Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica |
Tar Emilia Romagna, sez. staccata di Parma, sent. n. 12 del 20 gennaio 2001, sulla costruzione in prossimità di una strada privata IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della controinteressata intimata; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 19 dicembre 2000, il dr. Umberto GIOVANNINI; uditi, altresì, l’Avv. Ermes COFFRINI in delegata sostituzione dell’Avv. Paola FANTUZZI per l’impresa ricorrente e l’Avv. Francesco SONCINI per la controinteressata resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: La ricorrente, dopo avere illustrato le principali circostanze di fatto afferenti la controversia in esame, deduce, a sostegno dell’impugnativa, il seguente unico, articolato, motivo in diritto. Violazione degli artt. 37 e 13 delle N.A. del vigente P.R.G. comunale e delle corrispondenti norme della variante generale al P.R.G.; Eccesso di potere per contraddittorietà – illogicità – manifesta ingiustizia; Il Comune di Parma, con nota 54806 del 1/9/1995 e successiva nota n.6188/59849 del 26/9/1995 comunicava alla ricorrente che nel caso di edificazione sul terreno di proprietà, la costruzione avrebbe dovuto “…rispettare la distanza di m.10 dalla strada”. Con la concessione edilizia rilasciata alla controinteressata, invece, il Comune ha illegittimamente consentito a questa di costruire a distanza di m.2 dal ciglio della stessa strada, da qualificarsi privata, ma “di uso pubblico”. L’art. 37 delle N.T.A. del P.R.G. prevede infatti che nelle zone di completamento, quale è quella su cui insistono i terreni della ricorrente e della controinteressata, le costruzioni debbano rispettare la distanza minima dal ciglio stradale di m.10. La norma assume la specificità delle strade – senza alcuna differenziazione basata sul loro regime di proprietà – imponendo la precisata distanza, mentre per quanto riguarda genericamente gli “altri confini” essa prevede una distanza di m.6. L’art.13 delle N.T.A., nella nuova formulazione di cui alla variante generale del P.R.G. approvata dal Consiglio Comunale con deliberazione n.267 del 11/10/1995 e la tabella richiamata da tale disposizione impongono una distanza delle costruzioni dalle strade locali urbane pari all’indice di visuale libera. In ogni caso, quindi, pur nell’evidente contrasto tra le due norme, non pare assolutamente possibile un’edificazione, come quella della controinteressata, che disti solamente 2 metri dal ciglio della suddetta strada “di penetrazione interna”. Del resto, non può prendersi quale punto di riferimento la linea di mezzeria della suddetta strada, poiché essa non può essere intesa quale confine tra le proprietà, avendo una propria specificità sia quale strada privata, sia quale strada gravata da servitù di pubblico passaggio, sia, infine, quale opera di urbanizzazione primaria così come risultante dalla concessione edilizia rilasciata al dante causa della ricorrente. La società ricorrente, proprietaria di un terreno che, al pari di quello della controinteressata, si affaccia, dallo stesso lato, su una strada privata, contesta il titolo edilizio a quest’ultima rilasciato perché questo, consentendo l’edificazione a distanza di circa m. 2 dal ciglio della predetta strada, violerebbe le disposizioni di cui agli artt. 37 e 13 delle note tecniche di attuazione del P.R.G. Comunale che, riguardo alla zona in questione, prevedono precise distanze minime dei fabbricati dal ciglio stradale ( m. 10 o m.7). Il Collegio ritiene, preliminarmente, che possa prescindersi dall’esame dell’eccezione d’inammissibilità del ricorso per ritenuta carenza d’interesse a proporlo, sollevata dalla controinteressata, stante l’infondatezza del gravame nel merito. L’assunto da cui parte la società ricorrente è che la proprietà privata della suddetta strada su cui si affacciano, dallo stesso lato, entrambi i terreni in questione, non costituisca ostacolo all’applicazione della sopra precisata normativa, con conseguente illegittimità del titolo edilizio rilasciato alla controinteressata. In particolare, ritiene la ricorrente che la strada in questione, ancorché privata, sia asservita all’uso pubblico, come indicato nel regolamento allegato all’atto di compravendita dell’area stipulato dalla società istante in data 30/12/1992. La ricorrente, inoltre, afferma che tale strada sarebbe adibita al pubblico uso in quanto opera di urbanizzazione primaria e che comunque, anche ammettendone la natura privata, essa sarebbe una strada: “quid” specificamente previsto dalle N.T.A. del P.R.G. Comunale, ontologicamente distinto rispetto ai generici confini di proprietà per i quali lo strumento urbanistico consente l’edificazione a distanza non inferiore a m. 6. La controinteressata, invece, è dell’opposto avviso che, trattandosi di strada privata non soggetta all’uso pubblico ma unicamente al transito dei residenti, la distanza delle nuove costruzioni da essa debba essere calcolata quale distanza dai confini di proprietà e, pertanto, essendo la stessa di proprietà della controinteressata fino alla linea di mezzeria, sarebbe legittima la costruzione del fabbricato situato a m. 6 da tale confine. Il Collegio ritiene che la definizione di “strada” cui fanno riferimento le suindicate disposizioni in materia edilizia ed urbanistica delle N.T.A. del piano regolatore generale del Comune di Parma, in quanto finalizzate a disciplinare, ai fini della sicurezza della circolazione, le fasce di rispetto delle costruzioni da aree comunque destinate a pubblico transito, non possa essere intesa in modo diverso da quello definito dall’art.1 del codice della strada, secondo cui: “Ai fini dell’applicazione delle norme del presente codice si definisce “strada” l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali”. Pertanto, può giuridicamente definirsi quale “strada” anche l’area di proprietà privata, purché quest’ultima sia asservita all’uso pubblico. Applicando i suesposti criteri e definizioni al caso in trattazione, appare evidente che non possa essere condivisa la suesposta argomentazione ricorsuale basata su un concetto di “strada” del tutto svincolato dall’uso pubblico a cui la stessa, per quanto detto, deve essere necessariamente funzionale. Ciò premesso, il Collegio ritiene necessario, ai fini della risoluzione della presente controversia, preliminarmente accertare, “incidenter tantum”, se effettivamente sussista l’uso pubblico della strada in questione, poiché solo in caso di esito positivo di tale verifica le distanze dei fabbricati di nuova costruzione dovrebbero essere calcolate dal ciglio della strada e non dal confine dell’area di proprietà, con conseguente illegittimità della gravata concessione edilizia.. Non risulta convincente, al riguardo, in quanto consistente in mera affermazione, non supportata da alcun elemento probatorio, la considerazione ricorsuale secondo la quale la strada in questione sarebbe di proprietà comunale per effetto della sua realizzazione quale onere di urbanizzazione primaria. Dagli atti di causa, di contro, risulta che il progetto edilizio della controinteressata è stato oggetto di concessione edilizia singola, con pagamento dei relativi oneri di urbanizzazione e che la strada è di proprietà dei frontisti privati proprietari delle aree che si affacciano sulla stessa fino alla linea di mezzeria. Il Collegio deve rilevare, inoltre, che l’affermazione circa l’uso pubblico della strada, basata unicamente su un dato estrapolato dal regolamento allegato al rogito di compravendita dell’area della ricorrente e, quindi, da un atto tra privati, non è sufficiente ad accertare l’esistenza di una servitù di uso pubblico gravante sulla stessa, in mancanza sia della documentata sussistenza di altri elementi idonei allo scopo, sia soprattutto, di qualsivoglia accertamento di tale uso promanante dall’Amministrazione Comunale. Per quanto sopra esposto, la strada privata in questione deve ritenersi non soggetta all’uso pubblico, con conseguente assimilabilità della stessa alle limitrofe aree di proprietà privata. Da tali considerazioni deriva, ulteriormente, la legittimità dell’atto amministrativo comunale che, nel rispetto della disposizione di cui all’art.37 delle N.T.A. del P.R.G. che precisa, tra l’altro, anche le distanze minime delle costruzioni dai confini delle proprietà limitrofe, ha consentito alla controinteressata l’edificazione a distanza di m. 6 dalla linea di mezzeria della strada. Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Sussistono, tuttavia, a giudizio del Collegio, giusti motivi per compensare integralmente, tra le parti, le spese del presente giudizio. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Parma, nella camera di consiglio del 19 dicembre 2000. f.to Gaetano Cicciò Presidente f.to Umberto Giovannini Primo Referendario Rel.Est. Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L.18/4/82, n.186. Parma, lì 11 gennaio 2001 Il Segretario f.to Eleonora Raffaele |
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