Giurisprudenza - Espropriazione |
Tar Emilia Romagna, sez. staccata di Parma, sent. n. 264 del 10 maggio 2000, sulla Legge Merloni ed il procedimento espropriativo IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA SEZIONE DI PARMA composto dai Signori: Dott. Gaetano Cicciò Presidente Dott. Ugo Di Benedetto Consigliere Rel.est Dott. Umberto Giovannini Primo Referendario b) della deliberazione 30 giugno 1999 n. 167/14 del C. C. di Parma, di approvazione della variante al P. R. G di cui al punto a); c) della deliberazione 6 maggio 1999 n. 1116 con la quale la G. M. di Parma ha approvato il progetto esecutivo dell’opera di cui al punto a); d) della deliberazione 14 ottobre 1999 n. 2396/89 con la quale la G. M. di Parma ha disposto l’occupazione d’urgenza delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di cui al punto a); e) del provvedimento, notificato il 29 ottobre 1999con il quale si comunicava alla ricorrente l’immissione in possesso nei terreni di sua proprietà con contestuale redazione dello stato di consistenza; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Parma; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 4/4/2000 il dr. Ugo Di BENEDETTO; Uditi, altresì, l’Avv. Bassi e l’Avv. Cugurra; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Si è costituito in giudizio il Comune di Parma che ha chiesto la reiezione del ricorso. Le parti hanno sviluppato le rispettive difese con separate memorie e la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 4 aprile 2000. 2.Il ricorso è infondato. La prima censura, con la quale si deduce la violazione degli articoli 14, tredicesimo comma, e 16, terzo comma, della legge 11 febbraio 1994, n. 104, l’articolo 1 della legge n. 1 del 1978, e l’articolo 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, per avere il Comune di Parma attribuito l’efficacia di dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilità ed urgenza delle opere da realizzare all’approvazione del progetto preliminare, non può essere condivisa. Nel caso concreto, infatti, l’adozione degli atti concernenti l’occupazione d’urgenza è avvenuta successivamente alla deliberazione 6 maggio 1999, n. 1116, di approvazione del progetto esecutivo. In proposito la legge Merloni consente tre livelli di progettazione delle opere pubbliche e precisamente quella preliminare, quella definitiva e quella esecutiva ma, ovviamente non obbliga alla redazione delle tre fasi progettuali ben potendo l’Amministrazione, ove non li ritenga necessari, realizzarne, come nella specie soltanto due. La finalità dell’articolo 14 della legge Merloni, di cui la ricorrente lamenta la violazione, è quella di ricollegare l’effetto lesivo di una dichiarazione di pubblica utilità ad una fase, quella definitiva, caratterizzata da una certa precisione in ordine al tipo di opera da realizzare ed alla sua localizzazione. Pertanto, ove tale fase intermedia non sia necessaria, la dichiarazione di pubblica utilità ben può ricollegarsi alla progettazione esecutiva di maggior dettaglio, ovviamente, rispetto a quella definitiva e, quindi, quanto meno al pari di essa idonea a garantire l’espropriando sulla serietà delle intenzioni dell’Amministrazione in ordine alla effettiva realizzazione dell’opera. Pertanto, nel caso concreto, la dichiarazione di pubblica utilità ben può ricollegarsi all’approvazione del progetto esecutivo di cui alla deliberazione 6 maggio 1999, n. 1116, la quale approva altresì il nuovo Piano particellare di esproprio delle aree interessate. Vero è che l’Amministrazione, in sede di approvazione del progetto preliminare, con deliberazione del 31 marzo 1999, n. 89/56, ha provveduto ad una esplicita dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da realizzare, tuttavia la stessa costituisce una mera dichiarazione d’intenti, adottata ai sensi dell’articolo 16, comma terzo, della legge Merloni ai fini dell’avvio della procedura espropriativa. Infatti, la stessa deliberazione esplicitamente demanda all’approvazione del progetto esecutivo il concreto inizio delle procedure ablatorie come comprovato dalla fissazione dei prescritti termini iniziali e finali delle procedure espropriative e dei lavori con riferimento alla data di esecutività degli atti di approvazione del progetto esecutivo stesso. Pertanto, l’effetto costitutivo dell’assoggettamento concreto dei terreni alle procedure espropriative va ricollegato alla deliberazione 6 maggio 1999, n. 1116, di approvazione del progetto esecutivo, cui consegue nella fattispecie una dichiarazione implicita di pubblica utilità, ai sensi dell’articolo 14, ultimo comma delle legge Merloni, . 3. Sotto altro profilo, poi, con il primo mezzo di impugnazione, la ricorrente deduce l’illegittimità della procedura per la non corretta indicazione dei termini iniziali e finali della procedura espropriativa e dei lavori nonché per l’incertezza degli stessi. Anche detto profilo di censura non può essere accolto. Infatti, già dalla deliberazione del 31 marzo 1999, n. 89/56, di approvazione del progetto preliminare risultano fissati i termini iniziali e finali della procedura espropriativa e dei lavori. In essa si prevede che i lavori dovranno avere inizio entro un anno dalla data di esecutività della deliberazione che approverà la fase esecutiva del progetto stesso e che gli stessi dovranno essere ultimati entro cinque anni dall’inizio e che entro gli stessi termini avranno pure inizio e compimento le procedure per l’espropriazione dei terreni interessati. Il criterio previsto, pertanto, è certo e non indeterminato e si ricollega esattamente alla deliberazione di approvazione del progetto esecutivo da cui deriva, nel caso concreto, la dichiarazione di pubblica utilità, per le ragioni sopra indicate. Vero è che i termini in parola vanno prefissati contestualmente alla dichiarazione di pubblica utilità e non successivamente ma nulla esclude che siano fissati, come avvenuto nella specie, anteriormente essendo in tale ipotesi, comunque, perfettamente rispettata la ratio garantista delle disposizioni e dei principi che prevedono la fissazione dei termini in parola a tutela dell’espropriando. 4. Ne’ sussiste la dedotta illegittimità della variante urbanistica che, ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 1 del 1978, per le opere pubbliche realizzate da una Pubblica Amministrazione, come nel caso in esame, ben può essere effettuata con riferimento ad un progetto preliminare come previsto dalla suddetta disposizione, non essendo a tal fine necessario un progetto definitivo od esecutivo. 5. E’ altresì infondato il secondo mezzo di ricorso con cui si lamenta il difetto di motivazione per non avere il Comune considerato il sacrificio del privato che avrebbe realizzato opere consistenti, in virtù di concessioni edilizie rilasciate nel 1997. L’Amministrazione, infatti, indica chiaramente le esigenze pubbliche che mira a soddisfare con l’importante opera pubblica in parola ne’ è richiesta una valutazione comparativa con il sacrificio del privato che è da ritenere in ogni caso recessivo rispetto alle esigenze pubbliche perseguite. Inoltre, come rileva la difesa dell’Amministrazione, l’opera pubblica in parola non interferisce con quanto edificato a seguito delle concessioni edilizie ma concerne una striscia di terreno soggetta a vincolo di rispetto stradale. Non sono prospettate, pertanto, situazioni particolarissime che impongono una raffronto specifico tra la posizione dell’Amministrazione e quella del privato, cui risulta essere stato ritualmente comunicato l’avviso di avvio del procedimento per consentire di prospettare le proprie ragioni. 6. E’, inoltre, infondata la censura di cui al terzo mezzo di ricorso, concernente la deliberazione G. M. 28 gennaio 1999, n. 123/9, prospettata in via meramente tuzioristica, come precisato dal ricorrente, essendo stata detta deliberazione formalmente revocata con la successiva deliberazione 18 marzo 1999, n. 506, anteriormente alla proposizione del presente ricorso. 7. E’, infine, infondato il quarto mezzo di ricorso con il quale la società ricorrente deduce la violazione dell’articolo 14 della legge Merloni, non essendo stato elaborato il progetto definitivo prima di quello esecutivo. Come già sopra rilevato, la suddetta normativa descrive tre livelli di progettazione ma non impone all’Amministrazione, ove la stessa li ritenga non necessari, di redigerli, essendo possibile, come avvenuto nella specie, realizzare il progetto esecutivo dopo aver approvato quello preliminare. 8. Per tali ragioni il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di causa in favore dell’Amministrazione intimata che si liquidano in complessive £ 6.000.000 (sei milioni), oltre I.V.A. e C. P. A.. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Parma, il giorno 4/4/2000. Presidente Primo Referendario Rel.est. Depositata in Segretaria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186. Parma, lì 10 maggio 2000 Il Segretario |
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