Cass. Civ. Sez. I, 17 aprile 1999 n. 3839
Sul criterio di determinazione dell’indennità di espropriazione,
con un breve commento di Ugo Di Benedetto
I criteri di determinazione dell’indennità di espropriazione
Il criterio di determinazione dell’indennità di esproprio costituisce
un problema interpretativo particolarmente discusso in dottrina e giurisprudenza
in quanto l’articolo 5 bis della legge 359/1992 non affronta specificamente
tutte le possibili situazioni. Innanzi tutto la nuova legge riguarda soltanto
l’espropriazione di nude aree e, quindi, per le aree con annesso fabbricato
deve trovare applicazione il criterio del valore venale del bene in una
libera contrattazione previsto dalla legge fondamentale del 1865.
Per quanto riguarda le aree la norma distingue soltanto tra aree edificabili
e aree agricole. La distinzione è stata ritenuta conforme alla Costituzione
rientrando nella discrezionalità del legislatore differenziare dette
ipotesi. La questione di costituzionalità era stata sollevata in
quanto alcuni giudici avevano ritenuto ingiusto equiparare tutte le aree
non edificabili e indennizzarle allo stesso modo come aree agricole senza
tener conto che alcune aree non edificabili possono comunque avere un rilevante
valore (Corte Cost., 23 luglio 1997, n. 261).
Quanto alle aree edificabili sussiste un contrasto dottrinale e giurisprudenziale
in ordine alla portata del concetto.
In particolare si discute se il requisito della edificabilità
dell’area sia sussistente anche in mancanza di una possibilità legale
ove si riconosca una vocazione edificatoria del sito. L’articolo 5 bis
della legge n. 359 del 8 agosto 1992 precisa che "per la valutazione dell’edificabilità
delle aree, si devono considerare le possibilità legali ed effettive
di edificazione". Secondo l’orientamento da me sostenuto (vedi Diritto
Amministrativo, giurisprudenza e casi pratici, ed Maggioli) occorrono entrambi
i requisiti della possibilità legale e della possibilità
effettiva di edificazione. Secondo un altro orientamento, che sembra condiviso
dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. Gen., 13 giugno 1996, n. 68) nel
parere reso al progetto di regolamento di cui al comma quinto dell’articolo
5 bis citato, anche a prescindere dalla possibilità legale può
sussistere una edificabilità effettiva che da sola giustifica l’indennità,
di cui all’articolo 5 bis, commisurata a quella propria delle aree edificabili.
La sentenza di cui si riporta il testo di seguito si occupa di un aspetto
analogo ossia di individuare il criterio di liquidazione dell’indennità
di esproprio in un caso in cui l’area è contemplata come edificabile
dagli strumenti urbanistici e, tuttavia, non appare edificabile di fatto.
In tal caso la Corte di Cassazione, pur non ritenendola assimilabile alle
aree agricole afferma il principio per cui della effettiva possibilità
edificatoria occorre tener conto nel momento in cui si va a liquidare l’ammontare
effettivo della somma dovuta. (Ugo Di Benedetto)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 29.5.91 Luisa, Antonella e Giovanni Polo
esponevano che il Consorzio Industriale "Predda Niedda" di Sassari aveva
espropriato un terreno di loro proprietà, a vocazione edificatoria,
sito in agro di Sassari; che l'indennità era stata determinata sull'erronea
classificazione agricola del terreno espropriato.
Convenivano in giudizio avanti alla Corte d'Appello di Cagliari il
Consorzio espropriante proponendo opposizione alla stima.
Il Consorzio contestava la domanda deducendo che, all'atto dell'imposizione
del vincolo, l'area - priva di opere di urbanizzazione e servizi - doveva
classificarsi agricola.
Con sentenza del 18.2.97 la Corte determinava in lire 1.059.437.000
l'indennità di espropriazione e in lire 105.943.700 l'indennità
annua di occupazione per il periodo decorrente dal 7.1.85 al 15.5.91.
Propone ricorso per cassazione il Consorzio Industriale.
Resistono con controricorso i Polo.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, denunziando error in procedendo e omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c.),
il Consorzio si duole che la corte territoriale, aderendo alle conclusioni
del consulente tecnico d'ufficio, abbia ritenuto che l'indagine sulla effettiva
edificabilità delle aree dovesse ritenersi superata essendo state
incluse sin dagli anni settanta nel Piano Regolatore della città
di Sassari (aree di sviluppo della zona industriale); sostiene, poi, di
aver rilevato che la modificazione del PRG era intervenuta successivamente
all'approvazione del Piano Tecnico Economico predisposto dall'ente ai sensi
della legge regionale n. 47/68 e di aver contestato che al momento dell'imposizione
del vincolo preordinato all'esproprio le aree dei Polo fossero incluse
in zona di espansione edilizia (dichiarazione di pubblica utilità
di cui al decreto n. 110 del 26.4.78 dell'assessore all'Industria della
Regione Sarda).
Il motivo di ricorso è infondato.
Il ricorrente, in sede di merito, non ha contestato (pag. 3 della sentenza)
che l'area in cui sono compresi i terreni in oggetto fosse già stata
inclusa, fin dagli anni 70, nel piano regolatore della città di
Sassari quale area di sviluppo della zona industriale; ha solo rilevato
che l'accertamento di una tale decisiva circostanza, in ogni caso, non
poteva essere effettuato sulla base di un accertamento valore dell'Intendenza
di Finanza del 30.10.70 (all. 5 alla CTU).
Con la riferita generica censura il Consorzio non indica circostanze
o ragioni che la corte cagliaritana avrebbe trascurato di valutare limitandosi
a dubitare della correttezza della soluzione accolta sulla base di accertamenti
agevolmente verificabili se contestati nella naturale sede di merito.
Egualmente non condivisibili sono, poi, le osservazioni relative all'epoca
di presunta modificazione del Piano Regolatore per il rilievo che nessuna
incidenza sul valore delle aree in questione - pacificamente inserite in
zona di sviluppo industriale - può essere attribuita al successivo
vincolo preordinato all'esproprio di cui al citato decreto assessoriale
n. 110/78, confermativo, peraltro, della edificabilità industriale
stabilita con lo strumento urbanistico.
Con il secondo motivo di ricorso, denunziando violazione dell'art.
5 bis L. 359/92, omessa, insufficiente e contraddittoria circa un punto
decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) il Consorzio sostiene
che per qualificare un'area come edificabile ai sensi e per gli effetti
del comma 3 dell'art. 5 bis L. 359/92 occorre l'esistenza congiunta di
entrambe le condizioni di edificabilità legale ed edificabilità
di fatto previste dalla legge.
Con il quarto motivo il ricorrente, denunziando omessa, insufficiente
motivazione (art. 360, n. 5 c.p.c.), sostiene che la corte d'appello avrebbe
dovuto rilevare l'insussistenza di favorevoli condizioni che consentissero
concretamente l'edificazione delle aree espropriate.
I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, sono
infondati.
L'edificabilità dell'area va ritenuta per il solo fatto che
essa risulti tale in base alle previsioni urbanistiche, indipendentemente
da ogni valutazione circa la cosiddetta "edificabilità di fatto".
Il principio enunciato, ripetutamente affermato da questa Corte (Cass.
5821/98, 10575/96, 1021/89), deve essere ribadito anche per il rilievo
che eventuali cause di esclusione o riduzione delle possibilità
effettive di edificabilità non trasformano il terreno edificabile
in terreno agricolo ma - incidendo sulla sua concreta utilizzazione e,
quindi sul valore di mercato dell'immobile - assumono influenza solo in
sede di liquidazione dell'indennità di espropriazione.
Relativamente alle censure concernenti la incidenza, nella determinazione
del valore dell'area, delle opere di urbanizzazione o del valore di permuta
osservasi che i giudici di merito hanno condiviso le conclusioni del consulente
tecnico d'ufficio respingendo quelle del consulente di parte il quale,
come si rileva dalla sentenza e dai motivi di ricorso, non ha mosso critiche
circostanziate ma ha solo indicato una minore percentuale di incidenza
del valore dell'area sulla costruzione in base ad elementi dal consulente
d'ufficio non trascurati.
Con il terzo motivo di ricorso, denunziando omessa ed insufficiente
motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.)
il Consorzio si duole che la corte di merito, per la determinazione del
valore di mercato degli immobili, abbia adottato il metodo analitico anziché
quello sintetico - comparativo che meglio di ogni altro risponde alla finalità
di accertamento del giusto prezzo di mercato dell'immobile.
Il motivo di ricorso deve essere respinto.
Al fine di individuare il valore venale di un suolo, presupposto per
la determinazione dell'indennità di espropriazione, la stima con
metodo analitico costituisce criterio sussidiario da utilizzare quando
non sia possibile il ricorso al metodo sintetico - comparativo con riferimento
ai prezzi di mercato di aree omogenee. Rientra tra i compiti del giudice
di merito, in base alle indicazioni del consulente tecnico d'ufficio, stabilire
se sussistono gli elementi occorrenti per la ricerca del presumibile valore
comparativo dell'area. La corte di merito ha rilevato che tra il consulente
d'ufficio e quello di parte del Consorzio "vi era coincidenza di opinioni
circa il metodo adottato" mentre vi era contrasto circa "l'incidenza dell'area
sul valore delle costruzioni" avendo il consulente di parte proposto una
minore percentuale (16% anziché 22%).
La decisione di privilegiare il metodo sussidiario - condivisa da entrambi
i tecnici e determinata verosimilmente dalla impossibilità di reperire
atti di trasferimento attendibili per omogeneità dei terreni e per
epoca di stipulazione - non è stata contestata in sede di merito.
La censura oggi proposta è inammissibile trattandosi di tema di
contestazione che involge accertamenti ed apprezzamenti di fatto preclusi
in sede di legittimità.
Con il quinto motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione
dell'art. 5 bis L. 359/92, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.),
il Consorzio censura il rigetto della richiesta di decurtazione del 40%
prevista dalla citata norma. Sostiene che, concluso il procedimento amministrativo,
i Polo avrebbero dovuto manifestare, personalmente, la volontà di
accettare l'indennità determinata (o, se si vuole, che verrà
determinata) nel giudizio.
Il motivo di ricorso è infondato.
Con la sentenza n. 283/93, il giudice delle leggi, al fine di escludere
la disparità di trattamento tra gli espropriati, ha riconosciuto
anche ai soggetti già colpiti dal procedimento espropriativo il
diritto di accettare l'indennità evitando la decurtazione del 40%
sull'importo dell'indennità determinata secondo i nuovi criteri
introdotti dall'art. 5 bis citata legge; ha, pertanto, introdotto - limitatamente
agli specifici casi di diritto transitorio - l'istituto dell'accettazione
come accordo sulla determinazione dell'indennità in aggiunta all'accordo
sulla cessione del bene.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l'esercizio di tale diritto
da parte dell'espropriato presuppone una nuova e congrua determinazione
dell'indennità - operata dall'espropriante secondo i criteri introdotti
dal citato art. 5 bis - con la conseguenza che la decurtazione del 40%
potrà essere applicata solo in caso di mancata accettazione di questa
nuova determinazione (Cass. 6306/98, 6040/98, 509/98, 12857/97, 9882/97).
Questa Corte ha altresì avuto occasione di affermare che nessun
rilievo può essere attribuito ad un'accettazione "processuale" avente
un oggetto incerto o condizionato, quale deve considerarsi la futura pronuncia
giurisdizionale (Cass. 6040/98, 1580/97).
Con il sesto motivo il ricorrente, denunziando illogicità della
motivazione (360 n. 5 c.p.c.), sostiene che l'importo dell'indennità
di occupazione avrebbe dovuto essere ricondotto (mediante processo di attualizzazione)
al minor valore collegabile a ciascuna annualità maturata. La censura
è infondata.
Il ricorrente non contesta il criterio di liquidazione ma chiede una
riduzione dell'indennità (mediante processo di attualizzazione)
non sorretta da alcuna giustificazione, anche per il rilievo che la somma
a tale titolo liquidata verrà corrisposta agli espropriati coevamente
all'indennità di espropriazione.
Con l'ultimo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione
dell'art. 1284 c.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), il Consorzio rileva che la corte
di merito, pur avendo liquidato l'indennità di occupazione per il
periodo dal 7.1.85 al 15.5.91 in misura corrispondente agli interessi legali
sulla somma riconosciuta per l'indennità di espropriazione, abbia
poi riconosciuto nel dispositivo un importo di lire 105.943.700 per anno
pari al 10% dell'indennità di espropriazione anche se per la maggior
parte di tempo da prendere in considerazione (dal 5.1.85 al 16.12.90) il
tasso legale ai sensi dell'art. 1284 c.c., nel testo vigente anteriormente
all'entrata in vigore dell'art. 1 L. 353/90 fosse del cinque per cento.
La censura è fondata.
La rilevata contraddittorietà tra il criterio che la corte ha
affermato di voler adottare ("in misura pari agli interessi legali che
detta somma avrebbe annualmente fruttato") e la liquidazione dell'indennità
in concreto eseguita non consente di stabilire la ratio decidendi.
La corte di rinvio provvederà alla rideterminazione dell'indennità
in oggetto decidendo anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi sei motivi di ricorso e accoglie il settimo.
Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'Appello
di Cagliari, altra sezione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
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