Consiglio di Stato, sez. V, 1° luglio 2002, n. 3587, sui casi
di necessità di uno strumento urbanistico attuativo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n.8354/1995, proposto dal Comune di Verona, in persona
del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti G. R. Caineri e G.
Gigli, elettivamente domiciliato in Roma, presso quest’ultimo in Roma,
Via Pisanelli, n. 4;
CONTRO
S.R.L. Milano Costruzuioni e Bendinelli s.p.a, in persona del rispettivo
rappresentante legale p.t., rappr. e dif. dagli avv.ti G.P.Sardos Albertini
e L. Manzi, elettivamente domiciliate presso quest’ultimo in Roma, via
Federico Confalonieri n.5;
e nei confronti
della Regione Veneto, in persona Presidente p.t. G. R. , rappresentato
e difeso dall’Avv.tura gen dello Sato, elettivamente domiciliata in Roma,
via dei Portoghesi n.12; ..Sindaco p.t., non costituitosi, limitatamente
al secondo ricorso;
per la riforma
della sentenza TAR Veneto, sez. 2°, n.599 del 22.4.1995, con la
quale è stato accolto il ricorso proposto dalle società Milano
Costruzioni e Bendinelli ;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle società Milano
Costruzioni e Bendinelli ;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum nei confronti dell’appelllante
da parte della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 29.1.2002, relatore il consigliere
Aniello Cerreto ed uditi altresì l’avv…………………………….;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto:
FATTO
Il Comune di Veronaa, con l’appello in epigrafe, ha fatto presente
che le società Milano Costruzioni e Bendinelli avevano impugnato
davanti al TAR Veneto le comunicazioni del 10.9.1993 e 14.4.1994 di diniego
di concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato destinato a
civile abitazione, negozi e uffici ; che il diniego era motivato con il
contrasto dell’intervento proposto con il progetto preliminare alla variante
generale al P.R.G., approvato con delibera consiliare n.153 del 20.7.1993,
che classificava l’area come residua (C4) , con conseguente necessità
di adozione, ai fini dell’edificazione, di un previo piano di lottizzazione;
che la sentenza appellata aveva accolto il ricorso, ritenendo non necessario
il piano di lottizzazione per essere la zona dotata delle principali opere
di urbanizzazione primaria e secondaria e comunque la previsione del piano
attuativo sarebbe in contrasto con la letterale dizione dell’art. 4, 1°
comma, delle norme di attuazione della variante generale al P.R.G. che
lo limitava ai terreni esterni ai centri abitati e con tutto il precedente
comportamento comunale; che detta sentenza era erronea ed ingiusta per
i seguenti motivi:
-si fondava su un’erronea valutazione dello stato dei luoghi, in quanto
le società richiedenti si erano impegnate alla realizzazione
non solo delle strade di P.R.G. necessarie per consentire l’accesso ai
fabbricati ma anche di strade, opere di fognatura ed illuminazione per
£.340 milioni, riservandosi di presentare i preventivi per altre
opere di urbanizzazione, tanto più che l’area antistante la nuova
strada da realizzare era destinata a servizi ma le relative opere (ad es.
il parcheggio) non erano state realizzate;
-il complesso da realizzare rappresentava anche per dimensioni (mc.
29.894,25) un tutto unitario e nuovo, rispetto al circostante tessuto urbanistico,
con carenze di viabilità, di fognatura, della rete idrica, elettrica
e gas, dei parcheggi e servizi pubblici (all’epoca solo programmati), come
era dimostrato anche dal fatto che significativi erano gli impegni per
cessione di aree per parcheggi, campo giochi e standards urbanistici;
-non era neppure corretta l’interpretazione data all’art. 4 delle norme
di attuazione, in quanto detta disposizione non escludeva la necessità
di un piano attuativo anche all’interno del perimetro dei centri abitati
in caso di mancanza o inadeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria
e secondaria e comunque doveva applicarsi la normativa sopravvenuta, che
richiedeva la necessità del piano attuativo per le aree C4, cui
apparteneva l’area in esame;
Costituitesi in giudizio le Società resistenti hanno chiesto
il rigetto dell’appello. Hanno rilevato che in base agli artt. 9 e 109
della L.R. n.61/89 non era necessario lo strumento attuativo, anche se
prescritto dal P.R.G., quando non vi era un’esigenza di pianificazione
territoriale e principalmente quando sussistevano le principali opere di
urbanizzazione; che comunque l’art. 4, comma, 1, delle norme della variante
generale al P.R.G. richiedeva il piano attuativo solo per i terreni esterni
ai centri abitati, mentre nella specie l’area era situata all’interno;
che il lotto in cui era previsto l’intervento era già edificato
per cui non doveva considerarsi come una nuova edificazione ma come ampliamento
o ristrutturazione dell’esistente; che d’altra parte il Comune, rispondendo
alla Regione Veneto per giustificare il proprio operato in altre occasioni,
aveva sostenuto proprie le tesi prospettate dalle Società resistenti
e che erano state recepite nella sentenza appellata.
Costituitosi in giudizio, la Regione Veneto ha sostenuto tesi analoghe
a quelle prospettate dall’appellante.
Con memoria conclusiva, il comune di Verona ha rilevato che medio tempore
la situazione di fatto e di diritto si era profondamente modificata ed
in particolare nel 1996 era cessata l’efficacia triennale del
progetto preliminare di piano sulla cui base era stato negata la concessione
edilizia alle società resistenti, per cui non aveva più interesse
a difendere il diniego stesso.
Le società resistenti hanno controdedotto su quest’ultimo aspetto,
insistendo per il rigetto dell’appello, in modo da consentire loro di richiedere
il risarcimento del danno.
Alla pubblica udienza del 29.1.2002, il ricorso è passato in
decisione.
DIRITTO
1.Il TAR Veneto, Sez. 2°, con la sentenza n.599/1995, ha accolto
il ricorso proposto dalle società Milano Costruzioni e Bendinelli
avverso le comunicazioni del Sindaco di Verona del 10.9.1993 e 14.4.1994
di diniego di concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato
destinato a civile abitazione, negozi e uffici (per una volumetria di circa
mc. 29.894).
Avverso detta sentenza ha proposto appello il comune di Verona, con
l’intervento ad adiuvandum della Regione Veneto e la resistenza di dette
società.
2.Non può essere dichiarato l’improcedibilità del ricorso
originario per il fatto evidenziato dal Comune che la situazione di fatto
e di diritto sarebbe stata medio tempore profondamente modificata,
atteso che l’esito dell’appello assume comunque rilevanza per la
richiesta del risarcimento danno per il ritardo con il quale la concessione
sarebbe eventualmente rilasciata, come del resto rilevato dalle società
resistenti .
3.L’appello è fondato.
3.1.Il punto controverso della vicenda è se all’epoca
del diniego occorresse o meno il previo piano attuativo per assentire
l’intervento edilizio progettato dalle Società.
3.2.Il Collegio non ha motivi per discostarsi dall’orientamento ormai
consolidato di questo Consiglio in base al quale l’esigenza del previo
piano attuativo per il rilascio di una concessione edilizia se è
insussistente nel caso di zone completamente urbanizzate, assume tutta
la sua importanza non solo nelle ipotesi estreme di zone assolutamente
inedificate ma anche in quelle intermedie di zone parzialmente urbanizzate,
nelle quali viene per lo meno a configurarsi un’esigenza di raccordo con
il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione,
tanto più quando le nuove opere edilizie da realizzare
siano di una certa entità (V. le decisioni di questa Sezione n.790
del 15.2.2001 e n. 162 del 1°.2.1995 e precedenti ivi indicati).
Tale esigenza di raccordo indubbiamente sussisteva nel caso in esame
in quanto, come evidenziato dal Comune, le opere progettate consistevano
non solo in fabbricati di civile abitazione, ma anche in negozi e
uffici (per una volumetria di circa mc. 29.894), ma nella zona vi erano
carenze di viabilità, di fognatura, della reti idrica, elettrica
e gas, dei parcheggi e servizi pubblici, come era dimostrato anche dal
fatto che significativi erano gli impegni per cessione di aree da parte
delle Società per parcheggi, campo giochi e standards urbanistici
a favore del Comune.
Né sono stati forniti elementi di prova contrari da parte delle
società resistenti.
3.3.Merita adesione anche l’interpretazione fornita dal Comune sull’art.
4 delle norme di attuazione del progetto preliminare alla variante
generale al P.R.G., approvato con delibera consiliare n.153 del 20.7.1993
(attualmente non più vigente, per scadenza del previsto triennio).
Detta disposizione non escludeva la necessità di un piano attuativo
anche all’interno del perimetro dei centri abitati in caso di mancanza
o inadeguatezza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ipotesi
che si verificava nella specie, come precisato al punto precedente.
3.4.Infine occorre rilevare che l’area oggetto dell’intervento edilizio
non poteva considerarsi di completamento, in quanto all’epoca non
esistevano le principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria,
come più volte precisato e di conseguenza non vale da parte delle
società resistenti invocare l’applicabilità degli artt. 9
e 109 della L.R. Veneto n.61 del 27.6.1985, che appunto consentivano l’edificazione
diretta, senza previo piano attuativo, solo in presenza delle principali
opere di urbanizzazione.
3.5.La circostanza che recentemente (nel 2001) la Commissione edilizia
del Comune di Verona si sia pronunciata favorevolmente in sede di parere
preliminare, ritenendo l’area in questione “sufficientemente servita”,
è aspetto che rientra nella discrezionalità valutativa del
Comune di riesaminare la vicenda anche alla luce delle sopravvenienze di
fatto e di diritto intervenute nel frattempo ma ciò non può
comportare di per sé l’ illegitimità dei dinieghi originari
risalenti alla fine del 1993.
4.Per quanto considerato, l’appello deve essere accolto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi
i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V)
Accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma
della sentenza appellata, respinge il ricorso originario.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.1.2002
con l’intervento dei Signori:
Agostino Elefante ………..-Pres.
Goffredo Zaccardi………..-Cons.
Corrado Allegretta…..……-Cons.
Francesco D’Ottavi...……..-Cons.
Aniello Cerreto……………-Cons. rel. est
L’estensore
Il Presidente
|