Giurisprudenza - Servizi pubblici |
sezione
diretta da D. ssa Paola Pozzani
Corte di Giustizia CEE,
sez. IV, sentenza 18 dicembre 2007
(procedimento C-357/06) – sull’incompatibilità
con i principi comunitari della normativa
italiana che limita la partecipazione alle società di capitali
alle procedure
di affidamento dei servizi pubblici locali SENTENZA DELLA CORTE
(Quarta Sezione) 18 dicembre 2007 (*) «Direttiva
92/50/CEE – Appalti pubblici di servizi –
Normativa nazionale che limita l’affidamento dei servizi pubblici
locali di
rilevanza economica alle società di capitali –
Compatibilità» Nel
procedimento
C-357/06, avente ad
oggetto la
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi
dell’art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale per
la
Lombardia, con ordinanza 16 giugno 2006, pervenuta in cancelleria il 30
agosto
2006, nella causa Frigerio
Luigi &
C. Snc contro Comune
di Triuggio, nei
confronti di: Azienda
Servizi
Multisettoriali Lombarda – A.S.M.L. SpA, LA CORTE (Quarta
Sezione), composta
dal
sig. G. Arestis, presidente dell’Ottava Sezione, facente
funzione di
presidente della Quarta Sezione, dalla
sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai
sigg. E. Juhász
(relatore), J. Malenovský e T. von Danwitz,
giudici, avvocato
generale:
sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer cancelliere:
sig.ra L. Hewlett, amministratore principale vista la
fase scritta del
procedimento e in seguito alla trattazione orale del 18 ottobre 2007, considerate
le
osservazioni presentate: – per la
Frigerio Luigi
& C. Snc, dall’avv. M. Boifava; – per la
Commissione
delle Comunità europee, dai sigg. C. Zadra e
X. Lewis, in
qualità di agenti, vista la
decisione,
adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di decidere la causa
senza
conclusioni, ha
pronunciato la
seguente Sentenza 1 La domanda di
pronuncia
pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 26 della
direttiva del
Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209,
pag. 1), come modificata dalla direttiva della Commissione 13
settembre
2001, 2001/78/CE (GU L 285, pag. 1; in prosieguo: la
«direttiva
92/50»), dell’art. 4, n. 1, della direttiva del
Parlamento europeo e
del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento
delle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di
forniture e di
servizi (GU L 134, pag. 114), degli
artt. 39 CE,
43 CE, 48 CE e 81 CE, dell’art. 9 della direttiva
del
Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti
(GU L 194,
pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 91/156/CE
(GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva
75/442»), nonché
dell’art. 7 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
5
aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114,
pag. 9). 2 Tale domanda è
stata proposta
nell’ambito di una controversia tra la Frigerio Luigi & C. Snc (in
prosieguo: la «Frigerio»), società in nome
collettivo di diritto italiano, ed
il Comune di Triuggio in merito all’attribuzione di un contratto per la
gestione dei servizi d’igiene ambientale. Contesto
normativo La
normativa
comunitaria 3 La direttiva 92/50
mira a
coordinare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
servizi. In
base al suo secondo ‘considerando’, essa concorre all’instaurazione
progressiva
del mercato interno, che comporta uno spazio senza frontiere interne
nel quale
è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone,
dei servizi e
dei capitali. 4 Il sesto
‘considerando’ di tale
direttiva enuncia, in particolare, che è necessario evitare
intralci alla
libera circolazione dei servizi e che pertanto i prestatori di servizi
possono
essere sia persone fisiche sia persone giuridiche. 5 Ai sensi del ventesimo
‘considerando’ della detta direttiva, per eliminare pratiche che
restringono la
concorrenza in generale e limitano, in particolare, la partecipazione
dei
cittadini di altri Stati membri agli appalti, occorre migliorare
l’accesso dei
fornitori di servizi alle procedure di aggiudicazione. 6 L’art. 26 della
direttiva
92/50 ha il seguente tenore: «1.
Le offerte possono
venir presentate da raggruppamenti di prestatori di servizi. A tali
raggruppamenti non può venir richiesto di assumere una forma
giuridica
specifica ai fini della presentazione dell’offerta; ciò
può tuttavia venir
richiesto al raggruppamento selezionato una volta che gli sia stato
aggiudicato
l’appalto. 2. I
candidati od
offerenti che, in base alla normativa dello Stato membro nel quale sono
stabiliti, sono autorizzati a svolgere la prestazione del servizio di
cui
trattasi non possono venir respinti soltanto per il fatto che, a norma
delle
disposizioni vigenti nello Stato membro nel quale è aggiudicato
l’appalto, essi
avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche. 3.
Tuttavia, alle persone
giuridiche può essere richiesto d’indicare nell’offerta o nella
domanda di
partecipazione il nome e le qualificazioni professionali delle persone
che
effettuano la prestazione del servizio di cui trattasi». 7 La direttiva 92/50
è stata
abrogata, fatta eccezione per il suo art. 41, con effetto dal 31
gennaio
2006 e sostituita dalla direttiva 2004/18. L’art. 4, della
direttiva
2004/18 ricalca sostanzialmente il testo dell’art. 26 della
direttiva
92/50. La
normativa
nazionale 8 Il decreto legislativo
18 agosto
2000, n. 267, recante testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti
locali (Supplemento ordinario alla GURI n. 227 del 28 settembre
2000),
come modificato dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269,
recante
disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione
dell’andamento dei conti pubblici (Supplemento ordinario alla GURI
n. 229
del 2 ottobre 2003), convertito in legge, a seguito di modifica, dalla
legge 24
novembre 2003, n. 326 (Supplemento ordinario alla GURI n. 274
del 25
novembre 2003; in prosieguo: il «decreto legislativo
n. 267/2000»),
disciplina, segnatamente, le modalità di aggiudicazione degli
appalti relativi
alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
L’art. 113, comma 5, del detto decreto legislativo così
dispone: «L’erogazione
del
servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della
normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità
del servizio: a) a
società di capitali
individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza
pubblica; b) a
società a capitale
misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto
attraverso
l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano
dato
garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di
concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità
competenti
attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a
società a capitale
interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici
titolari del
capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a
quello
esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte
più importante
della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la
controllano». 9 Per quanto attiene al
settore
specifico dei rifiuti, l’art. 2, comma 6, della legge regionale
della
Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, recante «disciplina dei
servizi locali
di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei
rifiuti, di
energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche»
(Supplemento
ordinario al Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 51
del 16
dicembre 2003; in prosieguo: la «legge regionale
n. 26»), prevede quanto
segue: «L’erogazione
dei servizi
è affidata a società di capitali scelte mediante
procedure di evidenza pubblica
o procedure compatibili con la disciplina nazionale e comunitaria in
materia di
concorrenza; (…)». 10 Ai sensi
dell’art. 198,
primo comma, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
recante norme
in materia ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 88 del
14 aprile
2006): «(…)
i comuni continuano
la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo
smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’articolo 113,
comma
5, del decreto legislativo [n. 267/2000]». Fatti
e
questioni pregiudiziali 11 Con delibera 29
novembre 2005,
n. 53 (in prosieguo: la «delibera n. 53»), il
Consiglio comunale di
Triuggio ha affidato all’Azienda Servizi Multisettoriali Lombarda –
A.S.M.L.
SpA (in prosieguo: la «ASML») la gestione del servizio
d’igiene ambientale nel
territorio comunale, per la durata di cinque anni a decorrere dal
1° luglio
2006. 12 Con la medesima
delibera, il
suddetto Consiglio si è impegnato ad acquistare un pacchetto
azionario che
consentisse all’amministrazione comunale di «divenire socio a
tutti gli
effetti, nonché ristrutturare e disciplinare, sia sotto il
profilo
organizzativo che funzionale, i rapporti con l’[ASML], allo scopo di
configurare in capo al Comune [di Triuggio] un potere di indirizzo e
controllo
sull’azienda stessa analogo a quello esercitato sui propri
servizi». 13 La Frigerio che, in
associazione
temporanea con un’altra società in nome collettivo di diritto
italiano, aveva
garantito la gestione del servizio di cui trattasi dal 1°gennaio
1996 al 30
giugno 2006, ha impugnato la delibera n. 53 dinanzi al Tribunale
amministrativo
regionale per la Lombardia. Nell’ambito di tale ricorso, essa ha fatto
valere
che il Consiglio comunale di Triuggio non era legittimato ad attribuire
direttamente l’appalto in questione, essendo invece tenuto a procedere
ad una
gara d’appalto conformemente alla normativa comunitaria applicabile in
materia
di appalti pubblici e all’art. 113, comma 5, del decreto
legislativo
n. 267/2000. 14 Il Comune di Triuggio
nonché
l’ASML hanno chiesto il rigetto del ricorso, ma parimenti, in via
incidentale,
la declaratoria di inammissibilità. A tal riguardo, essi
sostengono
segnatamente che il ricorso è inammissibile per carenza di
interesse ad agire
della Frigerio, poiché questa, essendo costituita nella forma
giuridica di una
società di persone (società in nome collettivo), non
può ambire
all’attribuzione dell’appalto controverso, atteso che l’art. 113,
comma 5,
del decreto legislativo n. 267/2000 riserva alle sole
società di capitali
l’affidamento dei servizi pubblici locali, come quello d’igiene
ambientale. 15 Ciò premesso,
il Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il
giudizio e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1)
Se la disposizione
dell’art. 4, n. 1, della direttiva [2004/18] o quella analoga
recata
dal n. 2 dell’art. 26 della direttiva [92/50] (nel caso in
cui
quest’ultimo sia considerato il parametro normativo di riferimento),
secondo
cui i candidati od offerenti che, in base alla normativa dello Stato
membro nel
quale sono stabiliti, sono autorizzati a svolgere la prestazione del
servizio
di cui trattasi non possono venir respinti soltanto per il fatto che, a
norma
delle disposizioni vigenti nello Stato membro nel quale è
aggiudicato
l’appalto, essi avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone
giuridiche,
enunci, o no, un principio fondamentale del diritto comunitario, tale
da
trascendere il limite formale segnato all’art. 113, comma 5,
del
decreto legislativo n. 267/2000 e agli artt. 2, comma 6,
e 15,
comma 1, della legge regionale [n. 26], e, quindi, in grado
di
dispiegare la propria efficacia conformativa in modo tale da consentire
la
partecipazione alle gare anche di soggetti che non rivestono la natura
di
società di capitali; 2) nel
caso in cui la
Corte non ritenga la disciplina sopra indicata espressione di un
principio
fondamentale del diritto comunitario, se la disposizione
dell’art. 4,
n. 1, della direttiva [2004/18], o quella analoga recata dal
n. 2,
dell’art. 26 della direttiva [92/50] (nel caso in cui quest’ultimo
sia
considerato il parametro normativo di riferimento), costituisca,
piuttosto, un
corollario implicito o un "principio derivato" del principio di
concorrenza, considerato in coordinamento con quelli della trasparenza
amministrativa e della non discriminazione in base alla
nazionalità, e se,
quindi, come tale, esso sia dotato d’immediata efficacia vincolante e
di forza
prevalente sulle normative interne eventualmente difformi, dettate
dagli Stati
membri per disciplinare gli appalti di lavori pubblici esulanti dal
campo di diretta
applicabilità del diritto comunitario; 3) se le
disposizioni di
cui all’art. 113, comma 5, del decreto legislativo
n. 267/2000,
e agli artt. 2, comma 6, e 15, comma l, della legge
regionale
[n. 26] siano conformi ai principi comunitari individuati dagli
artt. 39 [CE] (principio di libera circolazione dei
lavoratori
all’interno della Comunità), 43 [CE] (libertà di
stabilimento),
48 [CE] e 81 [CE] (intese restrittive della concorrenza),
(...) e se,
quindi, in caso di ritenuta difformità le richiamate
disposizioni nazionali
debbano essere disapplicate, in quanto contrastanti con le norme
comunitarie
dotate d’immediata efficacia vincolante e di forza prevalente sulle
normative
interne; 4) se le
disposizioni di
cui all’art 113, comma 5, del decreto
legislativo 267/2000,
nonché gli artt. 2, comma 6, e 15, comma l, della
legge
regionale [n. 26] siano conformi alla disposizione
dell’art. 9,
n. l, della direttiva [75/442] o a quella analoga recata dal
n. 2
dell’art. 7, della direttiva [2006/12] (nel caso in cui
quest’ultimo sia
considerato il parametro normativo di riferimento) le quali dispongono,
rispettivamente, che "(…) tutti gli stabilimenti o imprese che
effettuano
le operazioni elencate nell’allegato Il A debbono ottenere
l’autorizzazione
dell’autorità competente di cui all’articolo 6" e che "i piani
di cui
al paragrafo 1 (di gestione dei rifiuti) possono riguardare ad esempio:
a) le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla
gestione dei
rifiuti (…)"». Sulle
questioni
pregiudiziali Sulla
prima e
sulla seconda questione 16 In via preliminare, va
rilevato
che, conformemente ad una giurisprudenza costante, nell’ambito di un
procedimento ex art. 234 CE, basato sulla netta separazione
delle
funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti
di
causa rientra nella competenza del giudice nazionale (v., in
particolare,
sentenze 16 luglio 1998, causa C-235/95, Dumon e Froment,
Racc. pag. I-4531, punto 25; 11 luglio 2006, causa
C-13/05,
Chacón Navas, Racc. pag. I-6467, punto 32, e 8
novembre 2007,
causa C-251/06, ING. AUER, non ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 19). 17 A tale riguardo,
emerge dalla
domanda di pronuncia pregiudiziale e, in particolare, dalla prima e
dalla
seconda questione, che il giudice del rinvio si basa sulla premessa
secondo cui
l’appalto di cui trattasi nella causa principale ricade nell’ambito di
applicazione di una delle direttive comunitarie relative agli appalti
pubblici
di servizi, vale a dire o la direttiva 92/50, o la direttiva 2004/18.
Tale
premessa è inoltre corroborata da alcuni elementi sottoposti
alla Corte, quali
la delibera n. 53, il cui testo è allegato alle
osservazioni della
Frigerio e dalla quale emerge che il valore dell’appalto di cui si
controverte
nella causa principale supera la soglia di applicazione di predette
direttive.
Inoltre, dalle osservazioni presentate all’udienza si evince che il
corrispettivo di detto appalto proviene dal Comune di Triuggio,
cosicché non
può essere qualificato come concessione di servizi. 18 Ciò posto e
tenuto conto del
fatto che detta delibera risale al 29 novembre 2005, occorre dichiarare
che la
direttiva 92/50 si applica ai fatti della causa principale ratione
materiae e
ratione temporis. 19 La prima e seconda
questione, che
è opportuno esaminare congiuntamente, devono pertanto essere
riformulate nel
senso che il giudice del rinvio chiede, in via principale, se
l’art. 26,
n. 2, della direttiva 92/50 osti a disposizioni nazionali, come
quelle in
esame nella causa principale, che limitano la presentazione delle
offerte, in
una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico di servizi, agli
interessati che rivestano la forma giuridica di una società di
capitali. In
subordine, detto giudice s’interroga in ordine alle conseguenze di
un’eventuale
soluzione in senso affermativo sull’interpretazione e applicazione del
diritto
nazionale. 20 A norma
dell’art. 26,
n. 2, della direttiva 92/50, le amministrazioni aggiudicatrici non
possono
respingere i candidati od offerenti che, in base alla normativa dello
Stato
membro nel quale sono stabiliti, sono autorizzati ad erogare un
determinato
servizio, soltanto per il fatto che, a norma delle disposizioni vigenti
nello
Stato membro nel quale è aggiudicato l’appalto, essi avrebbero
dovuto essere o
persone fisiche o persone giuridiche. 21 Da tale disposizione
si evince
che le amministrazioni aggiudicatici non possano neppure scartare, da
una
procedura di gara i candidati od offerenti che, in base alla normativa
dello
Stato membro, sono autorizzati a fornire il servizio di cui trattasi,
soltanto
per il fatto che la forma giuridica non corrisponde ad una categoria
specifica
di persone giuridiche. 22 Ne discende che detta
disposizione osta a qualsiasi normativa nazionale che escluda candidati
od
offerenti, autorizzati in base alla normativa dello Stato membro
interessato ad
erogare il servizio in questione, dall’aggiudicazione di appalti
pubblici di
servizi il cui valore superi la soglia di applicazione della direttiva
92/50,
per il solo motivo che tali candidati od offerenti non hanno la forma
giuridica
corrispondente ad una determinata categoria di persone giuridiche. 23 Di conseguenza,
disposizioni
nazionali come quelle di cui trattasi nella causa principale, che
limitano
l’attribuzione degli appalti di servizi pubblici locali di rilevanza
economica
il cui valore superi la soglia di applicazione della direttiva 92/50 a
società
di capitali, non sono compatibili con l’art. 26, n. 2, di
tale
direttiva. 24 Per quanto riguarda i
fatti da
cui trae origine la causa principale, emerge dal fascicolo che la
Frigerio ha
proposto il ricorso principale in qualità di capofila di un
raggruppamento
temporaneo di imprese il quale ha assicurato la gestione del servizio
d’igiene
ambientale del Comune di Triuggio tra il 1° gennaio 1996 e il
30 giugno 2006. 25 Occorre precisare, a
tale
proposito, che dall’art. 26, n. 1, della direttiva 92/50
risulta
altresì che le amministrazioni aggiudicatrici non possono
esigere che i
raggruppamenti di prestatori di servizi assumano una forma giuridica
specifica
ai fini della presentazione di un’offerta. 26 Inoltre, non è
stato contestato
dinanzi alla Corte che, in base alla normativa italiana, la Frigerio
fosse
autorizzata a prestare il servizio d’igiene ambientale con la propria
forma
giuridica, vale a dire in quanto società in nome collettivo. A
tal riguardo, il
giudice del rinvio indica, in particolare, che la Frigerio è
iscritta nell’albo
dei soggetti autorizzati ad esercitare attività nel settore dei
rifiuti. 27 Come rilevato al punto
19 della
presente sentenza, il giudice del rinvio, in subordine, s’interroga
altresì
sulle conseguenze di una dichiarazione di non conformità di
disposizioni
nazionali, come quelle in esame nella causa principale, con la
direttiva 92/50. 28 È sufficiente
ricordare a tale
riguardo che, secondo una giurisprudenza consolidata, il giudice
nazionale è
tenuto a dare a una disposizione di diritto interno, avvalendosi per
intero del
margine di discrezionalità consentitogli dal suo ordinamento
nazionale,
un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del
diritto
comunitario. Se una siffatta applicazione conforme non è
possibile, il giudice
nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto
comunitario e di
tutelare i diritti che quest’ultimo conferisce ai singoli,
disapplicando, se
necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (v.,
in tal
senso, sentenze 4 febbraio 1988, causa 157/86, Murphy e a.,
Racc. pag. 673, punto 11, nonché 11 gennaio 2007,
causa
C-208/05, ITC, Racc. pag. I-181, punti 68 e 69). 29 Alla luce di quanto
precede,
occorre risolvere la prima e la seconda questione nel senso che
l’art. 26,
nn. 1 e 2, della direttiva 92/50 osta a disposizioni nazionali
come quelle
in esame nella causa principale, che impediscono a candidati od
offerenti autorizzati,
in base alla normativa dello Stato membro interessato, ad erogare il
servizio
di cui trattasi, ivi compresi quelli costituiti in raggruppamenti di
prestatori
di servizi, di presentare offerte nell’ambito di una procedura di
aggiudicazione di appalti pubblici di servizi il cui valore superi la
soglia di
applicazione della direttiva 92/50, soltanto per il fatto che tali
candidati od
offerenti non hanno la forma giuridica corrispondente ad una
determinata
categoria di persone giuridiche, ossia quella delle società di
capitali. Il
giudice nazionale è tenuto a dare a una disposizione di diritto
interno,
avvalendosi per intero del margine di discrezionalità
consentitogli dal suo
ordinamento nazionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi
alle
prescrizioni del diritto comunitario e, qualora siffatta
interpretazione
conforme non sia possibile, a disapplicare ogni disposizione di diritto
interno
contraria a tali prescrizioni. Sulla
terza e
sulla quarta questione 30 Con la terza e la
quarta questione,
il giudice del rinvio si interroga sostanzialmente sulla
conformità di
disposizioni nazionali, come quelle in esame nella causa principale,
con gli
artt. 39 CE, 43 CE, 48 CE e 81 CE
nonché con la
direttiva 75/442. 31 Poiché, come si
evince dal punto
18 della presente sentenza, i fatti della causa principale rientrano
nell’ambito di applicazione della direttiva 92/50 e l’interpretazione
di tale
direttiva fornisce gli elementi necessari per consentire al giudice del
rinvio
di decidere la controversia dinanzi ad esso pendente, l’esame delle
disposizioni comunitarie summenzionate presenterebbe un interesse
puramente
ipotetico. Di conseguenza, conformemente ad una giurisprudenza
constante, non
occorre risolvere la terza e la quarta questione (v., in tal senso,
sentenza 22
novembre 2005, causa C-144/04, Mangold, Racc. pag. I-9981,
punti 36 e 37, nonché 4 luglio 2006, causa C-212/04,
Adeneler e a.,
Racc. pag. I-6057, punti 42 e 43). Sulle
spese 32 Nei confronti delle
parti nella
causa principale il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Le spese
sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non
possono
dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la
Corte (Quarta Sezione) dichiara: L’art. 26,
nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992,
92/50/CEE, che
coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
servizi, come
modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001,
2001/78/CE,
osta a disposizioni nazionali come quelle in esame nella causa
principale, che
impediscono a candidati od offerenti autorizzati, in base alla
normativa dello
Stato membro interessato, ad erogare il servizio di cui trattasi, ivi
compresi
quelli costituiti in raggruppamenti di prestatori di servizi, di
presentare
offerte nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di pubblici
appalti di
servizi il cui valore superi la soglia di applicazione della direttiva
92/50,
soltanto per il fatto che tali candidati od offerenti non hanno la
forma
giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone
giuridiche,
ossia quella delle società di capitali. Il giudice nazionale
è tenuto a dare a
una disposizione di diritto interno, avvalendosi per intero del margine
di
discrezionalità consentitogli dal suo ordinamento nazionale,
un’interpretazione
ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunitario
e,
qualora siffatta interpretazione conforme non sia possibile, a
disapplicare
ogni disposizione di diritto interno contraria a tali prescrizioni.
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