Giurisprudenza - Espropriazione |
Cons. Stato, Ad. Plen. N.
4 del 30
agosto 2005, sulla giurisdizione in caso di risarcimento danni da
occupazione
appropriativa
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in
sede
giurisdizionale (Adunanza Plenaria) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n.
977 del
2003 reg. ric. Cons. giust. amm. della Regione Siciliana (n. 10 del
2005 reg.
ric. Ad. Plen.), proposto dal Comune di Milo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato
Davide Maria Bisicchia, ed elettivamente domiciliato in Palermo, al
viale
Strasburgo n.106, presso lo studio dell’avvocato Roberto Lo Vullo; contro il signor Alfio Petralia, rappresentato e difeso dall’avvocato Venerando Gambino, ed elettivamente domiciliato in Palermo, alla via A. Salinas n. 56, presso lo studio dell’avvocato Luca Di Carlo; per la riforma della sentenza del
Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sicilia, Sezione di Catania, Sez. I, 30 maggio 2003, n. 175; Visto il ricorso in
appello, con i
relativi allegati; Visto il controricorso
dell’appellato, depositato in data 31 luglio 2003; Vista l’ordinanza di
rimessione della
causa (n. 210 del 2005 del Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione
Siciliana); Vista la memoria
depositata
dall’appellato in data 10 giugno 2005; Visti gli atti tutti del
giudizio;
Udita la
relazione del Consigliere di Stato Carmine Volpe alla pubblica udienza
del 20
giugno 2005 e designato quale estensore il Consigliere di Stato Luigi
Maruotti,
nel corso della camera di consiglio;
Nessuno
presente per le parti; Considerato in fatto e in
diritto
quanto segue: Premesso in fattoCon delibera del 7 maggio 1986, la giunta del Comune di Milo ha dichiarato la pubblica utilità, l’indifferibilità e l’urgenza dei lavori di trasformazione in strada comunale di una via rurale. Alla dichiarazione di pubblica utilità ha fatto seguito la emanazione di una ordinanza di occupazione d’urgenza, sulla base della quale l’amministrazione ha conseguito la disponibilità dei terreni e ha proceduto alla realizzazione dell’opera pubblica (la nuova strada comunale). Col ricorso proposto al TAR per la Sicilia (Sezione di Catania), il signor Alfio Petralia, nella sua qualità di proprietario di una parte del suolo sul quale è stata realizzata la strada, ha rilevato che all’occupazione di urgenza della sua proprietà non aveva fatto seguito l’emanazione del decreto di esproprio entro il termine prescritto (come prorogato al 23 novembre 1994 dalla legge n. 158 del 1991). Egli
ha chiesto, conseguentemente, la condanna del Comune al pagamento di
lire Con la sentenza n. 175 del 2003, il TAR, richiamate le risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio, ha accolto il ricorso condannando il Comune al pagamento di euro 28.933,98 e degli interessi legali. Il Comune ha appellato la sentenza del TAR, ha dedotto che la consulenza tecnica d’ufficio sarebbe stata redatta da un ingegnere dipendente di un Comune, in violazione dell’art. 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ed ha sostenuto, inoltre, che non si sarebbe tenuto conto – ai fini della valutazione del valore del suolo - di circostanze decisive evidenziate nelle difese di primo grado. L’appellato ha chiesto la reiezione del gravame. Il
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con
l’ordinanza n. 201 del L’appellato,
con una memoria depositata in data 10 giugno All’udienza del 20 giugno 2005, la causa è stata trattenuta in decisione ed è stato depositato il dispositivo ai sensi dell’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971, modificata con la legge n. 205 del 2000. Considerato in diritto1. Debbono essere risolte preliminarmente, nell’ordine, due questioni prospettate dall’ordinanza di rimessione: a) se il Consiglio di Stato, giudice di appello, possa verificare d’ufficio la riconducibilità della presente controversia nella giurisdizione amministrativa, in presenza di una sentenza di accoglimento del ricorso postulante, pur se in forma implicita, la sussistenza della giurisdizione; b) nella affermativa, se la controversia in esame ricada nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto avente ad oggetto, al di fuori di ogni impugnativa di atti autoritativi, la sola pretesa di conseguire il risarcimento del danno sopportato dal diritto di proprietà del privato, investito da un provvedimento di occupazione d’urgenza venuto meno retroattivamente ex lege. 2.1. La interpretazione di tali disposizioni ha dato luogo – come è noto - a diversi orientamenti giurisprudenziali. Per alcune decisioni (Ad. Plen., 25 ottobre 1980, n. 42; Sez. VI, 13 gennaio 1983, n. 12; Sez. VI, 21 marzo 1998, n. 380; Sez. VI, 20 maggio 1995, n. 479; Sez. IV, 4 febbraio 1999, n. 112; Sez. IV, 21 gennaio 2005, n. 99), finché non risulti emanata una sentenza regolatrice della Corte di Cassazione, il Consiglio di Stato come giudice d’appello ha titolo a sindacare d’ufficio in ogni ipotesi la sua giurisdizione (e della complessiva istituzione nella quale il Consiglio di Stato fa parte insieme ai T.A.R.). A conclusioni di segno opposto è pervenuto, invece, un ulteriore indirizzo che, richiamando i limiti insuperabili del giudicato, ritiene interdetto qualunque esame del punto concernente la giurisdizione in sede di appello, in assenza di una specifica censura avanzata dalla parte contro la decisione, espressa o implicita, sulla giurisdizione (Sez. IV, 14 aprile 1998, n. 621; Sez. VI, 7 luglio 2003, n. 4028; Sez. IV, 14 aprile 2004, n. 2105; Sez. IV, 18 maggio 2004, n. 3186). Un ultimo indirizzo – collocandosi in una posizione mediana – afferma, invece, che il giudice d’appello può procedere alla valutazione di ufficio della giurisdizione solo in presenza di una statuizione implicita: le statuizioni esplicite sulla giurisdizione richiederebbero, invece, apposita impugnativa (Sez. VI, 10 aprile 2002, n. 1039; Sez. VI, 15 dicembre 2003, n. 8212). 2.2. L’Adunanza Plenaria ritiene che vada seguito quest’ultimo indirizzo. La
regola del primo comma dell’art. 30 della legge n. 1034 del Si desume, infatti, da una lettura coordinata di tali disposizioni che, nelle ipotesi in cui il TAR abbia espressamente pronunciato sulla giurisdizione, la relativa statuizione può essere conosciuta dal giudice di appello solo in presenza di apposito gravame di parte. Il giudice d’appello resta, invece, legittimato ad intervenire quando il giudice di primo grado ha statuito, solo in forma implicita, sulla giurisdizione attraverso l’adozione di una pronuncia di merito o di carattere processuale che non avrebbe, però, potuto essere adottata se non da un organo provvisto di potestà giurisdizionale. In aderenza ad un siffatto ordine di idee, è pertanto da escludere che nella specie – mancando qualunque espressa statuizione in tema di giurisdizione - sussista per il giudice di appello la preclusione a conoscere ex officio di questioni relative alla giurisdizione. 3. Risolto in senso affermativo il punto della verificabilità in questa sede ex officio della giurisdizione, occorre ora stabilire se il giudice amministrativo adito abbia titolo a conoscere della presente controversia, così come ritenuto dalla sentenza appellata che ha definito nel merito la controversia. La lite
dedotta in questa
sede ha ad oggetto – come si è avanti ricordato - la domanda di
risarcimento
del danno sopportato dalla parte privata in conseguenza dello
spossessamento
dell’area di sua proprietà sulla quale è stata realizzata
l’opera pubblica
durante il periodo nel quale il provvedimento di occupazione ha
esplicato i
suoi effetti. Resta perciò da definire se tale lesione del diritto di proprietà vada ricondotta all’esplicazione del pubblico potere o a un mero comportamento (nella seconda evenienza, in applicazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004, dovrebbe essere declinata la giurisdizione del giudice amministrativo a favore di quella del giudice ordinario). 3.1.
Ad avviso di questa Adunanza Plenaria sussiste, nella specie, la
giurisdizione del giudice amministrativo. Occorre a questo riguardo ricordare che l’art. 34 del decreto legislativo n. 80 (da leggere in stretta connessione con il successivo art. 35, comma 1, del decreto legislativo n. 80 del 1998, novellato quest’ultimo dall’art. 7 della legge 205 del 2000) ha dato vita ad una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo chiamata ad accogliere nel suo seno ogni controversia tra il privato e la pubblica amministrazione, insorta nell’area dell’urbanistica e dell’edilizia e relativa - oltre che ad interessi legittimi - a diritti soggettivi (di regola al diritto di proprietà, ai diritti reali, al possesso). E ciò sia nell’ipotesi in cui il vulnus recato al diritto soggettivo debba farsi risalire alla esplicazione dei pubblici poteri, sia nell’ipotesi in cui la lesione vada ricondotta, invece, a comportamenti invasivi sine titulo nella sfera del privato (anche se in vista, di regola, del perseguimento di finalità pubblicistiche, pur con mezzi impropri). Di ciò si trae sicura conferma dalla lettura dell’art. 34, nel quale si parla di lesioni arrecate a tali diritti tanto da «atti e provvedimenti» (e, perciò, dalla esplicazione di poteri autoritativi), quanto da «comportamenti» che si manifestino come iniziative disciplinate dal diritto comune (e di regola come meri fatti illeciti, fonti di responsabilità aquiliana).. Conformandosi ad una tale chiave di lettura, la giurisprudenza, sin dall’indomani della emanazione della norma citata, ha ritenuto di spettanza del giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la cognizione di interventi invasivi sine titulo nella proprietà privata, come meri «comportamenti»: vie di fatto, iniziative procedimentali abnormi rivolte ad incidere nella sfera del soggetto privato (con utilizzazione in tali ipotesi anche di azioni possessorie). 3.2.
La Corte costituzionale - condividendo la linea interpretativa
dell’art. 34
seguita dalla giurisprudenza, sulla riconducibilità alla
giurisdizione
amministrativa anche dei fatti lesivi non riferibili all’esplicazione
del
potere - con la sentenza n. 204 del
Sono state conservate, così, alla giurisdizione del
giudice amministrativo le liti relative a diritti e interessi da
riportare alla
esplicazione del potere: una soluzione alla quale la Corte è
approdata nel
presupposto che la Costituzione consenta di derogare alla clausola
generale di
riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice
amministrativo (diritti
- interessi) solo quando i diritti - tutelati innanzi al giudice
amministrativo
in sede di giurisdizione esclusiva - risultino vulnerati dalla pubblica
amministrazione come “autorità” (e si tratti, perciò, di
diritti soggettivi sui
quali incida il pubblico potere).
3.3. L’ordinanza di rimessione del Consiglio di Giustizia
Amministrativa non avanza espliciti dubbi in ordine alla giurisdizione
amministrativa nei riguardi della pretesa risarcitoria di cui si
discute in
questa sede (pretesa traente origine dalla sopravvenuta retroattiva
caducazione
ex lege del provvedimento di
occupazione d’urgenza, che ha reso sine titulo sia
l’apprensione
della res, sia gli interventi modificativi alla stessa
apportati).
Si rappresentano, però, nell’ordinanza due profili
che –
sempre ai fini della valutazione della giurisdizione del giudice
amministrativo
- meriterebbero di essere approfonditi, dopo l’emanazione della
sentenza n. 204
del 2004 della Corte Costituzionale, in considerazione anche del fatto
che –
come è risaputo – il principio della perpetuatio iurisdictionis
di cui all’art. 5 c.p.c. non opera quando la giurisdizione venga meno –
come è
parzialmente avvenuto con riferimento all’art. 34 - non per effetto di
leggi
sopravvenute, ma di una sentenza della Corte Costituzionale operante in
via
retroattiva. Questi
sono i due punti ai quali sembra, nella sostanza, far riferimento
l’ordinanza
di rimessione: a)
in primo luogo, andrebbe verificato se, dopo la dichiarazione di
illegittimità
costituzionale di cui alla sentenza n. 204 del 2004 (che ha precluso al
giudice
amministrativo di conoscere di «comportamenti»
retti da norme del diritto comune), si possano ancora considerare
ricadenti
nella giurisdizione amministrativa (come fatti eziologicamente
riconducibili
all’amministrazione-autorità) le lesioni del diritto di
proprietà di cui si è
denunciata la violazione con il ricorso in esame: e ciò in
considerazione della
circostanza che, con la dichiarazione di inefficacia ex lege
dell’atto di occupazione di urgenza e degli effetti giuridici da
quest’ultimo
spiegati, le lesioni arrecate al diritto di proprietà del
soggetto privato
potrebbero essere considerate come condotte sine titulo,
perciò in
toto assimilate ai «comportamenti»
materiali dell’amministrazione di cui al citato art. 34; b)
anche se si pervenisse alla conclusione di ritenere che il vulnus del
diritto soggettivo sia nella specie da ricondurre al pubblico potere,
andrebbe
stabilito se la denunciata lesione di diritti soggettivi possa essere
conosciuta dal giudice amministrativo al quale – come sembrerebbe
doversi
desumere dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte – è
attribuita la
giurisdizione esclusiva solo nell’ambito di controversie nelle quali
restano
coinvolti insieme interessi legittimi e diritti soggettivi. Ed
invero - a differenza di quanto avviene, di norma, negli altri casi di
giurisdizione esclusiva - la presente controversia si contrassegna per
il fatto
di avere come oggetto soltanto diritti soggettivi, risultando venuto
meno ex
lege (per la mancata conclusione del procedimento e non a seguito
di
impugnativa involgente interessi legittimi) il provvedimento
degradatorio in
precedenza emanato (l’occupazione di urgenza). Solo
nel caso di congiunta proposizione della impugnativa dell’atto
degradatorio e
della pretesa risarcitoria relativa a diritti soggettivi, la lite si
sarebbe
potuta radicare innanzi al giudice amministrativo, implicando la
giurisdizione
esclusiva un processo avente ad oggetto, ad un tempo, diritti ed
interessi. 3.4.
Per quanto concerne il primo punto, va senz’altro riconosciuto che si
può
parlare di lesione di diritti soggettivi nei riguardi dei provvedimenti
degradatori (tra i quali si iscrive il provvedimento d’occupazione di
urgenza
adottato nella specie) dopo che tali provvedimenti siano stati
annullati o
abbiano cessato di esplicare – come nel caso in esame –
retroattivamente i loro
effetti: con il singolare risultato che può parlarsi di lesione
del diritto
solo in concomitanza della dissoluzione dell’atto con il quale il
potere pubblico
si era manifestato. E’
evidente, però, che non può bastare tale dato ad indurre
a ravvisare nella
specie la lesione di un diritto soggettivo rapportabile ad un
comportamento
materiale e non a fattori causali riconducibili al pubblico potere. Ed
invero la formula dell’art. 34 - che parla di «atti e
provvedimenti» in
contrapposizione ai «comportamenti»
(l’espressione dichiarata costituzionalmente illegittima) - mira
proprio alla
identificazione della lesione di diritti soggettivi, eziologicamente
riconducibili
alla funzione (naturalmente solo dopo che sono divenuti sine titulo
gli
interventi posti in essere in attuazione degli atti amministrativi i
cui
effetti sono venuti meno). In
tale fenomeno, per l’assoluta somiglianza di fattispecie, restano
accomunati
sia le controversie – come quella dedotta in questa sede -
caratterizzate
dall’inefficacia retroattiva ex lege che investe l’atto
degradatorio
applicativo del vincolo preordinato all’esproprio, sia le ipotesi di
annullamento dell’atto stesso (con proposizione in entrambi i casi –
sul
presupposto della caducazione degli effetti dell’atto autoritativo -
della
pretesa di carattere patrimoniale). Stando
così le cose, va considerata come controversia riconducibile
all’esplicazione
del pubblico potere - nel senso in cui ne parla l’art. 3.5.
Sembra senz’altro da disattendere l’impostazione (di chiara ispirazione
processuale) rivolta a prospettare che la giurisdizione esclusiva (e,
perciò,
anche quella in materia di urbanistica e di edilizia) presupporrebbe
sul piano
costituzionale ad validitatem la
congiunta deduzione, nello stesso processo, sia di diritti che di
interessi
legittimi (situazione, quest’ultima, che si realizzerebbe, ad es.,
nella
ipotesi di pretesa risarcitoria dedotta, in via consequenziale, dopo
l’annullamento del provvedimento degradatorio e non anche quando l’atto
e i
suoi effetti siano venuti meno ex lege) Deve
darsi atto che, effettivamente, in più punti della sentenza n.
204 del 2004
della Corte Costituzionale si rinvengono espressioni che sembrerebbero
rivolte
a condizionare la legittimità costituzionale delle norme,
attributive alla
giurisdizione amministrativa esclusiva in “particolari
materie”, alla circostanza che la materia stessa coinvolga diritti
soggettivi sui quali sono chiamati ad interferire poteri pubblicistici.
Resta,
però, assolutamente estranea alla medesima sentenza della Corte
l’affermazione
secondo cui la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
comporti,
immancabilmente, l’instaurazione di una concreta controversia
implicante la
congiunta deduzione in causa di interessi legittimi e diritti
soggettivi
(situazione che si avvera nella sola ipotesi di impugnazione degli atti
di
esercizio del potere e dopo l’annullamento dell’atto, con pretese
consequenziali rivolte a denunciare vulnera incidenti sulle
legittimanti
e risorte posizioni di diritti soggettivi). E’
da ritenere, pertanto, fuori discussione la possibilità –
riconosciuta dalla
stessa giurisprudenza - di fare rientrare, in sede di giurisdizione
esclusiva
in area urbanistica ed edilizia, le controversie di carattere solo
impugnatorio
involgenti esclusivamente interessi legittimi, perché rivolte a
conseguire
l’annullamento dell’atto con il quale il potere è stato
esercitato (ad esempio,
impugnativa di strumenti urbanistici, di dichiarazioni di pubblica
utilità, di
espropri, etc.). Del
pari, risulta pienamente ipotizzabile - in rigorosa simmetria con tale
fattispecie – l’ingerenza del giudice amministrativo su liti che, come
nel caso
in esame, abbiano ad oggetto diritti soggettivi quando la lesione di
questi
ultimi tragga origine, sul piano eziologico, da fattori causali
riconducibili
all’esplicazione del pubblico potere, pur se in un momento nel quale
quest’ultimo risulta ormai mutilato della sua forza autoritativa per la
sopraggiunta inefficacia disposta dalla legge per la mancata
conclusione del
procedimento. La
giurisprudenza di questo Consiglio, d’altra parte, ha riconosciuto
espressamente la possibilità di far valere in giudizio, innanzi
al giudice
amministrativo, pretese patrimoniali conseguenti all’annullamento di un
provvedimento degradatorio disposto in un separato giudizio pure
svoltosi
dinnanzi al giudice amministrativo, ovvero in via di autotutela,
nell’esatta considerazione
che nell’area urbanistica ed edilizia la riparazione dei diritti incisi
dal
pubblico potere è di spettanza del giudice amministrativo, quale
che sia la
sede – anche extragiudiziale – nella quale l’annullamento sia stato
disposto. 4. Passando a questo punto
all’esame
delle due censure formulate dal Comune appellante, ai fini del decidere
e ai
sensi dell’art. 44 del testo unico n. 1054 del 1924, occorre disporre
l’acquisizione di chiarimenti, in ordine ai criteri seguiti dal
consulente,
nominato in primo grado per la quantificazione del danno subito
dall’appellato. Tenuto conto delle
deduzioni già
formulate in primo grado dal Comune e richiamate nell’atto di appello,
tali
chiarimenti dovranno offrire elementi per valutare se il consulente si
sia conformato
a criteri di ragionevolezza nella determinazione del valore dell’area
di
proprietà dell’appellato: E ciò con
particolare riferimento ai
seguenti aspetti: - valutazione del valore
dei suoli
siti nel territorio del limitrofo Comune di Zafferana Etnea,
disattendendo i
criteri valorizzati invece dall’Ufficio tecnico comunale di Milo,
richiamati a
p. 3 dell’atto di appello; - mancato conferimento di
qualunque
rilievo alle dichiarazioni presentate dall’appellato ai fini della
quantificazione dell’I.C.I., richiamate a pp. 3-4 del medesimo atto di
appello; - diniego di ogni rilievo
ai
parametri applicati dal Comune di Milo per la liquidazione della
indennità
provvisoria, accettata in data 31 dicembre 1988. Tali chiarimenti dovranno
essere
forniti dal dirigente dell’Ufficio del Genio civile di Palermo (che
potrà
delegare un funzionario di propria fiducia), entro il 15 ottobre 2005,
con una
relazione da trasmettere alla Segreteria dell’Adunanza Plenaria. La Segreteria è
incaricata di
trasmettere al dirigente dell’Ufficio del Genio civile di Palermo una
copia
della presente decisione, della sentenza impugnata, dell’atto di
appello e
della relazione del consulente depositata in data 26 aprile 2001
(dandone
immediato preavviso mediante fax o strumento informatico). Il Comune di Milo
provvederà a
trasmettere al più presto al medesimo dirigente (e alla
Segreteria) copia della
documentazione riguardante la quantificazione dell’I.C.I. da parte
dell’appellato e la liquidazione della indennità provvisoria
(non depositata
nel presente giudizio), nonché tutta l’ulteriore documentazione
che gli sarà
richiesta dal dirigente per la stesura dei chiarimenti. Le parti – entro il 30
settembre 2005
- potranno fornire ogni ulteriore elemento di valutazione al dirigente,
affinché ne tenga conto nella relazione finale. Riservata ogni ulteriore statuizione, anche sulle spese, per il prosieguo va fissata l’udienza del 14 novembre 2005. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria) dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e,
riservata
ogni ulteriore statuizione, dispone gli incombenti istruttori indicati
in
motivazione. Spese al definitivo. Rinvia per il prosieguo all’udienza del 14 novembre 205. Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di
consiglio
tenutasi il giorno 20 giugno 2005, presso la sede del Consiglio di
Stato, nella
‘Sala di Pompeo’ di Palazzo Spada, con l’intervento dei signori: Alberto de Roberto Presidente del Consiglio di Stato Mario Egidio Schinaia Presidente di Sezione Paolo Salvatore Presidente di Sezione Raffaele Iannotta Presidente di Sezione Riccardo Virgilio Presidente di Sezione Sabino Luce Consigliere Piergiorgio Trovato Consigliere Costantino Salvatore Consigliere Filippo Patroni Griffi Consigliere Giuseppe Farina Consigliere Corrado Allegretta Consigliere Luigi Maruotti Consigliere estensore Carmine Volpe Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere Pierluigi Lodi Consigliere Il Presidente Il Consigliere estensore
Il
Segretario DEPOSITATA
IN SEGRETERIA il................................................(Art.
Il
Direttore CONSIGLIO
DI STATO In
Sede Giurisdizionale (Adunanza Plenaria) Addì.........................copia
conforme alla presente è stata
trasmessa a.............................................................................................. a
norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.
642
Il
Direttore della Segreteria
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