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Tar Emilia Romagna, sez. staccata di Parma, sent. n. 282 del 25 maggio 2000, sul potere della Provincia di comminare la decadenza delle Aziende dai contributi comunitari e sul relativo procedimento R E P U B B L I C A I T A L I A N A
- Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non costituita in giudizio;. - Amministrazione Provinciale di Reggio Emilia, in persona del Presidente della Giunta Provinciale p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo COLI ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Mario RAMISI, in Parma, borgo Tommasini n.20. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione Provinciale intimata, depositato alla pubblica udienza del 18 aprile 2000. Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla suddetta pubblica udienza, il dr. Umberto GIOVANNINI; uditi, altresì, l’Avv. OGNIBENE per i ricorrenti e l’Avv. COLI per l’Amministrazione Provinciale resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Nel corso di controlli effettuati presso l’azienda, gli agenti dell’Amministrazione Provinciale accertavano alcune irregolarità, contestate con verbale redatto in data 17 luglio 1998. Tali irregolarità hanno poi indotto l’Amministrazione Provinciale a ritenere violata la normativa regionale applicativa del Regolamento C.E.E. n.2078/92, con conseguente decadenza della società ricorrente da tutti i contributi alla stessa in precedenza erogati e riferiti agli interventi contraddistinti quali misure B1 e D4. Secondo i ricorrenti i gravati provvedimenti sono illegittimi per i seguenti motivi in diritto. A – Violazione del principio tempus regit actum; Violazione del decreto del Ministero per le Politiche Agricole del 27/3/1998 n.159; Violazione della deliberazione di Giunta Regionale del 7/9/1998; Errore nei presupposti di fatto e diritto; Il provvedimento di decadenza notificato nel febbraio 1999 risulta adottato sulla base della normativa regionale (deliberazione di G.R. n.980 del 1997) non più in vigore alla data di adozione del provvedimento stesso, in quanto sostituita, con efficacia dal 1/9/1998 dalla deliberazione della G.R. prog. 1545/98 del 7/9/1998). Secondo la nuova normativa, (art.6, comma 5 del D.M. 27/3/1998 n.159 e deliberazione regionale n.1545/98) il superamento del limite dei 3.000 ECU per annata, che secondo il previgente sistema comportava l’estensione della decadenza per tutte le azioni, non è più rilevante, essendo prevista la decadenza totale per tutte le misure solo nell’ipotesi che l’importo da restituire superi il limite del 20%. B – Violazione art. 1 L. n.689 del 1991; Violazione dell’art.14 delle preleggi del C.C.; Violazione “Programmi zonali pluriennali agro ambientali in attuazione dell’art.3 Reg. CEE n.2078/92 relativi a Pianura, Collina e Montagna dell’Emilia Romagna”; Violazione della deliberazione di G.R. n.980 del 10/6/1997; Violazione dell’art.3 della L. n.241 del 1990; Difetto di istruttoria, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità e perplessità; L’azione B1 è volta ad estendere le produzioni vegetali con mezzi diversi da quelli previsti per l’azione A, con riduzione di almeno il 20% annuo delle singole produzioni rispetto al biennio precedente ed ha quale caratteristica essenziale la realizzazione della rotazione quinquennale delle varie coltivazioni. Tale intervento obbliga il beneficiario del relativo contributo a investire nell’ambito della rotazione aziendale quinquennale programmata tutte le colture previste, anche se annualmente con superfici diverse. Non è previsto in alcun modo l’impegno specifico del richiedente di coinvolgere l’intera superficie aziendale nella domanda di contributo, per cui il fatto di non avere inserito, per errore materiale, una piccola porzione di terreno nella domanda non poteva dar luogo alla decadenza del beneficio, dato anche che dal verbale risulta che le colture curate sul predetto terreno erano quelle ammesse a beneficiare della misura B1. E’ evidente il difetto d’istruttoria, il travisamento dei fatti e l’errore nei presupposti nei quali è incorsa l’Amministrazione Provinciale, dato che, pur avendo rilevato – al momento del sopralluogo – la coltivazione del terreno conforme alle colture ammesse alla misura B1, essa ha illegittimamente presunto che il detto fondo non fosse stato coltivato in passato secondo gli stessi criteri. Se il legislatore comunitario e regionale non ha inteso applicare all’Azione B1 “l’obbligo specifico di coinvolgere l’intera superficie aziendale” previsto per altri interventi, non è consentito all’interprete sostituirsi al legislatore ed estendere le norme previste per un caso (azione A1) ad altro caso (azione B1) regolato espressamente in modo diverso. Ne consegue la violazione del principio generale del nostro ordinamento, per il quale le sanzioni amministrative vengono irrogate con riferimento ai soli casi previsti dalla legge (art. 1 legge 689/81), con divieto di applicazione analogica a casi diversi non contemplati nel disposto sanzionatorio. Il principio posto dall’art.1 della L. n.689 del 1981 è principio direttamente applicabile nel caso di specie, in quanto, a norma dell’art.4 della L. n.898 del 1986, all’accertamento delle violazioni amministrative previste dagli artt.2 e 3 della legge stessa, si applica il capo primo della L. 24/11/1981 n.689. Inoltre, il provvedimento di decadenza non individua in alcun modo quali sarebbero le disposizioni regionali violate, con conseguente illegittimità dello stesso per perplessità. Alla decadenza della singola misura B1 e al rilievo che gli importi relativi per annata superano il limite di 3.000 ECU, il provvedimento ricollega l’ulteriore sanzione della decadenza totale di tutte le misure applicate nell’azienda e, quindi anche la decadenza dall’azione D4. Anche tale parte del provvedimento è illegittima, in quanto è illegittima la decadenza totale dall’azione B1; mancando il presupposto della decadenza dall’azione B1 con il superamento del limite di 3.000 ECU per annata viene infatti meno la condizione cui la normativa regionale subordina la decadenza totale per tutte le azioni. Il provvedimento di decadenza è anche viziato da illogicità, perché il fatto di non avere indicato nella domanda la superficie contestata costituisce errore che si è tradotto in un danno economico per lo stesso richiedente il contributo, essendo questo erogato in base alla superficie assoggettata all’impegno. Inoltre, le tare individuate nel verbale di contestazione, essendo inferiori al limite del 20% previsto dalla normativa in vigore alla data di adozione del provvedimento di decadenza, potevano al massimo dare luogo alla decadenza parziale per difformità nei confronti dell’azione D 4 ma non la decadenza totale per la stessa. C – Violazione dell’art.7 L. n.241 del 1990 e art. 8 del D.M. 27/3/1988 n.159; Ai ricorrenti non è stata data comunicazione dell’avvio del procedimento sfociato nel provvedimento di decadenza dal regime di aiuti comunitari. Si richiama, a tale proposito, la specifica disposizione di cui all’art.8 del D.M. 159 del 1998, a norma del quale, l’ufficio istruttore deve comunicare direttamente all’interessato, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’inizio del procedimento”. § § § L’Amministrazione Provinciale resistente, costituitasi in giudizio alla pubblica udienza del 18 aprile 2000, ritenendo infondato il ricorso, ne chiede la reiezione, vinte le spese. § § § Alla predetta pubblica udienza la causa è stata chiamata e, su richiesta di entrambe le parti, è stata trattenuta per la decisione, come da verbale. Il Collegio ritiene che debba essere innanzitutto esaminato il terzo motivo ricorsuale, con il quale parte ricorrente lamenta violazione dell’art.7 della L. n.241 del 1990, per non essere stata data, all’azienda agricola interessata, comunicazione dell’avvio del procedimento conclusosi, poi, con il gravato provvedimento di decadenza. Secondo il Collegio, la predetta censura non può trovare accoglimento, dato che, nel caso di specie, l’azienda agricola ora ricorrente aveva comunque avuto notizia dell’avvio della procedura di decadenza tramite il verbale di contestazione con il quale agenti dell’Amministrazione Provinciale hanno accertato, a carico della stessa, determinati inadempimenti ad obblighi imposti dalla normativa regionale in materia di controlli sugli aiuti comunitari erogati. La notificazione del suddetto verbale di contestazione, infatti, in quanto consente ai soggetti interessati non solo di prendere conoscenza del procedimento avviato anche ai fini del recupero delle somme indebitamente percepite, ma anche di partecipare al procedimento medesimo, spiega gli effetti della comunicazione dell’avvio del procedimento di cui all’art.7 della L. n.241 del 1990 (v. T.A.R. Toscana, sez. I^, 18/2/1998 n.86). Con il secondo mezzo d’impugnazione, parte ricorrente assume l’illegittimità del provvedimento di decadenza, nella parte in cui esso applica ad una determinata violazione, per analogia, la sanzione prevista per altra fattispecie. In buona sostanza, parte ricorrente ritiene che, consistendo il provvedimento di decadenza dai contributi comunitari in un atto amministrativo sanzionatorio ex art. 4 L. n.898 del 1986, debba trovare applicazione alla fattispecie in esame il divieto di analogia in materia di sanzioni amministrative desumibile dal disposto dell’art.1 della L. 24/11/1981 n.689. Il Collegio deve osservare che le suddette argomentazioni non paiono condivisibili, atteso che non pare fondato il presupposto su cui esse si fondano, vale a dire l’assimilazione del provvedimento di decadenza dai contributi comunitari alle ordinarie sanzioni amministrative. Infatti, sia la cessazione della corresponsione degli aiuti comunitari sia la restituzione dei contributi già erogati risultano essere effetti connaturati a tali specie di provvedimenti di decadenza, aventi, questi ultimi, una loro ben distinta tipicità, quali atti di ritiro, rispetto agli atti qualificabili come “sanzioni”. Né può condurre a diverse conclusioni il richiamo, operato dai ricorrenti, alle disposizioni di cui al D.L. 27/10/1986, convertito con modificazioni nella L. 23/12/1986 n.898, in materia di “misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell’olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo”, atteso che a norma dell’art.3, 1° comma del decreto, secondo cui “Indipendentemente dalla sanzione penale, per il fatto indicato nei commi 1 e 2 dell’art. 2 il percettore è tenuto in ogni caso alla restituzione dell’indebito e, soltanto quando lo stesso indebito sia superiore a lire centomila, al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, pari all’importo indebitamente percepito”, la restituzione degli aiuti indebitamente percepiti e la sanzione amministrativa pecuniaria sono configurati quali istituti del tutto diversi tra loro, potendo la seconda eventualmente solo aggiungersi agli effetti propri del provvedimento di decadenza, nel caso in cui indebito superi un determinato importo. Nessuna rilevanza, inoltre, può essere riconosciuta, riguardo al caso in esame, all’art. 4 del già citato decreto, in quanto il riferimento all’applicazione “all’accertamento delle violazioni amministrative previste nei precedenti articoli 2 e 3 e all’irrogazione delle relative sanzioni” del capo I della L. n.689 del 1981 deve ritenersi riferito esclusivamente alle sanzioni amministrative ivi previste, non essendovi alcun elemento sia letterale che logico che autorizzi l’interprete ad estendere l’applicabilità delle cennate disposizioni procedimentali, anche ai provvedimenti di decadenza dagli aiuti comunitari ed ai loro tipici effetti di interruzione dell’erogazione degli stessi e di restituzione di quanto indebitamente percepito. Il Collegio ritiene infine di dovere menzionare, ad ulteriore sostegno delle considerazioni e delle conclusioni sopra riportate l’art.4 del D.M. 27/3/1998 n.159 promanante dal Ministro per le Politiche Agricole, con il quale, al 5° e 6° comma viene esplicitamente affermato che “la decadenza parziale o totale comporta l’esclusione parziale o totale dell’aiuto per le restanti annualità di impegno…” e che “La decadenza parziale o totale comporta altresì, ai sensi dell’art.4 del regolamento (CE, EURATOM) n.2988/95, l’obbligo, a carico del beneficiario, di rimborsare parzialmente o totalmente gli importi che siano risultati indebitamente percepiti, maggiorati dei relativi interessi…”. Ciò premesso, Il Tribunale deve ulteriormente verificare se effettivamente l’Amministrazione Provinciale poteva comminare la decadenza dal contributo comunitario per una tipologia di inadempimento non esplicitamente prevista per il tipo d’intervento attuato dall’azienda agricola ricorrente ma riconducibile agli obblighi principali connessi ad altro tipo d’intervento. In buona sostanza risulta che l’Amministrazione Provinciale ha dichiarato la decadenza dell’azienda ricorrente dai contributi comunitari perché quest’ultima non ha compreso nella dichiarazione con la quale richiedeva gli aiuti tutta la S.A.U. (Superficie Agricola Utilizzata) su cui si svolge l’attività aziendale, omettendo, quindi, di richiedere il contributo per un’area coltivata gestita in affitto di superficie consistente in Ha 2.36.98. Il Collegio ritiene che, anche se l’obbligo di sottoporre ad intervento l’intero terreno aziendale non risulta esplicitamente previsto per la tipologia d’impegno assunto dall’azienda agricola ricorrente, nondimeno tale adempimento deve ritenersi connaturato alle primarie finalità di programmazione e razionalizzazione della produzione agricola cui è improntata la legislazione comunitaria (e, conseguentemente la legislazione - nazionale e regionale attuativa della prima) e alle quali finalità è strettamente vincolato il connesso regime d’incentivazione mediante erogazione di contributi. Finalità, quindi, la cui completa ed effettiva realizzazione non può non ritenersi parzialmente incompiuta qualora l’imprenditore agricolo scientemente o, come pare di dover ritenere nel caso in esame, per errore materiale, sottrae parte del suo terreno e, quindi, della sua produzione, al predetto sistema comunitario di programmazione e razionalizzazione della produzione agricola. In quest’ottica, pertanto, e sotto tale divisato profilo risulta immune anche dai vizi di perplessità e di irrazionalità il gravato provvedimento decadenziale. Il Collegio ritiene, invece, che debba essere accolto il primo motivo di ricorso. In effetti, risulta da quanto prospettato da parte ricorrente e dalla documentazione versata in atti, che il provvedimento decadenziale faccia applicazione di disposizioni regionali in materia di controlli sugli aiuti comunitari erogati non più in vigore alla data di adozione dell’atto stesso, in quanto sostituite, con decorrenza 1/9/1998, da altra deliberazione della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna. Ciò, ad avviso del Collegio, mentre non pare rilevare per quanto riguarda la decadenza completa dai contributi riferita all’intervento denominato B1, risultando al riguardo invariata la normativa sopravvenuta applicabile alla fattispecie in esame, rispetto a quella precedente, risulta invece determinante riguardo all’estensione della decadenza a tutti i contributi percepiti dall’azienda. Infatti, sul punto, mentre la normativa precedente (deliberazione della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna n.980 del 1997) riconnette siffatta estensione al presupposto – ricorrente nella fattispecie in esame riguardo all’intervento di tipo B1 (estensivizzazione delle produzioni vegetali) - che l’importo da restituire sia superiore al limite di 3.000 ECU, la normativa sopravvenuta (deliberazione della Giunta Regionale n. 1545/98 del 7/9/1998) non risulta riconnettere più la decadenza totale da tutti i contributi a tale presupposto, con conseguente illegittimità del provvedimento decadenziale nella parte in cui estende totalmente la decadenza ai contributi già erogati all’azienda per l’intervento di tipo D4 (mantenimento della copertura vegetale mediante colture intercalari). Va invece confermata, non essendo stato fatto oggetto di specifiche censure l’accertamento effettuato dagli agenti dell’Amministrazione Provinciale, la decadenza parziale degli aiuti riferita congiuntamente all’intervento B1 e allo stesso intervento D 4, di cui a pag. 2 punto 2 del provvedimento impugnato. Per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto in parte. Possono compensarsi tra le parti le spese del presente giudizio. Respinge il ricorso per il resto. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Parma, nella camera di consiglio del 18 aprile 2000. f.to Gaetano Cicciò Presidente f.to Umberto Giovannini Primo Referendario Rel.Est. Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 l. 18/4/82, n.186. Parma, lì 25 Maggio 2000 Il Segretario f.to Eleonora Raffaele |
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