Giurisprudenza - Pubblico impiego

Cass., Sez. Un., 15 ottobre 2003 n. 15403 – sulla giurisdizione in caso di concorsi interni nella P. A.

                                    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 23 marzo 2000 Guido Guida conveniva davanti al giudice unico del lavoro del Tribunale di Prato il
ministero delle Finanze, alle cui dipendenze prestava attività lavorativa quale direttore tributario, ed esponeva
che, avendo partecipato al concorso interno per titoli e colloquio indetto con decreto ministeriale 19 gennaio 1993
per l’assegnazione di 999 posti di primo dirigente del ruolo amministrativo, al momento della pubblicazione della
graduatoria nel Bollettino ufficiale del Ministero (dopo l’approvazione, deliberata con provvedimento del 9 luglio
1999) era venuto a sapere che gli era stato riconosciuto un periodo di servizio inferiore a quello effettivo e che,
per questa ragione, gli erano stati attribuiti punti 91,85, anziché 92,30, tanto da essere collocato al 1054° posto
invece che al 976°. Il ricorrente chiedeva, quindi, che fosse dichiarato il suo diritto a vedersi riconosciuti altri 0,45
punti, con l’attribuzione del posto di primo dirigente.

Costituitosi in giudizio, il Ministero convenuto eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice
ordinario e, nel merito, contestava la fondatezza della pretesa avversaria, chiedendone il rigetto.

Con sentenza del 14 luglio 2000 il Tribunale, rigettata l’eccezione pregiudiziale dedotta dal convenuto, in
accoglimento del ricorso dichiarava che al Guida dovevano essere riconosciuti ulteriori 0,45 punti.

Questa decisione, impugnata dal ministero delle Finanze, veniva confermata dalla Corte di appello di Firenze con
sentenza del 30 maggio 2001.

La Corte di appello, per quanto qui interessa, osservava che l’articolo 68, quarto comma, del decreto legislativo
29/1993, come modificato dall’articolo 29 del d.lgs 80/1998 e dal decreto legislativo 387/98 doveva essere
interpretato nel senso che, in materia di riparto della giurisdizione fra il giudice ordinario e il giudice amministrativo,
nelle controversie relative ai rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, la
locuzione "procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti" comportante una deroga alla giurisdizione del
giudice ordinario fa riferimento alle procedure indette per l’ingresso in carriera dei dipendenti, mentre, in caso di
controversie inerenti a concorsi interni utili per la progressione in carriera, vale la regola generale della devoluzione
delle stesse al giudice ordinario.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il ministero delle Finanze in base ad un unico,
complesso motivo.

Ha resistito con controricorso il Guida, che ha pure depositato una memoria.

Il ricorso è stato rimesso a queste Sezioni unite per la decisione della questione di giurisdizione dedotta nel ricorso
per cassazione.

                                     MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura dell’unico motivo del l’impugnazione il Ministero ricorrente denuncia la violazione e la falsa
applicazione degli articoli 37 c.p.c., 68, commi primo, terzo e quarto, decreto legislativo 29/1993, come modificato
dall’articolo 29 decreto legislativo 80/1998 e dall’articolo 18 decreto legislativo 387/98 e sostiene che, in base alla
nuova normativa che regola la ripartizione della giurisdizione fra il giudice amministrativo e il giudice ordinario nelle
controversie relative al personale dipendente dalle Pubbliche amministrazioni, la materia dei pubblici concorsi, dalla
emanazione del bando fino all’approvazione della graduatoria, è devoluta al giudice amministrativo, mentre resta
attribuita al giudice ordinario la disciplina successiva del rapporto, compresa fra la sottoscrizione del contratto di
lavoro e la cessazione dal servizio e che tale normativa è applicabile anche ai concorsi interni, specie a quelli
diretti a reclutare personale dirigenziale, tanto è vero che i vincitori sono tenuti a sottoscrivere un nuovo
contratto di lavoro.

Il motivo è fondato.

I. Stabilisce l’articolo 63, primo comma, decreto legislativo 165/01, che reca le norme generali sull’ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni e che ha recepito le disposizioni contenute nel decreto
legislativo 29/1993 e successive modificazioni che «sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del
lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni». Il
medesimo articolo di legge, nel quarto comma, dispone peraltro che al giudice amministrativo continua ad essere
attribuita la giurisdizione generale dì legittimità, come deve intendersi in considerazione del fatto che la norma poi
assegna alla giurisdizione esclusiva del medesimo giudice le controversie del personale indicato nel precedente
articolo 3 (magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, ecc.) sulle controversie «in materia di procedure
concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni».

II. Nell’interpretare quest’ultima disposizione di legge, da parte di queste Sezioni unite è stato affermato che la
riserva in via residuale alla giurisdizione amministrativa delle controversie in materia dì impiego pubblico cosiddetto
privatizzato concerne esclusivamente le procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto di lavoro e
non riguarda i casi in cui il concorso sia diretto non già ad assumere, ma a promuovere il personale già assunto, dal
momento che il legislatore ha inteso attribuire al giudice ordinario la giurisdizione su tutte le controversie inerenti
ad ogni fase del rapporto di lavoro, dalla sua instaurazione fino all’estinzione, compresa ogni fase intermedia
relativa a qualsiasi vicenda modificativa, anche se finalizzata alla progressione in carriera e realizzata attraverso
una selezione di tipo concorsuale (così, testualmente, v. la sentenza 2954/02 in motivazione; v. nello stesso, in
precedenza, le sentenze 128/01, 7859/01, 15602/01 e successivamente le ordinanze 2514/02 e 9334/02). È stato
al riguardo precisato che nell’ambito dello stesso rapporto, che ha natura privatistica, non è possibile configurare
la procedura selettiva per ottenere un superiore inquadramento come un concorso esterno, trattandosi invece di
un concorso interno per la progressione in carriera che si conclude con un atto amministrativo non negoziale (v.
l’ordinanza 2514/02 sopra indicata).

III. L’articolo 35, primo comma, decreto legislativo 165/01 prescrive che l’ingresso nella Pubblica amministrazione
deve avvenire "tramite procedure selettive", che sono dirette ad accertare la professionalità richiesta e che
garantiscono in misura adeguata l’accesso dall’esterno. Questa regola deve ritenersi applicabile, in via generale,
anche con riferimento all’attribuzione al dipendente di una qualifica superiore (in base alle disposizioni contenute
nei contratti collettivi cui rinvia l’articolo 40, primo comma, del medesimo decreto legislativo), dato che, a norma
del successivo articolo 52, primo comma, la qualifica superiore viene acquisita dal lavoratore «per effetto dello
sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive». Pertanto, considerato che mediante gli accordi
collettivi stipulati nel comparto del pubblico impiego è stato previsto un sistema di inquadramento del personale
articolato in aree o fasce, all’interno delle quali sono contemplati diversi profili professionali, si deve ritenere che le
procedure che consentono il passaggio da un’area inferiore a quella superiore integrino un vero e proprio concorso
tali essendo anche le procedure che vengono denominate "selettive" qualunque sia l’oggetto delle prove che i
candidati sono chiamati a sostenere.

D’altra parte, fermo restando che in materia di impiego pubblico il legislatore è dotato di un’ampia discrezionalità
riguardo al potere diretto all’inquadramento del personale, tale discrezionalità essendo soltanto limitata dal principio
di non arbitrarietà e di non manifesta irragionevolezza come da tempo è stato riconosciuto dalla Corte
costituzionale (v., in proposito, la sentenza 320/97; v. pure le sentenze 296/00 e 151/99), va rilevato che la
stessa Corte costituzionale, argomentando dalla norma contenuta nell’articolo 97 della Costituzione secondo cui ai
pubblici uffici, che debbono essere organizzati in modo da assicurare il buon andamento della Pubblica
amministrazione, si accede «mediante concorso salvi i casi stabiliti dalla legge" anche prima della cosiddetta
privatizzazione aveva sostenuto che il concorso costituisce, di norma, la regola generale per l’accesso ad ogni tipo
di pubblico impiego, anche a quello inerente ad una fascia funzionale superiore, essendo lo stesso «il mezzo
maggiormente idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci ed idonei ad assicurare il buon
andamento della Pubblica amministrazione» (v. le sentenze 487/91, 453/90, 161/90).

Questo indirizzo ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza costituzionale intervenuta dopo la
privatizzazione del rapporto di impiego, essendo stato in particolare precisato che il passaggio ad una fascia
funzionale superiore costituisce l’accesso ad un nuovo posto di lavoro e che la selezione, alla stregua di qualsiasi
altro strumento di reclutamento, deve rimanere soggetta alla regola del pubblico concorso (v., fra le tante, le
sentenze 320/97 e 314/94).

IV. Questi principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale hanno trovato puntuale applicazione, da parte della
medesima giurisprudenza, quando la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di diverse disposizioni
legislative che avevano riservato solamente ai dipendenti interni alcune volte in modo pressoché automatico, in
carenza di una vera e propria procedura selettiva l’accesso ad un’area funzionale superiore.

Il giudice delle leggi, dopo avere ribadito che «il passaggio ad una fascia funzionale superiore, nel quadro di un
sistema come quello oggi in vigore che non prevede carriere o le prevede entro ristretti limiti», deve essere
attuato mediante una forma di reclutamento che permette "un selettivo accertamento delle attitudini" e, quindi,
mediante pubblico concorso, ha rilevato che quest’ultimo non può essere riservato esclusivamente ai dipendenti
interni, il nuovo assetto creato dal legislatore essendo preordinato a realizzare «il valore dell’efficienza, grazie a
strumenti gestionali che consentono di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività ovvero
una sua più flessibile utilizzazione». Per questa ragione è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di plurime
disposizioni di legge (alcune delle quali relative ai corsi-concorso per la riqualificazione del personale del ministero
delle Finanze: articolo 3, commi, 205, 206 e 207 legge 549/95 e successive modificazioni) nella parte in cui le
stesse prevedevano il passaggio a fasce funzionali superiori "in deroga alla regola del pubblico concorso" o
comunque non prevedevano "alcun criterio selettivo", ovvero riservavano, esclusivamente o in maniera ritenuta
eccessiva, al personale interno l’accesso alla qualifica superiore. Inoltre, come è stato sottolineato dalla stessa
Corte costituzionale, la previsione non già di un concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso
interno, in quanto riservato ai dipendenti dell’amministrazione per una percentuale dei posti disponibili
particolarmente elevata, appare irragionevole e si pone in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione
(v. le sentenze 4 1/1999, 194/02, 218/02 e 373/02).

V. A tali principi si è ispirata la medesima Corte costituzionale nel motivare l’ordinanza 2/2001, con la quale è stata
dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 68 decreto legislativo
29/1993 e successive modificazioni (ora articolo 63 decreto legislativo 165/01). In tale ordinanza la Corte, nel
fornire la sua interpretazione della norma di legge, ha affermato che la procedura selettiva diretta all’accesso ad
una qualifica superiore - e riservata sia al personale interno all’amministrazione, sia a candidati esterni integra "una
vera e propria procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata nel bando".

VI. Alla luce dell’intero quadro normativo, come deriva, soprattutto, dalle sentenze della Corte costituzionale che si
sono succedute nel tempo (indicate nei paragrafi che precedono), l’indirizzo giurisprudenziale esposto nel paragrafo
II deve essere sottoposto ad una necessaria rimeditazione.

Dovendo essere considerato come un imprescindibile presupposto (della conclusione che deve essere adottata) il
principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l’accesso del personale
dipendente ad un’area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque
denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso al quale, di norma, deve essere consentita anche
la partecipazione dì candidati esterni si deve affermare che il quarto comma dell’articolo 63 decreto legislativo
165/01, quando riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo «le controversie in materia di procedure
concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni», fa riferimento non solo alle procedure
concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive
dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore: il termine "assunzione",
d’altra parte, deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella
pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l’accesso nell’area superiore di personale interno od
esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica.

VII. Nel caso in esame, come bene deduce il Ministero ricorrente, il concorso al quale ha partecipato il Guida
riguarda l’accesso ad uno dei 999 posti della qualifica di primo dirigente del ruolo amministrativo. Pertanto,
trattandosi di un’area diversa (superiore) a quella di appartenenza dei candidati interni ed essendo stata dal Guida
denunciata l’illegittimità della graduatoria e non già un atto a questa successivo, la controversia deve essere
decisa dal giudice amministrativo nonostante che l’approvazione della medesima graduatoria sia intervenuta il 9
luglio 1999 e, quindi, che la questione sia relativa ad un periodo successivo al 30 giugno 1998 (v. Cassazione,
Sezioni unite, 7856/01 per l’interpretazione dell’articolo 69, settimo comma, decreto legislativo 165/01 in ordine allo
spartiacque costituito dalla data del 30 giugno 1998 e per la rilevanza che deve essere data all’approvazione della
graduatoria nelle controversie inerenti a pubblici concorsi). In tal senso debbono essere condivise le
argomentazioni svolte nel ricorso per cassazione a sostegno della censura formulata avverso la decisione
impugnata, essendo stata questa basata sull’indirizzo giurisprudenziale del quale viene qui operata la revisione.

Tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, deve essere accolta la prima censura dell’unico motivo

del ricorso proposto dal ministero delle Finanze, con assorbimento della seconda censura (relativa al merito della
controversia), deve essere dichiarata la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo e la sentenza
impugnata deve essere cassata senza rinvio in relazione alla censura accolta.

Giusti motivi sussistono, atteso l’effettuato mutamento del precedente indirizzo giurisprudenziale, per compensare
interamente fra le parti le spese dei due gradi della fase di merito e della presente fase di legittimità.

                                             P.Q.M.

La corte accoglie la prima censura dell’unico motivo del ricorso, dichiara assorbita la seconda censura e dichiara la
giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata in
relazione alla censura accolta e compensa fra le parti le spese dell’intero giudizio.
 

Così deciso alla c.c. del 3 luglio 2003.

Depositata in cancelleria in data sentenza 15 ottobre 2003.
 

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