Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica |
Tar Emilia-Romagna, sez. staccata di Parma, sent. n. 60 del 9 febbraio 2001 (est Giovannini), sul regime urbanistico degli insediamenti di industrie insalubri R E P U B B L I C A I T A L I A N A
contro - Comune di Podenzano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Giorgio CAVAZZUTTI ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giorgio FERRARI, in Parma, borgo Riccio da Parma n.27; - Provincia di Piacenza, in persona del Presidente della Giunta Provinciale p.t., non costituita in giudizio; - Azienda U.S.L. di Piacenza, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio; per l’annullamento 1) della deliberazione del Consiglio Comunale di Podenzano n.57 del 14/9/1998, con la quale, in accoglimento dell’osservazione al Piano Regolatore Comunale adottato, formulata dagli abitanti della zona Colombaia, è stata approvata una nuova formulazione dell’art.46 delle N.T.A. al P.R.G.; 2) della deliberazione della Giunta Provinciale di Piacenza n.99 del 7/4/1999 di approvazione del P.R.G. Comunale, nella parte in cui si approva il testo del citato art. 46 delle N.T.A.; 3) di tutti gli atti presupposti, conseguenti o comunque connessi e collegati. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione Comunale intimata; Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 9/1/2001, il dr. Umberto GIOVANNINI; uditi, altresì, l’Avv. Giuseppe MANFREDI per la società ricorrente e l’Avv. Giorgio CAVAZZUTTI per l’Amministrazione Comunale resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: La ricorrente è proprietaria di due appezzamenti di terreno siti in Comune di Podenzano che, nel precedente P.R.G.C. avevano destinazione di “Zona produttiva D5”. Entrambi gli appezzamenti si inseriscono in un più ampio compendio immobiliare destinato alla realizzazione di un insediamento produttivo dall’apposito piano particolareggiato d’iniziativa privata approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Podenzano n.34/91, efficace fino al 2001 e la cui relativa convenzione è stata stipulata con atto in data 14/9/91 tra il Comune e l’impresa lottizzante a cui è subentrata l’attuale ricorrente. L’attività della ricorrente è stata esercitata finora su un unico lotto, mentre l’altro è rimasto inedificato, senza che gli organi competenti abbiano mai rilevato emissioni atmosferiche tossiche o nocive di sorta. Ciononostante, il Comune, in sede di osservazioni alla variante generale del P.R.G. adottata con deliberazione consiliare n.27/97 che sostanzialmente confermava integralmente le precedenti previsioni di piano (che consentivano nella zona produttiva in questione l’insediamento di ogni tipologia di attività industriale), accoglieva l’osservazione, riformulando il citato art.46 delle N.T.A., non tenendo conto del diverso parere reso dall’Azienda U.S.L. di Piacenza né del contrario avviso espresso dal Tecnico Comunale. Secondo la società ricorrente i provvedimenti impugnati sono illegittimi per i seguenti motivi di diritto. 1) – Violazione e/o falsa applicazione dell’art.3 della L. n.241 del 1990; Eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, difetto, perplessità ed erroneità della motivazione; travisamento di fatti; Nella deliberazione impugnata è stato deciso di accogliere la sopra richiamata osservazione di un gruppo di abitanti della zona “Colombaia”, asserendo di avere aderito alle modifiche suggerite dall’Azienda U.S.L. In verità, dal confronto tra il testo dell’art.46 proposto dall’Azienda U.S.L. e quello approvato dalla Provincia si evince che il Consiglio Comunale si è sensibilmente e immotivatamente discostato dal predetto parere, in particolare ove ha vietato ogni e qualsivoglia forma di ampliamento finalizzato anche all'e’iminazione dei suddetti motivi d'insalubrità e financo gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il provvedimento si discosta altresì immotivatamente anche dal parere negativo dell’U.T.C. che, in particolare, a proposito del divieto di potenziamento dell'impian’o esistente, aveva correttamente affermato che tale frase risulta impropria per il contesto edilizio urbanistico in cui è inserita. 2) – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e ss. L. n.1150 del 1942, degli artt. 12 e ss. della L.R. n. 47 del 1978, degli artt. 1 e 3 della L. n.241 del 1990 e dell’art. 97 Cost.; Eccesso di potere sotto diversi profili; L’Amministrazione intimata parrebbe volere superare i dubbi e le contrarietà sul piano tecnico giuridico espresse dagli Uffici non in base a considerazioni tecniche o giuridiche, bensì solo ed esclusivamente in base a considerazioni di natura “politica”. Se è vero che la pianificazione urbanistica costituisce espressione di indirizzo politico amministrativo, è altrettanto vero che l’Amministrazione Comunale non gode di discrezionalità indiscriminata ed incontrollata, ma di discrezionalità tecnica e che l’intento di assecondare il Corpo Elettorale non può tradursi in un’assoluta ed incondizionata abdicazione delle funzioni pubbliche da parte degli amministratori. Né la politicità che ha determinato le decisioni dell’Amministrazione può essere intesa come volontà di perseguire l’interesse della comunità locale, dato che nel corso degli anni, l’impianto gestito dalla società ricorrente non ha dato luogo ad alcun rilievo da parte degli organi ( A.R.P.A. e U.S.L.) preposti alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica. 3) – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della L. n.241 del 1990 e dell’art. 97 Cost; Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, violazione del principio d’imparzialità e di affidamento; Il provvedimento comunale è inoltre illegittimo perché non considera in alcun modo e sotto alcun profilo la vocazione naturale delle aree su cui incide, destinate queste ultime, secondo le previsioni del previgente P.R.G. e del P.P.I.P., a fare parte di un insediamento produttivo, con i relativi ampliamenti necessari all’impresa. Non è stata presa in considerazione la convenzione di lottizzazione approvata con deliberazione CC34/1991, che aveva confermato la destinazione dell’area in questione a zona produttiva D5, con possibilità d'insediamenti quale quello che attualmente fa capo alla ricorrente. Ciò nonostante la giurisprudenza affermi che lo jus variandi in sede di pianificazione urbanistica può essere esercitato legittimamente solo ed esclusivamente in presenza di gravi ragioni di pubblico interesse che l’Amministrazione deve necessariamente esternare in una congrua e circostanziata motivazione; motivazione del tutto mancante nel nostro caso. 4) – Incompetenza; Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e segg. della L. n.1150 del 1942, degli artt. 12 e segg. della L.R. n.47 del 1978, dell’art. 97 Cost. sotto ulteriore profilo; Eccesso di potere per sviamento, difetto dei presupposti e illogicità. Risulta inoltre palese l’illegittimità dell’impugnata deliberazione, anche per quanto riguarda il divieto di “potenziamento” degli impianti esistenti. Tale profilo d’illegittimità era stato riscontrato anche dallo stesso Ufficio Tecnico Comunale che, sul punto, aveva espresso parere contrario. E’ infatti pacifico che le previsioni pianificatorie sono rivolte solo ed esclusivamente a disciplinare l’attività edilizia futura e che non possono incidere su quanto già esistente e che con esse non possono essere perseguite finalità estranee alla disciplina urbanistica ed edilizia del territorio, pretendendo di incidere, attraverso le potestà urbanistico edilizie su fenomeni che possono anche non comportare interventi di sorta sul territorio, come i “potenziamenti” dell’impianto esistente. Ancora più illegittimo è “il divieto di ogni e qualsivoglia intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria” dell’impianto esistente, non finalizzato unicamente all’eliminazione dell’insalubrità, con cui l’Amministrazione Comunale ha sostanzialmente obbligato l’impresa ricorrente e tutti gli imprenditori aventi stabilimenti nella zona, a lasciare cadere in rovina gli impianti esistenti per mancanza dei necessari interventi manutentivi. 5) – Incompetenza; Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e segg. della L. n.1150 del 1942, degli artt. 12 e segg. della L.R. n.47 del 1978, degli artt. 216, 217 del R.D. n.1265 del 1934, degli artt. 3, 41 e 97 Cost.; Eccesso di potere per sviamento, difetto dei presupposti e illogicità; La deliberazione consiliare impugnata è comunque illegittima perché con essa le potestà urbanistico edilizie comunali vengono impiegate surrettiziamente al fine di perseguire finalità estranee al controllo delle trasformazioni del territorio, come hanno tentato altre Amministrazioni Comunali, impiegando le potestà urbanistiche al fine di evitare la collocazione di impianti di smaltimento di rifiuti sul loro territorio, con determinazioni puntualmente annullate dagli organi di controllo. Per cui, la deliberazione impugnata, ove introduce nel territorio comunale una disciplina della collocazione delle industrie insalubri diversa e più restrittiva di quella nazionale, risulta viziata non solo per sviamento e per violazione della normativa statale in materia; artt. 216 e 217 T.U.L.S:, ma anche perché lede il vigente ordinamento delle competenze, limitando altresì la libertà d’iniziativa economica garantita dall’art. 41 Cost. ed in spregio al principio di uguaglianza. In particolare, risultano violate le norme suddette laddove uniformano, nel trattamento le industrie insalubri di 1^ e 2^ classe, tenute distinte dalle disposizioni del testo unico in ragione della loro diversa pericolosità e laddove vietano l’insediamento di attività di prima classe “all’interno del perimetro del territorio urbanizzato e nella fascia esterna di territorio immediatamente adiacente ad esso”, mentre l’art. 216 T.U. prende in considerazione la più ben ristretta area corrispondente all’abitato. Risulta inoltre, palesemente illogica, in quanto non minimamente circoscritta e determinata, l’estensione di tale disciplina anche alle attività che per scolo d’acqua, rifuti solidi e liquidi, rumori, possono riuscire di pericolo, danno o molestia alle persone. 6) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9 e segg. L. n.1150 del 1942, degli artt. 12e segg. della L.R. n.47 del 1978, degli artt. 3 e 97 Cost.; Eccesso di potere per sviamento, ingiustizia manifesta, violazione del principio d’imparzialità e illogicità; Attraverso la deliberazione impugnata l’Amministrazione in pratica incide espressamente sulla situazione dell’impresa ricorrente, ma non pare ammissibile che poteri di pianificazione generale del territorio vengano impiegati solo per risolvere casi particolari perché fatti oggetto di ingiustificate lamentele. 7) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 e 15 della L. n.47 del 1973 e degli artt. 9 e 10 della L. n.1150 del 1942; Eccesso di potere per violazione del principio del contraddittorio; Risulta infine errato anche il procedimento seguito dall’Amministrazione dato che, ove l’accoglimento di osservazioni di privati implichi modifiche sostanziali dello strumento pianificatorio, esso strumento deve necessariamente essere nuovamente depositato e pubblicato, al fine di consentire ad altri privati interessati di presentare osservazioni sulle modifiche introdotte. § § § L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ritenendo infondato il ricorso, ne chiede la reiezione, vinte le spese. § § § Alla pubblica udienza del 9 gennaio 2001 la causa è stata chiamata e, su richiesta di entrambe le parti, è stata trattenuta per la decisione, come da verbale. La società ricorrente impugna diverse parti della nuova norma tecnica così come è stata riformulata, chiedendo l’annullamento “in parte qua” della citata deliberazione consiliare, oltre all’annullamento della deliberazione con la quale la Giunta Provinciale di Piacenza ha approvato, ai sensi dell’art. 14 L.R. n.47 del 1978, il testo così modificato del citato art. 46. Il Collegio ritiene di dover esaminare, per priorità logica, il sesto mezzo d’impugnazione, con il quale la società ricorrente ritiene di avere rilevato l’esistenza di un vizio procedimentale, costituito dall’omissione, da parte dell’Amministrazione Comunale, di nuovo deposito e nuova pubblicazione dello strumento urbanistico La rinnovazione di tali fasi procedimentali sarebbe imposta, secondo la ricorrente, dagli artt. 14 e 15 della L.R. n.47 del 1978 e dagli artt. 9 e 10 della L. n.1150 del 1942, qualora si apportino, come nel caso in esame, modificazioni sostanziali allo strumento urbanistico in sede di accoglimento delle osservazioni presentate dai cittadini interessati. Il Collegio ritiene che il divisato motivo sia infondato, in quanto devono essere assoggettate nuovamente a pubblicazione unicamente quelle osservazioni di privati, accolte dall’organo consiliare, che comportino modifiche allo strumento urbanistico di entità tale da costituire sostanziale nuova adozione del piano stesso (v. in termini, C.d.S. sez. IV, 13/3/1998 n.431; 27/3/1995 n.206). Nel caso in esame, non pare che le modificazioni introdotte all’art.46 con la deliberazione consiliare impugnata (consistenti nell’ulteriore restrizione della possibilità di nuovi insediamenti e di ampliamenti di industrie insalubri) assumano portata tale, rispetto alla prima formulazione della norma, da configurare lo stravolgimento dell’originaria variante generale e, quindi, sostanziale adozione di una nuova, consistendo esse in prescrizioni già in parte presenti nel testo originario della disposizione e in ulteriori limitazioni concernenti non l’intero territorio comunale, ma specifiche zone dello stesso. Non rientrando il caso in esame nell’ipotesi suddetta, si deve ritenere, conformemente al prevalente orientamento giurisprudenziale in materia, che nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali (e delle varianti generali ai P.R.G.), la pubblicazione prevista dall’art. 9 della L. 17/8/1942 n.1150, essendo finalizzata unicamente alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano adottato dal Comune, non sia richiesta per le successive fasi del procedimento, anche qualora il piano originario risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni (v.C.d.S., sez. IV, 16/3/1998 n.437; 20/2/1998 n.301; 6/3/1990 n.153). Con il secondo mezzo d’impugnazione, la società ricorrente sostiene che le modificazioni introdotte con la nuova formulazione del citato art. 46, sarebbero dovute non tanto a diverse valutazioni tecnico giuridiche espresse dall’organo comunale, ma solo ed esclusivamente a considerazioni di natura eminentemente “politica”. Tale motivo risulta del tutto infondato, in quanto anche a volere tralasciare l’amplissima discrezionalità che è attribuita all’Amministrazione Comunale in sede di adozione del piano regolatore generale e delle varianti generali a tale strumento urbanistico, nel caso in esame risulta che le modifiche apportate al testo del citato art. 46, traggono origine dall’apporto collaborativo fornito da diversi abitanti di una zona limitrofa rispetto a quella su cui insiste lo stabilimento della società istante, i quali, al pari di altri soggetti interessati (tra i quali risulta compresa anche la stessa società) hanno utilizzato la facoltà, loro riconosciuta “uti cives” dall’ordinamento, di formulare osservazioni alla variante generale del P.R.G. Tali osservazioni, poi, sono state in gran parte recepite dall’Azienda U.S.L. di Piacenza che, nel parere reso al riguardo, ha espresso considerazioni e valutazioni d’ordine igienico e sanitario sfociate in una proposta normativa con la quale, salvo alcuni elementi di cui si tratterà più oltre, ha elaborato e suggerito un testo dell’art. 46 in gran parte coincidente con quello successivamente approvato dal Consiglio Comunale. Parimenti deve essere disatteso il terzo mezzo d’impugnazione, poiché non sussiste il denunciato vizio di difetto di motivazione del provvedimento impugnato, in relazione alla vocazione naturale delle aree su cui incide e alle pregresse convenzioni di lottizzazione sottoscritte dal Comune. Invero, come già si è accennato, le modifiche in questione risultano giustificate dalle considerazioni di ordine igienico sanitario sviluppate dall’Azienda U.S.L. di Piacenza nel parere reso e, soprattutto, nel testo della norma tecnica proposto da tale organismo. Con il quinto motivo, la ricorrente assume violazione degli artt. 216 e 217 del R.D. n.1265 del 1934, poiché il citato art. 46, difformemente dalla normativa statale sopra enunciata, assoggetta alla medesima disciplina le industrie insalubri di 1^ e 2^ classe, vieta l’insediamento di industrie di 1^ classe “all’interno del perimetro del territorio urbanizzato e della fascia esterna di territorio immediatamente adiacente ad esso” e, infine, pur consentendo la permanenza delle imprese esistenti nella “zona produttiva”, assoggetta tali imprese a limitazioni eccessive quali il divieto di potenziamento e quello di manutenzione degli stabilimenti. Il Collegio deve rilevare l’infondatezza delle suesposte considerazioni, poiché non sussiste violazione degli artt. 216 e 217 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, laddove la disciplina urbanistica comunale, pur risultando, come nel caso in esame ed in un’ottica di preminenza dell’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica riguardo alle immissioni inquinanti nell’atmosfera, più rigorosa rispetto alla citata normativa statale. Tale possibilità per l’Autorità Comunale, peraltro, deve risultare circoscritta entro i limiti della ragionevolezza e della razionalità riguardo agli interventi da consentire o meno ai titolari delle suddette industrie insalubri esistenti e riguardo alla possibilità di nuovi insediamenti di imprese dello stesso tipo e non deve risolversi nella sostanziale messa al bando delle industrie insalubri di 1^ classe dall’intero territorio comunale, svolgendo queste ultime un’attività la cui pericolosità non deve essere considerata in astratto, bensì in concreto, attuando gli accorgimenti tecnici, le misure ed i controlli necessari per renderla non nociva, alla stregua di quanto disposto dall’art. 216 R.D. 27/7/1934 n.1265 (v. T.A.R. Lombardia –MI – sez. III, 11/2/1993 n.68). D’altra parte, la suddetta norma prescrive che le industrie insalubri di 1^ classe (tra le quali è incontestato che rientri l’impresa ricorrente), “…debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni;” e che le stesse possono essere permesse nell’abitato “quante volte l’industriale che l’esercita provi che, per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato”. A ben vedere, quindi, non pare in contrasto con tali prescrizioni, la norma tecnica che nel consentire la permanenza “all’interno del perimetro del territorio urbanizzato e nella fascia esterna di territorio immediatamente adiacente ad esso” delle attività insalubri esistenti, prescrive altresì, conformemente alla suindicata normativa statale, “che chi le esercita dia dimostrazione che esse, per l’introduzione di particolari accorgimenti, sono compatibili con il tessuto urbano circostante, in quanto non creano pericolo, danno e molestia al vicino”. Neppure sussiste il lamentato contrasto, laddove la norma tecnica vieta di ampliare e potenziare gli stabilimenti esistenti, poiché se si ammettesse tale possibilità, si consentirebbe sostanzialmente l’insediamento – “all’interno del perimetro del territorio urbanizzato e nella fascia esterna del territorio immediatamente adiacente ad esso” - di ulteriore attività industriale insalubre comportante, conseguentemente, un incremento dell’inquinamento atmosferico. Per quanto concerne poi, l’asserita eccessiva estensione del suddetto perimetro, comprensivo anche della fascia esterna rispetto alla più ristretta zona che connoterebbe i termini “abitazioni” e ”abitato”, adoperati dal legislatore nel 1934, occorre sottolineare che questi ultimi non devono essere intesi quali sinonimi di “centro abitato”, ma quali termini identificativi di qualsiasi nucleo urbano, essendo la norma rivolta a tutelare la salute del cittadino in rapporto alla reale situazione dell’ambiente in cui vive (v. T.A.R. Lombardia – BS – 2/2/1982 n.23). Riguardo ai suddetti profili e nel senso precisato deve essere quindi inteso, a giudizio del Collegio, anche il termine “potenziare” indicato nel citato art. 46, che logicamente non può riguardare anche gli eventuali casi in cui – in virtù di una migliore tecnologia a disposizione dell’impresa - ad una maggiore produzione industriale non corrisponda, in concreto, un incremento delle emissioni inquinanti. Quanto poi, alla lamentata mancata differenziazione di disciplina tra le industrie insalubri di 1^ classe e quelle di 2^ classe, in riferimento alla minore potenzialità inquinante di queste ultime, il Collegio deve rilevare che l’impresa ricorrente, in quanto appartenente alla prima categoria, non ha alcun interesse concreto all’accoglimento della censura. Ugualmente nessun interesse può rivestire per la ricorrente l’accoglimento della censura, sempre compresa nel quinto mezzo d’impugnazione, riguardante l’asserita illegittima estensione di prescrizioni e limitazioni alle altre attività – diverse dalle industrie insalubri direttamente disciplinate - che “per scolo d’acqua, rifiuti solidi e liquidi, rumori, possono riuscire di pericolo, danno o molestia alle persone”. Il sesto mezzo d’impugnazione è palesemente inconferente, poiché risulta di tutta evidenza che l’impugnata prescrizione delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. concerne la disciplina delle industrie insalubri in tutto il territorio comunale, recando restrizioni e limitazioni alla suddetta attività, non riguardo ad una specifica area e/o a casi particolari, come erroneamente ritenuto dalla ricorrente, ma in tutte le zone urbanizzate e nella fascia di territorio ad esse immediatamente circostante. All’esame del primo e del quarto mezzo d’impugnazione, il Collegio ritiene opportuno procedere congiuntamente. In entrambi vengono contestate le prescrizioni dell’art. 46 delle n.t.a. che vietano “ogni e qualsivoglia forma di ampliamento finalizzato anche all’eliminazione dei suddetti motivi d’insalubrità” nonché “gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria” e di potenziamento. Con il primo motivo viene denunciato il fatto che l’Amministrazione Comunale si sarebbe immotivatamente discostata da quanto proposto dall’Azienda U.S.L. di Piacenza con il citato parere e da quanto affermato – riguardo unicamente al “potenziamento” – dall’Ufficio Tecnico Comunale, mentre con il quarto motivo si denuncia l’irrazionalità dei divieti riferiti a questi ultimi due tipi d’interventi. Il Collegio deve osservare che riguardo al “potenziamento” degli impianti e all’ampliamento degli stabilimenti, valgono le considerazioni espresse in precedenza, mentre deve trovare accoglimento la censura che sostanzialmente prefigura il vizio di irrazionalità e di difetto di motivazione, rispetto allo scostamento dal parere dell’Azienda U.S.L. di Piacenza, nella prescrizione dell’art. 46 n.t.a. che vieta sostanzialmente tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria che non siano finalizzati all’eliminazione di insalubrità. Siffatta prescrizione risulta infatti del tutto illogica in quanto dagli interventi vietati, anche a volerli riferire non solo all’opificio industriale, ma anche agli impianti, non risulta potere derivare qualsivoglia aggravio all’inquinamento atmosferico, né l’Amministrazione Comunale risulta avere evidenziato le ragioni dell’introduzione di un divieto non contemplato tra le prescrizioni suggerite dall’Azienda U.S.L. Per i motivi suesposti, il ricorso deve essere accolto unicamente riguardo alla censura da ultima esaminata e nel senso delle considerazioni suindicate e, per l’effetto, sono annullate, “in parte qua” le deliberazioni impugnate Sussistono, tuttavia, a giudizio del Collegio, giusti motivi per compensare integralmente, tra le parti, le spese del presente giudizio. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Parma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2001. f.to Gaetano Cicciò Presidente f.to Umberto Giovannini Primo Referendario Rel.Est. Depositata in Segreteria ai sensi dell’art.55 L.18/4/82, n.186. Parma, lì 09/02/2001 |
|