Cass., Sez. Un., sent. n. 27169 del 28
dicembre 2007 sulla
giurisdizone del G.O in ordine alla sorte del contratto dopo
l’annullamento
aggiudicazione da parte del G.A.
Spetta al
giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda
volta ad ottenere tanto la dichiarazione di nullità quanto
quella di
inefficacia o l’annullamento del contratto di appalto, a seguito
dell’annullamento della delibera di scelta dell’altro contraente,
adottata
all’esito di una procedura ad evidenza pubblica: posto che in ciascuno
di
questi casi la controversia, non ha ad oggetto i provvedimenti
riguardanti la
scelta suddetta, ma il successivo rapporto di esecuzione che si
concreta nella
stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati
chiedono di accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne
l’adempimento; che le situazioni giuridiche soggettive delle quali si
chiede
l’accertamento negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni;
e che il
giudice è comunque chiamato a verificare la conformità
alla normativa positiva
delle regole attraverso cui l’atto negoziale è sorto,ovvero
è destinato a
produrre i suoi effetti tipici.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Il TAR
Puglia,sez.
Lecce, con sentenza del 14 giugno 2004 n. 3721, in accoglimento del
ricorso
della ATI con capogruppo la s.p.a. Hera (e comprendente la s.p.a. Gemmo
Impianti, la s.r.l. I.T., nonché la s.r.l. Co.MI), annullava
tutti gli atti
della procedura di gara approvata con determinazione 15 luglio 2002 n.
89 del
Dirigente settore L.P. del comune di Taranto, e finalizzata
all’affidamento di
un appalto misto per la gestione tecnologica integrata e la
manutenzione degli
impianti di pubblica illuminazione di detto comune; nonché la
successiva
determinazione dirigenziale 2 marzo 2004 n. 25 che aveva preso atto
dell’approvazione della graduatoria compilata dalla Commissione di gara
ed
aveva aggiudicato definitivamente il servizio all’ATI con capogruppo
s.a.
Citelum.
Dichiarava
altresì la
nullità del contratto stipulato in data 12aveva aggiudicato
definitivamente il
servizio all’ATI con capogruppo s.a. Citelum. Dichiarava altresì
la nullità del
contratto stipulato in data 12 marzo 2004 tra quest’ultima ATI e
l’amministrazione comunale.
In parziale
accoglimento
dell’appello dell’ATI Citelum, il Consiglio di Stato, con sentenza 28
settembre
2005 n. 5196, ha dichiarato l’inefficacia del contratto suddetto, e ne
ha
respinto gli altri motivi di impugnazione unitamente al gravame
dell’amministrazione comunale, osservando (per quanto qui interessa):
a) che
doveva prestarsi
adesione all’orientamento secondo cui la caducazione in sede
giurisdizionale o
amministrativa di atti della fase della formazione della volontà
della P.A.
(deliberazione a contrarre, bando di gara, aggiudicazione) priva la
stessa
amministrazione, con efficacia ex tunc, della legittimazione a
negoziare
conferitagli dai precedenti atti amministrativi : in conformità
del resto al
principio che gli atti della serie pubblicistica e quelli della serie
privatistica sono indipendenti, ma i primi condizionano l’efficacia dei
secondi: e tale inefficacia può essere fatta valere soltanto
dalla parte che
abbia ottenuto l’annullamento della deliberazione costitutiva della
volontà
della p.a. senza pregiudizio per i diritti acquistati dai terzi di
buona fede
in esecuzione della deliberazione medesima;
b) che
pertanto non
poteva essere recepito né l’indirizzo propugnante la caducazione
automatica del
contratto in conseguenza dell’ annullamento dell’aggiudicazione,
peraltro
comportante l’aggiudicazione automatica in favore del secondo
classificato; né
quello che mediando tra le due tesi riteneva comunque di far salvi i
diritti
dei terzi richiamando le disposizioni degli art. 23 e 25 cod. civ.
Per la
cassazione della
sentenza l’ATI Citelum ha proposto ricorso,ai sensi dell’art. 111,
3° comma
Costit.; cui resiste l’ATI Hera con controricorso.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con il
ricorso l’ATI
Citelum, deducendo violazione degli art. 6 e 7 della legge 205/2000, 33
d.lgs.80 del 1998 e 25,103 Cost., censura la sentenza impugnata per
aver
dichiarato l’inefficacia del contratto di appalto stipulato tra di essa
ed il
comune dì Taranto, in seguito all’annullamento degli atti della
gara e del
verbale di aggiudicazione, senza porsi la questione dei limiti della
propria
giurisdizione non estesa dalle menzionate norme alla cognizione delle
sorti di
detto negozio avente natura paritetica-privatistica e non rientrante
nella fase
dell’ azione della P.A.-autorità, in quanto:
1) con la
sottoscrizione
del contratto sì instaura tra le parti un vincolo negoziale
"iure
privatorum" comportante che tutte le controversie attinenti alla sua
esecuzione devono ascriversi alla giurisdizione ordinaria: a maggior
ragione
configurabile quando si discuta della esistenza giuridica del
contratto, ossia
non già come il contratto vada eseguito, ma se deve essere
eseguito tra le
parti;
2) non ne
è sostenibile
una sorta di attrazione nell’ambito della giurisdizione amministrativa
per
l’automatico collegamento tra la procedura autoritativa di evidenza
pubblica e
la validità-efficacia del vincolo contrattuale perché le
relative questioni con
riferimento sia alla patologia del negozio per cui optare (con le
relative
conseguenze) tra le categorie tipizzate dal codice civile, sia alla
sorte delle
prestazioni nel frattempo eseguite dalle parti, sia alla qualificazione
della
buona fede del contraente privato, sia al trattamento giuridico dei
terzi che
abbiano acquisito diritti in forza del contratto,trascendono la mera
cognizione
del profilo della legittimità dell’azione autoritativa espletata
dalla p.a.
come autorità ed implicano valutazioni meramente civilistiche,
ascrivibili al
giudice naturale dei rapporti negoziali paritetici;
3) le
stesse Sezioni
Unite già prima della nota decisione 204/2004 della Corte
costituzionale,
avevano sistematicamente affermato che i vizi degli atti amministrativi
precedenti la stipulazione dei contratti iure privatorum della p.a.
comportano
la mera annullabilità del contratto; che solo l’amministrazione
può far valere
davanti al giudice ordinario. laddove il giudice amministrativo aveva
finito
per sconfessare il sistema privatistico delle patologie del negozio
giuridico e
creato una automatica inefficacia ad esso completamente estranea 4)ad
identica
conclusione è pervenuta parte della giurisprudenza
amministrativa secondo la
quale al giudice amministrativo è dato conoscere e statuire
sulla legittimità
dei procedimenti amministrativi di gara,ma non anche sulle vicende
inerenti al
contratto, attribuite alla giurisdizione dell’A.G.O.
Il ricorso
è
manifestamente fondato.
Nel sistema
antecedente
al d.lgs.80 del 1998, nonché alla legge 205 del 2000, in tema di
pubblici
appalti costituivano principi giurisprudenziali del tutto consolidati:
1) che il
contratto di
appalto comunque concluso da vita ad un rapporto essenzialmente di
diritto
privato, seppur caratterizzato da una disciplina differenziata
dipendente dalla
qualità di ente pubblico del committente e dalle finalità
di interesse generale
perseguite; e che esso è fonte di reciproche obbligazioni e
diritti soggettivi
la cui tutela è perciò affidata agli organi della
giurisdizione ordinaria;
2) che
nella fase
antecedente a tale conclusione, nel caso in cui la scelta del
contraente
privato avvenga con il sistema della "licitazione privata", con
quello dei pubblici incanti o dell’appalto-concorso, la posizione del
soggetto
aspirante all’affidamento dell’appalto nonché dei partecipanti
alla gara sulla
quale l’amministrazione committente con sua azione può
interferire favorevolmente
o sfavorevolmente, trova protezione nelle norme di legge e nei
regolamenti
disciplinanti il procedimento amministrativo di scelta del contraente;
con la
conseguenza che, assume natura e consistenza di interesse legittimo al
regolare
svolgimento del procedimento amministrativo: tutelabile, come tale,
davanti al
giudice amministrativo;
3) che, in
particolare,
detto interesse può configurarsi sia come pretensivo, che come
oppositivo:
avendo egli l’interesse pretensivo all’aggiudicazione della gara;
mentre, ove
l’abbia già ottenuto e questa sia stata annullata, egli ha
l’interesse
oppositivo ad impugnare l’annullamento, ovvero a ricorrere avverso la
nuova
aggiudicazione ad altri partecipanti alla gara di appalto.
Sicché appartenevano
alla giurisdizione generale di legittimità di detto giudice le
impugnative dei
provvedimenti di aggiudicazione dell’appalto, nonché degli atti
procedimentali
a questa precedenti e prodromici; e, per converso, quelle dei
provvedimenti di
invalidazione dell’ aggiudicazione,che costituiva il limite di
operatività di
detta giurisdizione anche quando la stessa segnava nel contempo la
conclusione
del contratto, con effetti vincolanti per entrambe le parti.
In tal
caso, le domande
dirette ad ottenere la declaratoria di nullità o l’annullamento
del relativo
verbale per vizi della volontà o per altre cause previste dagli
art.1418 e
segg. cod.civ, esulavano da detta giurisdizione per rientrare nella
cognizione
del giudice ordinario, riguardando la validità di un rapporto
negoziale di
natura privatistica (Cass. sez.un. 1507/1987).
Siffatta
disciplina non
è sostanzialmente mutata per effetto della legge 205 del 2000,
il cui art. 7,
recependo con parziali modifiche e sostituendo l’art. 33 del decr.
legisl. n.
80 del 1998, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi
(1° comma);
e specificato in quello successivo che "Tali controversie sono, in
particolare quelle:....... e) aventi ad oggetto le procedure di
affidamento di
appalti pubblici di lavori, di servizi e forniture svolti da soggetti
comunque
tenute alla applicazione delle norme comunitarie.......;":
perciò nel
contempo delimitando l’ambito di tale giurisdizione, già
introdotta,
significativamente con identica formula, dal precedente art. 6 della
legge.
Queste
Sezioni Unite,
infatti, fin dalle prime interpretazioni della norma hanno precisato il
concetto di pubblico servizio come prestazione resa da un soggetto
pubblico (o
privato che al primo, in forza di vari meccanismi giuridici si
sostituisca)
alla generalità degli utenti, mentre esulano da tale nozione le
prestazioni
rese in favore dell’amministrazione,e comunque del gestore per
garantirgli
l’organizzazione del servizio (Cass. sez. un. 7461/2004; 1997/2003;
10726/2002).
E fra le
diverse e pur
possibili opzioni ermeneutiche, hanno privilegiato quella cd.
privatistica, per
la quale gli artt. 6 e 7 della legge 205/2000, nel devolvere alla
giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative
alle
procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e
forniture,
hanno riguardo alla sola fase pubblicistica dell’appalto (in essa
compresi i
provvedimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dalla
stessa); e non si
riferiscono alla successiva fase dell’esecuzione del
rapporto,concernente i
diritti e gli obblighi derivanti, per ciascuna delle parti, dal
contratto
stipulato successivamente agli atti di evidenza pubblica. In questa
seconda
fase resta operante la giurisdizione del giudice ordinario quale
giudice dei
diritti, cui spetta verificare la conformità alle norme positive
delle regole
attraverso le quali i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti
interessi, e delle relative condotte attuative:a nulla rilevando che
specifiche
disposizioni legislative attribuiscano all’amministrazione committente
la
facoltà di incidere autoritativamente sul rapporto (e perfino di
risolverlo) ,
posto che detti atti amministrativi, non hanno natura provvedimentale e
non cessano
di operare nell’ambito delle paritetiche posizioni contrattuali (da
ult., Cass.
sez. un. 17829 e 17830/2007; 4427/2007; 4116/2007).
Si è
pure evidenziato
(Cass. sez. un. 72/2 000) come una diversa lettura della nuova
normativa (cd.
pubblicistica) , comportando una estensione della giurisdizione
amministrativa
a controversie di carattere e contenuto esclusivamente patrimoniale,
non
direttamente ed effettivamente connesse ad interessi generali - come,
in tesi,
quelle relative alla verifica (sulla base di categorie privatistiche)
della
puntualità o meno della esecuzione di contratti conclusi dal
gestore (sia esso
pubblico o privato) di un servizio pubblico per l’acquisizione di beni
ed opere
strumentali a detta attività - ponesse seri dubbi di
compatibilità con il
precetto dell’art. 103 Cost.: dubbi condivisi dalla Corte
Costituzionale che,
nella recente sentenza 204 del 2004, ha dichiarato parzialmente
illegittimo il
menzionato art. 33 d.lgs.80,come recepito dall’art. 7 della legge
205/2000.
La Consulta
ha rilevato,
infatti, che il riferimento della disposizione ad una materia - quella
dei
pubblici servizi - dai confini non compiutamente delimitati, e
soprattutto il
richiamo a tutte le controversie ricadenti in tale settore rende
evidente che
la materia così individuata prescinde totalmente dalla natura
delle situazioni
soggettive coinvolte, radicando la giurisdizione esclusiva sul dato
puramente
oggettivo del normale coinvolgimento in tali controversie del generico
pubblico
interesse che è naturalmente presente nel settore dei pubblici
servizi : e così
travolgendo il necessario rapporto di specie a genere che l’art. 103
Cost.
postula come ordinario discrimine tra le giurisdizioni, allorché
contempla le
materie devolvibili alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo
come particolari rispetto a quelle nelle quali la pubblica
amministrazione
agisce quale autorità. Ha quindi precisato che il necessario
collegamento delle
materie assoggettabili a giurisdizione esclusiva con la natura delle
situazioni
soggettive, espresso, nell’art. 103 Cost., dalla loro qualificazione di
particolari rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di
legittimità, comporta che le materie affidate alla giurisdizione
suddetta
devono necessariamente partecipare della medesima natura - segnata
dall’agire
della P. A. come autorità, nei confronti della quale è
accordata tutela alle
posizioni di diritto soggettivo del cittadino dinanzi al giudice
amministrativo
- di quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità.
Dopo la
declaratoria di
parziale incostituzionalità della norma, non sono più
ammissibili dubbi
ermeneutici sulla possibile estensione della giurisdizione esclusiva;
che può
essere istituita o ampliata, per esigenze di concentrazione della
tutela,per impedire
la moltiplicazione dei giudizi,e comunque per garantire pienezza di
tutela al
cittadino attraverso un unico giudizio, soltanto alle condizioni
indicate dalla
Consulta, che cioè le posizioni di diritto soggettivo fatte
valere si
collochino in un’area di rapporti nella quale la p.a. agisce attraverso
poteri
autoritativi, ovvero si avvalga della facoltà riconosciuta dalla
legge di
adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo ai
sensi
dell’art. 11 della legge 241 del 1990.
Il che
nell’attività di
diritto privato si verifica soltanto nella fase della formazione della
sua
volontà, nonché di scelta del contraente privato, che non
è libera, ma si snoda
attraverso una serie di atti procedimentali caratterizzati
dall’esercizio di
poteri discrezionali e vincolati; i quali hanno normalmente inizio con
la
determinazione di contrarre e si concludono (nell’appalto di opere o
servizi,che qui interessa) con il provvedimento di aggiudicazione che
individua
il contraente privato, perciò costituendo l’ultimo atto e, nel
contempo, il
confine estremo della fase pubblicistica, del resto evidenziato dalla
stessa
formulazione letterale dei ricordati art.6 e 7 lett.a) della legge 205
del
2000, laddove limita l’ambito della giurisdizione esclusiva alle sole
"procedure di affidamento di appalti,.."; con conseguente implicita
esclusione della cognizione di tutti gli atti successivi alla sua
conclusione
(Cass. sez. un. 1142/2 007; 9601/2006; 4508/2006; 13296/2005) .
In questa
seconda fase,
pur strettamente connessa con la precedente, e ad essa consequenziale,
che ha
inizio con l’incontro delle volontà delle parti per la
stipulazione del
contratto, e prosegue con tutte le vicende in cui si articola la sua
esecuzione,infatti, i contraenti -p.a. e privato- si trovano in una
posizione
paritetica e le rispettive situazioni soggettive si connotano del
carattere,
rispettivamente,di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a seconda
delle
posizioni assunte in concreto. Sicché è proprio la
costituzione di detto rapporto
giuridico di diritto comune a divenire l’altro spartiacque fra le due
giurisdizioni,quale primo atto appartenente a quella ordinaria, nel cui
ambito
rientra con la disciplina posta dagli art. 1321 e segg. cod. civ.;e che
perciò,comprende non soltanto quella positiva sui requisiti
(art. 1325 e segg.)
e gli effetti (art. 1372 e segg.),ma anche l’intero spettro delle
patologie ed
inefficacie negoziali, siano esse inerenti alla struttura del
contratto, siano
esse estranee e/o alla stessa sopravvenute: come si verifica appunto
nelle
fattispecie prospettate dalla sentenza impugnata in cui viene a mancare
uno
degli atti del procedimento costitutivo della volontà
dell’amministrazione
(deliberazione di contrarre, bando, aggiudicazione). E trova
giustificazione il
principio da decenni enunciato da dottrina e giurisprudenza, che
seppure gli
atti della serie pubblicistica e quelli della serie privatistica sono
indipendenti quanto alla validità, i primi condizionano
l’efficacia dei
secondi, di modo che il contratto diviene inefficace se uno degli atti
del
procedimento viene meno per una qualsiasi causa (Cass.. 5 aprile 1976
n.1197 e
succ.) .
Per queste
ragioni le
Sezioni Unite, già con la precedente sentenza 20504/2006
relativa ad un
contratto di locazione stipulato da un Comune per l’acquisizione di
un’area
privata hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulla
domanda
volta ad ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento
del contratto a
seguito dell’annullamento della delibera di scelta dell’altro
contraente,
adottata all’esito di una procedura ad evidenza pubblica "non avendo la
controversia ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta
dell’altro
contraente, ma il rapporto di locazione derivante dall’atto stipulato
in
condizione di parità con quest’ultimo, del quale
l’Amministrazione chiede di
accertare l’invalidità o l’inefficacia, al fine di impedirne
l’esecuzione; onde
le situazioni giuridiche soggettive delle quali sì chiede
l’accertamento
negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni".
Identica
situazione è
ravvisabile nella fase di esecuzione dell’appalto successiva al
provvedimento
di aggiudicazione, segnata dall’operare dell’amministrazione non quale
autorità
che esercita pubblici poteri, ma nell’ambito di un rapporto
privatistico
contrattuale. Per cui nella fattispecie apparteneva sicuramente alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione della
legittimità degli atti della procedura di gara approvata dal
comune di Taranto
per il conferimento dell’appalto misto per cui è causa,
nonché dei
provvedimenti relativi al loro annullamento; ed in particolare
all’annullamento
della determinazione dirigenziale 2 marzo 2 00 4 n. 25 che aveva
aggiudicato
definitivamente il servizio all’ATI con capogruppo s.a. Citelum. Ma
alla
sentenza impugnata restava precluso ogni sindacato sugli atti di
esecuzione
conseguenti all’ aggiudicazione, a cominciare dal contratto stipulato
in data
12 marzo 2004 tra quest’ultima ATI e l’amministrazione comunale; che,
invece,
il Consiglio di Stato ha dichiarato inefficace, esorbitando dall’ambito
della
propria giurisdizione limitata dai ricordati art. 6 e 7 della legge
205/2000
"alle procedure di affidamento di appalti pubblici".
La
giurisdizione
esclusiva non è nel caso invocabile neppure per il fatto che
tale inefficacia è
stata considerata dal giudice amministrativo di appello - che non ha
condiviso
la declaratoria di nullità del contratto pronunciata dal TAR -
una conseguenza
necessaria dell’annullamento giurisdizionale dell’ aggiudicazione {"in
forza del rapporto di consequenzialità necessaria tra la
procedura di gara ed
il contratto successivamente stipulato": pag. 53); anzitutto
perché vige
nell’ordinamento processuale il principio generale
dell’inderogabilità della
giurisdizione per ragioni di connessione, salve deroghe normative
espresse non
rinvenibili nella normativa in esame (Cass. sez. un. 7859/2 001; 1760/2
002).
E, quindi, perchè valutare l’incidenza dell’ annullamento
dell’atto
amministrativo di aggiudicazione rispetto al rapporto privatistico che
ad esso
consegue costituisce una questione di merito relativa alla verifica
della
validità e della perdurante efficacia del contratto di appalto;
e significa
pronunziare intorno alla ricorrenza o meno delle condiciones juris,
incidenti
sulla sua giuridica esistenza e validità iniziale,
nonché, sul perdurare degli
effetti legati al sinallagma funzionale (Cass. sez.un, 6743/2005;
5179/2004;
931/1999, nonché 5941/2004; 12629/2006): e non già
decidere circa il corretto
esercizio del potere di annullamento di ufficio che deve
necessariamente
arrestarsi all’adozione del relativo provvedimento (nonché alla
eventuale
pronuncia sul risarcimento del danno conseguente ex art.35 d.lgs.
80/1998).
Ne è
conferma proprio la
disamina compiuta dal Consiglio di Stato delle variegate posizioni
della
giurisprudenza amministrativa e di quella .ordinaria sulla sorte del
contratto,nonché dei diritti ed obblighi dallo stesso derivanti,
in seguito
all’annullamento del provvedimento che ne costituisce il
presupposto;che in
realtà spaziano dalla declaratoria di nullità assoluta
(recepita dal TAR
Puglia; cfr. Cons. St. V,1218/2003; 6281/2002; Cass. 193/2002) alla
mera
annullabilità invocabile soltanto dall’amministrazione
committente ex art.1441
e 1442 cod.civ. (Cass. 11247/2002; 2 842/1996; Cons. St. VI,570/2002),e
comprendono le tesi intermedie che pervengono alla caducazione
automatica (per
il venir meno, con efficacia ex tunc, del requisito della
legittimazione a
contrarre o di uno dei presupposti di efficacia del negozio: Cons. St.
V,41/2007; IV,6666/2 003; VI,2992/2 003; Cass. 12 62 9/2 00 6), oppure
alla
inefficacia (sopravvenuta) del contratto,a sua volta giustificata in
base ad
istituti diversi (Cons. St. VI,4295/2 00 6; V,6759/2005; 34 63/2 004;
Cass.
6450/2004), che ora comportano il travolgimento dei diritti acquisiti
dai terzi
per effetto dell’atto negoziale,ora consentono la salvezza di quelli
acquistati
in buona fede (Cfr. Cons. St. V,1591/200 6; 5194/2005; 7346/2004;
3465/2004).
Ma che hanno tutte quale presupposto comune una vicenda propria
dell’atto
negoziale rientrante nel sistema delle inefficacie-invalidità
(significativamente) disciplinate dal codice civile : in forza delle
quali non
se ne producono gli effetti perseguiti, o questi vengono a cessare.
Anche
nell’opzione
prescelta dalla decisione impugnata, la condizione di inefficacia e
l’effetto
costitutivo della caducazione del contratto (perciò stesso non
assimilabile ad
un mero atto di ritiro) non discendono dalla statuizione di
annullamento adottata
dal giudice amministrativo (che pur ne costituisce il presupposto
necessario),ma derivano direttamente dalla legge (cosi come avviene per
le
patologie del contratto dovute a peculiari vizi genetici,e riconosce lo
stesso
Consiglio di Stato invocando i principi civilistici sui negozi
collegati). La
quale, d’altra parte, ben può escluderla come ha fatto l’art. 14
d.lgs.190 del
2002 per le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione
delle
infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di interesse
nazionale:
disponendo che l’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di
prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione
del
contratto eventualmente già stipulato dai soggetti
aggiudicatoti; e che in tal
caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per
equivalente,
con esclusione della reintegrazione in forma specifica.
Le Sezioni
Unite devono,
allora, ribadire che i riflessi sul contratto di appalto, del sistema
delle
irregolarità-illegittimità che affliggono la procedura
amministrativa a monte,
devono essere scrutinati in ogni caso dal giudice ordinario: e, quindi,
non
soltanto nelle fattispecie di radicale mancanza del procedimento di
evidenza
pubblica (o di vizi che ne affliggono singoli atti), ma anche in quella
della
sua successiva mancanza legale provocata dall’annullamento del
provvedimento di
aggiudicazione perché nella materia il criterio di riparto delle
giurisdizioni
non e fondato sul grado ed i profili di connessione tra dette
disfunzioni ed il
sistema delle invalidità-inefficacia del contratto;e neppure
sulla tipologia
delle sanzioni civilistiche che dottrina e giurisprudenza di volta in
volta gli
riservano, ma unicamente sulla separazione imposta dall’art. 103,
1° comma
Costit. tra il piano del diritto pubblico (e del procedimento
amministrativo)
ed il piano negoziale, interamente retto dal diritto privato:
separazione
nuovamente ribadita dall’ art. 244 del codice dei contratti pubblici
relativi a
lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 20 04/17/CE e
2004/18/CE (d.lgs. 163 del 2006),che ha confermato l’attribuzione alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di "tutte le
controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di
affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque
tenuti,
nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della
normativa
comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica
previsti
dalla normativa statale o regionale". E, per quanto riguarda la
successiva
fase contrattuale, soltanto di quelle "relative al divieto di rinnovo
tacito dei contratti, quelle relative alla clausola di revisione del
prezzo e
al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione
continuata o
periodica, nell’ipotesi di cui ali’art. 115, nonché quelle
relative ai
provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi
dell’art. 133
commi 3 e 4": nelle quali (almeno fino alle leggi 359 del 1992, art. 3
e
109 del 1994, art. 26), la posizione del contraente privato è
stata da decenni
qualificata dalla giurisprudenza di interesse legittimo e perciò
devoluta già
nel quadro normativo antecedente all’art.33 d.lgs.80/1998, alla
giurisdizione
generale di legittimità del giudice amministrativo ex art.2 e 3
legge 1034 del
1971 (Cass. sez.un. 21292,21293 e 21294/2005; 18126/2005; 1996/2003) .
Conclusivamente,
spetta
al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere
tanto la
dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia o
l’annullamento del
contratto di appalto, a seguito dell’annullamento della delibera di
scelta
dell’altro contraente, adottata all’esito di una procedura ad evidenza
pubblica: posto che in ciascuno di questi casi la controversia, non ha
ad
oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta suddetta, ma il
successivo
rapporto di esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto
di
appalto, del quale i soggetti interessati chiedono di accertare un
aspetto
patologico, al fine di impedirne l’adempimento; che le situazioni
giuridiche
soggettive delle quali si chiede l’accertamento negativo hanno
consistenza di
diritti soggettivi pieni; e che il giudice è comunque chiamato a
verificare la
conformità alla normativa positiva delle regole attraverso cui
l’atto negoziale
è sorto,ovvero è destinato a produrre i suoi effetti
tipici.
Questo
risultato non è
contraddetto dalla recente decisione 24658/2007 delle Sezioni Unite,
che in una
controversia in cui il giudice amministrativo aveva annullato
l’aggiudicazione
di un appalto relativo alla progettazione di un complesso
polifunzionale, ha
recepito la tesi della caducazione automatica del successivo contratto
stipulato con l’impresa vincitrice della gara in quanto nella
fattispecie
esaminata, la sentenza del Consiglio di Stato gravata dal ricorso, si
era
limitata ad annullare il provvedimento di aggiudicazione senza emettere
alcuna
statuizione in ordine alla successiva vicenda contrattuale.
Era stata
invece la
stazione appaltante a dedurre che nel caso il contratto di appalto
aveva avuto
integrale esecuzione, ed a sostenere in base a tale presupposto (3°
motivo)
"la insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo",
per essere competente quello ordinario a pronunciare la caducazione del
contratto.
Ma la Corte
non ha
condiviso tale prospettazione che modificherebbe il criterio di riparto
delle
giurisdizioni -delineato dagli art. 6 e 7 della legge 205/2000 con
esclusivo
riguardo alla fase pubblicistica o privatistica dell’appalto - in
funzione
dell’esaurimento di quest’ultima fase;ed in conformità alla
propria consolidata
giurisprudenza ha ribadito anche in tal caso la giurisdizione esclusiva
del
giudice amministrativo a pronunciare in ogni momento (Cass. sez. un.
1142/2007
cit.) l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, ritenendo al
riguardo
ininfluente l’intero effetto-vicenda negoziale da esso derivato (Cass.
sez.un.
4508/2006; 13296/2005; 5179/2004). E rilevando che era invece la fase
esecutiva
del rapporto ad esser priva di autonomia propria,in quanto destinata a
subire
gli effetti del vizio che inficia il provvedimento amministrativo cui
è
collegata, nonché a restare immediatamente travolta in
conseguenza del suo
annullamento senza richiedere pronunce di caducazione o atti di ritiro
dell’Amministrazione.
E sempre
sulla
distinzione tra la fase pubblicistica scandita dalle regole della
evidenza
pubblica e la successiva fase negoziale è stato fondato il
criterio di riparto
delle giurisdizioni anche in un appalto di servizi da Cass. sez.un.
24668/2007
che ha specificato,da un lato come l’intera procedura diretta alla
scelta
dell’altro contraente e fino all’atto di aggiudicazione nei diversi
momenti in
cui si articola sia devoluta dal legislatore alla giurisdizione
esclusiva del
giudice amministrativo,unitamente alla tutela risarcitoria completiva,
pur se
chiesta senza quella demolitoria (art. 35 d.lgs. 80/1998,come recepito
dall’art. 7 l. 205/2000). Ma dall’altro, ha riaffermato che il
provvedimento di
aggiudicazione "segna il momento terminale dell’esercizio della fase
pubblicistica", sicché nella fase successiva concernente
l’esecuzione del
rapporto resta operante la giurisdizione del giudice ordinario, quale
giudice
dei diritti e degli obblighi di ciascun contraente.
Pertanto,
in
accoglimento del ricorso, le Sezioni Unite devono dichiarare la
giurisdizione
del giudice ordinario in relazione alla declaratoria di inefficacia del
contratto suddetto,e conseguentemente cassare la sentenza impugnata
limitatamente a tale parte. Mentre la peculiarità delle
questioni trattate, che
aveva già indotto il Consiglio di Stato, a compensare tra le
parti le spese
dell’ intero giudizio, induce il Collegio a confermare detta
statuizione e ad
estenderla anche a quelle di questa fase.
P.Q.M.
La Corte,a
sezioni
unite,accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice
ordinario,
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e dichiara
interamente compensate tra le parti le spese di questa fase del
giudizio.
Così
deciso in Roma il 9
ottobre 2007.
Depositata
in Segreteria
in data 28 dicembre 2007.
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