T.A.R. Milano, sez. III, 29/7/2009, n. 4550, Titoletto: Caratteri identificativi
del servizio pubblico, anche in base alla disciplina comunitaria. Caratteri
dell’impresa pubblica e dell’organismo di diritto pubblico. Concessione
di servizio pubblico. Affidamento di un servizio pubblico e rispetto dei
principi del Trattato UE in materia di evidenza pubblica. Principi comunitari
e appalti sotto soglia; giurisdizione e appalti sottosoglia.
.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4564 del 2004, proposto da:
Avip Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Andena, Fabio Romanenghi,
con domicilio eletto presso Carlo Andena in Milano, C.So.Porta Vittoria
28;
contro
Consorzio Trasporti Nord Milano, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo
Maria Zanchetta, con domicilio eletto presso Riccardo Maria Zanchetta in
Milano, via Anton Giulio Barrili,31;
nei confronti di
Ipas Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Cataldo Salerno,
con domicilio eletto presso Giuseppe Cataldo Salerno in Rho, Galleria Europa,
21;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- degli atti con i quali il Consorzio ha affidato alla ditta IPAS s.p.a.
il contratto di fornitura, manutenzione e gestione, con utilizzo pubblicitario,
delle paline di fermata degli autobus sulle linee di autotrasporto pubblico
in concessione al Consorzio, nonché delle operazioni di gara, dei
relativi verbali, dell’atto di aggiudicazione, nonché degli atti
ulteriori, preordinati, presupposti, consequenziali e comunque connessi;
nonché per la declaratoria
della doverosità in capo al Consorzio della scelta del contraente
mediante gara ad evidenza pubblica e della nullità, inefficacia
e/o per l’annullamento dell’eventuale contratto stipulato tra il Consorzio
medesimo e la ditta IPAS s.p.a.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Trasporti Nord
Milano;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ipas Spa;
Visti i documenti prodotti dalle parti
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/07/2009 il dott. Fabrizio
Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 22.10.2004 e depositato in data 04.11.2004
la società Avip s.p.a. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe
deducendo i seguenti motivi
1) Violazione dell’art. 2, commi 1 e 2, del d.l.vo 158/95, nonché
degli artt. 11 e 12 dello stesso d.l.vo n. 158/95. In subordine: violazione
dell’art. 13 del d.l.vo n. 158/95. Eccesso di potere per difetto assoluto
di motivazione.
La ricorrente contesta la mancata applicazione delle regole dell’evidenza
pubblica, interne e comunitarie, in materia di appalto nei settori esclusi,
a fronte della natura di impresa pubblica del Consorzio C.T.N.M. s.p.a..
2) Violazione dell’art. 2, comma 1lett. b) e dell’art. 7 del d.l.vo
157/95. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione.
La ricorrente deduce, in via subordinata, la violazione delle regole
interne e comunitarie in materia di evidenza pubblica quand’anche si qualificasse
il contratto affidato come appalto di servizi, a fronte della natura di
organismo di diritto pubblico attribuibile al Consorzio C.T.N.M. s.p.a..
3) Violazione del principio comunitario e interno della concorrenza
in relazione ai canoni di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza
della pubblica amministrazione.
La ricorrente ribadisce la violazione dei principi comunitari in materia
di evidenza pubblica.
4) Violazione del diritto di prelazione così come pattuito tra
le parti. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e
di diritto. Carenza della condizione contrattualmente pattuita a contrattare.
La ricorrente lamenta la violazione del diritto di prelazione ad essa
attribuito in virtù del precedente rapporto instaurato con il Consorzio
- C.T.N.M. s.p.a..
5) Violazione dell’art. 20 della legge regionale 1998 n. 22.
La ricorrente lamenta la mancata applicazione delle procedure ad evidenza
pubblica previste dalla normativa regionale.
6) Efficacia caducante del contratto stipulato con IPAS s.p.a..
La ricorrente chiede l’accertamento della nullità del contratto
stipulato tra I.P.A.S. s.p.a. e C.T.N.M. s.p.a..
Si è costituito in giudizio il Consorzio Trasporti Nord Milano
s.p.a. – C.T.N.M. s.p.a. eccependo il difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo in ordine alla domanda di accertamento della nullità
del contratto, nonché l’infondatezza del ricorso avversario.
Si è costituita in giudizio la controinteressata I.P.A.S. s.p.a.
eccependo, da un lato, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo,
in quanto C.T.N.M. s.p.a. non è qualificabile come organismo di
diritto pubblico o impresa pubblica e, in ogni caso, l’appalto si colloca
al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria, dall’altro, il difetto
di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda di accertamento
della nullità del contratto, inoltre l’inammissibilità del
ricorso per omessa impugnazione degli atti di autorizzazione rilasciati
ad I.P.A.S. s.p.a., ai sensi dell’art. 23 del d.l.vo 1992 n. 285, infine
l’infondatezza del ricorso
Le parti hanno presentato memorie e documenti.
Con ordinanza n. 2829/04 datata 18.11.2004 il Tribunale ha respinto
la domanda cautelare presentata dalla ricorrente.
All’udienza del 09.07.2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) La società A.V.I.P. s.p.a. in data 10.02.2008 stipulava con
il Consorzio Trasporti Nord Milano – gestore del servizio di trasporto
pubblico nel territorio brianzolo - una convenzione avente ad oggetto la
fornitura, l’installazione e la manutenzione da parte di A.V.I.P. s.p.a.
di paline indicatrici di fermata e porta orari, nonché il pagamento
al Consorzio di un canone annuo, con possibilità di utilizzare gli
impianti installati a fini pubblicitari mediante l’esposizione sugli stessi
di materiale pubblicitario.
La convenzione veniva prorogata sino al 30.06.2004.
In data 23.06.2004 A.V.I.P. s.p.a. chiedeva al Consorzio l’ulteriore
proroga della convenzione.
Il Consorzio – trasformatosi in società per azioni con atto
pubblico notarile del 22.12.2000 – con lettera del 09.07.2004 prot. n.
3727/ MR comunicava ad A.V.I.P. s.p.a. l’intenzione di non prorogare il
rapporto, precisando che i relativi impianti sarebbero stati utilizzati
dalla nuova ditta I.P.A.S. s.p.a..
Dalla documentazione versata in atti risulta che il Consorzio Trasporti
Nord Milano in data 12.07.2004 stipulava con la società I.P.A.S.
s.p.a. una convenzione di contenuto corrispondente a quella già
stipulata con A.V.I.P. s.p.a..
Avverso gli atti di affidamento del servizio ad I.P.A.S. s.p.a. ha
proposto impugnazione la ricorrente.
2) L’esame delle questioni di rito e di merito sottese al ricorso proposto
e alle eccezioni sollevate dalle parti resistenti rende necessario esaminare,
in via preliminare, i caratteri del servizio di trasporto gestito da C.T.N.M.
s.p.a. e la natura giuridica del Consorzio stesso, nonché le caratteristiche
giuridiche del servizio oggetto della convenzione con I.P.A.S. s.p.a e
della convenzione medesima.
Difatti, la riconducibilità del servizio di trasporto ad un
appalto di servizi o ad un servizio pubblico, la qualificabilità
del Consorzio come impresa pubblica o organismo di diritto pubblico, anziché
soggetto formalmente e sostanzialmente privato, infine la natura di appalto
di servizi o di servizio pubblico dell’attività affidata ad IPAS
s.p.a e l’eventuale configurabilità come concessione della convenzione
esistente tra quest’ultima e il Consorzio, incidono sulla questione di
giurisdizione sollevata dalle parti resistenti e sul problema, sotteso
al merito del ricorso, della necessità per il Consorzio di rispettare
le regole dell’evidenza pubblica in sede di individuazione del soggetto
cui affidare la forniture, l’installazione e la manutenzione delle paline
indicatrici di fermata.
2.1) In primo luogo deve essere valutata la natura giuridica del servizio
di trasporto gestito dal Consorzio Trasporti Nord Milano s.p.a..
Dalla documentazione versata in atti (cfr. doc.ti 1, 2, 5 prodotti
dal Consorzio resistente) e dal contenuto della memoria di costituzione
di C.T.N.M. s.p.a. risulta che quest’ultima gestisce, nell’interesse di
alcuni Comuni della Regione Lombardia, il servizio di trasporto pubblico
locale di persone mediante autobus.
Si tratta di un servizio disciplinato a livello regionale dalla legge
della Regione Lombardia 1998 n. 22, in coerenza con le funzioni attribuite
alla regione in materia con il d.l.vo 1997 n 422.
Dal coordinamento tra i due testi legislativi emergono i caratteri
del servizio di trasporto locale.
In primo luogo, l’art. 5 del d.l.vo 1997 n. 422, nel trasferire alle
regioni e agli enti locali tutti i compiti e le funzioni relativi al trasporto
di interesse regionale e locale, qualifica espressamente quest’ultimo come
“servizio pubblico di trasporto”, precisando all’art. 7 che le Regioni
devono conferire alle Province, ai Comuni e agli altri Enti locali, tutti
i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di trasporto
di interesse regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo
o amministrazione dello Stato, centrale o periferica, anche tramite enti
o altri soggetti pubblici, che non richiedono l'unitario esercizio a livello
regionale.
Il successivo comma 4 dell’art. 7, nel richiamare i principi in materia
di autonomie locale anche in relazione all’esercizio da parte dei Comuni
delle funzioni in materia di trasporto locale, ne ribadisce la natura di
“servizio pubblico di trasporto locale”.
Inoltre, l’art. 16 stabilisce i criteri in base ai quali le Regioni
devono determinare il “livello dei servizi minimi” di trasporto, qualitativamente
e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità
dei cittadini, precisando che spetta alle Regioni definire, d’intesa con
gli enti locali, “quantità e standard di qualità dei servizi
di trasporto pubblico locale, in modo da soddisfare le esigenze essenziali
di mobilità dei cittadini”.
Il successivo art. 17 – rubricato “obblighi di servizio” - prescrive
che “Le regioni, le province e i comuni, allo scopo di assicurare la mobilità
degli utenti, definiscono, ai sensi dell'articolo 2 del regolamento 1191/69/CEE,
modificato dal regolamento 1893/91/CEE, obblighi di servizio pubblico,
prevedendo nei contratti di servizio di cui all'articolo 19, le corrispondenti
compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo
conto, ai sensi della citata disposizione comunitaria, dei proventi derivanti
dalle tariffe e di quelli derivanti anche dalla eventuale gestione di servizi
complementari alla mobilità”.
Rispetto alle modalità di affidamento dei servizi di trasporto
pubblico locale, l’art. 18 impone alle Regioni e agli Enti locali di ricorrere
“alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla
base degli elementi del contratto di servizio di cui all'articolo 19 e
in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti
pubblici di servizio”
Inoltre, l’art. 19 specifica che “I contratti di servizio assicurano
la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili,
al netto dei proventi tariffari”, precisando che devono in ogni caso essere
rispettati i “principi sull'erogazione dei servizi pubblici così
come fissati dalla carta dei servizi del settore trasporti”.
L’art. 6 della legge regionale 1998 n. 22 ha, tra l’altro, trasferito
ai Comuni le funzioni e i compiti relativi ai servizi di trasporto automobilistico
di linea svolti a livello comunale e di area urbana, ivi comprese le funzioni
relative alla procedure concorsuali per l’affidamento di siffatti servizi.
Sotto altro profilo, va notato che l’art. 15 della l.r. n. 22 prevede
la costituzione di un apposito Organo di garanzia per il trasporto pubblico,
deputato, tra l’altro, a svolgere “funzioni di tutela dell'utenza in ordine
a quanto previsto nei contratti di servizio sotto il profilo quantitativo,
qualitativo e tariffario, proponendo ai soggetti titolari del servizio
eventuali interventi sui gestori; verifica la corretta diffusione di informazioni
sul servizio del trasporto pubblico; promuove l'adozione della Carta dei
servizi di trasporto pubblico locale, esprime pareri e formula osservazioni
sulla qualità dei servizi e sulla tutela dei consumatori su richiesta
della Regione e degli enti locali titolari del servizio”.
Sul piano delle modalità di affidamento del servizio anche la
normativa regionale prevede, ex art. 20, l’utilizzo di procedure ad evidenza
pubblica, specificando che “per l'affidamento dei servizi di trasporto
la Regione, le province ed i comuni fanno ricorso alle procedure concorsuali
in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti
pubblici di servizi. 2. L'aggiudicazione deve avvenire sulla base di modalità
operative definite dalla Giunta regionale e utilizzando la procedura ristretta
di cui all'art. 12, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 17 marzo
1995, n. 158 (Attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative
alle procedure di appalti nei settori esclusi), tenendo conto dell'offerta
economicamente più vantaggiosa di cui all'art. 24, comma 1, lett.
b) dello stesso decreto legislativo. L'ammissione alle gare deve essere
prevista in favore delle imprese singole nonché dei soggetti di
cui all'art. 23 del D.Lgs. n. 158 del 1995, fermo restando che la sommatoria
dei requisiti delle imprese riunite o consorziate deve essere almeno pari
ai requisiti globalmente richiesti dal soggetto aggiudicatore”.
Il dato normativo consente di affermare che il servizio di trasporto
locale di persone gestito dal Consorzio ha natura di servizio pubblico.
Difatti, al di là della espressa qualificazione legislativa
di tale servizio come servizio pubblico, esso in base alla disciplina cui
è sottoposto, presenta i tratti caratteristici del servizio pubblico,
secondo l’elaborazione giurisprudenziale.
In sintesi vale evidenziare che, in mancanza di un quadro normativo
che definisca in modo netto la nozione di servizio pubblico, la giurisprudenza
ha per lo più abbandonato la tesi meramente soggettiva, derivante
dalla tradizione dottrinale francese, che individuava il tratto tipico
del servizio pubblico nell’assunzione come propria da parte dell’amministrazione
di una certa attività che resta quindi ad essa imputabile anche
se esercitata da terzi secondo vari moduli organizzativi, in quanto tale
ricostruzione non tiene conto dei caratteri intrinseci del servizio pubblico,
che, ai sensi dell’art. 43 Cost., può direttamente essere attribuito
a soggetti privati.
Ne è derivata l’adesione per lo più ad una nozione oggettiva
di servizio pubblico, pur nel quadro di una valorizzazione del momento
soggettivo, inteso come individuazione ed assunzione del servizio da parte
dell’Autorità tra i compiti da realizzare, perché intrinsecamente
connesso all’interesse pubblico di cui è portatrice la particolare
amministrazione.
L’adesione ad una nozione c.d. oggettiva non implica che sia definibile
come servizio pubblico ogni attività privata soggetta a controllo,
a vigilanza o a mera autorizzazione da parte di un'amministrazione pubblica,
perché altrimenti il servizio pubblico coinciderebbe con ogni attività
privata rilevante per il diritto amministrativo.
Viceversa, il servizio si qualifica come "pubblico" perché l'attività
in cui esso consiste si indirizza istituzionalmente al pubblico, mirando
a soddisfare direttamente esigenze della collettività in coerenza
con i compiti dell'amministrazione pubblica, che possono essere realizzati
direttamente o indirettamente, attraverso l'attività di privati;
quindi, il servizio pubblico è caratterizzato da un elemento funzionale,
ossia il soddisfacimento diretto di bisogni di interesse generale, che
non si rinviene nell'attività privata imprenditoriale, anche se
indirizzata e coordinata a fini sociali (cfr. sul punto Cassazione civile,
sez. un., 30 marzo 2000, n. 71; Cassazione civile, sez. un., 19 aprile
2004 , n. 7461).
Insomma, la nozione di servizio pubblico va riferita ad attività
che di per sé sono di interesse pubblico, perché intrinsecamente
dotate di rilevanza pubblicistica, attesa la generalità degli interessi
che sono dirette a soddisfare, a prescindere dalla qualificazione del soggetto
cui va imputata tale attività (cfr. sulla necessità di ravvisare
nell'interesse pubblico in quanto tale l'elemento caratterizzante la nozione
di servizio pubblico si veda, tra le altre, T.A.R. Lazio Roma, sez. III,
20 giugno 2006, n. 4845).
Proprio la correlazione tra siffatte attività e l’interesse
pubblico ne impone la sottoposizione ad un regime particolare di tipo garantistico,
che riflette l’esigenza di imparzialità di cui all’art. 97 Cost.,
anche se il servizio viene gestito da privati.
Si tratta di un regime peculiare, derogatorio rispetto alle ordinarie
regole che sovrintendono all’attività delle imprese in regime di
concorrenza, connotandosi per la presenza di elementi di doverosità,
che si traducono nei principi di sussidiarietà, di uguaglianza,
di continuità, di parità di trattamento, di imparzialità
e di trasparenza, cui si correlano obblighi tariffari e di esercizio, di
regolarità e di qualità, non riscontrabili in una normale
attività economica .
In tal senso, la giurisprudenza ha precisato che il servizio pubblico
si caratterizza per essere assoggettato ad una disciplina settoriale, che
assicura costantemente il conseguimento di fini sociali, i quali non si
limitano a connotare sul versante teleologico tale genere di attività,
ma costituiscono la ragione della sottoposizione della stessa ad un regime
giuridico del tutto particolare, sicché, in definitiva, i fattori
distintivi del pubblico servizio sono, da un lato, l’idoneità del
servizio, sul piano finalistico, a soddisfare in modo diretto esigenze
proprie di una platea indifferenziata di utenti, dall'altro, la sottoposizione
del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e
tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a norme
di continuità, regolarità, capacità e qualità,
cui non potrebbe essere assoggettata una comune attività economica
(cfr. Consiglio di stato, sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6574, Consiglio di
stato, sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6325; T.A.R. Lombardia Brescia, 27
giugno 2005, n. 673).
La tesi prevalente specifica, inoltre, che il servizio pubblico attiene
ad un’attività direttamente erogata nei confronti della generalità
degli utenti (cfr. Cassazione civile, sez. un., 12 maggio 2006, n. 10994;
Cassazione civile, sez. un., 12 novembre 2001, n. 14032; Cass. civile,
sez. un., 30 marzo 2000, n. 71; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 11 dicembre
2006, n. 10455; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 20 giugno 2006, n. 4845).
La valorizzazione della dimensione oggettiva del servizio pubblico
è coerente con la disciplina comunitaria, nell’ambito della quale
è il concetto di servizio di interesse generale quello che più
si avvicina alla nozione di servizio pubblico.
Invero, l’art. 16 del Trattato C.E. stabilisce che "fatti salvi gli
articoli 73, 86 e 87, in considerazione dell'importanza dei servizi di
interesse generale nell'ambito dei valori comuni dell'Unione, nonché
del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale,
la Comunità e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze
e nell'ambito di applicazione del presente trattato, provvedono affinché
tali servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano
loro di assolvere i loro compiti".
In tale contesto assume particolare rilevanza l’art. 86 del Trattato
che, al primo comma, precisa che "1. Gli Stati membri non emanano né
mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono
diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente
trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a
89 inclusi”, ma al secondo comma aggiunge che “2. Le imprese incaricate
della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere
di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato,
e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione
di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto,
della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve
essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità
...."
In argomento, la Commissione europea ha precisato che sono servizi
di interesse generale quelle attività di servizio, commerciale o
non, considerate d'interesse generale dalle pubbliche autorità e
per tale ragione sottoposte ad obblighi specifici di servizio pubblico,
specificando che i compiti assegnati a tali servizi e i diritti speciali
che possono esservi connessi “derivano da considerazioni d'interesse generale,
quali, soprattutto, la sicurezza di approvvigionamento, la protezione dell'ambiente,
la solidarietà economica e sociale, la gestione del territorio,
la promozione degli interessi dei consumatori”, fermo restando che possono
essere affidati anche a soggetti privati (cfr. sul punto: comunicazione
della Commissione C.E. n. 96-C, in G.U.C.E., 26 settembre 1996, C - 281,
nonché Cassazione civile, sez. un., 12 novembre 2001, n. 14032;
T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 12 aprile 2006 , n. 1318; in argomento si veda
anche Corte costituzionale, 27 luglio 2004, n. 272).
I tratti distintivi del servizio pubblico sono sicuramente ravvisabili
nel servizio di trasporto locale gestito da C.T.N.M. s.p.a..
Difatti, i già citati d.l.vo 1997 n 422 e legge regionale 1998
n. 22 comprendono tale attività tra i compiti affidati alle regioni
e agli enti locali, evidenziandone la dimensione di interesse pubblico,
trattandosi di in servizio funzionale alle esigenze essenziali di mobilità
dei cittadini.
Per tali ragioni lo sottopongono ad un regime giuridico peculiare,
caratterizzato, tra l’altro, dalla necessaria osservanza di livelli minimi
di servizio, per quantità e qualità, dalla continuità
e dalla regolarità del servizio, dal rispetto di obblighi tariffari,
dalla conformazione ai caratteri definiti in una specifica carta dei servizi,
dalla previsione di un apposito “organo di garanzia” per il trasporto pubblico
con funzioni di tutela dell'utenza.
Del resto, è palese che si tratta di un’attività svolta
direttamente nei confronti della generalità degli utenti, per soddisfare
interessi di rilevanza generale.
Ne deriva che alla luce del quadro normativo di riferimento e degli
orientamenti giurisprudenziali suindicati il servizio di trasporto gestito
da C.T.N.M. s.p.a. è qualificabile come servizio pubblico.
2.2) Tuttavia, la fattispecie in esame non coinvolge l’affidamento
in sé del servizio pubblico di trasporto, ma l’affidamento dell’attività
di fornitura, gestione e manutenzione delle paline segna orario.
Ecco allora, che per stabilire se le contestazioni relative a tale
affidamento rientrino nella giurisdizione del giudice amministrativo e
per individuare il regime giuridico di tale affidamento occorre preliminarmente
definire la natura del Consorzio ed, in particolare, la sua riconducibilità
ad una delle figure di pubblica amministrazione in senso sostanziale.
La parte ricorrente (prospettando alternativamente l’applicabilità
del d.l.vo 1995 n. 158, qualora si riconducesse l’attività affidata
dal Consorzio al settore escluso dei trasporti, o del d.l.vo 1995 n. 157
qualora si riconducesse tale attività ad un ordinario appalto di
servizi) sostiene che il Consorzio è qualificabile sia come impresa
pubblica, sia come organismo di diritto pubblico, con le relative conseguenze
in termini di necessaria osservanza delle procedure ad evidenza pubblica
e correlata giurisdizione del giudice amministrativo.
Le parti resistenti confutano tali affermazioni muovendo dalla natura
solo privatistica del Consorzio quale società per azioni.
Dalla documentazione acquisita risulta che l’attuale s.p.a. deriva
dal Consorzio costituito tra amministrazioni comunali nel 1975 mediante
decreto prefettizio e, nel tempo, ha assunto la diretta gestione del servizio
di trasporto locale nell’interesse delle comunità comunali ad esso
partecipanti; nel 1996 l’ente è stato trasformato in azienda consortile.
Con atto pubblico notarile del 22.12.2000, il Consorzio, in applicazione
dell’art. 18, comma 3, del d.l.vo 1997 n. 422, è stato trasformato
in società per azioni, assumendo la denominazione di Consorzio Trasporti
Nord Milano s.p.a..
L’atto costitutivo e lo statuto societario comprendono espressamente
nell’oggetto sociale anche “la gestione e l’organizzazione dei servizi
di trasporto pubblico urbano, suburbano ed extraurbano”, fermo restando
che l’oggetto complessivo della società è estremamente ampio,
estendendosi ad attività diverse da quella ora indicata.
Nel corso del 2002 la società ha aumentato il proprio capitale
con l’ingresso nella compagine societaria, sino ad allora composta solo
da amministrazioni locali, della società Autoguidovie Italiane s.p.a,
titolare del 34,066% del capitale sociale, mentre il residuo 65% circa
è rimasto di proprietà pubblica (cfr. in proposito pag 4
della memoria del Consorzio datata 16.11.2004 e doc. 5 del Consorzio stesso).
Non è in contestazione che tale situazione perdurasse alla data
della stipulazione della convenzione tra il Consorzio e I.P.A.S. s.p.a.
I dati ora riferiti consentono di qualificare il Consorzio sia come
impresa pubblica, sia come organismo di diritto pubblico, alla stregua
della disciplina interna e comunitaria.
Invero, la direttiva 14 giugno 1993, n. 93/38/CEE – attuata nell’ordinamento
nazionale mediante il d.l.vo 1995 n. 158 – estende il proprio ambito di
applicazione alle imprese pubbliche, definendole come “le imprese su cui
le autorità pubbliche possono esercitare, direttamente o indirettamente,
un'influenza dominante perché ne hanno la proprietà, o hanno
in esse una partecipazione finanziaria, oppure in conseguenza delle norme
che disciplinano le imprese in questione. L'influenza dominante è
presunta quando le autorità pubbliche, direttamente o indirettamente,
riguardo ad un'impresa: - detengono la maggioranza del capitale sottoscritto
dall'impresa, oppure - controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto
le parti emesse dall'impresa, oppure - hanno il diritto di nominare più
della metà dei membri del Consiglio di amministrazione, del Consiglio
direttivo o del Consiglio di vigilanza.
La disposizione è stata riprodotta dall’art. 2, comma 2, del
d.l.vo 1995 n. 158.
La giurisprudenza ha precisato che, in base all’art. 2 del d.l.vo 1995
n. 158 e alla direttiva n. 93/38, l’influenza dominate di una pubblica
amministrazione, ai fini della qualificazione di un’impresa come pubblica,
sussiste, tra l’altro, quando il soggetto pubblico detiene la maggioranza
del capitale sociale dell’impresa influita (cfr. in argomento Consiglio
Stato, Ad. Plen., 23 luglio 2004 , n. 9).
Tale circostanza è sicuramente ricorrente nel caso di specie
visto che l’unico socio privato di C.T.N.M. s.p.a. detiene il 34% circa
del capitale sociale, mentre la maggioranza del capitale è di mano
pubblica.
Né rileva che la maggioranza del capitale sia distribuita tra
più amministrazioni, perché la nozione di impresa pubblica
– rilevante in base alla normativa vigente all’epoca della stipulazione
della convenzione con I.P.A.S. s.p.a. solo in materia di appalti nei settori
esclusi – è legata ad un dato meramente quantitativo, ossia la prevalente
proprietà pubblica, diretta o indiretta, dell’assetto societario
(cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 15 febbraio 2007, n. 266).
La circostanza che C.T.N.M. s.p.a. sia qualificabile come impresa pubblica
non esclude la sua riconducibilità anche alla diversa nozione di
organismo di diritto pubblico.
Il ricorrente richiama sul punto il d.l.vo 1995 n. 157, che, ex art.
2 lett. b), definisce gli organismi di diritto pubblico – recependo la
relativa nozione comunitaria – come gli organismi dotati di personalità
giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalità di interesse
generale non aventi carattere industriale o commerciale, la cui attività
è finanziata in modo prevalente dallo Stato, dalle regioni, dagli
enti locali, da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico, o
la cui gestione è sottoposta al loro controllo o i cui organi di
amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno per
la metà, da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici.
E’ pacifico che la configurazione di un organismo di diritto pubblico
richiede la sussistenza di tre requisiti di carattere cumulativo, quali
la personalità giuridica, la dipendenza dallo Stato, da enti pubblici
territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, nonché la
destinazione alla soddisfazione di bisogni di interesse generale aventi
carattere non industriale o commerciale (giurisprudenza costante, si vedano
ad esempio: Corte giustizia C.E., 15 gennaio 1998, C- 44/96; Corte giustizia
C.E., 13 gennaio 2005, C-84/03).
Nel caso di specie sicuramente è configurabile il primo requisito,
in quanto il Consorzio è una società per azione e quindi
è dotato di personalità giuridica.
Parimenti, sussiste il secondo requisito, in quanto la dipendenza pubblica
emerge dal dato quantitativo della prevalente proprietà pubblica,
ricorrente nel caso di specie.
Sul punto la giurisprudenza ha precisato che siccome la c.d. dominanza
pubblica è normativamente collegata anche ai casi in cui la gestione
è sottoposta al controllo di enti pubblici o di organismi di diritto
pubblico, allora la titolarità pubblica del pacchetto azionario
di maggioranza integra il requisito in esame, trattandosi dello strumento
normalmente praticato per acquisire il controllo di una società
di capitali (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 22 agosto 2003, n. 4748;
T.A.R. Toscana, sez. II, 07 novembre 2003, n. 571; Corte di Giustizia C.E.,
3 ottobre 2000, C- 380/98 ove si precisa che il finanziamento maggioritario
va inteso in termini quantitativi “senza che sia necessaria la predominanza
o la preponderanza di un gruppo rispetto ad un altro”; in argomento si
veda anche Corte giustizia CE, 13 dicembre 2007, C-337/06 ).
Ricorre altresì la terza condizione, ossia la destinazione della
società alla soddisfazione di bisogni di interesse generale aventi
carattere non industriale o commerciale.
In relazione a tale requisito la giurisprudenza, interna e comunitaria,
ha precisato, in primo luogo, che un organismo può avere sostanza
di diritto pubblico pur rivestendo una forma di diritto privato (cfr. Corte
di Giustizia C.E., 15 maggio 2003, C-214/2000), perché non è
tanto la veste giuridica che conta, quanto l'effettiva realtà interna
dell’ente e la sua preordinazione al soddisfacimento di un certo tipo di
bisogni, cui anche le imprese a struttura societaria sono in grado di provvedere,
senza che venga in rilievo al riguardo la maggiore o minore quantità
di spazio ad essi dedicato, visto che per la qualificazione di un ente
come organismo di diritto pubblico non è necessario che il perseguimento
di finalità generali assurga a scopo esclusivo, potendo coesistere
con lo svolgimento, anche prevalente, di attività industriali o
commerciali (cfr. Corte di Giustizia C.E. 10 novembre 1998, C-360/1996;
Corte di Giustizia C.E. 22 maggio 2003, C-18/2001).
Ne deriva che è irrilevante ai fini della qualificazione di
un ente come organismo di diritto pubblico che esso svolga anche attività
diverse non tutte riconducibili alla soddisfazione di interessi di carattere
generale, perché la natura di organismo di diritto pubblico sussiste
anche solo in relazione ad una parte dell’attività svolta; insomma,
anche se la soddisfazione di esigenze di interesse generale, aventi carattere
non industriale o commerciale assume carattere secondario rispetto al concomitante
perseguimento di interessi di carattere industriale o commerciale, ciò
non incide sulla qualificabilità del soggetto come organismo di
diritto pubblico (cfr. Consiglio di stato, sez. VI, 19 maggio 2008, n.
2279; Cassazione civile, sez. un., 07 ottobre 2008, n. 24722 e giurisprudenza
ivi richiamata).
Inoltre, si è precisato sia che l’individuazione del presupposto
in esame va effettuata secondo una prospettiva di tipo funzionale e sulla
base di un’interpretazione di tipo estensivo (cfr. a titolo di esempio
Corte Giustizia CE, sez. VI, 15 maggio 2003, C- 214/00), sia che nell’accertamento
di questo requisito devono essere valorizzate le circostanze di costituzione
del soggetto e le concrete condizioni di esercizio dell’attività.
In particolare, integrano bisogni di interesse generale non aventi
carattere industriale né commerciale quelli che sono soddisfatti
in modo diverso dall’offerta di beni o servizi sul mercato e al cui soddisfacimento,
il soggetto pubblico preferisce, per motivi connessi all'interesse generale,
provvedere direttamente o con riguardo ai quali intende mantenere un'influenza
determinante (cfr. Corte giustizia CE, sez. V, 22 maggio 2003 C - 18/01;
Corte giustizia CE, sez. VI, 16 ottobre 2003 C- 283/00; Corte giustizia
CE, sez. V, 27 febbraio 2003, C- 373/00; Corte giustizia CE, sez. IV, 10
aprile 2008, C- 393/06).
In via di ulteriore precisazione, la giurisprudenza ha chiarito che
la più corretta interpretazione del dettato comunitario impone di
conferire rilievo preminente non già al carattere - industriale
o commerciale - dell'attività gestionale posta in essere da un ente,
bensì alla natura dell'interesse, ossia delle esigenze al cui perseguimento
l’attività è teleologicamente ed istituzionalmente rivolta.
Conseguentemente, è ben possibile che un determinato organismo
persegua un interesse non industriale (ad es.: un fine di interesse generale
per la collettività dei consumatori o degli utenti) utilizzando
strumenti operativi latu sensu privatistici e che nondimeno sia qualificabile
come organismo di diritto pubblico ai sensi del diritto comunitario e della
relativa normativa nazionale di recepimento (cfr. sul punto: Consiglio
di stato, sez. VI, 19 maggio 2008, n. 2279; Consiglio di stato, sez. VI,
10 settembre 2008 , n. 4326; Corte di Giustizia CE, 10 novembre 1998, C-360/96).
Nel caso in esame è pacifico che C.T.N.M. s.p.a. è stata
costituita – in base all’oggetto statutario già richiamato - anche
per realizzare finalità di interesse generale, atteso che tale carattere
è implicito nell’attività di trasporto pubblico locale di
persone, che soddisfa le generali esigenze di mobilità dei cittadini.
Del resto, secondo quanto già precisato si tratta di un’attività
sottoposta ad un regime particolare, diverso dall’ordinaria soggezione
alle regole del mercato, correlato alla natura di servizio pubblico dell’attività
svolta; sicché, la valorizzazione del dato funzionale e quindi delle
esigenze alla cui soddisfazione l’attività è rivolta, nonché
la considerazione delle concrete modalità di svolgimento di tale
attività, da parte di un ente ab origine costituito per soddisfare
siffatte esigenze, consentono di affermare che il Consorzio svolge, in
parte qua, un’attività di interesse generale avente carattere non
industriale né commerciale, idonea a ricondurre la società
nella nozione di organismo di diritto pubblico, ancorché utilizzi
strumenti operativi di natura privatistica, come rilevato dalle parti resistenti.
Ne deriva che in relazione all’attività di cui si tratta il
Consorzio riveste la qualificazione, di rilevanza interna e comunitaria,
di amministrazione aggiudicatrice, essendo qualificabile non solo come
impresa pubblica, ma anche come organismo di diritto pubblico.
2.3) La ricostruzione in termini giuridici dei diversi profili fattuali
in cui si articola la fattispecie sottesa al ricorso proposto va ora completata
portando l’attenzione sulla natura sia del servizio oggetto della convenzione
intervenuta tra C.T.N.M. s.p.a. e I.P.A.S. s.p.a., sia della convenzione
medesima (cfr. doc 11 del consorzio), tenendo presente che il nomen iuris
attribuito dalle parti all’atto non è vincolante per l’interprete,
essendo necessario esaminare il contenuto dell’atto e gli effetti che ne
derivano.
La convenzione stipulata tra C.T.N.M. s.p.a. e I.P.A.S. s.p.a in data
12 luglio 2004 – qualificata come contratto dalle parti che, però,
nell’atto sono indicate rispettivamente come concedente concessionario
– ha ad oggetto la fornitura, l’installazione e la manutenzione di paline
indicatrici di fermata con tabelle di linee, porta orari e marchio del
C.T.N.M. s.p.a.; l’art. 9 dell’atto specifica che I.P.A.S. s.p.a. dovrà
a sua cura e spese realizzare le indicazioni di servizio delle linee negli
appositi spazi a ciò predisposti e provvedere al relativo montaggio
e manutenzione attenendosi scrupolosamente alle direttive del Consorzio,
con la precisazione – ex comma 10 – che i manufatti di cui si tratta diverranno
di proprietà di C.T.N.M. s.p.a. all’atto stesso della loro installazione.
Inoltre, si prevede che per la durata del rapporto è concessa
ad I.P.A.S. s.p.a la possibilità di utilizzare le paline dal punto
di vista pubblicitario, mediante la esposizione di materiale pubblicitario
sulle strutture stesse, con obbligo però di destinare alle indicazioni
di servizio la metà inferiore della facciata anteriore del manufatto
(commi 12 e 13).
Nelle premesse dell’atto si stabilisce che le paline da fornire sono
riconducibili a due tipologie: A e B, con la precisazione che solo le paline
di tipo A saranno utilizzate per esposizioni pubblicitarie, nella facciata
posteriore e nello spazio della facciata anteriore non riservato alle esigenze
di C.T.N.M. s.p.a.
Sul piano economico si prevede che “la concessionaria I.P.A.S. s.p.a.”
si obbliga a corrispondere al C.T.N.M. s.p.a. un corrispettivo annuo di
Euro 22.500,00, oltre iva, in rate quadrimestrali anticipate ( comma 15);
infine, si specifica che “la concessione si intende assegnata salvi ed
impregiudicabili diritti di terzi e le concessioni già in atto”
(comma 17).
Sul piano oggettivo il servizio oggetto della concessione rappresenta
una porzione del più ampio servizio di trasporto pubblico locale
gestito dal Consorzio e non costituisce una mera fornitura di beni e servizi
all’amministrazione.
Invero, I.P.A.S. s.p.a. è incaricata della fornitura, della
gestione e della manutenzione di paline indicatrici di fermata, contenenti
le tabelle delle diverse linee e i relativi orari, con la precisazione
che la società dovrà realizzare a sue spese le indicazioni
di servizio delle linee negli appositi spazi a ciò predisposti,
provvedere al relativo montaggio e manutenzione attenendosi scrupolosamente
alle direttive del Consorzio.
Si tratta di un’attività che soddisfa intrinsecamente gli stessi
interessi generali, afferenti alla mobilità pubblica delle collettività
locali, cui tende il servizio pubblico di trasporto, del quale in definitiva
rappresenta un aspetto, atteso che è di immediata percezione che
il funzionamento di tale servizio implica la indicazione dei luoghi di
salita e discesa, degli orari di transito e delle linee che servono una
determinata località.
Del resto, l’indicazione degli orari di transito, la installazione
delle paline e la loro manutenzione si rivolge direttamente all’utenza,
che fruisce di questo servizio come strumento necessario per l’impiego
del più ampio servizio di trasporto pubblico locale.
Sotto altro profilo, va osservato che la gestione di questa attività
si sottrae alle regole ordinarie del mercato, in quanto la fornitura e
la gestione delle paline, da un lato, è sottoposta sia ad un potere
di direttiva del Consorzio, sia al potere del Consorzio medesimo di pronunciare
la decadenza o di annullare l’atto (commi 16 e 17 della convenzione), dall’altro,
è collegata alla corresponsione periodica da parte di I.P.A.S. s.p.a.
di una somma di denaro in favore del Consorzio.
Del resto, la convenzione in esame presenta strutturalmente i caratteri
della concessione di servizio pubblico e non del contratto di appalto.
La giurisprudenza, interna e comunitaria, ha precisato che i tratti
distintivi della concessione di servizio, che valgono a distinguerla dal
contratto di appalto, sono, da un lato, l'assunzione del rischio legato
alla gestione del servizio, nel senso che il concessionario assume il rischio
economico della gestione, perché la remunerazione che egli percepisce
non è legata al versamento di un prezzo o di un corrispettivo, ma
direttamente alla gestione del servizio (cfr. Corte di Giustizia C.E.,
18 luglio 2007, C-382/05; Corte di Giustizia C.E., 13 ottobre 2005, C-458/03;
Corte di Giustizia C.E., 7 dicembre 2000, C 324/98); dall’altro, la circostanza
che il corrispettivo non sia versato dall'amministrazione, come accade
nei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, atteso che l’amministrazione
percepisce un canone da parte del concessionario (cfr. Consiglio di Stato,
sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3333). Infine, rileva la diversità della
struttura del rapporto, che nella concessione di servizi è trilaterale,
coinvolgendo l'amministrazione, il gestore e gli utenti, sui quali in definitiva
grava il costo del servizio, mentre nell'appalto è bilaterale (stazione
appaltante – appaltatore) e l'obbligazione di compensare l'attività
svolta dal privato grava sull’amministrazione.
Tale distinzione è stata codificata dalla direttiva comunitaria
31 marzo 2004/18/CE e recepita nel nostro ordinamento dall'art. 3, comma
12, e dall’art. 30 del d.l.vo 2006 n. 163, ove si definisce la concessione
di servizi come “un contratto che presenta le stesse caratteristiche di
un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo
della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i
servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo…” (cfr. sulla distinzione
tra appalto e concessione si vedano tra le altre: Consiglio di stato, sez.
V, 05 dicembre 2008, n. 6049; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 17 febbraio 2009,
n. 315)
In proposito, si è chiaramente precisato che negli appalti pubblici
di servizi l'appaltatore presta il servizio in favore di una pubblica amministrazione,
la quale utilizza tale prestazione ai fini dell’eventuale erogazione del
servizio pubblico a vantaggio della collettività, mentre nella concessione
di pubblico servizio il concessionario sostituisce la pubblica amministrazione
nell’erogazione del servizio, ossia nello svolgimento dell'attività
diretta al soddisfacimento dell'interesse collettivo (cfr. sul punto T.A.R.
Sicilia Catania, sez. III, 18 febbraio 2009, n. 369)
Nel caso in esame, il Consorzio - C.T.N.M. s.p.a. ha individuato in
I.P.A.S. s.p.a il soggetto tenuto sia alla fornitura, alla gestione e alla
manutenzione di paline indicatrici di fermata, con obbligo di realizzare
su di esse le indicazioni di servizio delle linee, sia alla corresponsione
di un canone in favore del Consorzio, verso la possibilità di gestire
gli impianti per realizzare spazi pubblicitari e così ottenendo
la remunerazione dell’attività svolta.
Ecco allora che I.P.A.S. s.p.a., da un lato, si sostituisce all’amministrazione
nella gestione in parte qua del servizio pubblico di trasporto, cui afferiscono
le attività di installazione, gestione, manutenzione delle paline
e di realizzazione delle indicazioni di servizio – direttamente funzionali
alla fruizione del servizio da parte degli utenti - dall’altro, sfrutta
economicamente le paline mediante la cessione a terzi di spazi pubblicitari,
ottenendo per tale via la remunerazione dell’attività svolta.
Del resto, anche la gestione degli spazi pubblicitari sugli impianti
necessari per il funzionamento del servizio di trasporto integra un aspetto
del servizio medesimo, nella cui gestione I.P.A.S. s.p.a. si è sostituita
al Consorzio.
Ne deriva la sussistenza dei tratti caratteristici della concessione
di servizio pubblico, secondo i suindicati parametri enucleati dalla giurisprudenza
(cfr. ad identiche conclusioni in vicende del tutto simili è giunto
il Consiglio di Stato con le sentenze Consiglio di stato, sez. V, 19 settembre
2008, n. 4520; Consiglio di stato, sez. V, 01 agosto 2007, n. 4270; Consiglio
di stato, sez. VI, 05 giugno 2006, n. 3333)
Va, pertanto, ribadito che il rapporto tra il Consorzio e I.P.A.S.
s.p.a. ha ad oggetto l’affidamento di un‘attività riconducibile
al servizio pubblico di trasporto gestito dal primo, sulla base di un rapporto
strutturato come concessione.
3) Le considerazioni svolte consentono di risolvere la prima delle
questioni preliminari sollevate dalle parti, nel senso di riconosce la
giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia in esame, in
quanto afferente alle modalità di affidamento di una concessione
di servizio pubblico.
3.1) Invero, l’art. 33 del d.l.vo 1998 n. 80 - a seguito della sentenza
della Corte Costituzionale 2004 n. 204, avente, ovviamente, effetto ex
tunc – attribuisce al giudice amministrativo le controversie in materia
pubblici servizi relative, tra l’altro, a concessioni di pubblici servizi
e all’affidamento di un pubblico servizio.
Nel caso in esame la contestazione rivolta dalla ricorrente avverso
le modalità con le quali C.T.N.M. s.p.a. ha assegnato ad I.P.A.S.
s.p.a. il servizio – di cui si è già rilevata la natura di
servizio pubblico - investe l’affidamento del servizio ed in particolare
le modalità con le quali è stata assegnata la concessione,
sicché rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
ai sensi del citato art. 33 del d.l.vo 1998 n. 80 (cfr. per simili conclusioni
in punto di giurisdizione in un caso sovrapponibile a quello in esame si
vedano Consiglio di stato, sez. V, 19 settembre 2008, n. 4520; Consiglio
di stato, sez. V, 01 agosto 2007, n. 4270).
La circostanza che la controversia abbia ad oggetto l’atto di affidamento
di un servizio pubblico, di cui si contesta l’illegittimità perché
non preceduto da una procedura ad evidenza pubblica, esclude che assuma
rilevanza il problema – pure sollevato dalle parti resistenti - della sussistenza
della giurisdizione del giudice amministrativo rispetto alla validità
del contratto una volta annullato l’atto di aggiudicazione, questione risolta,
come è noto, mediante l’attribuzione di simili controversie al giudice
ordinario (cfr. Cassazione civile, sez. un., 28 dicembre 2007, n. 27169;
Consiglio Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2008, n. 9).
Invero, nel caso in esame non si discute della validità di un
contratto, ma della legittimità di una concessione di servizio pubblico,
in ordine alla quale gli unici profili riservati alla cognizione del giudice
ordinario sono quelli relativi ad “indennità, canoni ed altri corrispettivi”,
ma tali profili non sono in contestazione nel caso in esame.
Va, pertanto, ribadita la giurisdizione del giudice amministrativo
nella controversia de qua, con conseguente infondatezza delle relative
eccezioni sollevate dalle parti resistenti.
3.2) In via di ulteriore specificazione, il Tribunale rileva che ad
analoghe conclusioni in punto di giurisdizione, rispetto alle contestazioni
inerenti le modalità di affidamento del servizio ad I.P.A.S. s.p.a.,
si sarebbe giunti anche seguendo la prospettazione della parte ricorrente,
che riconduce la fattispecie ad un appalto di servizi, da sussumere alternativamente
nella disciplina del d.l.vo 1995 n. 158 – appalti nei settori esclusi –
o del d.l.vo 1995 n. 157 – appalti pubblici di servizi.
Sul punto non è dirimente la circostanza, eccepita dalle parti
resistenti e non oggetto di contestazione, della collocazione del servizio
affidato sotto soglia comunitaria.
Difatti, una volta riconosciuta a C.T.N.M. s.p.a. la qualifica di amministrazione
aggiudicatrice, per la sua riconducibilità tanto alla nozione di
impresa pubblica, quanto a quella di organismo di diritto pubblico, il
valore del servizio perde rilevanza ai fini della giurisdizione, alla luce
della sopravvenuta disciplina posta dal d.l.vo 2006 n. 163.
L’art. 121 del codice dei contratti pubblici estende espressamente
ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria
le disposizioni della parte IV del decreto, tra le quali quelle dell’art.
244, che configura nei casi in questione la giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo.
Pertanto, se anche la causa è stata radicata prima dell’entrata
in vigore del d.l.vo 2006 n. 163, l’applicazione del principio della perpetuatio
iurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. conduce comunque ad affermare la
giurisdizione del giudice amministrativo nella materia de qua.
Del resto, è pacifico che l'art. 5 c.p.c. – ove si stabilisce
che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge, ovvero allo
stato di fatto, vigente al momento della domanda, mentre non hanno rilevanza
i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo - essendo diretto
a favorire la c.d. perpetuatio iurisdictionis, non trova applicazione quando
il mutamento dello stato di diritto o di fatto comporti l'attribuzione
della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione
della domanda (cfr. Cassazione civile, Sezioni Unite, 6 maggio 2002, n.
6487), sicché in simili casi la causa resta radicata in capo al
giudice adito, originariamente privo di giurisdizione, ma munitone al tempo
della decisione.
In ogni caso, vale precisare che l’orientamento secondo il quale, se
un’amministrazione aggiudicatrice utilizza una procedura ad evidenza pubblica
per affidare un contratto sotto soglia comunitaria, la relativa controversia
non apparterrebbe al giudicatrice amministrativo, ma al giudice ordinario,
perché afferente a diritti soggettivi e non ad interessi legittimi,
attesa la mancanza di una puntuale disciplina normativa di una specifica
procedura ad evidenza pubblica (cfr. per tale ricostruzione si vedano Cassazione
civile, Sezioni Unite, 20 novembre 2003, n. 17635; Consiglio di stato,
sez. V, 18 novembre 2004, n. 7554) è stata sottoposta a rivisitazione
dalla più recente giurisprudenza amministrativa.
In particolare, sul presupposto che anche sotto soglia un soggetto
che sia ente aggiudicatore ai sensi del diritto comunitario deve seguire
i principi del Trattato C.E. in materia di trasparenza, divieto di discriminazione
e par condicio (per tali profili si veda più ampiamente il prosieguo
della motivazione), si è chiarito che in simili casi l’obbligo di
attuare un procedimento di selezione competitiva, al fine di attribuire
un'utilità di rilievo economico, pure al di fuori di uno specifico
vincolo normativo in ordine all'an ed al quomodo di tale procedura, si
traduce nell’adozione di atti amministrativi di individuazione del contraente;
in particolare, la serie procedimentale in tal modo posta in essere comprende,
in primo luogo, un atto amministrativo di accertamento costitutivo e solo
in secondo luogo anche la manifestazione di volontà negoziale della
p.a. in ordine al contratto da stipulare. Pertanto, “l’ aggiudicazione
assume una valenza procedimentale ed amministrativa ed integra una vera
e propria determinazione autoritativa dell'esito della procedura selettiva,
mediante una statuizione propria degli atti pubblici diretti a creare certezze
legali privilegiate ed a incidere sulla posizione soggettiva degli aspiranti
all'aggiudicazione, qualificabile come di interesse legittimo con conseguente
giurisdizione del giudice amministrativo” (cfr. Consiglio di stato, sez.
VI, 19 maggio 2008, n. 2279; Consiglio di stato, sez. VI, 07 marzo 2006,
n. 1190; Consiglio di Stato, sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6368; T.A.R.
Puglia Bari, sez. I, 12 giugno 2008, n. 1480; T.A.R. Liguria Genova, sez.
II, 28 maggio 2008, n. 1132; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 15 marzo 2007,
n. 2211; T.A.R. Umbria Perugia, 25 agosto 2006, n. 429; T.A.R. Lazio Roma,
sez. II, 18 agosto 2004, n. 7763).
4) Palesemente infondata è l’eccezione sollevata dalla controinteressata
con la quale si deduce l’inammissibilità del ricorso per omessa
impugnazione degli atti di autorizzazione all’installazione di mezzi pubblicitari,
ex art. 23 del d.l.vo 1992 n. 285.
Al di là dell’evidente genericità dell’eccezione, che
neppure precisa le ragioni giuridiche dell’inammissibilità prospettata,
è sufficiente evidenziare che l’omessa impugnazione delle autorizzazioni
indicate è del tutto indifferente ai fini dell’ammissibilità
e della procedibilità del ricorso.
Invero, le autorizzazioni in questione non rientrano nella materia
del contendere né integrano atti presupposti rispetto alle determinazioni
amministrative censurate.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza dell’eccezione in esame.
5) Con il primo, il secondo, il terzo e il quinto dei motivi proposti
– che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente
connessi sul piano logico giuridico – la ricorrente lamenta, in sintesi,
che l’affidamento del servizio ad I.P.A.S. s.p.a. non è stato preceduto
dall’attivazione di una procedura ad evidenza pubblica, rispettosa dei
principi interni e comunitari in materia di concorrenza e di trasparenza.
I motivi sono fondati.
In punto di fatto è incontestato che il Consorzio ha attribuito
il servizio oggetto della concessione stipulata con I.P.A.S. s.p.a. senza
attivare alcuna procedura selettiva, ossia senza subordinare l’affidamento
del servizio pubblico al confronto competitivo tra le imprese interessate.
Nondimeno la natura sostanziale del Consorzio, qualificabile – retro
punto 2.2 – come organismo di diritto pubblico, nonché la struttura
concessoria del rapporto instaurato con I.P.A.S. s.p.a. rendevano necessaria
l’osservanza nel caso in esame dei principi comunitari in materia di concorrenza
e dei relativi corollari di trasparenza, par condicio e divieto di discriminazione.
E’ pacifico che le concessioni in questione non sono disciplinate da
specifiche direttive comunitarie dirette a delineare una particolare procedura
ad evidenza pubblica; nondimeno, esse non si sottraggono all’applicazione
dei principi del trattato (cfr. Corte di Giustizia C.E., 13 settembre 2007,
C-260/04; Corte di Giustizia C.E., 7 dicembre 2000, causa C 324/98).
E’ ormai acquisita a livello giurisprudenziale la necessità
di rispettare i principi del Trattato dell’Unione Europea ogni qual volta
un soggetto aggiudicatore intenda affidare un’attività che si traduce
in un’occasione di guadagno per l’esecutore, rappresentando una “utilitas”
di rilevanza economica, che, in quanto tale, deve essere attribuita nel
rispetto del principio della concorrenza e dei relativi corollari, consentendo
a tutti gli operatori economici interessati di competere in condizioni
di parità per il conseguimento di tale utilità.
Ciò è coerente con l'obiettivo della normativa comunitaria
di evitare che un soggetto sostanzialmente pubblico, perché qualificabile,
in particolare, come organismo di diritto pubblico, si lasci guidare da
considerazioni diverse da quelle economiche nell’attribuzione di una specifica
utilità (cfr. in argomento Corte giustizia CE, 10 aprile 2008, C-393/06;
Corte giustizia C.E., 27 febbraio 2003, C-373/00 ).
In tale senso, la Commissione Europea (cfr. la comunicazione della
Commissione del 12 aprile 2000 - pubblicata in G.U.C.E. n. C 121 del 29
aprile 2000, richiamata e sviluppata da un circolare della Presidenza del
Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le politiche Comunitarie n. 945
in data 1° marzo 2002 - nonché più recentemente la Comunicazione
interpretativa della Commissione relativa al diritto comunitario applicabile
alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle
direttive appalti pubblici, pubblicata in G.U.C.E. n. C 179 del 1°
agosto 2006)
ha precisato che i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo
proporzionato e congruo all'importanza della fattispecie in rilievo, vanno
applicati, in quanto dettati in via diretta e “self-executing” dal Trattato,
anche alle fattispecie non interessate da specifiche disposizioni comunitarie
volte a disciplinare una procedura competitiva puntualmente regolata.
Si tratta dei principi di non discriminazione, di parità di
trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalità,
così come risultano dalla costante tradizione giurisprudenziale
della Corte di Giustizia europea, con la precisazione che tutte le concessioni
ricadono nel campo di applicazione dei principi indicati.
In particolare, tali principi trovano applicazione quando un soggetto
sostanzialmente pubblico decide di attribuire un’utilità di rilievo
economico comunque contendibile fra più operatori del mercato, anche
se tale utilità non concerne in modo diretto il settore degli appalti,
bensì altri settori di intervento, di analogo ed indiscutibile rilievo
economico per gli operatori.
Coerentemente la giurisprudenza amministrativa considera che “i principi
generali del Trattato valgono comunque anche per i contratti e le fattispecie
diverse da quelle concretamente contemplate” dalle direttive comunitarie,
dal codice degli appalti o da altre normative di settore, con la precisazione
che anche le direttive comunitarie in materia di appalti sono attuative
del Trattato e, pertanto, contengono norme puramente applicative, con riferimento
a determinati appalti, di principi generali, che, essendo sanciti in modo
universale dal Trattato, valgono – si ripete – anche per contratti e fattispecie
diverse da quelle concretamente contemplate (cfr. Consiglio Stato, Ad.
Plen., 03 marzo 2008, n. 1; Consiglio di stato, sez. VI, 21 maggio 2009,
n. 3145; Consiglio di stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2555; Consiglio
di stato, sez. VI, 19 maggio 2008, n. 2279; Consiglio di stato, sez. VI,
30 gennaio 2007, n. 362; Consiglio di stato, sez. VI, 30 dicembre 2005,
n. 7616; Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168; T.A.R. Emilia
Romagna Bologna, sez. II, 16 febbraio 2009, n. 153).
Sul piano sistematico, una conferma della necessità di applicare
i principi di rilevanza comunitaria in sede di scelta del concessionario
emerge dall’art. 30 del d.l.vo 2006 n. 163 – non applicabile ratione temporis
– ove, in relazione alla concessione di servizi, si specifica che “La scelta
del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal
Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare,
dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione,
parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità,
previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se
sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto
della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi”
Nel caso di specie non è dubitabile che l’amministrazione abbia
attribuito un’utilità di rilievo concorrenziale, visto che il concessionario
ha acquisito il diritto di sfruttare le paline indicatrici di fermata degli
autobus a fini pubblicitari, mediante la esposizione su di esse di materiale
pubblicitario.
Di conseguenza, l’amministrazione doveva rispettare i principi, interni
e comunitari, che connotano l’evidenza pubblica ed, in particolare, i canoni
della trasparenza e della par condicio.
In relazione alle concrete conseguenze che derivano dalla necessaria
applicazione di tali principi, vale rilevare, in conformità alla
prevalente elaborazione giurisprudenziale, che l'obbligo di trasparenza
cui sono tenute le amministrazioni consiste nel garantire, in favore di
ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che
consenta l'apertura alla concorrenza, nonché il controllo sull'imparzialità
delle procedure di aggiudicazione (cfr. Corte di Giustizia C.E., 13 ottobre
2005, C-458/03; Corte di Giustizia C.E., 7 dicembre 2000, causa C-324/98).
Il principio di trasparenza è strettamente legato a quello di
non discriminazione, poiché garantisce condizioni di concorrenza
non falsate ed esige che le amministrazioni concedenti rendano pubblica,
con appropriati mezzi di pubblicità, la loro intenzione di ricorrere
ad una concessione.
Tali forme di pubblicità dovranno contenere le informazioni
necessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare
il loro interesse a partecipare alla procedura, quali l'indicazione dei
criteri di selezione ed attribuzione, l'oggetto della concessione e delle
prestazioni attese dal concessionario (cfr. in argomento tra le altre T.A.R.
Sicilia Catania, sez. III, 18 febbraio 2009, n. 369) .
Inoltre, il principio di parità di trattamento implica che le
amministrazioni concedenti pur essendo libere di scegliere la procedura
di aggiudicazione più appropriata alle caratteristiche del settore
interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare
durante le varie fasi della procedura, debbano poi garantire che la scelta
del candidato avvenga in base a criteri obiettivi e che la procedura si
svolga rispettando le regole e i requisiti inizialmente stabiliti (cfr.
Corte di Giustizia, sentenza 25 aprile 1996, causa C-87/94; Consiglio di
stato, sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362).
Nel caso in esame è palese la violazione dei principi, interni
e comunitari, ora richiamati, in quanto la concessione è stata assegnata
ad I.P.A.S. s.p.a. al di fuori dello svolgimento di una procedura selettiva,
senza la predeterminazione di criteri valutativi, nonché in mancanza
di qualunque meccanismo pubblicitario idoneo ad assicurare il valore della
trasparenza, così precludendo alle imprese interessate di competere
in condizioni di parità per l’aggiudicazione del servizio.
In via di ulteriore specificazione, va osservato che le considerazioni
svolte in ordine alla violazione dei principi del Trattato C.E. in materia
di tutela della concorrenza resterebbero ferme quand’anche si qualificasse
in termini meramente contrattuali il rapporto intercorrente tra C.T.N.M.
s.p.a. e I.P.A.S. s.p.a., in quanto, a fronte della natura sostanzialmente
pubblica del Consorzio, l’obbligo di applicare i principi indicati è
configurabile a prescindere dalla natura del titolo con il quale il servizio
viene attribuito ed indipendentemente dalla qualificabilità del
servizio stesso come servizio pubblico, in linea con l’orientamento giurisprudenziale
suindicato.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza dei motivi in esame che, presentando
natura sostanziale, consentono di ritenere assorbite le ulteriori censure
articolate dalla ricorrente.
6) In definitiva, il ricorso è fondato nei termini dianzi esposti
e merita accoglimento.
La complessità delle questioni, di fatto e di diritto, sottese
al ricorso proposto consente di ravvisare giusti motivi per compensare
tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, sezione
terza, definitivamente pronunciando:
1) accoglie il ricorso e per l’effetto annulla la concessione datata
12.07.2004 rilasciata dal Consorzio Trasporti Nord Milano s.p.a. in favore
di I.P.A.S. s.p.a.;
2) compensa tra le parti le spese della lite;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 09/07/2009
con l'intervento dei Magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Dario Simeoli, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 4564 del 2004, proposto da:
Avip Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Andena, Fabio Romanenghi,
con domicilio eletto presso Carlo Andena in Milano, C.So.Porta Vittoria
28;
contro
Consorzio Trasporti Nord Milano, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo
Maria Zanchetta, con domicilio eletto presso Riccardo Maria Zanchetta in
Milano, via Anton Giulio Barrili,31;
nei confronti di
Ipas Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Cataldo Salerno,
con domicilio eletto presso Giuseppe Cataldo Salerno in Rho, Galleria Europa,
21;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- degli atti con i quali il Consorzio ha affidato alla ditta IPAS s.p.a.
il contratto di fornitura, manutenzione e gestione, con utilizzo pubblicitario,
delle paline di fermata degli autobus sulle linee di autotrasporto pubblico
in concessione al Consorzio, nonché delle operazioni di gara, dei
relativi verbali, dell’atto di aggiudicazione, nonché degli atti
ulteriori, preordinati, presupposti, consequenziali e comunque connessi;
nonché per la declaratoria
della doverosità in capo al Consorzio della scelta del contraente
mediante gara ad evidenza pubblica e della nullità, inefficacia
e/o per l’annullamento dell’eventuale contratto stipulato tra il Consorzio
medesimo e la ditta IPAS s.p.a.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Trasporti Nord
Milano;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ipas Spa;
Visti i documenti prodotti dalle parti
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/07/2009 il dott. Fabrizio
Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 22.10.2004 e depositato in data 04.11.2004
la società Avip s.p.a. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe
deducendo i seguenti motivi
1) Violazione dell’art. 2, commi 1 e 2, del d.l.vo 158/95, nonché
degli artt. 11 e 12 dello stesso d.l.vo n. 158/95. In subordine: violazione
dell’art. 13 del d.l.vo n. 158/95. Eccesso di potere per difetto assoluto
di motivazione.
La ricorrente contesta la mancata applicazione delle regole dell’evidenza
pubblica, interne e comunitarie, in materia di appalto nei settori esclusi,
a fronte della natura di impresa pubblica del Consorzio C.T.N.M. s.p.a..
2) Violazione dell’art. 2, comma 1lett. b) e dell’art. 7 del d.l.vo
157/95. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione.
La ricorrente deduce, in via subordinata, la violazione delle regole
interne e comunitarie in materia di evidenza pubblica quand’anche si qualificasse
il contratto affidato come appalto di servizi, a fronte della natura di
organismo di diritto pubblico attribuibile al Consorzio C.T.N.M. s.p.a..
3) Violazione del principio comunitario e interno della concorrenza
in relazione ai canoni di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza
della pubblica amministrazione.
La ricorrente ribadisce la violazione dei principi comunitari in materia
di evidenza pubblica.
4) Violazione del diritto di prelazione così come pattuito tra
le parti. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e
di diritto. Carenza della condizione contrattualmente pattuita a contrattare.
La ricorrente lamenta la violazione del diritto di prelazione ad essa
attribuito in virtù del precedente rapporto instaurato con il Consorzio
- C.T.N.M. s.p.a..
5) Violazione dell’art. 20 della legge regionale 1998 n. 22.
La ricorrente lamenta la mancata applicazione delle procedure ad evidenza
pubblica previste dalla normativa regionale.
6) Efficacia caducante del contratto stipulato con IPAS s.p.a..
La ricorrente chiede l’accertamento della nullità del contratto
stipulato tra I.P.A.S. s.p.a. e C.T.N.M. s.p.a..
Si è costituito in giudizio il Consorzio Trasporti Nord Milano
s.p.a. – C.T.N.M. s.p.a. eccependo il difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo in ordine alla domanda di accertamento della nullità
del contratto, nonché l’infondatezza del ricorso avversario.
Si è costituita in giudizio la controinteressata I.P.A.S. s.p.a.
eccependo, da un lato, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo,
in quanto C.T.N.M. s.p.a. non è qualificabile come organismo di
diritto pubblico o impresa pubblica e, in ogni caso, l’appalto si colloca
al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria, dall’altro, il difetto
di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda di accertamento
della nullità del contratto, inoltre l’inammissibilità del
ricorso per omessa impugnazione degli atti di autorizzazione rilasciati
ad I.P.A.S. s.p.a., ai sensi dell’art. 23 del d.l.vo 1992 n. 285, infine
l’infondatezza del ricorso
Le parti hanno presentato memorie e documenti.
Con ordinanza n. 2829/04 datata 18.11.2004 il Tribunale ha respinto
la domanda cautelare presentata dalla ricorrente.
All’udienza del 09.07.2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) La società A.V.I.P. s.p.a. in data 10.02.2008 stipulava con
il Consorzio Trasporti Nord Milano – gestore del servizio di trasporto
pubblico nel territorio brianzolo - una convenzione avente ad oggetto la
fornitura, l’installazione e la manutenzione da parte di A.V.I.P. s.p.a.
di paline indicatrici di fermata e porta orari, nonché il pagamento
al Consorzio di un canone annuo, con possibilità di utilizzare gli
impianti installati a fini pubblicitari mediante l’esposizione sugli stessi
di materiale pubblicitario.
La convenzione veniva prorogata sino al 30.06.2004.
In data 23.06.2004 A.V.I.P. s.p.a. chiedeva al Consorzio l’ulteriore
proroga della convenzione.
Il Consorzio – trasformatosi in società per azioni con atto
pubblico notarile del 22.12.2000 – con lettera del 09.07.2004 prot. n.
3727/ MR comunicava ad A.V.I.P. s.p.a. l’intenzione di non prorogare il
rapporto, precisando che i relativi impianti sarebbero stati utilizzati
dalla nuova ditta I.P.A.S. s.p.a..
Dalla documentazione versata in atti risulta che il Consorzio Trasporti
Nord Milano in data 12.07.2004 stipulava con la società I.P.A.S.
s.p.a. una convenzione di contenuto corrispondente a quella già
stipulata con A.V.I.P. s.p.a..
Avverso gli atti di affidamento del servizio ad I.P.A.S. s.p.a. ha
proposto impugnazione la ricorrente.
2) L’esame delle questioni di rito e di merito sottese al ricorso proposto
e alle eccezioni sollevate dalle parti resistenti rende necessario esaminare,
in via preliminare, i caratteri del servizio di trasporto gestito da C.T.N.M.
s.p.a. e la natura giuridica del Consorzio stesso, nonché le caratteristiche
giuridiche del servizio oggetto della convenzione con I.P.A.S. s.p.a e
della convenzione medesima.
Difatti, la riconducibilità del servizio di trasporto ad un
appalto di servizi o ad un servizio pubblico, la qualificabilità
del Consorzio come impresa pubblica o organismo di diritto pubblico, anziché
soggetto formalmente e sostanzialmente privato, infine la natura di appalto
di servizi o di servizio pubblico dell’attività affidata ad IPAS
s.p.a e l’eventuale configurabilità come concessione della convenzione
esistente tra quest’ultima e il Consorzio, incidono sulla questione di
giurisdizione sollevata dalle parti resistenti e sul problema, sotteso
al merito del ricorso, della necessità per il Consorzio di rispettare
le regole dell’evidenza pubblica in sede di individuazione del soggetto
cui affidare la forniture, l’installazione e la manutenzione delle paline
indicatrici di fermata.
2.1) In primo luogo deve essere valutata la natura giuridica del servizio
di trasporto gestito dal Consorzio Trasporti Nord Milano s.p.a..
Dalla documentazione versata in atti (cfr. doc.ti 1, 2, 5 prodotti
dal Consorzio resistente) e dal contenuto della memoria di costituzione
di C.T.N.M. s.p.a. risulta che quest’ultima gestisce, nell’interesse di
alcuni Comuni della Regione Lombardia, il servizio di trasporto pubblico
locale di persone mediante autobus.
Si tratta di un servizio disciplinato a livello regionale dalla legge
della Regione Lombardia 1998 n. 22, in coerenza con le funzioni attribuite
alla regione in materia con il d.l.vo 1997 n 422.
Dal coordinamento tra i due testi legislativi emergono i caratteri
del servizio di trasporto locale.
In primo luogo, l’art. 5 del d.l.vo 1997 n. 422, nel trasferire alle
regioni e agli enti locali tutti i compiti e le funzioni relativi al trasporto
di interesse regionale e locale, qualifica espressamente quest’ultimo come
“servizio pubblico di trasporto”, precisando all’art. 7 che le Regioni
devono conferire alle Province, ai Comuni e agli altri Enti locali, tutti
i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di trasporto
di interesse regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo
o amministrazione dello Stato, centrale o periferica, anche tramite enti
o altri soggetti pubblici, che non richiedono l'unitario esercizio a livello
regionale.
Il successivo comma 4 dell’art. 7, nel richiamare i principi in materia
di autonomie locale anche in relazione all’esercizio da parte dei Comuni
delle funzioni in materia di trasporto locale, ne ribadisce la natura di
“servizio pubblico di trasporto locale”.
Inoltre, l’art. 16 stabilisce i criteri in base ai quali le Regioni
devono determinare il “livello dei servizi minimi” di trasporto, qualitativamente
e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità
dei cittadini, precisando che spetta alle Regioni definire, d’intesa con
gli enti locali, “quantità e standard di qualità dei servizi
di trasporto pubblico locale, in modo da soddisfare le esigenze essenziali
di mobilità dei cittadini”.
Il successivo art. 17 – rubricato “obblighi di servizio” - prescrive
che “Le regioni, le province e i comuni, allo scopo di assicurare la mobilità
degli utenti, definiscono, ai sensi dell'articolo 2 del regolamento 1191/69/CEE,
modificato dal regolamento 1893/91/CEE, obblighi di servizio pubblico,
prevedendo nei contratti di servizio di cui all'articolo 19, le corrispondenti
compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo
conto, ai sensi della citata disposizione comunitaria, dei proventi derivanti
dalle tariffe e di quelli derivanti anche dalla eventuale gestione di servizi
complementari alla mobilità”.
Rispetto alle modalità di affidamento dei servizi di trasporto
pubblico locale, l’art. 18 impone alle Regioni e agli Enti locali di ricorrere
“alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla
base degli elementi del contratto di servizio di cui all'articolo 19 e
in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti
pubblici di servizio”
Inoltre, l’art. 19 specifica che “I contratti di servizio assicurano
la completa corrispondenza fra oneri per servizi e risorse disponibili,
al netto dei proventi tariffari”, precisando che devono in ogni caso essere
rispettati i “principi sull'erogazione dei servizi pubblici così
come fissati dalla carta dei servizi del settore trasporti”.
L’art. 6 della legge regionale 1998 n. 22 ha, tra l’altro, trasferito
ai Comuni le funzioni e i compiti relativi ai servizi di trasporto automobilistico
di linea svolti a livello comunale e di area urbana, ivi comprese le funzioni
relative alla procedure concorsuali per l’affidamento di siffatti servizi.
Sotto altro profilo, va notato che l’art. 15 della l.r. n. 22 prevede
la costituzione di un apposito Organo di garanzia per il trasporto pubblico,
deputato, tra l’altro, a svolgere “funzioni di tutela dell'utenza in ordine
a quanto previsto nei contratti di servizio sotto il profilo quantitativo,
qualitativo e tariffario, proponendo ai soggetti titolari del servizio
eventuali interventi sui gestori; verifica la corretta diffusione di informazioni
sul servizio del trasporto pubblico; promuove l'adozione della Carta dei
servizi di trasporto pubblico locale, esprime pareri e formula osservazioni
sulla qualità dei servizi e sulla tutela dei consumatori su richiesta
della Regione e degli enti locali titolari del servizio”.
Sul piano delle modalità di affidamento del servizio anche la
normativa regionale prevede, ex art. 20, l’utilizzo di procedure ad evidenza
pubblica, specificando che “per l'affidamento dei servizi di trasporto
la Regione, le province ed i comuni fanno ricorso alle procedure concorsuali
in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti
pubblici di servizi. 2. L'aggiudicazione deve avvenire sulla base di modalità
operative definite dalla Giunta regionale e utilizzando la procedura ristretta
di cui all'art. 12, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 17 marzo
1995, n. 158 (Attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative
alle procedure di appalti nei settori esclusi), tenendo conto dell'offerta
economicamente più vantaggiosa di cui all'art. 24, comma 1, lett.
b) dello stesso decreto legislativo. L'ammissione alle gare deve essere
prevista in favore delle imprese singole nonché dei soggetti di
cui all'art. 23 del D.Lgs. n. 158 del 1995, fermo restando che la sommatoria
dei requisiti delle imprese riunite o consorziate deve essere almeno pari
ai requisiti globalmente richiesti dal soggetto aggiudicatore”.
Il dato normativo consente di affermare che il servizio di trasporto
locale di persone gestito dal Consorzio ha natura di servizio pubblico.
Difatti, al di là della espressa qualificazione legislativa
di tale servizio come servizio pubblico, esso in base alla disciplina cui
è sottoposto, presenta i tratti caratteristici del servizio pubblico,
secondo l’elaborazione giurisprudenziale.
In sintesi vale evidenziare che, in mancanza di un quadro normativo
che definisca in modo netto la nozione di servizio pubblico, la giurisprudenza
ha per lo più abbandonato la tesi meramente soggettiva, derivante
dalla tradizione dottrinale francese, che individuava il tratto tipico
del servizio pubblico nell’assunzione come propria da parte dell’amministrazione
di una certa attività che resta quindi ad essa imputabile anche
se esercitata da terzi secondo vari moduli organizzativi, in quanto tale
ricostruzione non tiene conto dei caratteri intrinseci del servizio pubblico,
che, ai sensi dell’art. 43 Cost., può direttamente essere attribuito
a soggetti privati.
Ne è derivata l’adesione per lo più ad una nozione oggettiva
di servizio pubblico, pur nel quadro di una valorizzazione del momento
soggettivo, inteso come individuazione ed assunzione del servizio da parte
dell’Autorità tra i compiti da realizzare, perché intrinsecamente
connesso all’interesse pubblico di cui è portatrice la particolare
amministrazione.
L’adesione ad una nozione c.d. oggettiva non implica che sia definibile
come servizio pubblico ogni attività privata soggetta a controllo,
a vigilanza o a mera autorizzazione da parte di un'amministrazione pubblica,
perché altrimenti il servizio pubblico coinciderebbe con ogni attività
privata rilevante per il diritto amministrativo.
Viceversa, il servizio si qualifica come "pubblico" perché l'attività
in cui esso consiste si indirizza istituzionalmente al pubblico, mirando
a soddisfare direttamente esigenze della collettività in coerenza
con i compiti dell'amministrazione pubblica, che possono essere realizzati
direttamente o indirettamente, attraverso l'attività di privati;
quindi, il servizio pubblico è caratterizzato da un elemento funzionale,
ossia il soddisfacimento diretto di bisogni di interesse generale, che
non si rinviene nell'attività privata imprenditoriale, anche se
indirizzata e coordinata a fini sociali (cfr. sul punto Cassazione civile,
sez. un., 30 marzo 2000, n. 71; Cassazione civile, sez. un., 19 aprile
2004 , n. 7461).
Insomma, la nozione di servizio pubblico va riferita ad attività
che di per sé sono di interesse pubblico, perché intrinsecamente
dotate di rilevanza pubblicistica, attesa la generalità degli interessi
che sono dirette a soddisfare, a prescindere dalla qualificazione del soggetto
cui va imputata tale attività (cfr. sulla necessità di ravvisare
nell'interesse pubblico in quanto tale l'elemento caratterizzante la nozione
di servizio pubblico si veda, tra le altre, T.A.R. Lazio Roma, sez. III,
20 giugno 2006, n. 4845).
Proprio la correlazione tra siffatte attività e l’interesse
pubblico ne impone la sottoposizione ad un regime particolare di tipo garantistico,
che riflette l’esigenza di imparzialità di cui all’art. 97 Cost.,
anche se il servizio viene gestito da privati.
Si tratta di un regime peculiare, derogatorio rispetto alle ordinarie
regole che sovrintendono all’attività delle imprese in regime di
concorrenza, connotandosi per la presenza di elementi di doverosità,
che si traducono nei principi di sussidiarietà, di uguaglianza,
di continuità, di parità di trattamento, di imparzialità
e di trasparenza, cui si correlano obblighi tariffari e di esercizio, di
regolarità e di qualità, non riscontrabili in una normale
attività economica .
In tal senso, la giurisprudenza ha precisato che il servizio pubblico
si caratterizza per essere assoggettato ad una disciplina settoriale, che
assicura costantemente il conseguimento di fini sociali, i quali non si
limitano a connotare sul versante teleologico tale genere di attività,
ma costituiscono la ragione della sottoposizione della stessa ad un regime
giuridico del tutto particolare, sicché, in definitiva, i fattori
distintivi del pubblico servizio sono, da un lato, l’idoneità del
servizio, sul piano finalistico, a soddisfare in modo diretto esigenze
proprie di una platea indifferenziata di utenti, dall'altro, la sottoposizione
del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e
tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a norme
di continuità, regolarità, capacità e qualità,
cui non potrebbe essere assoggettata una comune attività economica
(cfr. Consiglio di stato, sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6574, Consiglio di
stato, sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6325; T.A.R. Lombardia Brescia, 27
giugno 2005, n. 673).
La tesi prevalente specifica, inoltre, che il servizio pubblico attiene
ad un’attività direttamente erogata nei confronti della generalità
degli utenti (cfr. Cassazione civile, sez. un., 12 maggio 2006, n. 10994;
Cassazione civile, sez. un., 12 novembre 2001, n. 14032; Cass. civile,
sez. un., 30 marzo 2000, n. 71; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 11 dicembre
2006, n. 10455; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 20 giugno 2006, n. 4845).
La valorizzazione della dimensione oggettiva del servizio pubblico
è coerente con la disciplina comunitaria, nell’ambito della quale
è il concetto di servizio di interesse generale quello che più
si avvicina alla nozione di servizio pubblico.
Invero, l’art. 16 del Trattato C.E. stabilisce che "fatti salvi gli
articoli 73, 86 e 87, in considerazione dell'importanza dei servizi di
interesse generale nell'ambito dei valori comuni dell'Unione, nonché
del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale,
la Comunità e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze
e nell'ambito di applicazione del presente trattato, provvedono affinché
tali servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano
loro di assolvere i loro compiti".
In tale contesto assume particolare rilevanza l’art. 86 del Trattato
che, al primo comma, precisa che "1. Gli Stati membri non emanano né
mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono
diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente
trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a
89 inclusi”, ma al secondo comma aggiunge che “2. Le imprese incaricate
della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere
di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato,
e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione
di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto,
della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve
essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità
...."
In argomento, la Commissione europea ha precisato che sono servizi
di interesse generale quelle attività di servizio, commerciale o
non, considerate d'interesse generale dalle pubbliche autorità e
per tale ragione sottoposte ad obblighi specifici di servizio pubblico,
specificando che i compiti assegnati a tali servizi e i diritti speciali
che possono esservi connessi “derivano da considerazioni d'interesse generale,
quali, soprattutto, la sicurezza di approvvigionamento, la protezione dell'ambiente,
la solidarietà economica e sociale, la gestione del territorio,
la promozione degli interessi dei consumatori”, fermo restando che possono
essere affidati anche a soggetti privati (cfr. sul punto: comunicazione
della Commissione C.E. n. 96-C, in G.U.C.E., 26 settembre 1996, C - 281,
nonché Cassazione civile, sez. un., 12 novembre 2001, n. 14032;
T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 12 aprile 2006 , n. 1318; in argomento si veda
anche Corte costituzionale, 27 luglio 2004, n. 272).
I tratti distintivi del servizio pubblico sono sicuramente ravvisabili
nel servizio di trasporto locale gestito da C.T.N.M. s.p.a..
Difatti, i già citati d.l.vo 1997 n 422 e legge regionale 1998
n. 22 comprendono tale attività tra i compiti affidati alle regioni
e agli enti locali, evidenziandone la dimensione di interesse pubblico,
trattandosi di in servizio funzionale alle esigenze essenziali di mobilità
dei cittadini.
Per tali ragioni lo sottopongono ad un regime giuridico peculiare,
caratterizzato, tra l’altro, dalla necessaria osservanza di livelli minimi
di servizio, per quantità e qualità, dalla continuità
e dalla regolarità del servizio, dal rispetto di obblighi tariffari,
dalla conformazione ai caratteri definiti in una specifica carta dei servizi,
dalla previsione di un apposito “organo di garanzia” per il trasporto pubblico
con funzioni di tutela dell'utenza.
Del resto, è palese che si tratta di un’attività svolta
direttamente nei confronti della generalità degli utenti, per soddisfare
interessi di rilevanza generale.
Ne deriva che alla luce del quadro normativo di riferimento e degli
orientamenti giurisprudenziali suindicati il servizio di trasporto gestito
da C.T.N.M. s.p.a. è qualificabile come servizio pubblico.
2.2) Tuttavia, la fattispecie in esame non coinvolge l’affidamento
in sé del servizio pubblico di trasporto, ma l’affidamento dell’attività
di fornitura, gestione e manutenzione delle paline segna orario.
Ecco allora, che per stabilire se le contestazioni relative a tale
affidamento rientrino nella giurisdizione del giudice amministrativo e
per individuare il regime giuridico di tale affidamento occorre preliminarmente
definire la natura del Consorzio ed, in particolare, la sua riconducibilità
ad una delle figure di pubblica amministrazione in senso sostanziale.
La parte ricorrente (prospettando alternativamente l’applicabilità
del d.l.vo 1995 n. 158, qualora si riconducesse l’attività affidata
dal Consorzio al settore escluso dei trasporti, o del d.l.vo 1995 n. 157
qualora si riconducesse tale attività ad un ordinario appalto di
servizi) sostiene che il Consorzio è qualificabile sia come impresa
pubblica, sia come organismo di diritto pubblico, con le relative conseguenze
in termini di necessaria osservanza delle procedure ad evidenza pubblica
e correlata giurisdizione del giudice amministrativo.
Le parti resistenti confutano tali affermazioni muovendo dalla natura
solo privatistica del Consorzio quale società per azioni.
Dalla documentazione acquisita risulta che l’attuale s.p.a. deriva
dal Consorzio costituito tra amministrazioni comunali nel 1975 mediante
decreto prefettizio e, nel tempo, ha assunto la diretta gestione del servizio
di trasporto locale nell’interesse delle comunità comunali ad esso
partecipanti; nel 1996 l’ente è stato trasformato in azienda consortile.
Con atto pubblico notarile del 22.12.2000, il Consorzio, in applicazione
dell’art. 18, comma 3, del d.l.vo 1997 n. 422, è stato trasformato
in società per azioni, assumendo la denominazione di Consorzio Trasporti
Nord Milano s.p.a..
L’atto costitutivo e lo statuto societario comprendono espressamente
nell’oggetto sociale anche “la gestione e l’organizzazione dei servizi
di trasporto pubblico urbano, suburbano ed extraurbano”, fermo restando
che l’oggetto complessivo della società è estremamente ampio,
estendendosi ad attività diverse da quella ora indicata.
Nel corso del 2002 la società ha aumentato il proprio capitale
con l’ingresso nella compagine societaria, sino ad allora composta solo
da amministrazioni locali, della società Autoguidovie Italiane s.p.a,
titolare del 34,066% del capitale sociale, mentre il residuo 65% circa
è rimasto di proprietà pubblica (cfr. in proposito pag 4
della memoria del Consorzio datata 16.11.2004 e doc. 5 del Consorzio stesso).
Non è in contestazione che tale situazione perdurasse alla data
della stipulazione della convenzione tra il Consorzio e I.P.A.S. s.p.a.
I dati ora riferiti consentono di qualificare il Consorzio sia come
impresa pubblica, sia come organismo di diritto pubblico, alla stregua
della disciplina interna e comunitaria.
Invero, la direttiva 14 giugno 1993, n. 93/38/CEE – attuata nell’ordinamento
nazionale mediante il d.l.vo 1995 n. 158 – estende il proprio ambito di
applicazione alle imprese pubbliche, definendole come “le imprese su cui
le autorità pubbliche possono esercitare, direttamente o indirettamente,
un'influenza dominante perché ne hanno la proprietà, o hanno
in esse una partecipazione finanziaria, oppure in conseguenza delle norme
che disciplinano le imprese in questione. L'influenza dominante è
presunta quando le autorità pubbliche, direttamente o indirettamente,
riguardo ad un'impresa: - detengono la maggioranza del capitale sottoscritto
dall'impresa, oppure - controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto
le parti emesse dall'impresa, oppure - hanno il diritto di nominare più
della metà dei membri del Consiglio di amministrazione, del Consiglio
direttivo o del Consiglio di vigilanza.
La disposizione è stata riprodotta dall’art. 2, comma 2, del
d.l.vo 1995 n. 158.
La giurisprudenza ha precisato che, in base all’art. 2 del d.l.vo 1995
n. 158 e alla direttiva n. 93/38, l’influenza dominate di una pubblica
amministrazione, ai fini della qualificazione di un’impresa come pubblica,
sussiste, tra l’altro, quando il soggetto pubblico detiene la maggioranza
del capitale sociale dell’impresa influita (cfr. in argomento Consiglio
Stato, Ad. Plen., 23 luglio 2004 , n. 9).
Tale circostanza è sicuramente ricorrente nel caso di specie
visto che l’unico socio privato di C.T.N.M. s.p.a. detiene il 34% circa
del capitale sociale, mentre la maggioranza del capitale è di mano
pubblica.
Né rileva che la maggioranza del capitale sia distribuita tra
più amministrazioni, perché la nozione di impresa pubblica
– rilevante in base alla normativa vigente all’epoca della stipulazione
della convenzione con I.P.A.S. s.p.a. solo in materia di appalti nei settori
esclusi – è legata ad un dato meramente quantitativo, ossia la prevalente
proprietà pubblica, diretta o indiretta, dell’assetto societario
(cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 15 febbraio 2007, n. 266).
La circostanza che C.T.N.M. s.p.a. sia qualificabile come impresa pubblica
non esclude la sua riconducibilità anche alla diversa nozione di
organismo di diritto pubblico.
Il ricorrente richiama sul punto il d.l.vo 1995 n. 157, che, ex art.
2 lett. b), definisce gli organismi di diritto pubblico – recependo la
relativa nozione comunitaria – come gli organismi dotati di personalità
giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalità di interesse
generale non aventi carattere industriale o commerciale, la cui attività
è finanziata in modo prevalente dallo Stato, dalle regioni, dagli
enti locali, da altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico, o
la cui gestione è sottoposta al loro controllo o i cui organi di
amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti, almeno per
la metà, da componenti designati dai medesimi soggetti pubblici.
E’ pacifico che la configurazione di un organismo di diritto pubblico
richiede la sussistenza di tre requisiti di carattere cumulativo, quali
la personalità giuridica, la dipendenza dallo Stato, da enti pubblici
territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, nonché la
destinazione alla soddisfazione di bisogni di interesse generale aventi
carattere non industriale o commerciale (giurisprudenza costante, si vedano
ad esempio: Corte giustizia C.E., 15 gennaio 1998, C- 44/96; Corte giustizia
C.E., 13 gennaio 2005, C-84/03).
Nel caso di specie sicuramente è configurabile il primo requisito,
in quanto il Consorzio è una società per azione e quindi
è dotato di personalità giuridica.
Parimenti, sussiste il secondo requisito, in quanto la dipendenza pubblica
emerge dal dato quantitativo della prevalente proprietà pubblica,
ricorrente nel caso di specie.
Sul punto la giurisprudenza ha precisato che siccome la c.d. dominanza
pubblica è normativamente collegata anche ai casi in cui la gestione
è sottoposta al controllo di enti pubblici o di organismi di diritto
pubblico, allora la titolarità pubblica del pacchetto azionario
di maggioranza integra il requisito in esame, trattandosi dello strumento
normalmente praticato per acquisire il controllo di una società
di capitali (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 22 agosto 2003, n. 4748;
T.A.R. Toscana, sez. II, 07 novembre 2003, n. 571; Corte di Giustizia C.E.,
3 ottobre 2000, C- 380/98 ove si precisa che il finanziamento maggioritario
va inteso in termini quantitativi “senza che sia necessaria la predominanza
o la preponderanza di un gruppo rispetto ad un altro”; in argomento si
veda anche Corte giustizia CE, 13 dicembre 2007, C-337/06 ).
Ricorre altresì la terza condizione, ossia la destinazione della
società alla soddisfazione di bisogni di interesse generale aventi
carattere non industriale o commerciale.
In relazione a tale requisito la giurisprudenza, interna e comunitaria,
ha precisato, in primo luogo, che un organismo può avere sostanza
di diritto pubblico pur rivestendo una forma di diritto privato (cfr. Corte
di Giustizia C.E., 15 maggio 2003, C-214/2000), perché non è
tanto la veste giuridica che conta, quanto l'effettiva realtà interna
dell’ente e la sua preordinazione al soddisfacimento di un certo tipo di
bisogni, cui anche le imprese a struttura societaria sono in grado di provvedere,
senza che venga in rilievo al riguardo la maggiore o minore quantità
di spazio ad essi dedicato, visto che per la qualificazione di un ente
come organismo di diritto pubblico non è necessario che il perseguimento
di finalità generali assurga a scopo esclusivo, potendo coesistere
con lo svolgimento, anche prevalente, di attività industriali o
commerciali (cfr. Corte di Giustizia C.E. 10 novembre 1998, C-360/1996;
Corte di Giustizia C.E. 22 maggio 2003, C-18/2001).
Ne deriva che è irrilevante ai fini della qualificazione di
un ente come organismo di diritto pubblico che esso svolga anche attività
diverse non tutte riconducibili alla soddisfazione di interessi di carattere
generale, perché la natura di organismo di diritto pubblico sussiste
anche solo in relazione ad una parte dell’attività svolta; insomma,
anche se la soddisfazione di esigenze di interesse generale, aventi carattere
non industriale o commerciale assume carattere secondario rispetto al concomitante
perseguimento di interessi di carattere industriale o commerciale, ciò
non incide sulla qualificabilità del soggetto come organismo di
diritto pubblico (cfr. Consiglio di stato, sez. VI, 19 maggio 2008, n.
2279; Cassazione civile, sez. un., 07 ottobre 2008, n. 24722 e giurisprudenza
ivi richiamata).
Inoltre, si è precisato sia che l’individuazione del presupposto
in esame va effettuata secondo una prospettiva di tipo funzionale e sulla
base di un’interpretazione di tipo estensivo (cfr. a titolo di esempio
Corte Giustizia CE, sez. VI, 15 maggio 2003, C- 214/00), sia che nell’accertamento
di questo requisito devono essere valorizzate le circostanze di costituzione
del soggetto e le concrete condizioni di esercizio dell’attività.
In particolare, integrano bisogni di interesse generale non aventi
carattere industriale né commerciale quelli che sono soddisfatti
in modo diverso dall’offerta di beni o servizi sul mercato e al cui soddisfacimento,
il soggetto pubblico preferisce, per motivi connessi all'interesse generale,
provvedere direttamente o con riguardo ai quali intende mantenere un'influenza
determinante (cfr. Corte giustizia CE, sez. V, 22 maggio 2003 C - 18/01;
Corte giustizia CE, sez. VI, 16 ottobre 2003 C- 283/00; Corte giustizia
CE, sez. V, 27 febbraio 2003, C- 373/00; Corte giustizia CE, sez. IV, 10
aprile 2008, C- 393/06).
In via di ulteriore precisazione, la giurisprudenza ha chiarito che
la più corretta interpretazione del dettato comunitario impone di
conferire rilievo preminente non già al carattere - industriale
o commerciale - dell'attività gestionale posta in essere da un ente,
bensì alla natura dell'interesse, ossia delle esigenze al cui perseguimento
l’attività è teleologicamente ed istituzionalmente rivolta.
Conseguentemente, è ben possibile che un determinato organismo
persegua un interesse non industriale (ad es.: un fine di interesse generale
per la collettività dei consumatori o degli utenti) utilizzando
strumenti operativi latu sensu privatistici e che nondimeno sia qualificabile
come organismo di diritto pubblico ai sensi del diritto comunitario e della
relativa normativa nazionale di recepimento (cfr. sul punto: Consiglio
di stato, sez. VI, 19 maggio 2008, n. 2279; Consiglio di stato, sez. VI,
10 settembre 2008 , n. 4326; Corte di Giustizia CE, 10 novembre 1998, C-360/96).
Nel caso in esame è pacifico che C.T.N.M. s.p.a. è stata
costituita – in base all’oggetto statutario già richiamato - anche
per realizzare finalità di interesse generale, atteso che tale carattere
è implicito nell’attività di trasporto pubblico locale di
persone, che soddisfa le generali esigenze di mobilità dei cittadini.
Del resto, secondo quanto già precisato si tratta di un’attività
sottoposta ad un regime particolare, diverso dall’ordinaria soggezione
alle regole del mercato, correlato alla natura di servizio pubblico dell’attività
svolta; sicché, la valorizzazione del dato funzionale e quindi delle
esigenze alla cui soddisfazione l’attività è rivolta, nonché
la considerazione delle concrete modalità di svolgimento di tale
attività, da parte di un ente ab origine costituito per soddisfare
siffatte esigenze, consentono di affermare che il Consorzio svolge, in
parte qua, un’attività di interesse generale avente carattere non
industriale né commerciale, idonea a ricondurre la società
nella nozione di organismo di diritto pubblico, ancorché utilizzi
strumenti operativi di natura privatistica, come rilevato dalle parti resistenti.
Ne deriva che in relazione all’attività di cui si tratta il
Consorzio riveste la qualificazione, di rilevanza interna e comunitaria,
di amministrazione aggiudicatrice, essendo qualificabile non solo come
impresa pubblica, ma anche come organismo di diritto pubblico.
2.3) La ricostruzione in termini giuridici dei diversi profili fattuali
in cui si articola la fattispecie sottesa al ricorso proposto va ora completata
portando l’attenzione sulla natura sia del servizio oggetto della convenzione
intervenuta tra C.T.N.M. s.p.a. e I.P.A.S. s.p.a., sia della convenzione
medesima (cfr. doc 11 del consorzio), tenendo presente che il nomen iuris
attribuito dalle parti all’atto non è vincolante per l’interprete,
essendo necessario esaminare il contenuto dell’atto e gli effetti che ne
derivano.
La convenzione stipulata tra C.T.N.M. s.p.a. e I.P.A.S. s.p.a in data
12 luglio 2004 – qualificata come contratto dalle parti che, però,
nell’atto sono indicate rispettivamente come concedente concessionario
– ha ad oggetto la fornitura, l’installazione e la manutenzione di paline
indicatrici di fermata con tabelle di linee, porta orari e marchio del
C.T.N.M. s.p.a.; l’art. 9 dell’atto specifica che I.P.A.S. s.p.a. dovrà
a sua cura e spese realizzare le indicazioni di servizio delle linee negli
appositi spazi a ciò predisposti e provvedere al relativo montaggio
e manutenzione attenendosi scrupolosamente alle direttive del Consorzio,
con la precisazione – ex comma 10 – che i manufatti di cui si tratta diverranno
di proprietà di C.T.N.M. s.p.a. all’atto stesso della loro installazione.
Inoltre, si prevede che per la durata del rapporto è concessa
ad I.P.A.S. s.p.a la possibilità di utilizzare le paline dal punto
di vista pubblicitario, mediante la esposizione di materiale pubblicitario
sulle strutture stesse, con obbligo però di destinare alle indicazioni
di servizio la metà inferiore della facciata anteriore del manufatto
(commi 12 e 13).
Nelle premesse dell’atto si stabilisce che le paline da fornire sono
riconducibili a due tipologie: A e B, con la precisazione che solo le paline
di tipo A saranno utilizzate per esposizioni pubblicitarie, nella facciata
posteriore e nello spazio della facciata anteriore non riservato alle esigenze
di C.T.N.M. s.p.a.
Sul piano economico si prevede che “la concessionaria I.P.A.S. s.p.a.”
si obbliga a corrispondere al C.T.N.M. s.p.a. un corrispettivo annuo di
Euro 22.500,00, oltre iva, in rate quadrimestrali anticipate ( comma 15);
infine, si specifica che “la concessione si intende assegnata salvi ed
impregiudicabili diritti di terzi e le concessioni già in atto”
(comma 17).
Sul piano oggettivo il servizio oggetto della concessione rappresenta
una porzione del più ampio servizio di trasporto pubblico locale
gestito dal Consorzio e non costituisce una mera fornitura di beni e servizi
all’amministrazione.
Invero, I.P.A.S. s.p.a. è incaricata della fornitura, della
gestione e della manutenzione di paline indicatrici di fermata, contenenti
le tabelle delle diverse linee e i relativi orari, con la precisazione
che la società dovrà realizzare a sue spese le indicazioni
di servizio delle linee negli appositi spazi a ciò predisposti,
provvedere al relativo montaggio e manutenzione attenendosi scrupolosamente
alle direttive del Consorzio.
Si tratta di un’attività che soddisfa intrinsecamente gli stessi
interessi generali, afferenti alla mobilità pubblica delle collettività
locali, cui tende il servizio pubblico di trasporto, del quale in definitiva
rappresenta un aspetto, atteso che è di immediata percezione che
il funzionamento di tale servizio implica la indicazione dei luoghi di
salita e discesa, degli orari di transito e delle linee che servono una
determinata località.
Del resto, l’indicazione degli orari di transito, la installazione
delle paline e la loro manutenzione si rivolge direttamente all’utenza,
che fruisce di questo servizio come strumento necessario per l’impiego
del più ampio servizio di trasporto pubblico locale.
Sotto altro profilo, va osservato che la gestione di questa attività
si sottrae alle regole ordinarie del mercato, in quanto la fornitura e
la gestione delle paline, da un lato, è sottoposta sia ad un potere
di direttiva del Consorzio, sia al potere del Consorzio medesimo di pronunciare
la decadenza o di annullare l’atto (commi 16 e 17 della convenzione), dall’altro,
è collegata alla corresponsione periodica da parte di I.P.A.S. s.p.a.
di una somma di denaro in favore del Consorzio.
Del resto, la convenzione in esame presenta strutturalmente i caratteri
della concessione di servizio pubblico e non del contratto di appalto.
La giurisprudenza, interna e comunitaria, ha precisato che i tratti
distintivi della concessione di servizio, che valgono a distinguerla dal
contratto di appalto, sono, da un lato, l'assunzione del rischio legato
alla gestione del servizio, nel senso che il concessionario assume il rischio
economico della gestione, perché la remunerazione che egli percepisce
non è legata al versamento di un prezzo o di un corrispettivo, ma
direttamente alla gestione del servizio (cfr. Corte di Giustizia C.E.,
18 luglio 2007, C-382/05; Corte di Giustizia C.E., 13 ottobre 2005, C-458/03;
Corte di Giustizia C.E., 7 dicembre 2000, C 324/98); dall’altro, la circostanza
che il corrispettivo non sia versato dall'amministrazione, come accade
nei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, atteso che l’amministrazione
percepisce un canone da parte del concessionario (cfr. Consiglio di Stato,
sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3333). Infine, rileva la diversità della
struttura del rapporto, che nella concessione di servizi è trilaterale,
coinvolgendo l'amministrazione, il gestore e gli utenti, sui quali in definitiva
grava il costo del servizio, mentre nell'appalto è bilaterale (stazione
appaltante – appaltatore) e l'obbligazione di compensare l'attività
svolta dal privato grava sull’amministrazione.
Tale distinzione è stata codificata dalla direttiva comunitaria
31 marzo 2004/18/CE e recepita nel nostro ordinamento dall'art. 3, comma
12, e dall’art. 30 del d.l.vo 2006 n. 163, ove si definisce la concessione
di servizi come “un contratto che presenta le stesse caratteristiche di
un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo
della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i
servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo…” (cfr. sulla distinzione
tra appalto e concessione si vedano tra le altre: Consiglio di stato, sez.
V, 05 dicembre 2008, n. 6049; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 17 febbraio 2009,
n. 315)
In proposito, si è chiaramente precisato che negli appalti pubblici
di servizi l'appaltatore presta il servizio in favore di una pubblica amministrazione,
la quale utilizza tale prestazione ai fini dell’eventuale erogazione del
servizio pubblico a vantaggio della collettività, mentre nella concessione
di pubblico servizio il concessionario sostituisce la pubblica amministrazione
nell’erogazione del servizio, ossia nello svolgimento dell'attività
diretta al soddisfacimento dell'interesse collettivo (cfr. sul punto T.A.R.
Sicilia Catania, sez. III, 18 febbraio 2009, n. 369)
Nel caso in esame, il Consorzio - C.T.N.M. s.p.a. ha individuato in
I.P.A.S. s.p.a il soggetto tenuto sia alla fornitura, alla gestione e alla
manutenzione di paline indicatrici di fermata, con obbligo di realizzare
su di esse le indicazioni di servizio delle linee, sia alla corresponsione
di un canone in favore del Consorzio, verso la possibilità di gestire
gli impianti per realizzare spazi pubblicitari e così ottenendo
la remunerazione dell’attività svolta.
Ecco allora che I.P.A.S. s.p.a., da un lato, si sostituisce all’amministrazione
nella gestione in parte qua del servizio pubblico di trasporto, cui afferiscono
le attività di installazione, gestione, manutenzione delle paline
e di realizzazione delle indicazioni di servizio – direttamente funzionali
alla fruizione del servizio da parte degli utenti - dall’altro, sfrutta
economicamente le paline mediante la cessione a terzi di spazi pubblicitari,
ottenendo per tale via la remunerazione dell’attività svolta.
Del resto, anche la gestione degli spazi pubblicitari sugli impianti
necessari per il funzionamento del servizio di trasporto integra un aspetto
del servizio medesimo, nella cui gestione I.P.A.S. s.p.a. si è sostituita
al Consorzio.
Ne deriva la sussistenza dei tratti caratteristici della concessione
di servizio pubblico, secondo i suindicati parametri enucleati dalla giurisprudenza
(cfr. ad identiche conclusioni in vicende del tutto simili è giunto
il Consiglio di Stato con le sentenze Consiglio di stato, sez. V, 19 settembre
2008, n. 4520; Consiglio di stato, sez. V, 01 agosto 2007, n. 4270; Consiglio
di stato, sez. VI, 05 giugno 2006, n. 3333)
Va, pertanto, ribadito che il rapporto tra il Consorzio e I.P.A.S.
s.p.a. ha ad oggetto l’affidamento di un‘attività riconducibile
al servizio pubblico di trasporto gestito dal primo, sulla base di un rapporto
strutturato come concessione.
3) Le considerazioni svolte consentono di risolvere la prima delle
questioni preliminari sollevate dalle parti, nel senso di riconosce la
giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia in esame, in
quanto afferente alle modalità di affidamento di una concessione
di servizio pubblico.
3.1) Invero, l’art. 33 del d.l.vo 1998 n. 80 - a seguito della sentenza
della Corte Costituzionale 2004 n. 204, avente, ovviamente, effetto ex
tunc – attribuisce al giudice amministrativo le controversie in materia
pubblici servizi relative, tra l’altro, a concessioni di pubblici servizi
e all’affidamento di un pubblico servizio.
Nel caso in esame la contestazione rivolta dalla ricorrente avverso
le modalità con le quali C.T.N.M. s.p.a. ha assegnato ad I.P.A.S.
s.p.a. il servizio – di cui si è già rilevata la natura di
servizio pubblico - investe l’affidamento del servizio ed in particolare
le modalità con le quali è stata assegnata la concessione,
sicché rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
ai sensi del citato art. 33 del d.l.vo 1998 n. 80 (cfr. per simili conclusioni
in punto di giurisdizione in un caso sovrapponibile a quello in esame si
vedano Consiglio di stato, sez. V, 19 settembre 2008, n. 4520; Consiglio
di stato, sez. V, 01 agosto 2007, n. 4270).
La circostanza che la controversia abbia ad oggetto l’atto di affidamento
di un servizio pubblico, di cui si contesta l’illegittimità perché
non preceduto da una procedura ad evidenza pubblica, esclude che assuma
rilevanza il problema – pure sollevato dalle parti resistenti - della sussistenza
della giurisdizione del giudice amministrativo rispetto alla validità
del contratto una volta annullato l’atto di aggiudicazione, questione risolta,
come è noto, mediante l’attribuzione di simili controversie al giudice
ordinario (cfr. Cassazione civile, sez. un., 28 dicembre 2007, n. 27169;
Consiglio Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2008, n. 9).
Invero, nel caso in esame non si discute della validità di un
contratto, ma della legittimità di una concessione di servizio pubblico,
in ordine alla quale gli unici profili riservati alla cognizione del giudice
ordinario sono quelli relativi ad “indennità, canoni ed altri corrispettivi”,
ma tali profili non sono in contestazione nel caso in esame.
Va, pertanto, ribadita la giurisdizione del giudice amministrativo
nella controversia de qua, con conseguente infondatezza delle relative
eccezioni sollevate dalle parti resistenti.
3.2) In via di ulteriore specificazione, il Tribunale rileva che ad
analoghe conclusioni in punto di giurisdizione, rispetto alle contestazioni
inerenti le modalità di affidamento del servizio ad I.P.A.S. s.p.a.,
si sarebbe giunti anche seguendo la prospettazione della parte ricorrente,
che riconduce la fattispecie ad un appalto di servizi, da sussumere alternativamente
nella disciplina del d.l.vo 1995 n. 158 – appalti nei settori esclusi –
o del d.l.vo 1995 n. 157 – appalti pubblici di servizi.
Sul punto non è dirimente la circostanza, eccepita dalle parti
resistenti e non oggetto di contestazione, della collocazione del servizio
affidato sotto soglia comunitaria.
Difatti, una volta riconosciuta a C.T.N.M. s.p.a. la qualifica di amministrazione
aggiudicatrice, per la sua riconducibilità tanto alla nozione di
impresa pubblica, quanto a quella di organismo di diritto pubblico, il
valore del servizio perde rilevanza ai fini della giurisdizione, alla luce
della sopravvenuta disciplina posta dal d.l.vo 2006 n. 163.
L’art. 121 del codice dei contratti pubblici estende espressamente
ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria
le disposizioni della parte IV del decreto, tra le quali quelle dell’art.
244, che configura nei casi in questione la giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo.
Pertanto, se anche la causa è stata radicata prima dell’entrata
in vigore del d.l.vo 2006 n. 163, l’applicazione del principio della perpetuatio
iurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. conduce comunque ad affermare la
giurisdizione del giudice amministrativo nella materia de qua.
Del resto, è pacifico che l'art. 5 c.p.c. – ove si stabilisce
che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge, ovvero allo
stato di fatto, vigente al momento della domanda, mentre non hanno rilevanza
i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo - essendo diretto
a favorire la c.d. perpetuatio iurisdictionis, non trova applicazione quando
il mutamento dello stato di diritto o di fatto comporti l'attribuzione
della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione
della domanda (cfr. Cassazione civile, Sezioni Unite, 6 maggio 2002, n.
6487), sicché in simili casi la causa resta radicata in capo al
giudice adito, originariamente privo di giurisdizione, ma munitone al tempo
della decisione.
In ogni caso, vale precisare che l’orientamento secondo il quale, se
un’amministrazione aggiudicatrice utilizza una procedura ad evidenza pubblica
per affidare un contratto sotto soglia comunitaria, la relativa controversia
non apparterrebbe al giudicatrice amministrativo, ma al giudice ordinario,
perché afferente a diritti soggettivi e non ad interessi legittimi,
attesa la mancanza di una puntuale disciplina normativa di una specifica
procedura ad evidenza pubblica (cfr. per tale ricostruzione si vedano Cassazione
civile, Sezioni Unite, 20 novembre 2003, n. 17635; Consiglio di stato,
sez. V, 18 novembre 2004, n. 7554) è stata sottoposta a rivisitazione
dalla più recente giurisprudenza amministrativa.
In particolare, sul presupposto che anche sotto soglia un soggetto
che sia ente aggiudicatore ai sensi del diritto comunitario deve seguire
i principi del Trattato C.E. in materia di trasparenza, divieto di discriminazione
e par condicio (per tali profili si veda più ampiamente il prosieguo
della motivazione), si è chiarito che in simili casi l’obbligo di
attuare un procedimento di selezione competitiva, al fine di attribuire
un'utilità di rilievo economico, pure al di fuori di uno specifico
vincolo normativo in ordine all'an ed al quomodo di tale procedura, si
traduce nell’adozione di atti amministrativi di individuazione del contraente;
in particolare, la serie procedimentale in tal modo posta in essere comprende,
in primo luogo, un atto amministrativo di accertamento costitutivo e solo
in secondo luogo anche la manifestazione di volontà negoziale della
p.a. in ordine al contratto da stipulare. Pertanto, “l’ aggiudicazione
assume una valenza procedimentale ed amministrativa ed integra una vera
e propria determinazione autoritativa dell'esito della procedura selettiva,
mediante una statuizione propria degli atti pubblici diretti a creare certezze
legali privilegiate ed a incidere sulla posizione soggettiva degli aspiranti
all'aggiudicazione, qualificabile come di interesse legittimo con conseguente
giurisdizione del giudice amministrativo” (cfr. Consiglio di stato, sez.
VI, 19 maggio 2008, n. 2279; Consiglio di stato, sez. VI, 07 marzo 2006,
n. 1190; Consiglio di Stato, sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6368; T.A.R.
Puglia Bari, sez. I, 12 giugno 2008, n. 1480; T.A.R. Liguria Genova, sez.
II, 28 maggio 2008, n. 1132; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 15 marzo 2007,
n. 2211; T.A.R. Umbria Perugia, 25 agosto 2006, n. 429; T.A.R. Lazio Roma,
sez. II, 18 agosto 2004, n. 7763).
4) Palesemente infondata è l’eccezione sollevata dalla controinteressata
con la quale si deduce l’inammissibilità del ricorso per omessa
impugnazione degli atti di autorizzazione all’installazione di mezzi pubblicitari,
ex art. 23 del d.l.vo 1992 n. 285.
Al di là dell’evidente genericità dell’eccezione, che
neppure precisa le ragioni giuridiche dell’inammissibilità prospettata,
è sufficiente evidenziare che l’omessa impugnazione delle autorizzazioni
indicate è del tutto indifferente ai fini dell’ammissibilità
e della procedibilità del ricorso.
Invero, le autorizzazioni in questione non rientrano nella materia
del contendere né integrano atti presupposti rispetto alle determinazioni
amministrative censurate.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza dell’eccezione in esame.
5) Con il primo, il secondo, il terzo e il quinto dei motivi proposti
– che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente
connessi sul piano logico giuridico – la ricorrente lamenta, in sintesi,
che l’affidamento del servizio ad I.P.A.S. s.p.a. non è stato preceduto
dall’attivazione di una procedura ad evidenza pubblica, rispettosa dei
principi interni e comunitari in materia di concorrenza e di trasparenza.
I motivi sono fondati.
In punto di fatto è incontestato che il Consorzio ha attribuito
il servizio oggetto della concessione stipulata con I.P.A.S. s.p.a. senza
attivare alcuna procedura selettiva, ossia senza subordinare l’affidamento
del servizio pubblico al confronto competitivo tra le imprese interessate.
Nondimeno la natura sostanziale del Consorzio, qualificabile – retro
punto 2.2 – come organismo di diritto pubblico, nonché la struttura
concessoria del rapporto instaurato con I.P.A.S. s.p.a. rendevano necessaria
l’osservanza nel caso in esame dei principi comunitari in materia di concorrenza
e dei relativi corollari di trasparenza, par condicio e divieto di discriminazione.
E’ pacifico che le concessioni in questione non sono disciplinate da
specifiche direttive comunitarie dirette a delineare una particolare procedura
ad evidenza pubblica; nondimeno, esse non si sottraggono all’applicazione
dei principi del trattato (cfr. Corte di Giustizia C.E., 13 settembre 2007,
C-260/04; Corte di Giustizia C.E., 7 dicembre 2000, causa C 324/98).
E’ ormai acquisita a livello giurisprudenziale la necessità
di rispettare i principi del Trattato dell’Unione Europea ogni qual volta
un soggetto aggiudicatore intenda affidare un’attività che si traduce
in un’occasione di guadagno per l’esecutore, rappresentando una “utilitas”
di rilevanza economica, che, in quanto tale, deve essere attribuita nel
rispetto del principio della concorrenza e dei relativi corollari, consentendo
a tutti gli operatori economici interessati di competere in condizioni
di parità per il conseguimento di tale utilità.
Ciò è coerente con l'obiettivo della normativa comunitaria
di evitare che un soggetto sostanzialmente pubblico, perché qualificabile,
in particolare, come organismo di diritto pubblico, si lasci guidare da
considerazioni diverse da quelle economiche nell’attribuzione di una specifica
utilità (cfr. in argomento Corte giustizia CE, 10 aprile 2008, C-393/06;
Corte giustizia C.E., 27 febbraio 2003, C-373/00 ).
In tale senso, la Commissione Europea (cfr. la comunicazione della
Commissione del 12 aprile 2000 - pubblicata in G.U.C.E. n. C 121 del 29
aprile 2000, richiamata e sviluppata da un circolare della Presidenza del
Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le politiche Comunitarie n. 945
in data 1° marzo 2002 - nonché più recentemente la Comunicazione
interpretativa della Commissione relativa al diritto comunitario applicabile
alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle
direttive appalti pubblici, pubblicata in G.U.C.E. n. C 179 del 1°
agosto 2006)
ha precisato che i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo
proporzionato e congruo all'importanza della fattispecie in rilievo, vanno
applicati, in quanto dettati in via diretta e “self-executing” dal Trattato,
anche alle fattispecie non interessate da specifiche disposizioni comunitarie
volte a disciplinare una procedura competitiva puntualmente regolata.
Si tratta dei principi di non discriminazione, di parità di
trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalità,
così come risultano dalla costante tradizione giurisprudenziale
della Corte di Giustizia europea, con la precisazione che tutte le concessioni
ricadono nel campo di applicazione dei principi indicati.
In particolare, tali principi trovano applicazione quando un soggetto
sostanzialmente pubblico decide di attribuire un’utilità di rilievo
economico comunque contendibile fra più operatori del mercato, anche
se tale utilità non concerne in modo diretto il settore degli appalti,
bensì altri settori di intervento, di analogo ed indiscutibile rilievo
economico per gli operatori.
Coerentemente la giurisprudenza amministrativa considera che “i principi
generali del Trattato valgono comunque anche per i contratti e le fattispecie
diverse da quelle concretamente contemplate” dalle direttive comunitarie,
dal codice degli appalti o da altre normative di settore, con la precisazione
che anche le direttive comunitarie in materia di appalti sono attuative
del Trattato e, pertanto, contengono norme puramente applicative, con riferimento
a determinati appalti, di principi generali, che, essendo sanciti in modo
universale dal Trattato, valgono – si ripete – anche per contratti e fattispecie
diverse da quelle concretamente contemplate (cfr. Consiglio Stato, Ad.
Plen., 03 marzo 2008, n. 1; Consiglio di stato, sez. VI, 21 maggio 2009,
n. 3145; Consiglio di stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2555; Consiglio
di stato, sez. VI, 19 maggio 2008, n. 2279; Consiglio di stato, sez. VI,
30 gennaio 2007, n. 362; Consiglio di stato, sez. VI, 30 dicembre 2005,
n. 7616; Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168; T.A.R. Emilia
Romagna Bologna, sez. II, 16 febbraio 2009, n. 153).
Sul piano sistematico, una conferma della necessità di applicare
i principi di rilevanza comunitaria in sede di scelta del concessionario
emerge dall’art. 30 del d.l.vo 2006 n. 163 – non applicabile ratione temporis
– ove, in relazione alla concessione di servizi, si specifica che “La scelta
del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal
Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare,
dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione,
parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità,
previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se
sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto
della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi”
Nel caso di specie non è dubitabile che l’amministrazione abbia
attribuito un’utilità di rilievo concorrenziale, visto che il concessionario
ha acquisito il diritto di sfruttare le paline indicatrici di fermata degli
autobus a fini pubblicitari, mediante la esposizione su di esse di materiale
pubblicitario.
Di conseguenza, l’amministrazione doveva rispettare i principi, interni
e comunitari, che connotano l’evidenza pubblica ed, in particolare, i canoni
della trasparenza e della par condicio.
In relazione alle concrete conseguenze che derivano dalla necessaria
applicazione di tali principi, vale rilevare, in conformità alla
prevalente elaborazione giurisprudenziale, che l'obbligo di trasparenza
cui sono tenute le amministrazioni consiste nel garantire, in favore di
ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che
consenta l'apertura alla concorrenza, nonché il controllo sull'imparzialità
delle procedure di aggiudicazione (cfr. Corte di Giustizia C.E., 13 ottobre
2005, C-458/03; Corte di Giustizia C.E., 7 dicembre 2000, causa C-324/98).
Il principio di trasparenza è strettamente legato a quello di
non discriminazione, poiché garantisce condizioni di concorrenza
non falsate ed esige che le amministrazioni concedenti rendano pubblica,
con appropriati mezzi di pubblicità, la loro intenzione di ricorrere
ad una concessione.
Tali forme di pubblicità dovranno contenere le informazioni
necessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare
il loro interesse a partecipare alla procedura, quali l'indicazione dei
criteri di selezione ed attribuzione, l'oggetto della concessione e delle
prestazioni attese dal concessionario (cfr. in argomento tra le altre T.A.R.
Sicilia Catania, sez. III, 18 febbraio 2009, n. 369) .
Inoltre, il principio di parità di trattamento implica che le
amministrazioni concedenti pur essendo libere di scegliere la procedura
di aggiudicazione più appropriata alle caratteristiche del settore
interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare
durante le varie fasi della procedura, debbano poi garantire che la scelta
del candidato avvenga in base a criteri obiettivi e che la procedura si
svolga rispettando le regole e i requisiti inizialmente stabiliti (cfr.
Corte di Giustizia, sentenza 25 aprile 1996, causa C-87/94; Consiglio di
stato, sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362).
Nel caso in esame è palese la violazione dei principi, interni
e comunitari, ora richiamati, in quanto la concessione è stata assegnata
ad I.P.A.S. s.p.a. al di fuori dello svolgimento di una procedura selettiva,
senza la predeterminazione di criteri valutativi, nonché in mancanza
di qualunque meccanismo pubblicitario idoneo ad assicurare il valore della
trasparenza, così precludendo alle imprese interessate di competere
in condizioni di parità per l’aggiudicazione del servizio.
In via di ulteriore specificazione, va osservato che le considerazioni
svolte in ordine alla violazione dei principi del Trattato C.E. in materia
di tutela della concorrenza resterebbero ferme quand’anche si qualificasse
in termini meramente contrattuali il rapporto intercorrente tra C.T.N.M.
s.p.a. e I.P.A.S. s.p.a., in quanto, a fronte della natura sostanzialmente
pubblica del Consorzio, l’obbligo di applicare i principi indicati è
configurabile a prescindere dalla natura del titolo con il quale il servizio
viene attribuito ed indipendentemente dalla qualificabilità del
servizio stesso come servizio pubblico, in linea con l’orientamento giurisprudenziale
suindicato.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza dei motivi in esame che, presentando
natura sostanziale, consentono di ritenere assorbite le ulteriori censure
articolate dalla ricorrente.
6) In definitiva, il ricorso è fondato nei termini dianzi esposti
e merita accoglimento.
La complessità delle questioni, di fatto e di diritto, sottese
al ricorso proposto consente di ravvisare giusti motivi per compensare
tra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, sezione
terza, definitivamente pronunciando:
1) accoglie il ricorso e per l’effetto annulla la concessione datata
12.07.2004 rilasciata dal Consorzio Trasporti Nord Milano s.p.a. in favore
di I.P.A.S. s.p.a.;
2) compensa tra le parti le spese della lite;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 09/07/2009
con l'intervento dei Magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Dario Simeoli, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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