Consiglio di Stato, Sezione IV , sentenza del 22 maggio 2000 n. 2915
sulle modalità di
correzione degli elaborati relativi al concorso
per uditore giudiziario nonché sull’efficacia
dacadenziale del risultato delle prove scritte
affisso all’albo degli uffici del Ministero di Grazia
e Giustizia (tratta da www.dirittoitalia.it)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello iscritto al NRG 9612
dell'anno 1996 proposto dal MINISTERO DI GRAZIA E
GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, presso i cui uffici è domiciliato
ope legis in Roma, via dei Portoghesi 12;………
per l'annullamento della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio, sez. 1
^, n. 2112 del 4 novembre 1996;
Visto il ricorso in appello con i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del
dott. ………;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
della rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Data per letta all'udienza del 7 marzo 2000
la relazione del consigliere ……..;
Udito l'avvocato dello Stato Gentili per l'amministrazione
appellante e l'avvocato ………….. per
l'appellato;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
quanto segue:
FATTO
Con atto di appello notificato il 28 novembre
1996 il Ministero di Grazia e Giustizia ha chiesto
l'annullamento della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio, sez. 1^, n. 2112 del 4
novembre 1996, con la quale, previa riunione,
sono stati accolti i due ricorsi proposti dal dott.
………………rispettivamente, il primo, avverso il
giudizio di "non idoneità" formulato dalla
commissione esaminatrice del concorso a 300
posti di uditore giudiziario all'atto della correzione delle
sue prove scritte, e il secondo, avverso la
graduatoria degli idonei al predetto concorso, approvata
con D.M. 8 luglio 1994, e per l'effetto è
stato annullato sia il provvedimento di non ammissione del
ricorrente alla prova orale, sia, nei limiti
indicati, la graduatoria approvata con il D.M. 8 luglio 1994,
fatti salvi gli ulteriori dell'amministrazione.
Articolando due motivi d'appello, l'Amministrazione
ha dedotto innanzitutto che, così come già rilevato
in primo grado, poiché i risultati
delle prove scritte del concorso in argomento erano stati affissi all'albo
degli uffici del ministero di grazia e giustizia
il 1° giugno 1993, ai sensi dell'art. 13 del R.D.15 ottobre
1925 n. 1860, il primo ricorso, notificato
solo il 6 ottobre 1993, andava dichiarato irricevibile, perché
tardivo; di conseguenza il secondo ricorso,
rivolto nei confronti di un provvedimento meramente
consequenziale rispetto al primo, doveva essere
dichiarato inammissibile.
Nel merito, poi, ad avviso dell'amministrazione
appellante, erroneamente sarebbe stata ritenuta
fondata la censura concernente la asserita
esiguità del tempo impiegato dalla commissione per la
correzione delle prove scritte del ricorrente,
non potendo a1 riguardo avere alcuna rilevanza il
riferimento ad un astratto criterio matematico
per stabilire la congruità delle operazioni di correzione di
elaborati.
L'appellato, costituitosi in giudizio, ha
chiesto il rigetto dell'appello e la conferma della impugnata
sentenza.
Con ordinanza n. 812 del 29 aprile 1997 questa
Sezione ha accolto la istanza incidentale -di
sospensione dell'esecuzione della impugnata
sentenza.
Per l'udienza di discussione le parti hanno
prodotte apposite memorie illustrative delle proprie difese.
All'udienza del 7 marzo 2000 la causa è
stata introitata per la decisione.
DIRITTO
La controversia portata all'esame del collegio
concerne il giudizio di non idoneità formulato dalla
commissione esaminatrice del concorso a 300
posti di uditore giudiziario di cui al D.M. 30.1.1991 in
sede di correzione delle prove scritte del
dott. …………….
L'Amministrazione ha impugnato la sentenza
del TAR del Lazio, sez. 1^, n. 2112 del 4 novembre 1996,
che ha accolto le doglianze dell'interessato
ed ha annullato il predetto giudizio di inidoneità sul rilievo
dell'eseguità del tempo impiegato dalla
commissione per la correzione delle prove scritte, come
risultante dagli stessi verbali di riunione
della commissione.
L'appello è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, rubricato "violazione
dell'art. 112 c.p.c., irricevibilità dei ricorsi di primo grado",
l'Amministrazione ha eccepito che il primo
ricorso, notificato il 6 ottobre 1993, andava dichiarato
irricevibile perché tardivo, in quanto
il risultato delle prove scritte era stato affisso all'albo degli uffici
del ministero il 1° giugno 1993, ai sensi
dell'ultimo comma dell'art. 13 del R.D. 15 ottobre 1925 n. 1860;
di conseguenza il secondo ricorso proposto
nei confronti di un atto (approvazione della graduatoria
degli idonei) meramente consequenziale rispetto
al primo, andava dichiarato inammissibile.
Il motivo non è fondato.
La forma di pubblicità prevista dal
ricordato ultimo comma dell'art. 13 del R.D. 15 ottobre 1925 n.
1860, a mente del quale "il risultato completo
delle prove scritte sarà reso di pubblica ragione mediante
foglio da affiggersi nei locali del ministero"
non è idonea a far decorrere il termine decadenziale per
l'impugnazione dell'esito sfavorevole delle
prove scritte, atteso che non vi è alcun elemento, letterale
o teleologico, dal quale possa ricavarsi che
tale pubblicità equivalga a conoscenza o quanto meno
faccia presumere la conoscenza dell'esito
della correzione delle prove.
Al riguardo giova ricordare che qualora la
legge prevede forme di conoscenza collettive per determinati
atti (come ad esempio la pubblicazione su
di un bollettino ufficiale) il termine di decadenza per
l'impugnazione da parte dei soggetti che si
ritengono lesi può decorrere dalla pubblicazione solo a
condizione che tale pubblicazione avvenga
entro il termine perentoriamente imposto dalla legge, non
potendosi addossare altrimenti al cittadino
uno straordinario onere di diligenza onde accertare la data
dell'effettiva pubblicazione (C.d.S., Sez.
IV, 9 dicembre 1997 n. 1348).
E' stato affermato anche che la pubblicazione
di un provvedimento amministrativo all'albo degli uffici
della pubblica amministrazione o all'albo
pretorio è valido, come presupposto -di conoscenza ai fini
dell'impugnazione dell'atto stesso in sede
giurisdizionale, solo quando essa sia espressamente stabilita
da una norma e venga effettuata nei modi da
quest'ultima prescritti (C.d.S., Sez. V, 7 marzo 1997 n.
217).
Nel caso di specie, quindi, affinché
la data di pubblicazione all'albo degli uffici del ministero di grazia
e
giustizia degli esiti delle prove scritte
del concorso ad uditore giudiziario potesse considerarsi
equivalente alla conoscenza dell'esito stesso
e dunque idoneo a far decorrere il termine decadenziale
per l'impugnazione, sarebbe stato necessario
che il bando di concorso del predetto concorso a 300
posti di uditore giudiziario e D.M. 30 gennaio
1991 avesse espressamente contenuto la previsto la
pubblicazione degli esiti della correzione
delle prove scritte per il 1 ° giugno 1993; quanto meno il
bando avrebbe dovuto espressamente prevedere
che su di un certo numero della gazzetta ufficiale
sarebbe stato pubblicato 1' annunzio relativo
all'avvenuta pubblicazione all'albo degli uffici del ministero
del risultato della correzione delle prove
scritte del concorso ad uditore giudiziario.
Poiché ciò non si è verificato,
il motivo è infondato.
Con il secondo mezzo di gravame, rubricato
"Illogicità e contraddittorietà della motivazione",
l'Amministrazione sostiene che erroneamente
i primi giudici avrebbero considerato insufficiente il tempo
effettivamente impiegato dalla commissione
per la correzione degli elaborati del ricorrente, in quanto
non era accettabile l'astratto parametro matematico
al riguardo prospettato dal ricorrente; sarebbe a
tal fine bastato considerare il numero delle
facciate effettivamente corrette, in luogo del numero dei
compiti, per verificare che il tempo medio
di correzione, così calcolato in circa sei minuti, era da
ritenersi congruo e ragionevole.
Anche tale doglianza non ha pregio.
La correzione delle prove scritte di un concorso
pubblico si fonda su di un apprezzamento
squisitamente tecnico discrezionale che sfocia
in un giudizio di idoneità o inidoneità del candidato in
ordine alla prosecuzione della procedura concorsuale
e quindi della sua ammissione alle prove orali.
L'apprezzamento del contenuto dell'elaborato
implica la sua attenta lettura, da condursi sulla base di
due parametri, l'uno oggettivo, dato dalla
traccia della prova da svolgere, l’altro soggettivo, dato dalle
conoscenze tecniche e professionali che si
presume debba possedere il candidato. Sulla base di tali
presupposti ogni singolo commissario, in ragione
della sua peculiare professionalità, deve valutare
criticamente la prova, esprimendo il giudizio.
Evidentemente quanto più approfondite
sono le conoscenze tecnico professionali che si presume
debba possedere il candidato e quanto più
specifiche e complesse sono le tracce predisposte per lo
svolgimento delle prove scritte, tanto più
attenta, approfondita e rigorosa deve essere la lettura
dell'elaborato al fine della correzione, trattandosi
- com'è facilmente intuibile - non di una mera
operazione meccanicistica di lettura di un
testo, ma di una operazione complessa, di "comprensione" e
di valutazione del testo elaborato dal candidato.
La delicatezza di una simile operazione, ad
avviso del collegio, raggiunge il suo culmine proprio quando
si tratta della correzione delle prove scritte
di particolari concorsi pubblici, quali quelli per l'accesso alle
magistrature, alla professione forense, al
notariato, in cui si devono valutare elaborati di candidati che
si presume già in possesso di approfondite
conoscenze, tecniche e professionali, in rapporto a tracce
di lavoro specifiche ed altamente selettive,
implicanti soluzioni di problematiche giuridiche, non
necessariamente certe ed univoche.
Sulla base di tali considerazioni, se effettivamente
non può essere sindacato il merito della valutazione
di idoneità o non idoneità espressa
dalla commissione, altrettanto evidentemente l'esiguità del tempo
medio impiegato per la correzione degli elaborati,
in mancanza di altri elementi di valutazione, appare
ragionevole sintomo di una lettura non particolarmente
approfondita degli elaborati di esame.
Ciò tanto più se si considera
che, oltre al tempo propriamente dedicato alla lettura e alla comprensione
del testo, secondo le disposizioni di cui
agli articoli 12, 4° comma e 16 del R.D. 15 ottobre 1925 n.
1860, ogni commissario avrebbe dovuto innanzitutto
emettere un giudizio circa la idoneità o meno della
prova e successivamente, qualora fosse stato
deciso per l'idoneità della stessa, assegnare il punto di
merito.
La deduzione svolta sul punto dall'amministrazione
appellante, secondo cui utilizzando il criterio della
correzione delle facciate, invece che dei
singoli temi, si avrebbe un tempo medio di correzione di circa
6 minuti, invece che di tre minuti, non appare
determinante - ad avviso del Collegio - a superare il
vizio sintomatico dell'eccesso di potere rilevato
dai giudici di primo grado, non essendo stati
prospettati altri indizi, quali ad esempio
la macroscopica erroneità delle argomentazioni o dei rilievi
giuridici contenuti nelle prove ovvero la
assoluta stringatezza delle stesse, in presenza dei quali il
tempo medio di sei minuti per la correzione
degli elaborati avrebbe potuto essere oggetto di un giudizio
di sufficienza e di congruenza.
Ciò anche in considerazione delle ulteriori
operazioni, previste dai citati articoli 12 e 16 del R.D. 15
ottobre 1925 n. 1869, in ordine al procedimento
di formazione e formalizzazione dei giudizi di idoneità o
inidoneità della prova.
In conclusione la sentenza impugnata non merita
le censure mossele e pertanto l'appello deve essere
respinto, facendo salvi gli ulteriori provvedimenti
dell'amministrazione che dovrà quindi procedere alla
riconvocazione della commissione esaminatrice
del concorso a 300 posti di uditore giudizio ex D.M. 30
gennaio 1991 per procedere alla correzione
delle prove scritte del ricorrente dott. ……………….
Sussistono giusti motivi per dichiarare interamente
compensate le spese del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione IV), respinge l'appello proposto dal Ministero di
Grazia e Giustizia avverso la sentenza del
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. 1", n. 2112
del 4 novembre 1996, confermandola, salvi
gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione.
Dichiara interamente compensate le spese del
presente grado di giudizio.
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