Consiglio di Stato, Ad. Plen., 4 febbraio 2003, n. 2, sul risarcimento
danni da lesione di interessi legittimi
per l'annullamento
della sentenza n.1559 del 12 agosto 2000, con la quale il Tribunale
Amministrativo Regionale della Sicilia – seconda sezione
interna della sezione staccata di Catania, ha condannato il comune
al risarcimento dei danni per mancata aggiudicazione
d'appalto, a seguito dell'ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa
per la Regione Sicilia n.267 dell'8 maggio 2002 con la
quale il ricorso in appello è stato deferito alla Adunanza Plenaria
del Consiglio di Stato;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Società appellata;
Vista l'ordinanza n.267/2002 del Consiglio di giustizia amministrativa
per la Regione Sicilia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all'Adunanza del 20/1/2003 il Cons. Giuseppe Barbagallo.
Uditi l'avv. Patanè e l'avv. D'Alessandro;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Il comune di Catania e la società Dusty, con rituali ricorsi,
rispettivamente, principale e incidentale, hanno impugnato la sentenza
del tribunale amministrativo regionale della Sicilia - sezione staccata
di Catania, seconda sezione interna, n. 1559 del 2000,
innanzi al Consiglio di giustizia per la Regione siciliana.
Con tale sentenza il giudice di primo grado ha parzialmente accolto
la domanda della società Dusty di risarcimento del danno
derivante dalla sua esclusione da una gara indetta dal comune di Catania
per l'appalto triennale di un lotto del servizio di
spazzatura, raccolta e trasporto di nettezza urbana e dall'aggiudicazione
dell'appalto ad altro concorrente; tali atti erano stati
ritenuti illegittimi e annullati, in accoglimento di un precedente
ricorso della società, con sentenza, n. 2120 dello stesso tribunale
amministrativo della Sicilia - sezione staccata di Catania, in data
13 settembre 1995, passata in giudicato in conseguenza della
reiezione dell'appello proposto dalla contro-interessata (decisione
n. 23 del 15 febbraio 1999 del Consiglio di giustizia).
Con la sentenza impugnata il giudice di primo grado ha ritenuto inesistente
il danno per il mancato conseguimento di contributi
previsti dalla regione siciliana per l'assunzione di manodopera per
periodi di tempo annuali o superiori all'anno; ha giudicato non
provato il danno per spese generali richiesto dalla società
Dusty in base alla " forzata inattività dell'impresa ", nonché
quello
derivante dall'inattività dei mezzi meccanici destinati all'appalto;
inoltre il tribunale ha indicato, quale misura per la liquidazione
del danno per mancato guadagno, quella del 10% dell'importo a base
d' asta ribassato, secondo il criterio di cui all'articolo 345
della legge sui lavori pubblici, 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F,
in materia di indennizzo dell'appaltatore in caso di recesso
della pubblica amministrazione committente; ha ritenuto dovuti gli
interessi e la rivalutazione, da calcolare dalla data della
aggiudicazione ad altri dell'appalto (14 febbraio 1994) ed ha fissato
al comune il termine di centottanta giorni dalla notificazione
della sentenza per l'adempimento dell'obbligo, ai sensi dell'articolo
35, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80,
come modificato dall'articolo 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205.
Il comune appellante lamenta che il giudice di primo grado:
1 ) non abbia considerato, ai fini della riduzione della liquidazione
del danno, che la società avrebbe potuto evitare parte di tale
danno con un comportamento più sollecito nel giudizio di impugnazione
della propria esclusione e della aggiudicazione dell'appalto
ad altro concorrente e abbia in proposito considerato che la norma
di cui all'articolo 1227, secondo comma, del codice civile non si
estenda alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito;
2 ) abbia respinto l'eccezione, da esso formulata, secondo la quale,
poiché la società Dusty, in conseguenza dell'annullamento
degli atti di gara, aveva ottenuto la aggiudicazione ( contratto di
appalto, in data 17 giugno 1996 ) ed aveva sostituito il
precedente soggetto aggiudicatario per l'ultima parte del triennio
nello svolgimento del servizio (dal 6 novembre 1996 al 15 marzo
1997 ), essa aveva conseguito elementi di qualificazione tecnica costituenti
un vantaggio patrimoniale, che avrebbe dovuto
comportare una riduzione del danno liquidato;
3 ) abbia rigettato l'eccezione di avvenuta rinuncia della società
al ristoro dei danni, rinuncia documentata nello strumento
contrattuale del 17 giugno 1996, all'articolo 2;
4 ) non abbia tenuto conto, nel liquidare il danno, del periodo nel
quale la società aveva svolto il servizio (dal 6 novembre 1996 al
15 marzo 1997 );
5 ) abbia accolto la domanda di rivalutazione interessi, fissandone
la decorrenza dalla data di aggiudicazione dell'appalto in
favore di altra impresa, mentre tale decorrenza non poteva essere anteriore
alla data della domanda giudiziale di risarcimento e
non abbia specificato a quale titolo fosse dovuta la rivalutazione.
La società Dusty si è costituita in giudizio confutando
i motivi dell'appello principale e riproponendo, con appello incidentale,
la
domanda relativa alle voci di danno, rispetto alle quali vi era stata
la reiezione da parte
del giudice di primo grado.
Con successiva memoria il comune ha prodottolo documentazione tendente
a provare che la società Dusty, nel periodo di mancato
espletamento dell'appalto, aveva svolto una normale attività
di impresa.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha
deferito il ricorso all'adunanza plenaria, ritenendo che il punto
di diritto relativo al quinto motivo di ricorso del comune di Catania,
concernente interessi e rivalutazione, potesse dar luogo a
contrasti di giurisprudenza. Il Consiglio di giustizia ha quindi deferito
la soluzione della questione relativa alla natura della
responsabilità patrimoniale dell'ente pubblico per mancato,
illegittimo affidamento di contratto (responsabilità patrimoniale
introdotta nell'ordinamento dagli artt. 33 e 35 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80) ed ha dato una compiuta illustrazione
dello stato della questione in dottrina e giurisprudenza.
È stato così posto il quesito se la responsabilità
patrimoniale dell'ente pubblico per mancato, illegittimo affidamento di
contratto
costituisca responsabilità contrattuale, cioè discendente
da inadempimento di obbligazione, oppure responsabilità
extracontrattuale, discendente da compimento di atto illecito diverso
dall'inadempimento di obbligazione, considerato che dalla
natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità
per danno discendono conseguenze diverse in materia di rivalutazione
e di interessi.
DIRITTO
I motivi posti a base dei ricorsi sono o infondati o non possono essere
esaminati nel merito; entrambi i ricorsi, pertanto, sono da
respingere.
Muovendo dall'esame della terza censura avanzata dal comune di Catania,
che ha carattere logicamente preliminare, il collegio
ritiene che non sia intervenuta alcuna rinuncia al risarcimento dei
danni da parte della società Dusty; infatti, come ha deciso il
giudice di primo grado, nel contratto di appalto, concluso fra il comune
di Catania e la società, non è contenuta alcuna rinuncia
al
diritto al risarcimento del danno; nè tale può ritenersi
la clausola richiamata dal comune di Catania, pur interpretata alla luce
delle premesse, le quali riportano l'intero svolgersi della vicenda;
tale clausola ha per oggetto soltanto l'esclusione di vincoli o
condizioni e l'accettazione delle clausole contrattuali; in tale ambito
non può ritenersi rientrare il diritto al risarcimento del
danno, elemento estraneo al rapporto di appalto sorto con quell'atto.
Per quanto riguarda il quarto motivo di appello proposto dal comune
di Catania, non sussiste l'interesse alla sua proposizione;
infatti la sentenza di primo grado va interpretata nel senso che essa
ha fissato il criterio per la liquidazione del danno, il quale
va, quindi, commisurato alla parte dei tre anni in cui la società
non ha espletato il servizio.
In ordine alla censura concernente il punto della sentenza avente ad
oggetto l'obbligo di pagamento di rivalutazione e interessi,
che ha determinato la rimessione del ricorso all'adunanza plenaria,
va premesso che sullo specifico capo della sentenza, con il
quale è stato dichiarato l'obbligo del comune di Catania al
risarcimento del danno in favore della società Dusty per la lesione
del
suo interesse pretensivo ad ottenere la aggiudicazione del contratto
di appalto del servizio di spazzatura, raccolta e trasporto di
rifiuti solidi urbani nel comune di Catania, di cui al bando di gara
pubblicato nella G.U.R.S. N. 44 del 30 ottobre 1993, non vi è
alcuna specifica impugnazione e, pertanto, tale capo non può
essere oggetto di esame da parte del giudice di appello.
Per quanto riguarda, quindi, tale punto della sentenza concernente l'obbligo
di pagamento di rivalutazione e interessi, il collegio
ritiene che esso sia inscindibilmente collegato al capo avente ad oggetto
la dichiarazione dell'obbligo al risarcimento; di tale capo
la pronuncia su interessi e rivalutazione costituisce un punto necessariamente
conseguente; pertanto tale punto non può essere
autonomamente impugnato attraverso la contestazione del presupposto
logico, sul quale è fondato il capo principale. Il giudice di
primo grado, attraverso una serie di passaggi logici, ha qualificato
il caso in una fattispecie; da questa qualificazione scaturisce
una determinata disciplina di interessi e rivalutazione (tale disciplina
consequenziale è, di regola, ritenuta applicabile dal giudice
dell'ottemperanza senza pronuncia espressa contenuta nella sentenza
da eseguire). Il collegio ritiene che non sia ammissibile la
censura del punto consequenziale nei suoi presupposti logici (diverso
è il caso di contestazione del punto per erronea applicazione
della disciplina consequenziale), senza l'impugnazione del capo principale,
il quale su tali presupposti logici è basato.
Se l'adunanza plenaria nulla può dire sulla qualificazione del
caso nella fattispecie, non può neanche intervenire su un elemento
accessorio e necessario di tale fattispecie (analogo orientamento è
ravvisabile nella giurisprudenza della Corte di cassazione: da
ultimo, sezione prima, n. 1422 del 9 febbraio 2000, concernente la
inammissibilità dell'impugnazione del capo dipendente in
mancanza di impugnazione del capo principale presupposto, e ivi richiami
a precedenti decisioni).
Per quanto concerne la prima e la seconda delle censure avanzate dal
comune di Catania, prescindendosi da un esame della loro
ammissibilità sulla base delle stesse argomentazioni sopra svolte
in relazione al quinto motivo dedotto dal comune, esse sono
infondate.
Per quanto riguarda la prima di esse, correttamente il giudice di primo
grado ha affermato non potersi imputare alla società una
mancata diligenza, produttiva di un accresciuto danno; la società
Dusty, infatti si è con immediatezza rivolta al giudice
amministrativo per ottenere l'annullamento della propria esclusione
dalla gara per l'aggiudicazione dell'appalto, nonché l'avvenuta
aggiudicazione ad un altro soggetto ed ha ottenuto una sentenza favorevole,
decisa all'esito di due camere di consiglio ( 11
ottobre e 23 novembre 1994 ).
Non può, cioè, riferirsi alla mancata diligenza della
società la maggior durata del giudizio, determinata dalla ritenuta
esigenza
istruttoria da parte del tribunale amministrativo di richiedere l'atto
costitutivo dello statuto della società ricorrente ( sentenza
interlocutoria 2002 del 1994 ).
Non può, quindi, nel complesso, definirsi la condotta processuale
della società, produttiva di un maggior danno, in quanto non
sufficientemente accorta. Del resto, una volta ottenuta la sentenza
favorevole, pubblicata il 19 settembre 1995, la società ha
posto in essere un comportamento pressante e continuo per ottenerne
l'esecuzione, che è avvenuta con la conclusione del
contratto ( 17 maggio 1996 ) e la consegna dei lavori (6 novembre 1996
). Per tali, esposte ragioni, precisate rispetto a quelle a
base della pronuncia di primo grado sul punto, la censura va ritenuta
infondata.
Quanto alla dedotta mancata applicazione, da parte del giudice di primo
grado, della compensazione tra il vantaggio ottenuto
dalla società per la qualificazione tecnica derivantele dall'esecuzione
del servizio, sia pure per un tempo limitato, e il danno
subito (compensatio lucri cum damno), va rilevato che il dedotto vantaggio
non è derivato dallo stesso fatto (aggiudicazione
illegittima) produttivo del denunciato danno e quindi non può
essere effettuata la richiesta compensazione, che richiede che lo
stesso fatto sia produttivo del danno e del vantaggio.
Con l'appello incidentale la società Dusty ripropone le domande
di risarcimento del danno respinte dal primo giudice, perché non
provate.
Tali componenti del danno, la cui sussistenza il giudice di primo grado
ha ritenuto non provata, sono quelle derivanti dall'aliquota
di spese generali inutilmente sopportate, dall'aliquota di ammortamento
di attrezzature e macchinari destinati all'esecuzione del
contratto d'appalto, quelle derivanti dal maggior costo della manodopera
per mancato conseguimento dei contributi previsti dalla
legislazione regionale siciliana, nonché quelle derivanti dall'impossibilità
del conseguimento del contributo regionale previsto
dall'articolo 9 della legge regionale n. 27 del 1991.
Il collegio ritiene che anche in relazione a tali domande debba essere
confermata la decisione del giudice di primo grado.
La appellante incidentale, infatti, nel formulare tali domande, muove
dal presupposto di una sua inattività, determinata dalla sua
decisione di non acquisire altri contratti per poter essere disponibile
ad iniziare il rapporto di appalto, del quale sarebbe dovuta
essere la legittima titolare.
Sulla base di tale presupposto la società richiede il pagamento
di una quota delle spese generali e dell'ammortamento di una serie
di macchinari. In relazione a tale domanda ha rilievo assorbente, anche
della stessa questione della risarcibilità di tali danni, così
configurati, e della valutazione degli elementi di prova contraria
offerti dal comune, la circostanza che nessuna prova è stata
data dalla società, ad esempio attraverso l'esibizione di libri
contabili e bilanci, di questa sua inattività fra il 1994 e il 1996.
La
domanda è, quindi, da respingere.
Anche le domande relative al danno da mancata acquisizione dei contributi
regionali sono da respingere, in quanto anche in
questo caso il danno è configurato come direttamente dipendente
da una inattività, non provata, della società, nel periodo
precedente e successivo all'esecuzione dell'appalto (6 novembre 1996-
15 marzo 1997); tale inattività avrebbe comportato una
durata di soli quattro mesi, circa, del rapporto di lavoro dei dipendenti
impegnati nell'esecuzione dell'appalto in questione. D'altro
canto, tali domande, così come prospettate, in relazione al
periodo del rapporto triennale d'appalto svolto da altra società,
equiparano erroneamente il danno al mancato rimborso di spese non effettuate.
Anche l'appello incidentale deve pertanto essere respinto.
Tenuto conto del contenuto della pronuncia, le spese sono da compensare
anche per questo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) rigetta
l'appello principale e quello incidentale;
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 gennaio
2003, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con
l'intervento dei Signori:
Giuseppe BARBAGALLO Consigliere Relatore
Alessandro PAJNO Consigliere
Pier Giorgio TROVATO Consigliere
Raffaele CARBONI Consigliere
Costantino SALVATORE Consigliere
Giuseppe FARINA Consigliere
Paolo TURCO Consigliere
Corrado ALLEGRETTA Consigliere
Luigi MARUOTTI Consigliere
Paolo BUONVINO Consigliere
Presidente
Estensore Segretario
Depositata in segreteria in data 14 febbraio 2003.
|