Corte Costituzionale, sent. n. 171 del 31 maggio 2001, sulla tassazione
dell’indenità di espropriazione
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO
Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
Giudice
- Massimo VARI
"
- Riccardo CHIEPPA
"
- Gustavo ZAGREBELSKY
"
- Valerio ONIDA
"
- Carlo
MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI
"
- Guido
NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI
"
- Annibale MARINI
"
- Franco BILE
"
- Giovanni Maria FLICK
"
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 81, comma
1, lettera b), parte seconda,
del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917
(Approvazione del testo
unico delle imposte sui redditi), promosso, con ordinanza emessa il
1° giugno 2000, dalla
Commissione tributaria provinciale di Avellino sui ricorsi riuniti
proposti dall'Ente Morale
Fondazione Rachelina Ambrosini contro il Centro Servizio Imposte Dirette
di Salerno, iscritta
al n. 688 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica
n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2000.
Visto l'atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del
21 febbraio 2001 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto in fatto
1.¾ Con ordinanza del 1°
giugno 2000 (r.o. n. 688 del 2000), la Commissione tributaria
provinciale di Avellino ¾ nel corso di un giudizio avente ad
oggetto la richiesta di rimborso,
da parte di un ente morale, della ritenuta di acconto effettuata nei
suoi confronti, in
occasione della percezione dell'indennità di esproprio di un
suolo che era stato ad esso
devoluto per testamento ¾ ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 81,
comma 1, lettera b), parte seconda, del decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi),
nella parte in cui non
prevede la esclusione, dalla imposta sui redditi, delle plusvalenze
realizzate in occasione
della espropriazione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria,
secondo gli
strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, che siano
stati acquisiti
dall'espropriato per successione o donazione.
2.¾ Il giudice a quo osserva
che l’art. 81, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986,
mentre, nella prima parte della lettera b), annovera, tra i redditi
diversi, le plusvalenze
realizzate in occasione della cessione a titolo oneroso di beni immobili
acquistati o costruiti
da non più di cinque anni, escludendo, tuttavia, "quelli acquisiti
per successione o
donazione", nella seconda parte ricomprende, “in ogni caso”, tra le
plusvalenze tassabili,
quelle realizzate a seguito di cessione di terreni suscettibili di
utilizzazione edificatoria
secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione
(alle quali vanno
equiparate, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 410 del
1995, le plusvalenze da
espropriazioni).
Detta disposizione, rendendo sempre
tassabili le plusvalenze da ultimo accennate, senza
che l’imposizione possa intendersi limitata ai beni costruiti o acquistati
da non più di cinque
anni o esclusa per i beni acquisiti per successione o donazione, collide,
secondo il
rimettente, con il principio di equità fiscale, a causa della
ingiusta disparità di trattamento
che, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, posto in relazione
al principio di capacità
contributiva di cui all'art. 53, viene a determinarsi fra i contribuenti,
a seconda che si
trovino nella situazione prevista dalla prima ovvero dalla seconda
parte della disposizione
stessa.
3.¾ E’ intervenuto il Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità
o la infondatezza
della questione.
L’inammissibilità, secondo la
difesa erariale, deriverebbe dal fatto che, avendo il
giudizio principale per oggetto il rimborso delle ritenute operate
in occasione del pagamento
al ricorrente dell’indennità di esproprio di un terreno edificabile,
che era stato devoluto al
medesimo per testamento, la norma da applicare è il comma 5
dell’art. 11 della legge 30
dicembre 1991, n. 413. La parte pubblica eccepisce, perciò,
il difetto di ogni delibazione e
valutazione, da parte del rimettente, in ordine alla rilevanza della
questione, essendo questa
prospettata direttamente con riferimento alla norma di cui all’art.
81, comma 1, lettera b),
del d.P.R. n. 917 del 1986.
Nel merito, l'Avvocatura sostiene l'infondatezza
della questione stessa, trovando la
diversità di trattamento tra le fattispecie considerate giustificazione
nella diversa
configurazione e natura delle plusvalenze poste a raffronto.
Andrebbe considerato, in proposito,
che, per i beni immobili diversi dai terreni
suscettibili di utilizzazione edificatoria, la plusvalenza realizzata
in dipendenza della loro
cessione a titolo oneroso è tassata in funzione di un’attività
speculativa, oggettivamente
desunta dalla circostanza che la cessione sia avvenuta entro il quinquennio
dall’acquisto o
dalla costruzione dell’immobile; ciò che giustifica l’esclusione
dalla "imponibilità" quando
l’immobile sia stato acquisito per successione o donazione, mancando,
in tal caso, il presunto
intento lucrativo. Invece, per i terreni a destinazione edificatoria,
la tassazione del
plusvalore realizzato, a seguito della loro cessione onerosa, prescinde
dal collegamento con
una attività speculativa e si fonda, unicamente, sul dato oggettivo
della avvenuta destinazione
edificatoria del terreno all’atto della cessione. Donde la ragionevolezza
della tassazione
anche quando le plusvalenze siano realizzate per effetto di cessioni
di terreni pervenuti al
cedente a titolo non oneroso.
Considerato in diritto
1.¾ Con l'ordinanza in epigrafe,
la Commissione tributaria provinciale di Avellino ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art.
81, comma 1, lettera b), parte
seconda, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917 (Approvazione
delle testo unico delle imposte sui redditi), nella parte in cui non
prevede la esclusione
dalla imposta sui redditi delle plusvalenze realizzate in occasione
della espropriazione di
terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti
urbanistici vigenti
al momento della cessione, che siano stati acquisiti dal cedente per
successione o donazione.
Secondo il rimettente, la mancata equiparazione,
a fini impositivi, di dette plusvalenze
a quelle realizzate in occasione delle cessioni degli altri beni indicati
nella prima parte
della lettera b) della disposizione denunciata determinerebbe una irragionevole
disparità di
trattamento fra contribuenti, così violando gli artt. 3 e 53
della Costituzione.
2.¾ Al fine di meglio inquadrare
la questione portata all'esame della Corte, giova
richiamare, sia pure in breve sintesi, il quadro normativo in cui essa
si colloca, rammentando
che l'art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917, recante il testo
unico delle imposte sui redditi, aveva, in un primo tempo, previsto
la tassazione, quali
redditi diversi, delle sole "plusvalenze realizzate mediante cessione
a titolo oneroso di beni
immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni",
escludendo però, dalla tassazione,
"quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari
urbane che per la maggior
parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione
sono state adibite
ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari".
In prosieguo, l'art. 11 della legge
31 dicembre 1991, n. 413, integrando la fattispecie
impositiva già prevista dal menzionato art. 81, ha disposto,
al comma 1, lettera f),
l'assoggettamento ad imposta anche delle "plusvalenze realizzate a
seguito di cessioni a titolo
oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo
gli strumenti
urbanistici vigenti al momento della cessione”. La disciplina risultante
da detta modifica, è
stata resa applicabile dal comma 5 del medesimo art. 11 della legge
n. 413 del 1991, pure alle
"plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che
non esercitano imprese
commerciali, di indennità di esproprio o di somme percepite
a seguito di cessioni volontarie
nel corso di procedimenti espropriativi nonché di somme comunque
dovute per effetto di
acquisizioni coattive conseguenti ad occupazioni d'urgenza divenute
illegittime”, relative a
terreni con destinazione urbanistica.
3.¾ Ciò posto, va respinta,
anzitutto, l'eccezione di inammissibilità della questione
sollevata dall'Avvocatura dello Stato, non potendo in alcun modo sostenersi
che il rimettente,
essendosi limitato a denunciare l'art. 81, comma 1, lettera b), del
d.P.R. n. 917 del 1986,
non abbia correttamente enunciato la disposizione applicabile alla
fattispecie. Sia pure
attraverso il rinvio contenuto nel comma 5 dell'art. 11 della legge
n. 413 del 1991, non è
dubbio che sia l’art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 917 del
1986, la disposizione che
stabilisce il regime tributario destinato a regolare la fattispecie
all’esame del rimettente.
4.¾ Nel merito, la questione
non è fondata, non sussistendo il lamentato vizio di
disparità di trattamento fra la disciplina tributaria delle
plusvalenze realizzate mediante la
cessione a titolo oneroso di terreni edificatori, acquisiti dal cedente
per successione o
donazione, e quello delle plusvalenze realizzate mediante la cessione
dei beni immobili
indicati nella prima parte della disposizione censurata.
Trattandosi di stabilire se quest’ultima
sia tale da determinare una irragionevole
discriminazione fra situazioni meritevoli di essere considerate allo
stesso modo, il giudizio
richiesto alla Corte si incentra, così come già altre
volte rilevato (vedi, in particolare,
sentenze n. 89 del 1996, n. 5 e n. 441 del 2000), nel verificare il
«perché» una determinata
disciplina operi, all'interno del tessuto egualitario dell'ordinamento,
quella specifica
distinzione (oppure, a seconda dei casi, quella specifica equiparazione),
traendone, quindi, le
debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo. E
ciò nel senso che, ove una
siffatta verifica dovesse evidenziare una carenza di causa o ragione
della disciplina stessa,
potrà dirsi realizzato un vizio di legittimità costituzionale
della norma, proprio perché
fondato sulla irragionevole differenziazione ovvero, a seconda dei
casi, sulla irragionevole
omologazione delle situazioni poste a raffronto.
Tanto premesso, va osservato che, così
come giustamente rileva, nel suo atto di
intervento, il Presidente del Consiglio, il legislatore, con l'art.
81, comma 1, lettera b),
del d.P.R. n. 917 del 1986, ha ritenuto di tassare le plusvalenze realizzate
in dipendenza
della cessione a titolo oneroso di beni immobili in quanto significative
di una attività
speculativa del soggetto, oggettivamente dimostrata dall'indice temporale
costituito dalla
cessione del bene intervenuta entro il quinquennio dall'acquisto o
dalla costruzione
dell'immobile.
In relazione a ciò, la disposizione
oggetto di censura ha, coerentemente, escluso la
tassazione, in ogni caso, degli immobili pervenuti all'interessato
a titolo successorio o di
donazione, circostanze queste di per sé atte a dimostrare l'inesistenza
del presunto intento
speculativo. Viceversa, per la plusvalenza realizzata a seguito della
cessione di terreni a
destinazione edificatoria, la considerazione di essa quale reddito,
da parte del legislatore,
prescinde dal collegamento con una attività speculativa del
soggetto percettore e si basa,
unicamente, come questa Corte non ha mancato di evidenziare, sul mero
dato oggettivo della
lievitazione dei prezzi degli stessi, a seguito dell’avvenuta destinazione
edificatoria in sede
di pianificazione urbanistica (sentenza n. 533 del 1995).
Non è dunque irragionevole o
discriminatorio, in relazione alla diversa ratio
ispiratrice dei due trattamenti fiscali posti a raffronto, il fatto
che la legge abbia
sottoposto a tassazione le plusvalenze aventi le caratteristiche da
ultimo accennate, anche
quando si tratti di terreni acquisiti a titolo non oneroso, e quindi
per successione o per
donazione. E questo assoggettandole ad una specifica disciplina che
attiene anche alle modalità
di imposizione fiscale; imposizione che, alla luce di quanto previsto
dal medesimo art. 11,
comma 1, lettera c), della legge n. 413 del 1991, avviene, infatti,
secondo il regime di
tassazione separata, di cui all'art. 16, comma 1, del d.P.R. n. 917
del 1986.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 1,
lettera b), parte seconda, del decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1986, n.
917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), sollevata,
in riferimento agli
artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale
di Avellino, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23
maggio 2001.
F.to:
Cesare RUPERTO, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2001.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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