Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sez. staccata di Brescia, 2 agosto 2002, n. 1105, sulla sanatoria edilizia in caso di mancanza di abitabilità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso n. 625 del 1991  proposto da
PACCANI  CESARE, cui sono subentrati gli eredi BARONCHELLI ERMINIA, PACCANI GIUSEPPINA, PACCANI ANTONELLA e PACCANI  BARBARA,
rappresentati e difesi dall’Avv. Marchesi Gianfranco ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Bergamo, p.tta San Bartolomeo n. 5/B,
contro
il COMUNE di TORRE  BOLDONE,
in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato dagli Avv.ti Daminelli Francesco e Codignola Enrico ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, via Romanino n. 16;
per  l’ANNULLAMENTO
della concessione edilizia in sanatoria 28.3.1991 prot. n. 7461/85, nella parte in cui esclude la destinazione d’uso residenziale dell’opera condonata.
Visto il ricorso  con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Torre Boldone;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Vista l’ordinanza con la quale è stata dichiarata l’interruzione del processo;
Visto l’atto di riassunzione del processo;
Visti gli atti tutti della causa;
Designata quale relatore, alla pubblica udienza del 10.5.2002, la dott.ssa  Rita Tricarico;
Uditi i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
In data 7.11.1985 il ricorrente Paccani Cesare ha presentato presso il Comune di Torre Bordone domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 31 e ss. della L. 28.2.1985, n. 47, con riferimento a mansarda, realizzata anteriormente al 1967, all’interno di fabbricato di sua proprietà sito nel comune medesimo.
Con nota del 27.4.1987, il Comune in questione ha richiesto il deposito di documentazione integrativa.
In data 28.3.1991, lo stesso ha rilasciato la concessione in sanatoria.
Tuttavia detto provvedimento prevedeva la sanatoria “limitatamente alle opere murarie con esclusione delle destinazioni d’uso residenziali” per dichiarata assenza dei requisiti minimi di abitabilità.
Il citato provvedimento è stato gravato col presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:
1) mancata e/o falsa applicazione dell’art. 35, 12° comma della L. 28.2.1985, n. 47; 
2) mancata e/o falsa applicazione degli artt. 31 e 35 della L. 28.2.1985, n. 47;
3) eccesso di potere per difetto di motivazione;
4) eccesso di potere per manifesta contraddittorietà.
Si è costituito in giudizio il Comune intimato.
Medio tempore, in data 19.8.1991, la USL di Bergamo ha dichiarato di aver rilevato, nel corso di un sopralluogo richiesto dal Comune, “l’assoluta inabitabilità dei locali in quanto privi di aerazione diretta e con altezze non regolamentari”.
Pertanto, con ordinanza sindacale 5.9.1991 n. prot. 6545 n. reg. ord. 53, al ricorrente è stato ordinato di sgomberare i locali di cui trattasi.
A seguito di decesso del ricorrente intervenuto in data 11.1.1994, con istanza del 27.1.1997, l’Avv. Marchesi ha chiesto la fissazione di apposita udienza per la dichiarazione dell’interruzione del processo ai sensi dell’art. 300 c.p.c..
L’interruzione è stata, perciò, dichiarata da questo Tribunale con ordinanza n. 673 pronunciata il 23.5.1997 e depositata l’11.6.1997.
Con atto del 7.7.1997, gli eredi del defunto ricorrente hanno provveduto alla riassunzione del processo ai sensi dell’art. 303 c.p.c..
Alla pubblica udienza del 10.5.2002 il ricorso è stato infine trattenuto in decisione.   
DIRITTO
1- Con riferimento alla concessione edilizia in sanatoria nella parte qui gravata, si deduce innanzi tutto la violazione dell’art. 35, 12° comma della L. 28.2.1985, n. 47, in quanto la stessa è stata adottata ben oltre il termine di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, ivi previsto per il perfezionarsi del silenzio assenso.
A dire dei ricorrenti, ciò avrebbe determinato l’accoglimento in toto dell’istanza di sanatoria in questione.
Il vizio è infondato.
1.1 - Si precisa al riguardo che il Comune, titolare del potere di pronunciarsi in modo espresso anche successivamente allo spirare del detto termine, il quale non vale ex se a consumare il potere stesso, col provvedimento de quo non ha negato la concessione, ma l’ha rilasciata, sostituendo in tal modo statuizioni espresse ad un provvedimento formatosi solo in virtù del visto silenzio assenso.
2 - Altrettanto priva di fondamento è la censura, rappresentata dalla violazione degli artt. 31 e 35 della citata L. n. 47/1985, in considerazione dell’assunto che, in presenza di sanatoria, il rilascio del certificato di abitabilità sarebbe atto dovuto.
2.1 - Esaminando la disposizione di cui all’art. 35, 14° comma, si vede come, a seguito di concessione in sanatoria, la deroga alle norme in materia di igiene ai fini del rilascio del certificato di abitabilità è ammessa con esclusivo riferimento alle norme regolamentari e non già a quelle di rango primario, quali sono le norme contenute nel R.D. 27.7.1934, n. 1265 (in proposito cfr. anche: Cons.Stato –sez. V-13.4.1999, n. 414).
Queste prevedono che prodromica al rilascio del visto certificato sia  la verifica della sussistenza delle condizioni di igiene e di salubrità, in particolare che “non vi sia difetto di aria e di luce”.
2.2 - Nel caso di specie si è riscontrata proprio l’assenza di tali requisiti minimi, ostativa al rilascio dello stesso, atteso che le stanze ricavate nell’ambito di un sottotetto non sono munite di aperture verso l’esterno che consentano l’ingresso di aria e di luce necessarie a rendere i locali abitabili, giacchè le uniche finestre sussistenti si aprono appunto nel sottotetto alto mediamente appena  metri 1,20, con conseguente rapporto aeroilluminante pari a zero.   
2.3 - Tale dato è confermato anche dal sopralluogo effettuato successivamente dalla Unità socio sanitaria locale n. 29 di Bergamo, su richiesta del Comune di Torre Bordone, dal quale è risultata “l’assoluta inabitabilità dei locali in quanto privi di aerazione diretta e con altezze non regolamentari” e sulla base del quale, con provvedimento del Sindaco del Comune de quo 5.9.2001 prot. n. 6545 reg. ord. n. 53,  è stata dichiarata l’inabitabilità dei locali in questione e ne è stata disposto, altresì, lo sgombero.  
3 - Il provvedimento in oggetto nella parte in cui è gravato, al contrario di quanto sostiene parte ricorrente, è fornito di idonea motivazione, risultando sufficiente l’indicazione, a fondamento del diniego, dell’assenza dei requisiti minimi di abitabilità, essendo tale indicazione accompagnata dal richiamo al testo unico delle leggi sanitarie, che riguardo appunto a detti requisiti è chiaro ed inequivocabile.
4 - Neppure si riscontra la dedotta contraddittorietà, che sarebbe individuabile tra il rilascio della concessione in sanatoria ed il mancato rilascio del certificato di abitabilità, che impedirebbe di fatto al destinatario di utilizzare l’opera assentita per la destinazione per la quale è stata eseguita.
Si rammenta al riguardo come le funzioni assolte dalla concessione edilizia e dal certificato di abitabilità siano diverse, essendo rappresentate la prima dalla rilevata conformità dell’opera cui si riferisce rispetto alle previsioni urbanistiche, mentre la seconda dalla sussistenza delle necessarie condizioni igienico-sanitarie dei locali; da ciò derivando la non automaticità di quest’ultimo dall’altra.
5 - In conclusione i motivi di diritto dedotti sono infondati ed il ricorso deve essere, conseguentemente, respinto.
6 - Il Collegio ritiene, tuttavia, di evidenziare che successivamente sarebbe comunque possibile conferire ai locali l’abitabilità necessaria, realizzando quegli interventi di recupero del sottotetto di cui alla L.r. 15.7.1996, n. 15, così come modificata dall’art. 6 della L.r. 19.11.1999, n. 22. 
7 - In ordine alla spettanza delle spese di giudizio e degli onorari di difesa, essi seguono la soccombenza e possono liquidarsi in complessivi € 1.400,00 (millequattrocento), oltre ad oneri di legge.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia- Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna gli eredi del ricorrente a corrispondere al Comune di Torre Boldone la somma di € 1.400,00 (millequattrocento), a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.
Così deciso, in Brescia, il 10 maggio 2002, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Francesco MARIUZZO -  Presidente;
Oreste Mario CAPUTO – Giudice;
Rita TRICARICO -  Giudice estensore.

NUMERO SENTENZA 1105 / 2002
DATA PUBBLICAZIONE 02 – 08 - 2002
 

© Diritto - Concorsi & Professioni - riproduzione vietata