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Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 1352 del 8 marzo 2001, sul compenso del lavoro straordinario solo in caso di autorizzazione preventiva REPUBBLICA ITALIANA
per l’annullamento: della sentenza del TAR della Sardegna 30 luglio 1994, n. 1422; visto il ricorso in appello con i relativi allegati; visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sassari; viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; visti gli atti di causa; relatore, alla pubblica udienza del 14 novembre 2000, il Cons. Paolo BUONVINO e uditi l’avv. NIEDDU per gli appellanti e l’avv. SOLINAS per il Comune appellato. Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue: La richiesta relativa al compenso per il lavoro straordinario era rigettata in quanto, per i primi giudici, non sarebbe stato offerto alcun indizio di prova circa l’effettivo espletamento della relativa attività. Quanto al detto premio incentivante ha ritenuto il TAR che i ricorrenti non potessero pretendere le somme versate dall’ISTAT (sull’apposito fondo istituito dal Comune ai sensi del d.P.R. n. 254 del 23 luglio 1991) in base alla semplice qualifica rivestita e indipendentemente dall’effettiva prestazione lavorativa all’infuori dell’orario di servizio. 2) - La sentenza, secondo gli appellanti, sarebbe errata in quanto le ore di lavoro straordinario eccedente quello autorizzato sarebbero state effettivamente prestate; inoltre, avrebbe errato il Comune nel remunerare il lavoro straordinario svolto dagli interessati - per lo specifico svolgimento dell’attività inerente al censimento - avvalendosi dei fondi posti a disposizione dall’ISTAT, che avrebbero dovuto essere utilizzati, invece, solo per corrispondere il premio incentivante. Concludono gli appellanti chiedendo che, in riforma della sentenza appellata, sia dichiarato dovuto al personale utilizzato dall’Ufficio comunale di censimento (tra cui rientrano gli appellanti stessi) l’importo di lire 90.662.957, pari all’80% di quello accreditato dall’ISTAT al Comune di Sassari, a titolo di premio incentivante, detratta la somma di lire 45.331.516, già versata a tale titolo; che venga dichiarata dovuta, inoltre, la remunerazione per le ore di lavoro straordinario eccedenti le 60 mensili autorizzate e risultanti dai fogli di presenza. Resiste il Comune di Sassari che, in memoria, insiste per il rigetto dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza. Dalla documentazione versata in atti emerge, invero, al contrario di quanto ritenuto dai primi giudici, la prestazione di lavoro straordinario in misura eccedente quello ritualmente autorizzato dalla PA (in tal senso la documentazione in atti – fogli di presenza - evidenzia, con riscontri delle prestazioni di lavoro straordinario direttamente provenienti dall’Amministrazione, che le prestazioni eccedentarie di cui si tratta sono state, in effetti, rese). Ciò non di meno la Sezione è ferma nel ritenere che non può essere riconosciuto alcun compenso per lavoro straordinario quando manchi una preventiva formale autorizzazione da parte del datore di lavoro, in quanto solo in tal modo è possibile controllare, nel rispetto dell'art. 97 Cost., la reale esistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono opportuno il ricorso a prestazioni lavorative eccezionali del dipendente (cfr., tra le altre Sez.V, 13 settembre 1991 n. 1154; 15 marzo 1993, n. 363). Nella specie, il lavoro straordinario è stato a suo tempo formalmente autorizzato, ma in misura che gli stessi interessati riconoscono inferiore rispetto a quello che risulta effettivamente reso; ebbene, per la parte autorizzata esso è stato remunerato, mentre non lo è stato per la parte eccedente. Né gli interessati hanno, in qualche modo, dimostrato che le prestazioni straordinarie rese fossero obbligatorie o, comunque, assolutamente indispensabili per l’Amministrazione. La funzione del lavoro straordinario è, invero, quella di sopperire, in base a specifici moduli organizzativi predeterminati, a momentanee carenze di organico mediante l’utilizzazione del personale con prestazioni che vanno al di là dell’ordinario orario di servizio; ciò per assicurare un corretto funzionamento degli uffici e una correlata utilitas per gli amministrati. Corretto funzionamento degli uffici la cui valutazione è rimessa, però esclusivamente agli organi responsabili dell’Amministrazione, cui non possono legittimamente sostituirsi unilaterali e non coordinate iniziative del personale, che potrebbero anche tradursi in forme di pregiudizio per la stessa P.A. e di responsabilità degli amministratori. 2) – L’appello appare, invece, fondato per quanto attiene alla pretesa degli appellanti a vedersi corrisposto il “premio incentivante” di cui al d.P.R. n. 254 del 23 luglio 1991 in misura aggiuntiva rispetto ai compensi per lavoro straordinario in concreto percepiti. Prevede, invero, la legge n. 11 del 1991 (art. 3) che “dell'autorizzazione di spesa di lire 346.200 milioni, di cui all'articolo 2, la somma di lire 81 miliardi è destinata a favore dei comuni a titolo di rimborso forfettario delle spese di carattere generale che essi devono sostenere per l'esecuzione delle operazioni censuarie di loro competenza, definite dal regolamento di cui al comma 3 dell'articolo 1”. L’art. 4 della stessa legge stabilisce, inoltre, che “i comuni, con provvedimento del sindaco, affidano l'incarico di rilevatore e di coordinatore a personale dipendente dal comune stesso, a personale civile di altre amministrazioni ed enti pubblici, nonché a persone non dipendenti dalla pubblica amministrazione. Il personale dipendente da pubbliche amministrazioni svolgerà l'incarico al di fuori dell'orario di lavoro ordinario e straordinario”. Il successivo art. 6 prevede, inoltre, al comma 1, che “le amministrazioni comunali, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 15 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 395, e dal relativo contratto di comparto, incrementano il fondo di incentivazione di cui all'articolo 14 del D.P.R. 1° febbraio 1986, n. 13, destinando ad esso una quota pari all'80 per cento del rimborso forfettario di cui al comma 1 dell'articolo 3, definito in base alle norme stabilite dalla commissione prevista dall'articolo 5”; al comma 2 prevede, poi, che “la quota di cui al comma 1, da destinarsi esclusivamente al personale dipendente al quale sarà affidata l'esecuzione delle operazioni censuarie diverse da quelle di rilevazione dei dati, sarà erogata dai comuni secondo le modalità e i tempi stabiliti dal regolamento di cui al comma 3 dell'articolo 1”. L’art. 35, comma 1, di tale regolamento prevede, a sua volta, che “l’ISTAT è autorizzato ad erogare……. agli organi censuari anticipazioni sul rimborso forfettario previsto ai commi 1 e 3 dell'art. 3 della legge 9 gennaio 1991, n. 11, in relazione allo stato di avanzamento degli adempimenti di rispettiva competenza. Il saldo verrà corrisposto non appena detti organi avranno ultimato le operazioni censuarie di propria pertinenza”; il comma 2 prevede, inoltre, che “gli importi di cui agli articoli 6 e 7 della legge 9 gennaio 1991, n. 11, sono destinati ad incrementare il fondo per il miglioramento dell'efficienza degli organi censuari e sono erogati ai dipendenti degli organi stessi interessati alle operazioni di censimento, anche in deroga delle norme vigenti relative ai destinatari del fondo ed ai limiti massimi individuali di prestazioni di lavoro straordinario”. Il successivo art. 36 prevede, poi, che “i comuni..…….tengono separata gestione, secondo le norme vigenti, delle somme loro accreditate per le operazioni di censimento, conservandone la relativa documentazione e ne dispongono in relazione alle esigenze operative”; e che “i responsabili dei competenti uffici di censimento si attengono, nella formulazione delle richieste, nel controllo e nel rendiconto dei fondi, alle istruzioni che saranno appositamente emanate dall'ISTAT”. Da quanto sopra emerge che le somme erogate dall’ISTAT ai Comuni in base alla disciplina ora indicata, soggette, tra l’altro, a gestione separata, non possono essere utilizzate per compensare, tra le altre, le normali prestazioni di lavoro straordinario che i Comuni stessi abbiano ritenuto di autorizzare; in proposito, il citato art. 4 prevede, appunto, che “il personale dipendente da pubbliche amministrazioni svolgerà l'incarico al di fuori dell'orario di lavoro ordinario e straordinario”. E poiché nel caso in esame il Comune stesso precisa, nei propri atti, che, su £.90.662.957, corrispondenti all’80% delle somme complessivamente accreditategli dall’ISTAT (pari a £.113.328.696) solo £.45.331.516 sono state accreditate ai dipendenti comunali a titolo di premio incentivante, mentre per la restante parte tale somma è stata utilizzata per compensare il lavoro straordinario regolarmente autorizzato, ne consegue la violazione della disciplina normativa anzidetta, che distingue nettamente tra le prestazioni a carico del “fondo” e quelle normalmente a carico del Comune, quali sono gli emolumenti dovuti per lavoro straordinario. Ne consegue il diritto degli appellanti alla ripartizione, in loro favore, di tutte quelle somme versate al Comune di Sassari direttamente dall’ISTAT e che il Comune stesso ha corrisposto agli interessati, ma a titolo di lavoro straordinario; naturalmente, le somme a quest’ultimo titolo percepite dai medesimi non sono recuperabili da parte del Comune, essendone comunque dovuta la remunerazione dal momento che le ore di lavoro straordinario in concreto remunerate sono state, a suo tempo, regolarmente autorizzate. Inoltre, tali somme spettano in relazione ad eventuali eccedenze orarie prestate rispetto al normale orario di lavoro ordinario e straordinario autorizzato; ma, in proposito, come già rilevato, i fogli di presenza prodotti dal Comune medesimo attestano l’espletamento di servizio, da parte degli interessati, in misura eccedente lo straordinario autorizzato; tali prestazioni rese in eccedenza ben possono e devono, quindi, essere remunerate con gli specifici accreditamenti operati dall’ISTAT a favore del Comune sulla base delle speciali disposizioni anzidette. Stante, poi, la natura sostanzialmente retributiva dei compensi di cui si tratta, dal momento della maturazione dei relativi ratei e fino al soddisfo spettano agli appellanti anche interessi e rivalutazione monetaria; il cumulo di interessi e rivalutazione, nei limiti tracciati dalla decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio n. 3 del 1998, spetta agli odierni appellanti trattandosi di ratei maturati prima del 1° gennaio 1995, data di entrata in vigore del divieto di cumulo di cui all’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. 3) – In tali termini e limiti l’appello appare, pertanto, fondato e va accolto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata e in accoglimento, per quanto di ragione, dell’originario ricorso, deve essere riconosciuto il diritto degli odierni appellanti alla corresponsione dei compensi anzidetti (Lire 45.331.41), con interessi e rivalutazione monetaria, secondo quanto precisato nell’esposizione che precede; spettando allo stesso Comune di individuare le modalità di ripartizione dei compensi in ragione delle ore di servizio prestate degli interessati in eccedenza rispetto al normale orario di servizio e allo straordinario autorizzato. Le spese del giudizio seguono, come di norma, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo. Spese del grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma il 14 novembre 2000 dal Collegio costituito dai Sigg.ri: SALVATORE ROSA -Presidente STEFANO BACCARINI -Consigliere CORRADO ALLEGRETTA -Consigliere MARCELLO BORIONI -Consigliere PAOLO BUONVINO -Consigliere est. |
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