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La tassazione dei rifiuti prodotti dalle attività commerciali La sentenza di seguito trascritta afferma il principio per cui
anche a seguito del recepimento della normativa comunitaria è stato
mantenuto il potere dei comuni, nell’ambito della gestione loro spettante
in materia, di stabilire l’assimilazione per qualità o quantità
dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta
e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dall’art. 18, co. 2°,
lett. d)” (art. 21, co. 2°, lett. g), d.lgs. n. 22 del 1997). Ciò
consente al Comune di adottare una specifica deliberazione per la individuazione
dei rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani ai fini della gestione
del servizio e dell’assoggettabilità all’imposta relativa e ciò
anche nell’imminenza dell’istituzione della tariffa per la gestione
dei rifiuti solidi urbani. Ai sensi dell’art. 1, co. 27, l. n. 426 del
1998, che ha modificato l’art. 49, co. 1, d.lgs. n. 22 del 1997, infatti,
la tassa per lo smaltimento dei rifiuti risulta soppressa solo a decorrere
dal 1° gennaio 2000.
TAR Lombardia – Milano, sez. I, 25 ottobre 1999, n. 3511 REPUBBLICA ITALIANA
Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 5.10.99, il Dott. Solveig Cogliani; udito, altresì, il procuratore di parte ricorrente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Deduceva, la parte ricorrente, l’illegittimità della delibera per eccesso di potere per carenza dei presupposti, per travisamento di fatti e di diritto ed abuso ai fini di una tassazione non dovuta, per violazione della normativa in vigore (in relazione al d.lgs. n. 22 del 1997 e dall’art. 17, co. 3, l. n. 128 del 1998), per perplessità, genericità ed elusione della motivazione, nonché per motivazione irrilevante, inconferente e sviata. Censurava, infatti, che la circostanza che unica motivazione reale della delibera deve essere individuata nella necessità di acquisire introiti, venendo meno, altrimenti, la possibilità di tassazione dei rifiuti, poiché non più assimilati agli urbani e, di conseguenza esclusi dal servizio di smaltimento comunale. In tale modo il Comune avrebbe violato quanto disposto dalla l. n. 22 cit., che definisce i rifiuti provenienti da attività commerciali quali speciali, assegnando al solo produttore l’onere di smaltirli. Pertanto, nella specie, mancherebbe una potestà impositiva in capo al Comune. Inoltre, il Comune avrebbe fatto riferimento a parametri, di cui alla delibera del Comitato interministeriale 27.7.84, non più in vigore a seguito della sostituzione della disciplina di cui alla l. n. 537 del 1993. Infine, l’istante denunciava l’incongruenza della delibera emessa a breve distanza dalla soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti, ai sensi dell’art. 49, d.lgs. n. 22 cit.. L’Amministrazione non si costituiva. La causa era chiamata alla pubblica udienza del 5.10.99 ed era trattenuta in decisione. Prima di tale intervento, il potere impositivo dell’amministrazione comunale, nel vigore della l. n. 146 del 1994 si estendeva per legge a tutti i rifiuti speciali indicati nella cit. deliberazione. La delibera CIPE, menzionata, prevede ulteriormente che i rifiuti speciali di cui ai punti 1, 3, 4 e 5 dell’art. 2, co. 4°, d.p.r. n. 915 del 1982 possano essere ammessi allo smaltimento in impianti di discarica aventi le caratteristiche fissate al punto 4.2.2.2 nel caso di rispetto di talune condizioni, quali la composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani o la consistenza in manufatti o materiali simili a quelli elencati esemplificativamente (imballaggi di carta, cartone e plastica, sacchi di carta, plastica e metallo… ), nonché nell’ipotesi in cui si tratti di rifiuti ingombranti analoghi a quelli di cui all’art. 2, co. 3°, punto 2, d.p.r. n. 915 cit. o di beni di consumo durevoli, di arredamento, di uso domestico, di uso comune, provenienti da fabbricati o insediamenti civili, o di imbottiture, isolanti termici e acustici o di materiali vari in pannelli. Appare, dunque, come tra siffatti rifiuti debbano rientrare quelli prodotti dalla ricorrente (cartone e cellophane). Conseguentemente, all’entrata in vigore della l. n. 128 del 1998 è venuta meno l’assimilazione ope legis dei rifiuti menzionati, a quelli urbani. Tuttavia, anche a seguito del recepimento della normativa comunitaria è stato mantenuto il potere dei comuni, nell’ambito della gestione loro spettante in materia, di stabilire “l’assimilazione per qualità o quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati dall’art. 18, co. 2°, lett. d)” (art. 21, co. 2°, lett. g), d.lgs. n. 22 del 1997). Siffatta ultima norma prevede che rientri nelle competenze dello Stato “la determinazione dei criteri quantitativi e qualitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani”. Da quanto sin qui evidenziato, emerge, pertanto, che l’assimilazione ai rifiuti urbani di quelli speciali, ai fini dello smaltimento da parte dell’amministrazione locale e, di conseguenza, dell’assoggettamento dei produttori alla tassa corrispondente, non è stata espunta dall’ordinamento, in via di recepimento delle direttive comunitarie, ma è solo stata disposta, a tal fine, la necessità di uno specifico provvedimento del comune. Tale conclusione risulta, inoltre, confermata, da quanto asserito dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con sent. n. 41 del 24.2.98, pronunziata tra le odierne parti, in relazione ai rapporti pregressi. In tale pronunzia si legge, infatti, che “i rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani sono sicuramente soggetti al pagamento dell’imposta comunale ma è necessario che l’assimilabilità… risulti da un provvedimento specifico dell’amministrazione comunale e non può farsi discendere da un principio generale e, pertanto, non è sufficiente far riferimento alla pubblicazione del regolamento del Comitato interministeriale del 27/4/84, in quanto trattasi di un atto di classificazione generale indicando i criteri di massima cui debbono attenersi le Pubbliche Amministrazioni…in assenza di detta dichiarazione vige il principio generale del regolamento della delibera del Comitato interministeriale del 27/7/84 in base al quale i rifiuti prodotti nei locali destinati ad attività commerciali restano ad ogni effetto speciali e quindi non soggetti all’imposta”. Nella fattispecie in esame va rilevato che la delibera impugnata prende atto delle modifiche normative intervenute a seguito della legge comunitaria n. 128 del 1998, nonché della necessità di provvedere specificamente da parte dell’amministrazione comunale alla individuazione dei rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani ai fini della gestione del servizio e dell’assoggettabilità all’imposta relativa. Il provvedimento appare motivato sulla base delle esigenze di gestione del servizio, anche in ordine all’equilibrio del gettito e dei costi. Peraltro, in assenza di ulteriori criteri fissati dallo Stato ai sensi dell’art. 18, d.lgs. n. 22 del 1997, esso fa riferimento a quelli già elaborati dalla delibera interministeriale del 27.7.84, in applicazione di quanto disposto dall’art. 21 dello stesso decreto. La modifica legislativa intervenuta, infatti, secondo quanto già esposto, ha abrogato l’assimilabilità ex lege dei rifiuti, ma non può ritenersi incidente sui criteri di massima generalmente elaborati, sino alla modifica degli stessi a seguito di ulteriore provvedimento di competenza statuale. Devono, pertanto, ritenersi infondate le censure di eccesso di potere e violazione di legge dedotte in ricorso, né può condividersi l’assunto di parte istante relativo alla non comprensione dello smaltimento dei rifiuti assimilati nell’ambito del servizio in violazione dell’art. 61, d.lgs. n. 507 del 1993, non trattandosi nella specie di rifiuti speciali, ma speciali assimilati a quelli urbani. Da ultimo va evidenziato che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il comune di Busnago risulta aver stipulato con l’associazione temporanea d’imprese ISPA s.r.l., RENUA s.r.l., il contratto per la concessione dei servizi di igiene urbana nel territorio comunale, ai sensi della direttiva CEE 92/50, per il periodo 1.4.96-31.3.2001, con cui ha affidato alla predetta associazione la raccolta a domicilio differenziata, nonché la raccolta dei materiali carta o cartone, vetro, latta e contenitori di plastica ed il trasporto dei rsu ingombranti. Né può valere a viziare la logicità della motivazione del provvedimento impugnato, la considerazione dell’imminenza dell’istituzione della tariffa per la gestione dei rifiuti solidi urbani. Ai sensi dell’art. 1, co. 27, l. n. 426 del 1998, che ha modificato l’art. 49, co. 1, d.lgs. n. 22 del 1997, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti risulta soppressa solo a decorrere dal 1° gennaio 2000. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. Nulla è dovuto per le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Milano, addì 5.10.99, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sez. I) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati: Giovanni Vacirca PRESIDENTE Adriano Leo Consigliere Solveig Cogliani, rel. Referendario Depositata il 25 ottobre 1999
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