Giurisprudenza - Edilizia ed urbanistica |
Cons.
Stato, sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550 sulla diretta
impugnabilità della D.I.A.
quale autorizzazione
implicita di natura provvedimentale (contra Cons.
Stato, sez. V 19 giugno 2006 n. 3586) REPUBBLICA
ITALIANA IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la
seguente DECISIONE sui
ricorsi riuniti in appello nn. 6809/2006 e 7036/2006 proposti
rispettivamente: 1)
ricorso n. 6809/2006 dall’IMPRESA TRAVERSE S. GIORGIO S.R.L. in persona
del
legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Gianluigi
Pellegrino e Giorgio Cugurra con domicilio eletto presso il primo in
Roma Corso
del Rinascimento n. 11; contro COMUNE
DI COLLECCHIO, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi; DEBER
COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e
difeso dagli Avv.ti Ermes Coffrini e Massimo Colarizi con domicilio eletto presso il secondo in Roma
via Panama n. 12; MECCANICA
IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., non
costituitosi; 2)
ricorso n. 7036/2006 da MECHANICA IMMOBILIARE S.R.L., in persona del
legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv. Antonio Andreoli
e
Gianluigi Pellegrino con domicilio eletto presso il secondo in Roma
Corso del
Rinascimento n. 11; contro COMUNE
DI COLLECCHIO, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi; DEBER
COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e
difeso dagli Avv.ti Ermes Coffrini e Massimo Colarizi con domicilio
eletto
presso il secondo in Roma via Panama n. 12;
IMPRESA
TREVERSE S. GIORGIO S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,
non
costituitosi; per
l'annullamento della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna
Sez. di
Parma n. 296/2006. Visto il
ricorso con i relativi allegati; Visto
l'atto di costituzione in giudizio delle parti
appellate; Viste le
memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese; Visti gli
atti tutti della causa; Alla pubblica
udienza del 13 febbraio 2007 relatori i Consiglieri
Carmine Volpe e Roberto Chieppa. Uditi
l'Avv.
Pellegrino e l'Avv.
Colarizi; Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O E
D I R I T T O 1. La
società Mechanica Immobiliare s.r.l., attuale
controinteressata, in data 3/2/2004 presentava al Comune di Collecchio
denuncia
di inizio attività (d.i.a.) per l’installazione, in area di
proprietà della
stessa ubicata in strada Roma in località Madregolo, di un
impianto tecnologico
per la produzione di traversine ferroviarie. Essendo
l’immobile interessato dall’intervento posto in zona di
pre - parco del fiume Taro, vincolata ai sensi del D. Lgs. n. 490 del
1999, il
Comune chiedeva il necessario parere ai fini del rilascio
dell’autorizzazione
ambientale alla Commissione per la Qualità Architettonica e per
il Paesaggio. In data 3/5/2004
il Comune rilasciava l’autorizzazione ambientale
e in data 11/5/2004 inviava la stessa alla competente Soprintendenza
per i Beni
Ambientali ed Architettonici dell’Emilia Romagna. La
Soprintendenza, con atto prot. n. 14433 del 30/7/2004 annullava
l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Collecchio e
avverso
tale provvedimento presentavano ricorso dinanzi allo stesso T.A.R.
Parma sia
Mechanica Immobiliare s.r.l. sia Impresa Traverse S. Giorgio s.r.l.. Con ordinanza,
pubblicata il 5/11/2004, questa Sezione sospendeva
il provvedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. Successivamente
la DE.BER. Costruzioni s.r.l. notificava in data
28/12/2004 ricorso per l’annullamento del titolo abilitativo formatosi
a
seguito della presentazione della d.i.a.. Con l’impugnata
sentenza il Tar ha accolto il ricorso, ritenendo: a)
l’ammissibilità del ricorso proposto direttamente avverso la
d.i.a.; b) la
tempestività del ricorso; c) la fondatezza
dello stesso, non potendo l’intervento essere
assentito tramite d.i.a.. Con separati
ricorsi in appello l’Impresa Traverse S. Giorgio
s.r.l. (titolare dell’azienda per la produzione di traversine
ferroviarie) e la
Mechanica Immobiliare s.r.l. (proprietaria dell’area) hanno impugnato
la
menzionata sentenza, contestando le tre statuizioni del Tar. La DE.BER.
Costruzioni s.r.l. si è costituita in giudizio,
chiedendo la reiezione dei ricorsi. Con ordinanze n.
4448 e 4452 del 2006 questa Sezione ha sospeso
l’efficacia dell’impugnata sentenza. All’odierna
udienza le cause sono state trattenute in decisione. 2.
Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei due
ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza. 3. Con il primo
motivo le appellanti hanno sostenuto
l’inammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto proposto
avverso un
atto di natura privata quale la denuncia di inizio attività. Il motivo
è infondato. La tutela dei
terzi, che si oppongono ad intervento edilizio
assentito a seguito di d.i.a., ha sempre presentato profili teorici
problematici. Secondo un
orientamento, la d.i.a costituisce un atto
soggettivamente ed oggettivamente privato che, in presenza di
determinate
condizioni e all’esito di una fattispecie a formazione complessa,
attribuisce
al privato una legittimazione ex lege
allo svolgimento di una determinata attività, che sarebbe
così liberalizzata. Colui che si
oppone all'intervento autorizzato tramite d.i.a., una
volta decorso il termine senza l'esercizio del potere inibitorio, e
nella
persistenza del generale potere repressivo degli abusi edilizi, sarebbe
legittimato a chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti
sanzionatori
previsti, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del
silenzio-rifiuto, che pertanto non potrebbe avere come riferimento il
potere
inibitorio dell'Amministrazione - essendo decorso il relativo termine,
con la
conseguenza che il giudice non potrebbe costringere l'Amministrazione a
esercitare un potere da cui è decaduta - bensì il
generale potere sanzionatorio
(Cons. Stato, IV, 22 luglio 2005, n.
3916). Secondo altre
tesi, la d.i.a. si tradurrebbe direttamente nell'autorizzazione
implicita all'effettuazione
dell'attività in virtù di una valutazione legale tipica,
con la conseguenza che
i terzi potrebbero agire innanzi al giudice per chiedere l'adempimento delle prestazioni che la
p.a. avrebbe omesso di svolgere (T.A.R. Lombardia, Brescia, 1 giugno
2001, n.
397), o l'annullamento della determinazione formatasi in forma tacita
(in tal
senso: implicitamente, Cons. Stato, VI,
10 giugno 2003 n. 3265 e, espressamente, V, 20 gennaio 2003 n. 172; T.A.R.
Veneto, sez. II, 20 giugno 2003, n. 3405) o comunque per contestare la realizzabilità dell'intervento (Cons.
Stato, VI, 16 marzo 2005 n. 1093). Secondo
ulteriore orientamento il terzo
sarebbe legittimato (entro il termine di decadenza) all'instaurazione
di un
giudizio di cognizione, tendente ad ottenere l'accertamento della
insussistenza
dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge per la legittima
intrapresa dei lavori a seguito di d.i.a.( TAR Liguria; I, 22 gennaio
2003 n.
113 e TAR Abruzzo, Sez. Pescara, 23 gennaio 2003 n. 197). Il Collegio
ritiene che il ricorso proposto direttamente avverso
il titolo abilitativo formatosi a seguito di d.i.a. sia ammissibile. La d.i.a. non
è uno strumento di liberalizzazione dell’attività,
come da molti sostenuto, ma rappresenta una semplificazione
procedimentale, che
consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del
decorso
di un termine (30 giorni) dalla presentazione della denuncia; la
liberalizzazione di determinate attività economiche è
cosa diversa e presuppone
che non sia necessaria la formazione di un titolo abilitativo. Nel caso della
d.i.a., con il decorso del termine si forma una
autorizzazione implicita di natura provvedimentale, che può
essere contestata
dal terzo entro l’ordinario termine di decadenza di sessanta giorni,
decorrenti
dalla comunicazione al terzo del perfezionamento della d.i.a. o
dall’avvenuta
conoscenza del consenso (implicito) all’intervento oggetto di d.i.a.. Il ricorso
avverso il titolo abilitativo formatosi a seguito di
d.i.a. ha, quindi, ad oggetto non il mancato esercizio dei poteri
sanzionatori
o di autotutela dell’amministrazione, ma direttamente
l’assentibilità, o meno,
dell’intervento. Un sostegno in
favore della diretta impugnazione della d.i.a.. è
stato fornito dal legislatore, che ha modificato l’art. 19, della legge
n.
241/90 (con l’art. 3 del D.L. 14 marzo 2005
n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005
n. 80), prevedendo in relazione alla d.i.a.. il potere
dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di
autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.
Se è ammesso l’annullamento di ufficio,
parimenti, e tanto più, deve essere consentita l’azione di
annullamento davanti
al giudice amministrativo. Tale
disposizione, pur non essendo
temporalmente applicabile alla fattispecie in esame, può essere
letta come
riconoscimento da parte del legislatore della natura provvedimentale
del titolo
abilitativo che si forma in seguito ad una d.i.a.. Nello
stesso senso
sembrerebbe essersi orientato il legislatore già in precedenza:
nel T.U.
edilizia l'applicabilità degli artt. 38 (interventi eseguiti in
base a permesso
annullato) e 39 (annullamento del permesso di costruire da parte della
Regione)
è stata estesa anche agli interventi di cui all'art. 22, comma
3, assoggettati
a d.i.a.. Resta fermo che
la tutela del terzo
controinteressato rispetto ad una d.i.a. non può essere certo
costretta negli
angusti limiti dell’eventuale esercizio del potere di autotutela da
parte della
p.a.. Come per
qualsiasi atto amministrativo
illegittimo, mentre il potere di autotutela dell’amministrazione
è subordinato
a determinati limiti, oggi codificati dall’art. 21-nonies
della legge n. 241/90, alcun limite incontra l’intervento
del giudice, diretto solamente ad accertare l’illegittimità
dell’atto, e in
questo caso del titolo abilitativo formatosi in seguito a d.i.a.. In caso di
ricorso avverso la d.i.a. la
decisione del giudice non può che travolgere l’assenso
(implicito) comunale e
gli effetti dell’attività illegittima, che costituiscono il
contenuto reale
della lite. Del resto,
l’esercizio del potere (anche
in via implicita) con effetti favorevoli per il diretto interessato non
può mai
compromettere diritti e interessi dei terzi e la previsione della
giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo (art. 19, comma 5, legge n.
241/90)
conferma la piena sindacabilità della d.i.a. e dei suoi effetti
da parte del
giudice. Peraltro, queste
considerazioni, valide
per tutti gli interventi assoggettati a d.i.a., sono ancor di
più riferibili
alla d.i.a. edilizia, oggetto della presente controversia. Il T.U. edilizia
(d.P.R. n. 380/2001)
prevede quali titoli abilitativi in materia edilizia il permesso di
costruire e
la d.i.a. e stabilisce anche che il confine tra i due titoli non sia
fisso: le
Regioni possono
ampliare o ridurre l'ambito applicativo dei due titoli abilitativi,
ferme
restando le sanzioni penali (art. 22, comma 4) ed è comunque
fatta salva la
facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio di permesso di
costruire per
la realizzazione degli interventi assoggettati a d.i.a. (art. 22, comma
7). Ciò
significa che si tratta di titoli abilitativi di analoga
natura, che si diversificano per il procedimento da seguire e comporta
anche
che sarebbe irragionevole, oltre che lesivo dell’effettività
della tutela
giurisdizionale, ritenere che il terzo controinteressato incontri
limiti
diversi a seconda del tipo di titolo abilitativo, che può
dipendere da una
scelta della parte o da una diversa normativa regionale. E’, invece,
preferibile ritenere che il formarsi di un determinato
titolo abilitativo, o di un altro, non comporti alcun cambiamento sotto
il
profilo della tutela del terzo e del conseguente intervento del
giudice, in
alcun modo limitato dalla decadenza del potere di intervento
dell’amministrazione. In definitiva,
in caso di intervento assentito a seguito di
d.i.a., è ammissibile il ricorso proposto direttamente avverso
il titolo
abilitativo formatosi per il decorso del termine di trenta giorni,
entro cui
l’amministrazione può impedire gli effetti della d.i.a.. 4. Chiarita
l’ammissibilità del ricorso proposto in primo grado,
deve essere verificata la tempestività dello stesso, tenuto
conto delle censure
mosse con il secondo motivo di appello. Si è
già detto che il termine per impugnare la d.i.a. decorre
dalla comunicazione al terzo del perfezionamento della d.i.a. o
dall’avvenuta
conoscenza del consenso (implicito) all’intervento oggetto di d.i.a.. In caso di d.i.a
edilizia, infatti, il titolo abilitativo si forma
decorsi trenta giorni dalla presentazione della d.i.a. per effetto del
mancato
esercizio dei poteri dell’amministrazione (art. 23, commi 1 e 6, d.P.R.
n.
380/01 e artt. 10 e 11 della L.R. Emilia Romagna n. 31/2002). Nel caso di
specie, tuttavia, si trattava di intervento ricadente
in zona paesaggisticamente vincolata e il termine di trenta giorni
decorre dal
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ed ove tale atto non sia
favorevole,
la denuncia è priva di effetti (art. 22, comma 3, d.P.R. n.
380/2001). Il Tar ha fatto
applicazione dell’art. 10, comma 4, della L.R. n.
31/2002, secondo cui il termine di trenta giorni decorre dal rilascio
dell’autorizzazione ovvero dall’eventuale decorso del termine per
l’esercizio
del poteri di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. La disposizione
non è chiara e deve essere letta, in conformità
con la richiamata norma del T.U. edilizia, nel senso che per il decorso
del
termine deve essere stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica e
che
l’eventuale annullamento di questa rende priva di effetti la d.i.a.. Ciò
premesso, nel caso di specie, il termine per contestare la
d.i.a. ha iniziato a decorrere alla scadenza del termine di 30 giorni
decorrenti dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (3/5/04) e
l’annullamento di tale autorizzazione da parte della Soprintendenza ha
sospeso
tale termine ma solo fino alla ordinanza cautelare di questa Sezione
che in
data 5/11/04 ha sospeso l’atto della Soprintendenza. Essendo pacifica
la conoscenza della d.i.a. da parte della
ricorrente di primo grado, che ha anche impugnato l’autorizzazione
paesaggistica, il ricorso avverso la d.i.a., notificato in data
28/12/2004 è
tardivo. 5. In
considerazione dei contrasti di giurisprudenza circa le
modalità di impugnare la d.i.a. può anche essere concesso
alla ricorrente di
primo grado l’errore scusabile, ma ciò non muta l’esito del
giudizio in quanto
il ricorso è infondato nel merito. Il Tar ha
ritenuto che l’intervento in questione non potesse
essere assoggettato a d.i.a., ma necessitasse del previo rilascio del
permesso
di costruire. L’intervento in
questione – consistente nella realizzazione di due
silos e di apparecchiature finalizzate alla produzione di traversine
ferroviarie – era, infatti, assoggettato a d.i.a. trattandosi di
impianti
tecnologici destinati al servizio di edifici ed attrezzature esistenti
e che
come tali rientrano nell’ipotesi di cui all’art. 8, comma 1, lett. i),
della
L.R. n. 31/2002. Tale norma non
limita l’applicabilità della d.i.a. alle dimensioni
degli impianti da asservire a quelli esistenti e il fatto che si ricada
in zona
vincolata non muta il titolo abilitativo necessario, ma comporta la
necessità
della previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica. Si trattava,
quindi, di un intervento assentibile mediante d.i.a.. 6. In
conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve
essere
respinto il ricorso proposto in primo grado. Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le
parti le spese
di giudizio. P.
Q. M. Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,
previa riunione dei ricorsi indicati in epigrafe li accoglie e per
l’effetto,
in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in
primo
grado. Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la
presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa. Così
deciso in Roma, il 13-2-2007 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con
l'intervento
dei Signori: Giovanni
Ruoppolo
Presidente Carmine
Volpe
Consigliere
Rel. Giuseppe
Romeo
Consigliere Luciano
Barra Caracciolo
Consigliere Roberto
Chieppa
Consigliere
Rel. ed Est. Presidente GIOVANNI
RUOPPOLO Consigliere
Segretario ROBERTO
CHIEPPA
GIOVANNI
CECI DEPOSITATA
IN SEGRETERIA il. 05/04/2007
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