere carattere percussivo
la previsione del regime tariffario, connesso alla esistenza di un servizio
pubblico, come evidenziato dalla giurisprudenza: “Si e' in presenza
di un servizio pubblico, inteso quale attivita' di facere,
quando ricorrono, tra gli altri, gli elementi
della presenza di una tariffa o di
un canone piuttosto che di un corrispettivo
e della effettuazione delle prestazioni a favore di un'utenza
indifferenziata piuttosto che
a vantaggio dell'amministrazione appaltante;
ne consegue” ( T.A.R. Lombardia sez. III, Milano, 29 agosto
2001, n. 5163).
Per quanto sin qui esposto, il ricorso deve essere accolto e
deve essere, per l’effetto annullata la delibera impugnata in via principale.
Secondo quanto evidenziato dalla più recente giurisprudenza
della Cassazione (Sez.III, 9.1.2002 n. 193) e del Consiglio di Stato (Ad.
Plen., 29.1.2003 n. 1), in forza della quale l’annullamento, in sede di
controllo di legittimità, di una deliberazione dell’Amministrazione,
che costituisca presupposto della stipula di un contratto, determina la
nullità – e non la semplice annullabilità – del contratto
(per assenza stessa dell’accordo delle parti), che si condivide, deve dichiararsi
l’invalidità del contratto stipulato tra l’odierno resistente e
la parte controinteressata in termini di nullità.
In considerazione della complessità della fattispecie
esaminata, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di
lite tra le parti.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)
in parte accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla la delibera n. 15
del 10.6.02 impugnata e dchiara la nullità del contratto stipulato
a seguito della stessa. Compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Milano, addì 26.2.2003, dal Tribunale
Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sez. III) riunito in udienza
pubblica con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Italo Raggio Presidente
Raffaello Sestini
Consigliere
Solveig Cogliani, est.
Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
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