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Giurisprudenza - Appalti |
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Cons. Stato, Ad Plen. 13 giugno 2012 n. 22, la previsione contenuta nell’ art. 37, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006,
sull’obbligo di indicare in sede di presentazione dell’offerta le
‹‹parti›› di servizio imputate a ciascun operatore
raggruppato si applica a tutte le forme di a.t.i.,
sia a struttura orizzontale che a struttura verticale
FATTO e DIRITTO
1.—
Con deliberazione della Giunta della Provincia autonoma di Bolzano n. 3576 del
15 ottobre 2001 veniva indetto un pubblico incanto ai
sensi del d.lgs. n. 17 marzo 1995, n. 157 (Attuazione della direttiva 92/50/CEE
in materia di appalti pubblici di servizi), da aggiudicarsi con il metodo
dell’offerta economicamente più vantaggiosa al prezzo base d’asta
di euro 186.816,55 annui, per l’appalto dei servizi di management
regionale nell’ambito dei documenti unici di programmazione e dei
programmi operativi nel periodo 2000-2006, promossi e finanziati dai fondi
strutturali comunitari, con contestuale approvazione del relativo capitolato
speciale d’oneri e dell’avviso del bando di gara.
Presentavano domanda di partecipazione solamente la
costituenda associazione temporanea d’impresa (a.t.i.)
tra le due società Bat s.r.l. e Apri s.p.a.,
capeggiata dalla prima, e
Nella
seduta del 20 dicembre 2001 aveva luogo l’ammissione delle due
concorrenti e nella seduta del 25 febbraio 2002 veniva
formata la graduatoria, sulla cui base risultava aggiudicataria, con punti
71,82, l’a.t.i. Bat
s.r.l./Apri s.p.a., mentre
2.—
La seconda classificata adiva il Tribunale regionale di giustizia
amministrativa per
3.—
L’adito T.r.g.a., con
la sentenza in epigrafe (n. 402 del 29 agosto 2002), provvedeva come segue:
(i) respingeva le eccezioni d’irricevibilità
e d’inammissibilità del ricorso di primo grado, sollevate dalla controinteressata e dall’amministrazione resistente
sotto vari profili;
(ii) accoglieva il primo motivo
del ricorso di primo grado, con il quale la ricorrente Regio Plus s.a.s. aveva dedotto la violazione dell’art. 11
d.lgs. n. 157 del 1995 e del punto 10. del bando di gara per la mancata
specificazione, a cura dell’a.t.i.
aggiudicataria, delle parti del servizio assunte da ciascuna delle imprese
associate, prescritta quale condizione di ammissione, con assorbimento dei
motivi residui;
(iii) respingeva la domanda di
risarcimento dei danni, ritenendo che in esito all’intervenuta
sospensione cautelare del provvedimento di aggiudicazione non fossero
configurabili danni risarcibili;
(iv) dichiarava le spese di causa
interamente compensate tra le parti.
4.—
Avverso tale sentenza interponeva appello (con ricorso n. 8412 del 2002)
l’originaria controinteressata a.t.i. Bat
s.r.l./Apri s.p.a., deducendo i seguenti motivi:
a)
l’erronea reiezione delle eccezioni d’irricevibilità
e d’inammissibilità del ricorso di primo grado, sotto i seguenti profili:
-
il ricorso di primo grado aveva per oggetto il solo verbale di gara 25 febbraio
2002, contenente l’aggiudicazione, e non anche il verbale di gara 20
dicembre 2001, di ammissione alla gara;
-
il T.r.g.a., incorrendo nel
vizio di ultrapetizione, aveva reinterpretato il ricorso come rivolto contro il
verbale del 20 dicembre 2001;
-
il verbale del 20 dicembre 2001, contenente l’ammissione dell’a.t.i. appellante alla gara,
doveva essere impugnato immediatamente e tempestivamente;
-
inoltre, siccome il verbale del 25 febbraio 2002 già aveva formato oggetto di
un precedente ricorso al Tr.g.a.,
dovevano essere proposti motivi aggiunti, mentre non poteva essere proposto
ricorso autonomo;
b)
l’erroneo accoglimento del motivo di ricorso, secondo cui l’odierna
appellante doveva essere esclusa dalla gara per la mancata specificazione delle
parti di servizio assunte da ciascuna partecipante all’a.t.i., in quanto:
b1)
l’art. 11 d. lgs. n. 157 del 1995, richiamato dal bando, stabiliva che
l’offerta, e non la domanda di partecipazione alla gara, doveva
specificare le parti del servizio che sarebbero state eseguite dalle singole
imprese, e l’offerta presentata da essa appellante, in realtà, conteneva
siffatta specificazione;
b2)
la prescrizione in tal senso del bando comunque non era stata imposta a pena di
esclusione;
b3)
l’art. 11 d.lgs. n. 157 del 1995 doveva ritenersi applicabile alle sole a.t.i. di tipo verticale e non
anche a quelle di tipo orizzontale.
L’appellante
chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, la reiezione
dell’avversario ricorso di primo grado.
5.—
Costituendosi in giudizio, l’appellata Regio Plus s.a.s.
(ricorrente vittoriosa in primo grado) contestava la fondatezza
dell’appello e ne chiedeva il rigetto con rifusione di spese.
6.—
Si costituiva altresì l’appellata Provincia autonoma di Bolzano, aderendo
all’appello proposto dall’a.t.i.
aggiudicataria e chiedendone l’accoglimento.
7.—
All’esito dello svolgimento dell’udienza pubblica del 31 gennaio 2012,
(i) respingeva il motivo d’appello sub 4.a)
nella parte in cui era volto ad impugnare la statuizione di rigetto
dell’eccezione d’irricevibilità del
ricorso di primo grado, rilevando che nel caso di specie, connotato
dall’ammissione di soli due concorrenti alla gara, doveva bensì ritenersi
che l’interesse a contestare l’altrui ammissione sorgesse sin
dall’adozione dell’atto di ammissione e che dunque dalla conoscenza
dell’atto di ammissione decorresse il termine di impugnazione, ma che non
risultava dimostrata la data, in cui la ricorrente in primo grado avesse avuto
piena conoscenza del provvedimento d’ammissione, poiché dal verbale di
ammissione del 20 dicembre 2001 non era dato evincere che alle operazioni della
commissione fossero presenti i rappresentanti delle imprese concorrenti, né
risultava in altro modo dimostrato in che data detto verbale fosse stato
comunicato alle concorrenti, sicché era plausibile ritenere che solo in esito
al verbale di aggiudicazione del 25 febbraio 2002 Regio Plus s.a.s. avesse avuto contezza dell’atto di ammissione
e dunque lo abbia potuto contestare, con conseguente corretta reiezione
dell’eccezione d’irricevibilità del
ricorso proposto avverso il verbale di ammissione;
(ii) respingeva il motivo
d’appello sub 4.a) anche nella parte in cui era diretto ad
impugnare la statuizione di rigetto dell’eccezione
d’inammissibilità del ricorso di primo grado, rilevando che lo stesso,
oltre ad essere diretto contro il verbale di aggiudicazione del 25 febbraio
2002 e contro gli atti presupposti, conteneva specifiche censure contro
l’atto di ammissione alla gara, sicché il T.r.g.a.
correttamente aveva interpretato il ricorso di primo grado come rivolto anche
contro il verbale del 20 dicembre 2001, con conseguente infondatezza del vizio
di extrapetizione, nonché rimarcando che non v’era onere di proposizione
di motivi aggiunti anziché di autonomo ricorso, atteso che all’epoca dei
fatti di causa, nel vigore della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, la proposizione
dei motivi aggiunti era una facoltà, ma non un onere, ben potendosi articolare
una pluralità di ricorsi autonomi, purché nel rispetto del termine massimo di
impugnazione, nella specie osservato;
(iii) sulla questione di diritto
oggetto dell’appello, afferente all’ambito applicativo
dell’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 157 del 1995 – laddove la citata
disposizione legislativa prescrive(va) che l’offerta proveniente da un
raggruppamento d’imprese ‹‹deve specificare le parti del
servizio che saranno eseguite dalle singole imprese e contenere l’impegno
che, in caso di aggiudicazione della gara, le stesse imprese si conformeranno
alla disciplina prevista nel presente articolo›› –, rilevava
un contrasto di giurisprudenza, in quanto, secondo un primo orientamento
giurisprudenziale, la previsione in commento non distinguerebbe tra a.t.i. orizzontali e verticali, al fine dell’obbligo
di specificare le ‹‹parti›› di servizio che saranno
eseguite da ciascuna impresa (richiamando, con specifico riferimento
all’art. 11 d. lgs. n. 157 del 1995, Cons. St.,
sez. V, 28 agosto 2009, n. 5098; Cons. St., sez. V 14 gennaio 2009 n. 98,
nonché, quanto alla ratio della disposizione
normativa oggi replicata dall’art. 37, comma 2, d. lgs.
12 aprile 2006, n. 163, Cons. St.,
sez. III, 7 marzo 2011, n.
1422; Cons. St., sez. V, 14 febbraio
2011, n. 939; Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2010 n. 744), mentre,
secondo un orientamento opposto, l’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 157 del
1995 andrebbe riferito solo alle a.t.i. verticali e
non anche a quelle orizzontali (richiamando Cons. St. sez. V, 26 novembre 2008, n. 5849; Cons. St., sez.
V, 4 maggio 2009, n. 2783; Cons. St., sez. V,
28 febbraio 2011 n. 1249), e di conseguenza disponeva il deferimento del
ricorso all’adunanza plenaria.
8.—
Dopo lo scambio di ulteriori memorie,
all’odierna udienza pubblica la causa è stata trattenuta in decisione.
9.—
Prima di affrontare la questione di diritto rimessa all’adunanza
plenaria, s’impongono alcuni rilievi pregiudiziali
di natura processuale.
9.1.—
L’ordinanza collegiale di rimessione, nella parte in cui con le
statuizioni sub 7.(i) e 7.(ii)
ha respinto il primo motivo d’appello – col quale l’odierna
appellante aveva censurato l’erronea reiezione delle eccezioni d’irricevibilità e d’inammissibilità del ricorso in
primo grado, sollevate dinanzi al T.r.g.a. –,
assurge a valenza di sentenza non definitiva (ai sensi dell’art. 36,
comma 2, cod. proc. amm.), avendo essa deciso le
questioni pregiudiziali di rito devolute al giudizio appello col primo motivo,
senza esaurire l’oggetto del giudizio che, con la rimessione
all’adunanza plenaria, prosegue per la decisione delle questioni di
merito.
Invero,
in applicazione del generale principio processuale della prevalenza della
sostanza sulla forma, al fine di stabilire se un provvedimento abbia la natura
di sentenza o di ordinanza, è decisiva non la forma adottata, ma il suo
contenuto sostanziale – purché il provvedimento abbia il minimo di
requisiti formali per rientrare nel tipo che sarebbe congruo in
relazione al suo contenuto (come nel caso di specie, trattandosi di
ordinanza collegiale firmata dal presidente e dall’estensore) –, di
modo che, allorquando il giudice, ancorché con provvedimento avente veste
formale di ordinanza, abbia, senza definire il giudizio, deciso una o più
questioni pregiudiziali attinenti al processo (ipotesi, ricorrente nel caso di
specie), oppure una o più questioni preliminari di merito, che siano
astrattamente idonee a definire il processo ma in concreto non lo siano per la
soluzione (di segno reiettivo) adottata, a tale
provvedimento, di natura decisoria, va riconosciuto natura di sentenza non
definitiva ai sensi della citata disposizione processuale (cui, nel processo
civile, corrisponde l’art. 279, comma 2, n. 4) cod. proc. civ.).
Essendosi
la potestas iudicandi
sulle questioni d’irricevibilità e
d’inammissibilità del ricorso di primo grado, devolute in appello,
esaurita con la decisione al riguardo assunta nell’ordinanza di
rimessione (v. il § 6 dell’ordinanza), per quanto sopra esposto
assurgente a valore sostanziale di sentenza, ne deriva la preclusione al
riesame, nel prosieguo del giudizio e dunque nella
presente fase, delle questioni pregiudiziali di rito decise
nell’ordinanza di rimessione.
9.2.—
Sebbene il profilo di censura sub 4.b3), che si risolve nella questione
di diritto oggetto del contrasto giurisprudenziale segnalato dalla Sezione,
fosse stato sviluppato dall’odierna appellante in modo espresso solo
nella memoria del 12 gennaio 2012, la relativa deduzione deve ritenersi
contenuta – implicitamente, ma necessariamente – già
nell’atto d’appello, laddove risulta
investito dall’impugnazione, con effetto in parte qua interamente
devolutivo, l’intero capo della sentenza di primo grado, col quale era
stato accolto il primo motivo del ricorso di primo grado (mancata indicazione
delle ‹‹parti›› del servizio da eseguire dalle singole
imprese componenti dell’a.t.i.), presupponendo
invero l’accoglimento di tale motivo di ricorso l’adesione alla
tesi dell’applicabilità del citato art. 11 anche alle a.t.i.
di tipo orizzontale (quale, nel caso di specie – pacificamente –
l’a.t.i. aggiudicataria).
9.3.—
Va, poi, precisato, che nell’impugnata sentenza il motivo di ricorso, con
cui è stata censurata la mancata esclusione dell’a.t.i. aggiudicataria per la mancata specificazione
delle ‹‹parti›› del servizio da eseguire dalle singole
imprese associande, è stato accolto non già sotto il
profilo formale della correlativa omessa indicazione nella domanda di
partecipazione, bensì sotto il profilo sostanziale della mancata indicazione
del riparto delle prestazioni tra i singoli operatori nella stessa offerta, in
violazione dell’art. 11 d.lgs. n. 157 del 1995 e del punto 10. del bando
di gara (v. pp. 8 e 9 della sentenza, in cui non v’è menzione di una
violazione meramente formale nella compilazione della domanda di
partecipazione, bensì di una violazione sostanziale del contenuto precettivo
della citata disposizione normativa e della corrispondente prescrizione della lex specialis).
Non
coglie, pertanto, nel segno la deduzione, contenuta nel ricorso in appello,
secondo cui ‹‹ (…) l’art. 11
del D.Leg.vo 157/95, al quale il bando rinvia,
stabilisce che l’offerta, e non la domanda di partecipazione alla gara,
deve specificare le parti del servizio che saranno eseguite dalle singole
imprese, prescrizione puntualmente osservata, persino in eccesso,
dall’ATI con la analitica indicazione dei compiti nei vari curriculum
delle società facenti parte dell’associazione (…)››.
Infatti, tale deduzione difensiva, nella parte in cui suggerisce che il motivo
fosse stato accolto sotto il profilo meramente formale della mancata
specificazione del riparto tra le singole imprese nella domanda anziché
nell’offerta, poggia su una travisata lettura dell’appellata
sentenza, la cui ratio decidendi
va, invece, ravvisata nell’affermata violazione, sotto un profilo
sostanziale, dell’onere di specificazione del
riparto nell’offerta.
Il
devolutum, che deve orientarsi al decisum investito dall’impugnazione, in
parte qua deve dunque essere correttamente riferito alla sopra individuata ratio decidendi che
sorregge la statuizione d’accoglimento del primo motivo del ricorso di primo grado.
Quanto
all’affermazione – pure contenuta nel ricorso in appello –
dell’osservanza dell’onere di
specificazione in esame nell’offerta, la stessa introduce una questione
di fatto da affrontare in sede di decisione nel merito del ricorso (su cui v. infra, § 10.4.2.).
9.4.—
Giova, infine, rilevare che ai sensi dell’art. 99,
comma 4, cod. proc. amm. l’adunanza plenaria,
investita di una questione oggetto di contrasto giurisprudenziale, in omaggio
al principio di economia processuale e per esigenze di celerità, di regola
decide la controversia anche nel merito, salva la necessità di ulteriori
esigenze istruttorie, nel caso di specie insussistenti (v. infra,
§ 10.4.).
10.—
Con ciò delimitato l’ambito oggettivo del thema
decidendum nel presente giudizio d’appello
e nella presente fase processuale, si rileva che, con riguardo alla questione
di diritto rimessa all’adunanza plenaria, l’ordinanza di rimessione
non ha preso una netta posizione a favore di una tesi o dell’altra,
sebbene dal relativo impianto motivazionale traspaia una preferenza per la tesi
dell’applicabilità dell’art. 11, comma 2,
d.lgs. n. 157 del
La
distinzione tra a.t.i.
orizzontali e a.t.i. verticali – oggi enunciata
sul piano legislativo dall’art. 37, commi 1 e 2, d. lgs.
12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE)
– poggia sul contenuto delle competenze portate da ciascuna impresa
raggruppata ai fini della qualificazione a una determinata gara: in linea
generale, l’a.t.i. orizzontale è caratterizzata
dal fatto che le imprese associate (o associande)
sono portatrici delle medesime competenze per l’esecuzione delle
prestazioni costituenti l’oggetto dell’appalto, mentre l’a.t.i. verticale è connotata dalla circostanza che
l’impresa mandataria apporta competenze incentrate sulla prestazione
prevalente, diverse da quelle delle mandanti, le quali possono avere competenze
differenziate anche tra di loro, sicché nell’a.t.i.
di tipo verticale un’impresa, ordinariamente capace per la prestazione
prevalente, si associa ad altre imprese provviste della capacità per le
prestazioni secondarie scorporabili.
Sul
piano del regime della responsabilità, nelle a.t.i. orizzontali ciascuna delle imprese riunite è
responsabile solidalmente nei confronti della stazione appaltante, mentre nelle
a.t.i. verticali le mandanti rispondono ciascuna per
le prestazioni assunte e la mandataria risponde in via solidale con ciascuna
delle imprese mandanti in relazione alle rispettive prestazioni secondarie.
10.1.—
Premesso che nel caso di specie si verte in fattispecie di gara d’appalto
di servizi e che l’aggiudicataria è, pacificamente, organizzata in forma
di un’a.t.i.
(costituenda) orizzontale (v. la documentazione in atti, in particolare la
domanda di partecipazione alla gara), si osserva che ai sensi dell’art.
11, comma 2, d.lgs. n. 157 del 1995, come sostituito dall’art. 9 del
d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 65 (Attuazione delle direttive 97/52/CE e 98/4/CE,
che modificano ed integrano, rispettivamente, le direttive 92/50/CEE, in materia
di appalti pubblici di servizi, e 93/98/CEE, limitatamente ai concorsi di
progettazione), applicabile ratione temporis alla fattispecie sub iudice,
negli appalti di servizi, in caso di a.t.i.,
‹‹l'offerta congiunta deve essere sottoscritta da tutte le imprese
raggruppate e deve specificare le parti del servizio che saranno eseguite dalle
singole imprese e contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione
della gara, le stesse imprese si conformeranno alla disciplina prevista nel
presente articolo››.
In
termini analoghi dispone la disciplina oggi vigente che, dopo aver operato,
nell’art. 37, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006,
la distinzione tra a.t.i. orizzontale e verticale per
le forniture e i servizi, al comma 4 dello stesso articolo di legge dispone:
‹‹Nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere
specificate le parti del servizio che saranno eseguite dai singoli operatori
riuniti o consorziati››.
Orbene,
premesso che la disciplina dei raggruppamenti d’impresa in materia di
contratti pubblici è finalizzata a consentire, attraverso il principio del
cumulo dei requisiti, la partecipazione congiunta di una pluralità di operatori
economici anche di ridotte dimensioni a gare di appalti di notevole entità e,
al contempo, a consentire la realizzazione dell’appalto
nell’interesse della stazione appaltante attraverso la valorizzazione
dell’unione delle risorse e delle capacità tecnico-organizzative ed
economico-finanziarie di più imprese, con ampliamento delle
garanzia per la stessa stazione appaltante (essendo tutte le imprese associate
responsabili, a vario titolo, verso quest’ultima), ritiene
l’adunanza plenaria che, per le ragioni di seguito sviluppate, sia più
aderente al dato normativo e all’impianto sistematico della disciplina
degli appalti pubblici nel settore dei servizi la soluzione interpretativa,
secondo cui la citata disposizione, contenuta nell’art. 11, comma 2,
d.lgs. n. 157 del 1995, sia applicabile indistintamente a tutte le forme di a.t.i., orizzontali e verticali.
10.2.—
A favore di tale tesi milita, anzitutto, l’argomento letterale che la
disposizione in esame non contiene alcuna distinzione tra a.t.i. orizzontali e verticali, al fine
dell’obbligo di specificare le ‹‹parti›› di
servizio che saranno eseguite da ciascuna impresa, talché tale obbligo deve
ritenersi operante per entrambe le forme di raggruppamenti di imprese
(peraltro, la disposizione normativa, non distinguendo tra imprese già
raggruppate o imprese che dichiarano di volersi riunire, è applicabile sia alle
a.t.i. già costituite, sia alle a.t.i.
costituende; del resto, la questione non è controversa tra le parti).
10.3.—
L’orientamento qui condiviso è, poi, suffragato da una serie di argomenti
di natura sistematica e teleologica, tenuto conto del contesto
normativo, della ratio legis
e delle finalità perseguite dalla norma.
10.3.1.—
Sotto gli enunciati profili, la previsione contenuta nell’
art. 11, comma 2, d.lgs. n. 157 del 1995 (attuale art. 37, comma 4,
d.lgs. n. 163 del 2006), sull’obbligo di indicare in sede di
presentazione dell’offerta le ‹‹parti›› di
servizio imputate a ciascun operatore raggruppato, in primo luogo persegue la
finalità di consentire alla stazione appaltante l’accertamento
dell’impegno e dell’idoneità delle imprese, indicate quali
esecutrici delle prestazioni di servizio in caso di aggiudicazione, a svolgere
effettivamente le ‹‹parti›› di servizio indicate, in
particolare consentendo la verifica della coerenza dell’offerta con i
requisiti di qualificazione, e dunque della serietà e dell’affidabilità
dell’offerta.
L’offerta
contrattuale, che non contiene la specificazione delle
‹‹parti›› di servizio che saranno eseguite dalle
singole imprese associande o associate, deve infatti ritenersi parziale e incompleta, non permettendo di
ben individuare l’esecutore di una determinata prestazione
nell’ambito dell’a.t.i., e rimanendo
dunque indeterminato il profilo soggettivo della prestazione offerta.
Poiché
l’aggregazione economica di potenzialità
organizzative e produttive per la prestazione oggetto dell’appalto,
connotante l’istituto delle associazioni di imprese, non dà luogo alla
creazione di un soggetto autonomo e distinto dalle imprese che lo compongono,
né ad un loro rigido collegamento strutturale, grava su ciascuna impresa,
ancorché mandante, l’onere di documentare il possesso dei requisiti di
capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria richiesti per
l’affidamento dell’appalto. L’indicazione delle
‹‹parti›› di servizio imputate alle singole imprese
associate o associande si
rende dunque necessaria per evitare l’esecuzione di quote rilevanti
dell’appalto da parte di soggetti sprovvisti delle qualità all’uopo
occorrenti.
Giova
al riguardo rilevare che nel settore dei servizi, in mancanza di una
predeterminazione normativa o regolamentare dei requisiti di capacità
tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria – infatti, la relativa
disciplina (per quanto qui interessa, dettata dagli artt. 13
e 14 d.lgs. n. 157 del 1995; cfr. gli attuali artt. 40 e 41 d. lgs. n. 163 del 2006), a differenza di quanto prevedono gli
artt.
È
proprio in funzione del controllo (alla stregua dei criteri determinati nel
bando) dell’idoneità delle imprese raggruppate a svolgere il servizio
oggetto dell’affidamento, che si rende necessaria la determinazione delle
‹‹parti›› di servizio che ciascuna impresa
raggruppata o raggruppanda intende svolgere.
Le
evidenziate esigenze, di controllo e di trasparenza, si pongono, peraltro,
maggiormente nei raggruppamenti a struttura orizzontale, dove – a
differenza da quelle a struttura verticale, connotate dalla circostanza che
l’impresa mandataria esegue le prestazioni di servizio indicate (nel bando
o nella lettera d’invito) come principali e le
imprese mandanti eseguono le prestazioni indicate come secondarie – tutti
gli operatori riuniti eseguono il medesimo tipo di prestazioni, per cui, in
difetto di specificazione delle ‹‹parti›› di servizi che
saranno eseguite dalle singole imprese, è preclusa una verifica in ordine alla
coerenza dei requisiti di qualificazione con l’entità delle prestazioni
di servizio dalle stesse assunte, mentre per le a.t.i.
di tipo verticale tale controllo è reso agevole già sulla base della sola
indicazione del ruolo dalle stesse svolte nell’ambito del raggruppamento
(mandataria e rispettivamente mandante), definito con riguardo alle prestazione
rispettivamente principali e secondarie prestabilite nel bando (sempre che,
ovviamente, a loro volta le parti secondarie scorporate non siano destinate ad
essere svolte da più d’una delle imprese appartenenti alla complessiva a.t.i.).
Ne
deriva che è proprio per le a.t.i.
orizzontali che l’indicazione delle ‹‹parti›› di
servizio imputabili alle singole imprese costituisce presupposto indefettibile
per poter operare le menzionate verifiche, onde evitare l’esecuzione di
quote rilevanti dell’appalto da parte di soggetti sprovvisti delle
qualità all’uopo occorrenti, la cui previsione (nel settore dei lavori
con disposizioni legislative e regolamentari, nel settore dei servizi con la lex specialis; v. supra) risponde all’imprescindibile esigenza,
a sua volta imposta dal principio costituzionale di buon andamento
dell’azione amministrativa, di ottenere, nel complesso, una garanzia
qualitativa di un determinato ed atteso livello, riferita all’esecuzione
dell’intero rapporto contrattuale, considerato in ciascuna delle singole
fasi di svolgimento.
10.3.2.—
In secondo luogo, la conoscenza preventiva del soggetto, che in concreto
eseguirà il servizio, consente una maggiore speditezza nella fase di esecuzione
del contratto, essendo individuato il responsabile della prestazione delle
singole parti dell’appalto. Anche tale esigenza è individuabile, indifferentemente, in
relazione entrambe le forme di a.t.i.
10.3.3.—
In terzo luogo, l’obbligo sancito dall’art. 11,
comma 2, d. lgs. n. 157 del 1995 esige che sia
assegnato un ruolo operativo a ciascuna delle imprese associate in a.t.i., onde evitare che esse si avvalgano del
raggruppamento non per unire le rispettive disponibilità tecniche e
finanziarie, ma per aggirare le norme di ammissione stabilite dal bando e
consentire così la partecipazione di imprese non qualificate, con effetti
negativi sull’interesse pubblico che il servizio è destinato a
soddisfare.
Quanto
al principale argomento addotto a suffragio del contrario orientamento, secondo
cui in caso di raggruppamento di tipo orizzontale non sarebbe necessario
indicare le ‹‹parti›› di servizio da eseguire da ciascuna impresa, né le percentuali, perché la distribuzione
del lavoro per ciascuna impresa non rileverebbe all’esterno e tutte le
imprese sarebbero responsabili in solido dell’intero (v. i precedenti
citati sopra sub 7. (iii)), è sufficiente rilevare che le
questioni inerenti al regime di responsabilità delle imprese associate o associande nei confronti della stazione appaltante si
muovono su un piano diverso dal sopra delineato contesto finalistico in cui si
iscrive la disposizione in esame, persistendo invero le evidenziate esigenze
sottese all’obbligo di specificare le ‹‹parti››
di servizio imputate alle singole imprese a prescindere dal regime di
responsabilità connotante le diverse forme di a.t.i.
(su cui v. sopra sub 10.).
10.3.4.—
Né la soluzione qui propugnata comporta un’indebita compressione del favor
partecipationis – pure, sebbene in modo
apodittico, messa in rilievo in alcuni precedenti aderenti
all’orientamento di segno contrario –, in quanto
la violazione dell’obbligo della specificazione delle
‹‹parti›› di servizio imputate alle singole imprese del
raggruppamento, sancito dall’art. 11, comma
-
sulla serietà, affidabilità, determinatezza e completezza, e dunque sugli
elementi essenziali dell’offerta, la cui mancanza, pena la violazione dei
principi della par condicio e della trasparenza, non è suscettibile di regolarizzazione postuma;
-
sui poteri di verifica della stazione appaltante attorno alla coerenza dei
requisiti di capacità degli operatori raggruppati con
riguardo alla natura della prestazione, in funzione della garanzia della
qualità delle prestazioni oggetto dell’appalto;
-
su un corretto assetto concorrenziale, evitando l’elusione delle norme di
ammissione stabilite dai bandi e impedendo la partecipazione fittizia di imprese, non chiamate (o chiamate in modo inappropriato)
ad effettuare le prestazioni oggetto della gara.
Conclusivamente,
l’obbligo in questione, da assolvere a pena di
esclusione al più tardi in sede di formulazione dell’offerta –
mentre una dichiarazione successiva, in sede di esecuzione del contratto, non
potrebbe assolvere allo stesso modo alle esigenze di trasparenza ed
affidabilità che caratterizzano la gara, sicché la sanzione
dell’esclusione rispetta i criteri della proporzionalità e
dell’adeguatezza –, è espressione di un principio generale che non
consente distinzioni legate alla natura morfologica del raggruppamento
(verticale o orizzontale), o alla tipologia delle prestazioni (principali o
secondarie, scorporabili o unitarie).
10.3.5.—
Giova, da ultimo, rimarcare che, ai fini del vaglio dell’ottemperanza
all’obbligo di specificare le ‹‹parti›› del
servizio che saranno eseguite dalle singole imprese, in ossequio al principio
della tassatività delle cause di esclusione – oggi sancito
dall’art. 46, comma 1-bis, d. lgs. n. 163 del 2006, aggiunto dall’art. 4, comma 2
lett. d) n. 2), d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo -
Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito dalla l. 12 luglio
2011, n. 106 – dovrà adottarsi un approccio ermeneutico di natura
sostanzialistica, nel senso che l’obbligo deve ritenersi assolto sia in
caso di indicazione, in termini descrittivi, delle singole parti del servizio
da cui sia evincibile il riparto di esecuzione tra le imprese associate, sia in
caso di indicazione, in termini percentuali, della quota di riparto delle
prestazione che saranno eseguite tra le singole imprese, tenendo conto della
natura complessa o semplice dei servizi oggetto della prestazione e della
sostanziale idoneità delle indicazioni ad assolvere alle finalità di riscontro
della serietà e affidabilità dell’offerta ed a consentire
l’individuazione dell’oggetto e dell’entità delle prestazioni
che saranno eseguite dalle singole imprese raggruppate.
10.3.6.—
Esula invece dai limiti oggettivi della presente controversia ogni questione
sull’ambito oggettivo di applicabilità (quanto a tipologia di appalti)
del criterio della corrispondenza tra quota di qualificazione delle imprese
associate o associande, quota di partecipazione
all’a.t.i. e quota di
esecuzione, sancito dall’art. 37, comma 13, d. lgs.
n. 163 del 2006, non risultando, sotto il profilo processuale, sollevate
correlative questioni (che dunque esulano dal devolutum),
e sottraendosi la fattispecie sub iudice
comunque ratione temporis
all’ambito di applicazione della citata disposizione di legge.
10.3.7.—
Per le esposte ragioni, in esito alla risoluzione del quesito in esame,
affermativa dell’applicabilità dell’art. 11,
comma 2, d. lgs. n. 157 del 1995 anche alle a.t.i. di tipo orizzontale, il profilo di censura dedotto sub
4.b3) deve essere disatteso.
10.4.—
Procedendo, in presenza delle condizioni per la
decisione dell’intera controversia nel merito ai sensi dell’art.
99, comma 4, cod. proc. amm., all’esame dei
residui profili di censura sub 4.b1) e 4.b2) in cui si articola il
secondo motivo d’appello, si osserva che gli stessi sono infondati.
10.4.1.—
In reiezione del profilo di censura, con cui si deduce che la prescrizione
dell’obbligo in contestazione non sarebbe stata imposta a pena di
esclusione, si osserva che:
-
il punto 10. del bando di gara, sotto il titolo ‹‹Condizioni di
ammissione›› contiene la testuale prescrizione ‹‹
(…) In caso di provvisoria associazione d’impresa, in conformità
all’art. 11 del Decreto legislativo n. 157/1995,
l’offerta comune deve essere firmata da ciascuna impresa coinvolta
elencando i servizi precisi prestati da ognuna di esse. In caso di attribuzione
di incarico le imprese devono inoltre impegnarsi a
rispettare le disposizioni dell’articolo sopra citato.
››;
-
con ciò, il bando di gara qualifica la prescrizione espressamente come condizione
di ammissione che, peraltro, ricalca un obbligo di legge, imposto
dall’art. 11, comma 2, d.lgs. n. 157 del
10.4.2.—
Quanto al secondo profilo di censura, con cui si sostiene che l’offerta comunque
conterrebbe la specificazione delle parti dei servizi che sarebbero state
eseguite dalle singole imprese, si rileva che l’esame dell’offerta
tecnica dell’odierna appellante evidenzia che vi è in essa una
descrizione dei servizi da svolgere e un’indicazione dei curricula degli esecutori indicati nominativamente,
ma che non vi risulta indicato e specificato
l’apporto di ciascuna impresa associanda (Bat s.r.l. e Apri s.p.a.) allo svolgimento del servizio,
tanto più che vi è contenuta la dichiarazione che ‹‹ (…)
L’A.T.I. assicurerà il servizio di assistenza in collaborazione con lo
Studio Associato Oasi di Bolzano (…)››, con conseguente
impossibilità di imputare, in modo chiaro e univoco, gli apporti dei vari
soggetti nominativamente indicati alle singole imprese associande,
in manifesta violazione della prescrizione in esame (sorgendo persino il dubbio
che parte dei servizi non debbano essere imputati allo Studio Associato Oasi,
indicato come collaboratore esterno).
10.5.—
In conclusione, l’appello deve essere respinto.
11.—
Le oscillazioni della giurisprudenza sulla centrale questione di diritto
giustificano la compensazione delle spese del presente grado di
giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto
(ricorso n. 8412 del 2002), lo respinge e, per l’effetto, conferma
l’impugnata sentenza; dichiara le spese del presente grado di giudizio
interamente compensate tra le parti.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2012 con
l’intervento dei magistrati: