Giurisprudenza - Enti locali |
Tar Milano, sez. I, sent. n. 5037 del 13 luglio 2000, sulla disciplina della vendita degli alloggi di edilizia residenziale pubblica REPUBBLICA ITALIANA
sul ricorso R.G.N. 2787 del 1995 proposto da Nava Felicita, Balconi Adriana, Maiocchi Ambrogio, Bonfanti Teodolina, Brambilla Maria, Vimercati Pier Francesco, Pozzi Emilio, Marino Giustina, Ripamonti Angela, Fumagalli Luigi, Colnaghi Giuseppina, Silvestrini Caterina, Spinelli Ernesto, Nova Maria, Morelli Wanda, Artesani Maria Bruna, Pelati Tranquillo, D’Angelo Michele, Biffi Clemente, Cosenza Francesco, Gianni Ambrogio, Ravasi Ercole, Lorenzon Pietro, rappr.ti e difesi dall’avv. C. Colombo di Monza ed elett.te dom.ti presso lo studio dell’avv. M. Meoli, in Milano, v. Adige 12; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 21.9.99, il Dott. Solveig Cogliani; uditi, altresì, i procuratori delle parti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Censuravano, pertanto, i provvedimenti del Consiglio comunale di autorizzazione alla vendita sopra indicati, deducendo la violazione e falsa applicazione della l. n. 560 del 1993, nonché dell’art. 826 c.c. e degli artt. 93 e ss. del D.P.R. n. 616 del 1977. Inoltre, denunziavano l’illegittimità dei provvedimenti adottati per eccesso di potere, per carenza di motivazione ed illogicità della medesima, sviamento e contraddittorietà, nonché per incompetenza. Deducevano, infatti, che con la L. n. 560 cit. era valorizzato il ruolo della Regione, poiché la stessa era incaricata di predisporre, su proposta degli enti proprietari, i piani di vendita degli alloggi in una misura compresa tra il 50% ed il 75% del patrimonio abitativo di ciascuna Provincia. Tale legge, peraltro, dispone una serie di misure rivolte alla tutela degli assegnatari ed è in ogni caso finalizzata a disciplinare la destinazione dei proventi al patrimonio abitativo pubblico. Con le delibere impugnate, pertanto, l’amministrazione avrebbe palesemente violato le disposizioni della legge n. 560 cit., sulla base dell’errato presupposto della non riconducibilità degli alloggi al patrimonio indisponibile. In considerazione della realizzazione dei suddetti immobili con fondi unicamente del Comune, lo stesso sosteneva, infatti, l’inapplicabilità della legge n. 560. Deducevano, pertanto, gli istanti, che già con sent. della Corte Cost. n. 347 del 28.7.83 si era riconosciuta l’inseribilità degli alloggi realizzati dai Comuni con propri fondi, nell’ambito dell’edilizia residenziale pubblica. Gli immobili in oggetto dovrebbero, pertanto nell’ambito del patrimonio indisponibile del Comune, poiché destinati ad un servizio pubblico, a norma dell’art. 826 , 3° co., c.c.. Peraltro, attraverso il procedimento seguito, il Comune avrebbe violato le disposizioni della legge n. 560 relative alla necessità dell’individuazione del patrimonio abitativo da parte del Comune e dell’inserimento degli immobili da vendere nell’ambito del piano vendite predisposto dalla Regione, senza alcuna considerazione del limite numerico stabilito su base provinciale. Si costituiva l’amministrazione e chiedeva il rigetto della domanda. Deduceva che gli alloggi, sia pur dati in locazione, non potevano essere ricondotti nell’ambito del patrimonio indisponibile del Comune, poiché non appartenenti all’edilizia residenziale pubblica. Precisava, che in tal senso mancava una dichiarazione di volontà della destinazione alla copertura di un pubblico servizio da parte del Comune stesso. A seguito di sentenza interlocutoria, era prodotta la documentazione relativa all’acquisto da parte del Comune degli immobili in oggetto. Con successiva memoria, il Comune deduceva l’improcedibilità del ricorso, per sopravvenuta carenza d’interesse, evidenziando che, nelle more del giudizio, i ricorrenti avevano proceduto all’acquisto degli immobili di proprietà comunale. In particolare, avevano acquistato personalmente i sigg.ri Bonfanti e Pozzi (atto rep. n. 927 del 7.5.96), Spinelli, D’Angelo e Ravasi (atto n. 963 del 6.11.96), Lorenzon (atto n. 48948 del 29.10.97) e Morelli (atto n. 966 del 30.12.96), nonché in ragione del diritto di prelazione attribuito dall’amministrazione anche ai parenti fino al quanto grado, il figlio della sig.ra Balconi (atto n. 927 del 7.5.96) ed il figlio del sig. Cosenza (atto n. 944 del 19.7.96 – come gli arti, rogato dal dr. Pugliese, segretario gen. del Comune di Vimercate). A riguardo l’Amministrazione evidenziava che gli atti impugnati costituiscono presupposto delle compravendite, che in assenza, sarebbero nulle per mancanza di causa. Nulla a riguardo era dedotto da parte istante. La causa era chiamata alla pubblica udienza del 6.6.2000 ed era trattenuta in decisione. La normativa del 1993 appare chiaramente finalizzata a regolare la vendita del patrimonio abitativo degli enti territoriali, attraverso la previsione di piani regionali e, comunque, vincola i proventi della detta vendita alla soddisfazione di interessi attinenti al patrimonio abitativo pubblico. Nella specie, risulta, invece, che il Comune resistente, affermando l’appartenenza degli immobili in oggetto al patrimonio disponibile dell’ente, abbia proceduto al di fuori delle prescrizioni della l. n. 560 cit. ed al fine di destinare i proventi al risanamento dell’ente. Per addivenire alla soluzione della controversia in oggetto, appare necessario dare risposta al quesito relativo alla natura dei beni in oggetto: se siano essi rientranti nella categoria del patrimonio indisponibile dell’ente, per essere destinati al servizio pubblico dell’edilizia residenziale pubblica. Non c’è dissenso sul punto della riconducibilità dell’edilizia residenziale pubblica nel novero dei servizi pubblici, essendo peraltro la stessa l. n. 560 del 1993 a disporre i particolari vincoli relativi all’alienazione degli immobili, come già rilevato, nel caso in cui gli immobili siano specificamente destinati al fine pubblico relativo alle esigenze abitative. Parte resistente, in vero, contesta che i detti immobili possano farsi rientrare tra quelli di edilizia residenziale pubblica e, pertanto, nel patrimonio indisponibile dell’ente e, a tal fine, deduce l’irrilevanza della circostanza che, negli atti di locazione, sia richiamata la legge regionale n. 91 del 1983, recante la “Disciplina dell’assegnazione e della gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”. A riguardo, richiama la giurisprudenza che afferma che l’atto di concessione di alloggi pubblici appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato non è di per sé idoneo a trasformare la natura giuridica degli alloggi da beni appartenenti al patrimonio a beni indisponibili (Corte dei conti – sez. controllo, 26.1.98, n. 10). Deve, pertanto, procedersi all’esame dei caratteri distintivi dell’indisponibilità dei beni. 2. Secondo quanto disposto dall’art. 826 c.c., al di fuori dei beni specificamente indicati dalla norma, fanno parte del patrimonio indisponibile dell’ente i beni destinati a pubblico servizio. I beni indisponibili, si dividono, tra quelli che prescindono da atti di destinazione al perseguimento di un interesse pubblico e quelli che divengono indisponibili solo in seguito ad un provvedimento di destinazione. Tuttavia, tale atto può essere implicito o consistere in fatti concludenti da cui sia desumibile inequivocabilmente la volontà di sottoporre il bene al vincolo di destinazione. In questo senso la giurisprudenza ha evidenziato, che ai fini della riconducibilità dei beni nel novero del patrimonio indisponibile è necessario l’atto di destinazione e l’effettiva destinazione: quanto al primo presupposto esso può concretarsi comunque in una manifestazione di volontà dell’ente, relativamente al secondo, deve sussistere la concreta utilizzazione per il fine pubblico (v. Cass., sez. un., 23.6.1993 n. 6950; id., sez. II, 9.9.97, n. 8743; Corte dei conti, sez. contr., 26.1.98, n. 10). 3. Deve, dunque, procedersi all’esame della documentazione in atti, al fine di verificare la sussistenza degli individuati presupposti. Quanto agli immobili di v. Pellegatta 11, si rileva che, nella deliberazione del consiglio comunale del 29.5.73, di acquisto, l’Amministrazione motivava la decisione in considerazione della possibilità di operare lavori di restauro al fine dell’utilizzazione degli immobili per l’edilizia economico – popolari, anche in considerazione della circostanza che sull’area su cui gli immobili insistevano, era zona destinata a tale scopo. La Provincia, con provvedimento del 30.10.73, decretava l’autorizzazione all’acquisto, in considerazione della destinazione evidenziata. Anche nella convenzione intervenuta tra le parti, si ritrova in premessa il riferimento alla destinazione dell’area in cui risultano siti gli immobili e faceva, peraltro seguito la deliberazione del 25.10.74 relativa alle opere pubbliche in merito alla realizzazione di un edificio da cedere in affitto alle persone meno abbienti, avendo già proceduto il Comune all’esecuzione di lavori non dilazionabili ed alla demolizione di parti dell’edificio non restaurabili. In merito agli alloggi di v. Piave, si rileva che l’imputazione della spesa era fatta per l’acquisto di immobili di edilizia popolare (delibera del Consiglio comunale del 27.10.1986 n. 246). A riguardo, va osservato, che i richiamati atti contengono dichiarazioni espresse della volontà dell’amministrazione comunale di realizzare direttamente o restaurare gli edifici in questione al fine di adibirli ad alloggio per le classi meno abbienti. In altre parole, sia pur attraverso atti non specificamente di destinazione, l’amministrazione ha chiaramente espresso la volontà di acquistare gli edifici per uno specifico fine pubblico, così giustificando l’impegno del pubblico denaro, in considerazione della localizzazione degli stessi e della realizzazione delle opere a basso costo da parte della stessa. A tale manifestazione d’intento, a fatto seguito la concreta destinazione degli immobili. Non può prescindersi, infatti, dalla circostanza che alle locazioni degli immobili si sia proceduto tenendo in considerazione della disciplina dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. 4. Dalle considerazioni svolte consegue che, fronte della programmata ed effettuata destinazione allo svolgimento del pubblico servizio degli immobili, l’alienazione degli stessi al di fuori delle procedure volute dalla l. n. 560 del 1993 comporta la preclusione dello svolgimento da parte della regione dei compiti ad essa assegnati per la redazione dei piani di vendita degli alloggi in proporzione al patrimonio abitativo di ciascuna provincia, nonché la sottrazione dei proventi delle vendite al fondo destinato agli interventi di incremento e riqualificazione del patrimonio abitativo pubblico. 5. Non può, tuttavia, non accogliersi l’eccezione di improcedibilità, svolta da parte resistente relativamente a qui ricorrenti che hanno proceduto, nelle more del giudizio, personalmente all’acquisto degli immobili oggetto della presente controversia. Non pare potersi dubitare, infatti, che gli atti qui impugnati costituiscano il presupposto delle compravendite susseguitesi, sicchè l’annullamento degli stessi, inciderebbe necessariamente sulla causa degli atti negoziali stipulati tra le parti. Ne consegue che deve accogliersi il ricorso, con la conseguenza dell’annullamento degli atti impugnati, con riguardo esclusivamente agli istanti che non hanno personalmente acquistato gli immobili di proprietà comunale; per questi ultimi, al contrario, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. E’ irrilevante, invece, l’acquisto degli immobili da parte di soggetti terzi ai fini della permanenza dell’interesse in capo agli altri ricorrenti. La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Milano, addì 6.6.2000, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sez. I) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati: Giovanni Vacirca PRESIDENTE Carmine Spadavecchia Consigliere Solveig Cogliani, rel. Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO
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