Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica |
T. A. R. Lazio, sez. I ter, 28 luglio 2001, n. 6851, sulla necessità di una variante per la realizzazione di un’opera pubblica REPUBBLICA ITALIANA
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore alla pubblica udienza del 19.04.2001 il Presidente Cesare Mastrocola e uditi, altresì, per le parti, gli avvocati come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: A sostegno del gravame deducono: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. 3 gennaio 1978 n. 1. Il Provveditorato Generale alle OO.PP. per il Lazio ha approvato il progetto definitivo dell’opera pubblica di che trattasi ai sensi e per gli effetti della legge n. 1/78 (art. 1), senza la necessaria variante di Piano Regolatore Generale. L’area delle ricorrenti, invero, è destinata a verde sportivo né all’uopo può essere invocato il quarto comma dell’art. citato tenuto conto che l’opera pubblica in questione è un’opera statale mentre tale norma si riferisce esclusivamente alle opere di interesse locale, realizzate dal Comune ed approvate dal Consiglio Comunale. 2) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 1 della legge 03.01.1978 n. 1. Anche a voler seguire, per ipotesi, la tesi contraria a quella del precedente motivo, deve essere sottolineato che l’opera programmata e cioè il nuovo distaccamento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, non è uno standard di quartiere bensì un’opera pubblica di interesse generale insuscettibile di soddisfare esigenze di carattere locale. Ne deriva che, ammessa e non concessa la legittimità del tipo di procedura seguito dalla P.A. per l’approvazione del progetto sotto l’aspetto formale, sotto il profilo sostanziale era comunque necessaria la variante di P.R.G. da adottare a seguito di una approfondita valutazione discrezionale sull’opportunità di sostituire uno standard di interesse locale con l’opera pubblica statale. 3) Violazione del combinato disposto degli artt. 81 del D.P.R. 616/77, degli artt. 2, 3 e 4 del D.P.R. 383/94, degli artt. 28 e 29 L. 05.12.1988 n. 521. Vizio del procedimento. La realizzazione dell’opera pubblica in questione non poteva sottrarsi alla procedura dettata dall’art. 81 del D.P.R. 616/77 e successive modificazioni, tenuto conto che non è ravvisabile nell’art. 1 della L. 1/78 alcuna ipotesi derogatoria della suddetta normativa. Ne consegue che la realizzazione delle nuove sedi dei vigili del Fuoco può anche essere assoggettata alla speciale procedura abbreviata prevista dalla L. 1/78 e, tuttavia, deve comunque essere fatto salvo il meccanismo di verifica e di composizione degli interessi urbanistici vantati dal Regione e Comune con quelli dello Stato alla realizzazione dell’opera pubblica. In altri termini la realizzanda opera pubblica statale deve essere conforme agli strumenti urbanistici in vigore e tale accertamento va fatto d’intesa con la Regione interessata. Ove l’accertamento di conformità dia esito negativo o l’intesa non si perfezioni entro 60 giorni dalla richiesta, deve essere convocata una conferenza di servizi alla quale partecipano §Regione, Comune e le altre Amministrazioni deputate a rilasciare pareri, autorizzazioni e nulla osta previsti da leggi statali e regionali, che deve approvare il progetto all’unanimità. Nell’ipotesi in cui l’unanimità dei consensi non si raggiunga, si provvede con decreto del Presidente della Repubblica, sentita la Commissione interparlamentare per le questioni regionali, previa deliberazione del consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro o dei Ministri competenti per materia. Nel caso di specie, tutta la suddetta procedura è stata disattesa ma in ogni caso, seppure la conferenza dei servizi fosse stata convocata, non risulta che il Comune di Roma abbia dato l’assenso alla localizzazione dell’opera. 4) Violazione della l. 167/62. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Manifesta illogicità. L’area su cui è stata localizzata l’opera pubblica ricade nel perimetro del Piano di Zona 15/V Pisana ed è destinata a verde sportivo. Tale piano è stato quasi completamente attuato e si sta predisponendo quanto necessario per la realizzazione degli standards. La mancata verifica dell’utilizzazione dell’area costituisce anche autonoma violazione della L. 167/62 in quanto la realizzazione dell’opera modifica l’assetto del piano di zona con particolare riferimento agli standards in esso previsti. 5) Violazione degli artt. 7 e 8 della legge 07.08.1990 n. 241. Eccesso di potere e violazione del principio di buon andamento dell’attività della Pubblica Amministrazione. Nella specie è stato anche violato il principio introdotto dalla L. 241/90 sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo.La giurisprudenza, invero, ha definitivamente chiarito che la citata legge consente al privato di partecipare al procedimento prima dell’inizio dei lavori e della ablazione degli immobili, né può sostenersi che la generica dichiarazione di indifferibilità e urgenza sia idonea ad esonerare l’Amministrazione dal suddetto onere in quanto una eventualità di questo genere deve necessariamente essere ancorata ad una esigenza particolare, indilazionabile, destinata a fronteggiare una emergenza, che nel caso di specie non sussiste. 6) Violazione degli art.. 10 e 11 della legge 22.10.1971 n. 865. In ogni caso, anche nella fase della occupazione d’urgenza, la P.A. doveva dare applicazione agli articoli della legge in rubrica, che perseguano la finalità di garantire la partecipazione ed il controllo degli interessi nei confronti delle procedure oblative condotte in loro danno. Nelle conclusioni si chiede l’accoglimento del ricorso con ogni conseguenza di legge anche in ordine alle spese. In data 21 – 27 gennaio 2000 le ricorrenti hanno notificato, a seguito del deposito in giudizio da parte dell’Avvocatura Generale dello stato di alcuni atti, i seguenti motivi aggiunti: 1) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 81 del D.P.R. 616/77 e 3 del D.P.R. 383/94. Vizio del procedimento. Dall’esame della documentazione depositata emerge che nella conferenza dei servizi del 26.05.1999 mancava il consenso del Comune di Roma all’approvazione del progetto in variante al P.R.G., avendo ritenuto quest’ultimo che la localizzazione dell’opera in variante andasse sottoposta all’approvazione del Consiglio Comunale. Dalla lettura del verbale della citata conferenza dei servizi, invero, risulta che dopo l’approvazione del progetto è stato dichiarato concluso il procedimento. tuttavia è stata sospesa l’emissione del provvedimento fino all’inoltro da parte dell’Amministrazione comunale della propria deliberazione. ciò nonostante l’Amministrazione statale ha proseguito il procedimento senza attendere la deliberazione consigliare e di conseguenza gli atti impugnati, sotto questo profilo sono del tutto illegittimi. 2) Violazione sotto altro profilo del combinato disposto dell’art. 81 D.P.R. 616/77, dell’art. 3 D.P.R. 383/94 e delle leggi n. 1497/39 e n. 431/85. Vizio del procedimento. Nel verbale della conferenza dei servizi del 26.05.1999 viene sollevato il dubbio che sul lotto potrebbero esistere vincoli paesaggistici e che in tal caso le eventuali modificazioni dello stato dei luoghi dovranno essere preventivamente autorizzate dalla Regione. Si dimostra l’insufficienza della istruttoria espletata sotto il profilo ambientale. Consta inoltre alle ricorrenti che la zona in cui ricade l’opera pubblica sia interessata dal Piano Territoriale Paesistico n. 15/8 Valle del Tevere, adottato comunque prima della più volte citata conferenza dei servizi. Nelle conclusioni si insite per l’accoglimento del ricorso anche sulla base delle censure formulate con i motivi aggiunti. Con successiva memoria le ricorrenti hanno ulteriormente illustrato le censure dedotte, insistendo nelle conclusioni già prese. Si è costituita in giudizio, per il Ministero dei Lavori Pubblici e per il Ministero dell’Interno, l’Avvocatura Generale dello Stato la quale, con memoria depositata in data 3 novembre 2000, ha contestato nel merito il fondamento del ricorso chiedendone di conseguenza la reiezione con le statuizioni di legge anche in ordine alle spese. Con il quinto motivo, che per ragioni di ordine logico deve essere esaminato con precedenza sugli altri, si deduce la violazione degli artt. 7 ed 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Non è contestato che, nel caso di specie, le ricorrenti siano venute a conoscenza dell’approvazione del progetto dell’opera pubblica soltanto al momento dello spossessamento del bene, e cioè quando è loro pervenuto il provvedimento con cui è stata disposta l’occupazione d’urgenza. Il principio del contraddittorio in tema di procedimento amministrativo, introdotto dalla legge 241 del 1990 impone l’obbligo della partecipazione al procedimento dei soggetti incisi dall’atto finale ovvero l’intervento dei soggetti che comunque possano riceverne un pregiudizio. Tale principio si pone dunque come momento essenziale nell’esercizio dell’attività autoritativa della P.A., tendenzialmente finalizzato alla realizzazione del giusto procedimento e della trasparenza, e pertanto preordinato al concreto raggiungimento di quel coordinamento dell’interesse pubblico con gli interessi dei soggetti privati coinvolti, che permette la realizzazione dei fini istituzionali dell’ente pubblico con il minor sacrificio possibile delle situazioni giuridiche soggettive dei privati. A tal proposito la giurisprudenza, nell’interpretare l’impianto normativo costituito dagli artt. 7 e 8 della legge 241/90, ha avuto più volte occasione di affermare che il principio della partecipazione del privato all’azione amministrativa ha una portata di carattere generale che non ammette deroghe se non sei casi espressamente previsti ed ancora, sia pure dopo una iniziale oscillazione, che il suddetto principio è comunque applicabile anche ai procedimenti oblativi per occupazione d’urgenza, ancorché per gli stessi procedimenti siano già previste dagli artt. 10 e 11 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 specifiche forme di pubblicità (v. ad es. Cons. Stato, IV, 30.04.1999, n. 753). Nel caso di specie, come si è innanzi accennato, l’amministrazione si è esclusivamente limitata a dare notizia alle ricorrenti del sopralluogo dei tecnici, omettendo successivamente tuttavia ogni comunicazione relativo al deposito degli elaborati progettuali, impedendo in tal modo alle interessate di prenderne visione di formulare le proprie osservazioni e precludendo quindi ogni possibilità di raggiungere, eventualmente, un accordo con l’Amministrazione pur sempre previsto e disciplinato dal successivo art. 11 della ripetuta legge. Non vi è dubbio, pertanto, che si rivelino sussistenti nell’atto impugnato tutti i vizi dedotti con l’esaminato motivo. Possono essere esaminati congiuntamente il primo ed il secondo motivo dell’atto introduttivo nonchè il primo motivo aggiunto, con i quali si lamenta in sostanza la violazione dell’art. 1 della legge n. 1 del 1978, avendo l’Amministrazione statale proceduto all’approvazione del progetto dell’opera pubblica, cui è conseguita ex lege la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell’opera stessa, senza che venisse preventivamente approvata la variante di Piano Regolatore Generale che, invece, nel caso di specie sarebbe stata necessaria. dalla documentazione versata in atti emerge che l’area delle ricorrenti è destinata dal P.R.G. a zona E, sottozona E/3, ed è stata inserita nel P.d.Z. n. 15/V la Pisana, con destinazione, nell’ambito del Piano di Zona, parte a verde sportivo e parte a parcheggio pubblico. Non può pertanto dubitarsi della necessità di una variante di P.R.G. che mutasse la destinazione dell’area in questione a M1 (servizi generali pubblici), ai fini della realizzazione del nuovo distaccamento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco in località la Pisana. All’uopo l’Amministrazione ha quindi attivato la procedura prevista dall’art. 81 del D.P.R. n. 616 del 1977 così come modificato dall’art. 3 del D.P.R. n. 3838/94, ed è stata pertanto indetta la conferenza dei Servizi per addivenire alla conformità urbanistica dell’intervento edilizio alle prescrizioni del P.R.G.. Dall’ulteriore documentazione depositata a seguito di ordinanza istruttoria di questa Sezione risulta che nella prima seduta della conferenza dei servizi, tenutasi il 27 aprile 1999, il rappresentante del Comune di Roma ha avanzato riserva sull’approvazione del progetto dell’opera pubblica ritenendo che la localizzazione della stessa, proprio perché in variante del P.R.G., andasse sottoposta al vaglio del Consiglio Comunale. Una tale riserva è stata formulata dal Comune di Roma anche nella successiva seduta della conferenza dei servizi del 26 maggio 1999 tant’è che nel relativo verbale viene dato atto che la conferenza, nel concludere il procedimento di accertamento urbanistico dell’opera pubblica in questione approvando il progetto, sospende “l’emissione del provvedimento fino all’inoltro da parte dell’Amministrazione Comunale della propria deliberazione”. Stando così le cose deve concludersi che il Ministero dei Lavori Pubblici ha illegittimamente emanato il decreto di approvazione del progetto dell’opera senza attendere la deliberazione del Consiglio Comunale di Roma sulla variante, e tale illegittimità si riflette conseguenzialmente sull’intera procedura espropriativa e quindi anche sull’impugnato decreto di occupazione di urgenza. In altri termini nel caso di specie è stato approvato il progetto di un’opera pubblica localizzata non in conformità con le previsioni di P.R.G., in mancanza della necessaria approvazione della relativa variante. Né può sostenersi che il Comune di Roma successivamente,. e precisamente in data 13.01.2000, in conformità agli impegni assunti, ha adottato la deliberazione di approvazione della suddetta variante. Al riguardo è sufficiente sottolineare che l’Avvocatura Generale dello Stato si è limitata a depositare in giudizio soltanto uno schema di deliberazione, senza numero e senza data, che non risulta essere stato mai sottoposto al vaglio del Consiglio Comunale di Roma.Deve pertanto concludersi che anche tali esaminate censure risultano tutte fondate. La positiva definizione del primo, secondo e quinto motivo nonchè del primo motivo aggiunto comportano l’accoglimento del ricorso senza che il Collegio si dia carico di esaminare le ulteriori censure dedotte, che restano evidentemente assorbite. si ravvisano tuttavia ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 19 aprile 2001, con l'intervento dei Magistrati: Cesare MASTROCOLA Presidente, est. Nicolina PULLANO Consigliere Italo RIGGIO Consigliere |
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