Consiglio di Stato, sez. V, 14 febbraio 2003 n. 808 , sull’obbligo
giuridico di reprimere gli abusi segnalati dai privati con il silenzio-rifiuto
FATTO E DIRITTO
1.- Con la sentenza appellata veniva respinto il ricorso proposto da
Terranova Antonia e Montaruli Filomena, ai sensi dell’art.21
bis L. n.1034/71, dinanzi al T.A.R. della Puglia, inteso a conseguire
la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dal
Comune di Altamura in ordine all’atto di significazione e diffida notificato
in data 18 luglio 2001, e diretto ad ottenere l’adozione
dei provvedimenti repressivi della condotta asseritamente fraudolenta
con la quale Loviglio Raffaele, conduttore di un immobile
concessogli in locazione dalle ricorrenti, aveva conseguito una concessione
edilizia in sanatoria.
Il T.A.R. negava la peculiare forma di tutela invocata dalle ricorrenti,
sulla base del decisivo rilievo dell’insussistenza di un
obbligo a provvedere su istanze dirette a stimolare l’esercizio del
potere di autotutela, giudicando quest’ultimo riservato in via
esclusiva alla scelta discrezionale dell’Amministrazione.
2.- Avverso tale pronuncia reiettiva proponevano appello le originarie
ricorrenti, contestando la correttezza del convincimento ivi
espresso in merito all’insussistenza di un obbligo di provvedere sulla
propria diffida, assumendo, in particolare, che quest’ultima
era diretta all’adozione di provvedimenti sanzionatori vincolati (e
non discrezionali) e concludendo per la riforma della decisione
impugnata.
Resisteva il Loviglio, negando la sussistenza dei presupposti stabiliti
dall’art.21 bis L. n.1034/71 per la concessione della
peculiare forma di tutela ivi contemplata e domandando la reiezione
del ricorso.
Non si è costituito, invece, il Comune di Altamura.
Nella camera di consiglio del 22 ottobre 2002 il ricorso veniva trattenuto
in decisione.
3.- Le parti controvertono in ordine alla legittimità del silenzio
serbato dall’Amministrazione Comunale di Altamura in riferimento
all’atto di significazione e diffida notificatole dalle ricorrenti
il 18 luglio 2001.
La natura della controversia impone una preliminare definizione dei
limiti e del contenuto della cognizione riservata al Giudice
Amministrativo nell’ambito del procedimento speciale previsto e regolato
dall’art.21 bis L. n.1034/71.
Com’è noto, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, specificamente
investita della questione, ha chiarito (cfr. decisione n.1
del 9 gennaio 2002) che il giudizio introdotto con ricorso avverso
il silenzio dell’Amministrazione, secondo le modalità del
suddetto rito speciale, deve intendersi circoscritto al solo accertamento
dell’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione e non
anche esteso alla disamina della fondatezza della pretesa sostanziale
del privato.
Con la medesima decisione è stato, inoltre, precisato che la
verifica dell’illegittimità del silenzio postula il preliminare
accertamento della violazione dell’obbligo di provvedere, ravvisabile
nelle ipotesi nelle quali l’Amministrazione sia rimasta
inadempiente al dovere di concludere il procedimento con un provvedimento
espresso, nei casi in cui esso consegua
obbligatoriamente ad una istanza ovvero debba essere iniziato d’ufficio,
secondo il precetto contenuto nell’art. 2 c.1 L. 7 agosto
1990, n.241.
4.- Così chiarito l’ambito del potere cognitivo riservato al
Giudice nel rito speciale di cui all’art.21 bis L. n.1034/71, occorre
verificare la ricorrenza, nel caso di specie, delle condizioni necessarie
per la concessione della tutela invocata dalle ricorrenti.
Come già rilevato, il T.A.R. ha negato l’illegittimità
dell’inerzia del Comune intimato, ritenendo, in sostanza, che un’istanza
diretta ad ottenere l’esercizio dei poteri di autotutela non sia idonea
a determinare un obbligo di provvedere in capo
all’Amministrazione.
Le appellanti criticano tale giudizio, sostenendo che la diffida rimasta
inevasa fosse, in realtà, diretta a provocare l’adozione di
provvedimenti obbligatori e vincolati (non, dunque, discrezionali)
e che, quindi, l’inerzia opposta dall’Amministrazione dovesse
reputarsi illegittima.
5.- L’appello è fondato e merita accoglimento.
Pur potendosi astrattamente condividere l’assunto dei primi Giudici
in ordine all’inconfigurabilità di un obbligo di provvedere su
un’istanza intesa a sollecitare l’esercizio dei poteri di autotutela
(effettivamente connotato da un’ampia discrezionalità sull’an
della relativa attività provvedimentale), deve, invero, osservarsi
che dall’esame dell’atto di significazione e diffida rimasto nella
specie inevaso si ricava univocamente che, nonostante l’indicazione
dei "provvedimenti di annullamento e revoca" tra quelli
richiesti all’Amministrazione, le istanti non intendevano tanto (o,
meglio, non solo) provocare la rimozione d’ufficio della
concessione in sanatoria rilasciata al controinteressato ma, soprattutto,
stimolare l’adozione dei doverosi provvedimenti
sanzionatori previsti dagli artt.40 e 45 della L. n.47/85 per i casi
in cui la domanda di condono debba ritenersi dolosamente
infedele.
Adducendo, infatti, nell’istanza la falsità della dichiarazione
relativa al tempo dell’ultimazione delle opere abusive a sostegno
della richiesta dei doverosi provvedimenti consequenziali, le odierne
ricorrenti hanno, infatti, evidentemente inteso provocare
l’attivazione da parte del Comune degli strumenti sanzionatori previsti
dalla L.n.47/85 per le domande di sanatoria fondate su
dichiarazioni mendaci.
Non v’è dubbio, inoltre, che l’adozione dei provvedimenti repressivi
contemplati dalla legge citata costituisce un vero e proprio
obbligo per l’Amministrazione, sicchè, nella ricorrenza dei
presupposti prima indicati, non residua alcun margine di
discrezionalità in ordine all’applicazione delle sanzioni (Cons.
Stato, Sez. V, 24.3.1998, n.345).
Ne consegue che l’atto di significazione e diffida, a fronte del quale
l’Amministrazione è rimasta inerte, deve ritenersi idoneo a
costituire un obbligo di provvedere, in quanto diretto a stimolare
l’esercizio di un potere imposto obbligatoriamente al Comune
dalla legge.
Né rileva, in senso contrario, che tale potestà dev’essere
esercitata d’ufficio e non su istanza del privato, posto che l’art.2 L.
n.241/90 equipara tali due situazioni, ai fini della configurabilità
dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento
espresso.
Ne consegue che la circostanza che il procedimento attivabile d’ufficio
sia stato, di fatto, iniziato con un'istanza del privato non
esonera, ovviamente, l’Amministrazione dal dovere di concluderlo con
un provvedimento espresso e non esclude la connessa
legittimazione dell’interessato a conseguire la peculiare forma di
tutela apprestata dall’art.21 bis L. n.1034/71.
6.- Né, da ultimo, l’illegittimità della condotta omissiva
dell’Amministrazione può escludersi sulla base del rilievo di un
precedente pronunciamento su analoga istanza delle interessate.
Dall’analisi del contenuto della nota n.6400 in data 5.4.2001 del Dirigente
della Ripartizione Tecnica si evince, infatti,
chiaramente che la stessa assolve una funzione meramente interlocutoria
e soprassessoria e che, quindi, alla stessa non può
riconoscersi alcuna valenza provvedimentale, di talchè, anche
tenuto conto di tale comunicazione, l’obbligo di provvedere in
conformità alle specifiche allegazioni delle istanze deve ritenersi
inosservato.
7.- Si deve, pertanto, dichiarare l’illegittimità del silenzio-rifiuto
serbato dal Comune appellato con riferimento all’istanza sopra
indicata.
In accoglimento dell’appello ed in riforma della decisione impugnata,
va, quindi, ordinato al Comune di Altamura, in applicazione
dell’art.21 bis L. n.1034/71, di provvedere nel termine di trenta giorni
dalla comunicazione o dalla notificazione della presente
decisione sull’atto di significazione e diffida in data 16 luglio 2001.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie
il ricorso indicato in epigrafe e, in riforma della decisione
appellata, ordina al Comune di Altamura di provvedere, entro il termine
di trenta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione
della presente decisione, sull’atto di significazione e diffida notificato
il 18 luglio 2001;
dichiara compensate le spese processuali;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 22 ottobre
2002, con l'intervento dei signori:
Agostino Elefante - Presidente
Corrado Allegretta - Consigliere
Paolo Buonvino - Consigliere
Francesco D’Ottavi - Consigliere
Carlo Deodato - Consigliere Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Carlo Deodato f.to Agostino Elefante
Depositata in segreteria in data 14 febbraio 2003.
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