TAR Toscana, Sez. I, sent. n. 1691 - 17 luglio 2000, sul potere
della Soprindentenza di annullamento del parere favorevole alla sanatoria
edilizia di un’opera abusiva su area sottoposta a vincolo paesistico.
DIRITTO - 1 - Con il ricorso in epigrafe è impugnato il decreto
ministeriale di annullamento del parere
formulato dal Comune ex art. 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47,
su proposta conforme della
Commissione Beni Ambientali, in ordine alla sanatoria richiesta dalla
ricorrente a seguito della
realizzazione di un piccolo manufatto in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico ai sensi della legge 29
giugno 1939 n. 1497.
Con il primo motivo, si deduce, in primo luogo, che il provvedimento
ministeriale sarebbe stato emanato
tardivamente; la ricorrente ritiene infatti irrilevante, ai fini della
proroga del termine anzidetto, la
documentazione integrativa acquisita dall'Amministrazione in data 26
gennaio 1991, essendo già
esaustiva quella già in possesso della locale Soprintendenza
fin dal 23 ottobre 1990; poiché il decreto
impugnato è stato emesso solo il 18 marzo 1991, esso sarebbe
stato adottato oltre il termine di sessanta
giorni previsto dall'art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, avendo
il Ministero ricevuto fin dal 23
ottobre 1990 la comunicazione del parere rilasciato dal Comune unitamente
agli elaborati necessari
all'esame della pratica; inoltre, il suddetto decreto sarebbe stato,
comunque, tardivamente notificato sia al
comune sia, a maggior ragione, alla ricorrente, ben oltre il termine
di 60 giorni citato.
Il motivo è infondato.
Il collegio rileva, in primo luogo, l'infondatezza del profilo di illegittimità
prospettato nell'ultima parte del
motivo in esame.
La giurisprudenza amministrativa, anche di questo Tribunale (Sez. III,
29.5.1997 n. 162; Idem,
23.5.1995 n. 125), è ferma nel ritenere che il termine di sessanta
giorni di cui all'art. 82 del D.P.R. n.
616/77, nel testo modificato dalla legge n. 431/85, ancorchè
perentorio, attiene al solo esercizio del
potere di annullamento - da parte dell'amministrazione statale - delle
autorizzazioni regionali in materia di
costruzioni nelle zone soggette a vincolo paesistico di cui all'art.
7 L. 1497/39, restando estranea alla
previsione normativa l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione
(Cons. St., VI, 3.2.2000 n. 628;
Idem, 28.1.2000 n. 403; TAR Emilia-Romagna, Bologna, II, 4.10.1999
n. 493; TAR Campania,
Napoli, IV, 19.10.1999 n. 2688).
Quanto alla decorrenza, il termine in questione decorre dalla data
di ricezione, da parte
dell'amministrazione centrale, del provvedimento regionale completo
dell'intera documentazione, salva la
possibilità di disporre integrazioni istruttorie che interrompono
il predetto termine perentorio (Cons. St.,
VI, n. 628/2000 e n. 403/2000, citate).
Sulla scorta dell'orientamento giurisprudenziale richiamato, al quale
il Tribunale aderisce, è innanzi tutto
infondata la censura basata sulla tardività della notificazione
dell'impugnato decreto ministeriale di
annullamento.
Pure infondata si palesa la censura di tardiva adozione del provvedimento
impugnato, con cui si postula
l'irrilevanza della documentazione acquisita sulla decorrenza del termine
di sessanta giorni stabilito per
l'emanazione del provvedimento.
Non vale, al riguardo, la qualificazione della predetta documentazione
proposta dalla ricorrente, secondo
la quale - trattandosi di "elaborati grafici dello stato di diritto"
- essa non assumeva alcuna rilevanza ai fini
della valutazione in ordine alla quale risultava idonea ed adeguata
la documentazione già in possesso
dell'Amministrazione fin dal 23 ottobre 1990.
A prescindere dalla considerazione che una tale valutazione può
impingere nel merito del giudizio rimesso
alla discrezionalità dell'Amministrazione preposta alla tutela
del vincolo, la possibilità di interruzione del
termine assegnato dalla legge è connessa alla circostanza di
fatto che la sua decorrenza presuppone la
completezza della documentazione necessaria alla formulazione del giudizio
di legittimità rimesso
all'amministrazione statale preposta alla tutela del vincolo, il cui
ambito, secondo la giurisprudenza, si
estende dalla violazione di legge all'eccesso di potere, in tutte le
sue figure sintomatiche.
Ciò, evidentemente, implica, da parte dell'autorità decidente,
l'assunzione di tutti gli elementi di
valutazione ritenuti utili alla formulazione del giudizio, con conseguente
interruzione del termine breve
previsto dalla legge per l'adozione del provvedimento ministeriale,
salva la possibilità (per l'interessato) di
dimostrare che la richiesta istruttoria di ulteriore documentazione
è del tutto ingiustificata e volta ad
eludere la perentorietà del termine stabilito.
Nella fattispecie, l'Amministrazione ha motivato la richiesta istruttoria
osservando che, ai fini del rilascio
del parere (rectius del nulla osta) paesaggistico, la conoscenza degli
elaborati di progetto è essenziale
per comprendere la reale entità delle variazioni intercorse.
Resta solo da rilevare, sotto il profilo in esame, che la richiesta
di integrazione documentale, avanzata
dalla locale Soprintendenza, è stata formulata in data anteriore
alla scadenza del termine di sessanta
giorni decorrente dalla prima acquisizione documentale.
2 - Con il secondo motivo si deduce l'erroneità della tesi del
Ministero circa l'impossibilità di
assoggettare il parere ex art. 32 L. n. 47/85 a prescrizioni e condizioni;
in particolare, il modesto
intervento sollecitato dal Comune (la realizzazione di "falde inclinate
in cotto") non sarebbe tale da
portare ad una struttura diversa da quella esistente: il parere favorevole
(alla sanatoria della costruzione),
sia pure condizionato, sarebbe pertanto ammissibile e legittimo anche
alla luce della giurisprudenza che,
costantemente, ammette che l'autorizzazione paesaggistica può
essere negata solo dopo aver fornito
indicazioni circa i requisiti per un idoneo inserimento dell'opera
nell'ambiente.
Il motivo è infondato.
Occorre, in primo luogo, precisare che il provvedimento ministeriale
impugnato contiene puntuali
considerazioni in ordine all'inammissibilità, nella fattispecie
in esame, del parere favorevole condizionato
rilasciato dal Comune nel procedimento ex art. 32 della legge n. 47/85.
Si rileva, altresì, che, in effetti, essendo riferito ad un
manufatto che risulta documentalmente "coperto
con solaio piano", il parere è favorevole (alla sanatoria della
costruzione) a condizione che siano
realizzate "falde inclinate di copertura in cotto".
Con riferimento alla peculiare fattispecie in esame, l'Amministrazione
statale ha puntualmente rilevato
l'inammissibilità del parere rilasciato dal Comune.
Rileva il Collegio che le puntuali considerazioni contenute nel provvedimento
impugnato sono
logicamente condivisibili e non in contrasto con l'indirizzo giurisprudenziale
richiamato dalla ricorrente.
Il parere ex art. 32 L. n. 47/85 si riferisce alle "opere eseguite
su aree sottoposte a vincolo"; inoltre, in
generale, la legge, all'art. 31, prevede la sanabilità di costruzioni
che "risultino essere state ultimate entro
la data del 1° ottobre 1983".
Ne consegue che, ai fini della sanatoria - e, correlativamente, del
nulla osta paesaggistico laddove trattasi
di opere eseguite su aree sottoposte a vincolo - occorre aver riferimento
alla data di ultimazione delle
stesse e, quindi, agli elementi strutturali o estetici che già
connotano le opere eseguite; deve trattarsi, in
altri termini, di caratteristiche in atto, dovendosi valutare la sanabilità
o, prima ancora in caso di contrasto
con un vincolo ambientale, la compatibilità della costruzione,
così come essa si presenta e non come
potrebbe essere qualora fossero realizzate determinate modifiche, strutturali
o meno, che ne
consentirebbero l'inserimento nell'ambiente circostante.
La giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, che ammette la possibilità
di prescrizioni tali da permettere
di adattare l'opera all'ambiente, concerne la presentazione di progetti
i quali, ove ritenuti non
perfettamente compatibili con il vincolo esistente, possono essere
modificati in modo da realizzare una
costruzione che, una volta ultimata, non si ponga in contrasto con
i valori paesaggistici dell'ambiente
circostante; essa non può, invece, essere invocata nella diversa
fattispecie in esame, nella quale si deve
valutare la compatibilità dell'opera - così come realizzata
e non più modificabile trattandosi di costruzione
abusiva - con il vincolo esistente.
In tal caso, l'oggetto della valutazione di compatibilità ambientale,
richiesta all'autorità competente, non
può che essere il manufatto edilizio così come esso si
presenta alla data fissata dalla legge ai fini della
sanatoria dell'opera abusiva; il parere favorevole condizionato a eventuali
modifiche della stessa, qualora
ammissibile, si convertirebbe infatti, in pratica, nella elusione del
termine di ultimazione del manufatto, il
cui rispetto costituisce invece il presupposto di ammissibilità
alla procedura di sanatoria ed alla
conseguente, ove necessaria, valutazione di compatibilità ambientale
della costruzione.
Da parte della giurisprudenza è stato affermato che la concessione
di costruzione in sanatoria, ai sensi
dell'art. 31 L. n. 47/85, non è compatibile con l'apposizione
di condizioni e la prescrizione di altre opere
edilizie che si risolverebbero in un mutamento, autorizzato ex post,
dello stato di fatto originario
sussistente alla data del 1° ottobre 1983, mentre la concessione
del condono edilizio può essere fondata
soltanto sulla valutazione della stato di fatto originario e può
condurre alternativamente all'accoglimento o
alla reiezione dell'istanza (TAR Campania, Salerno, 20.5.1998 n. 277;
TAR Toscana, II, 18.3.1994 n.
132).
3 - Palesemente infondato appare, infine, il terzo motivo di ricorso,
con cui si deduce carenza di
motivazione del provvedimento impugnato.
Contrariamente all'assunto della ricorrente, l'atto in questione rileva,
in primo luogo, che il parere
favorevole rilasciato dal Comune, con riferimento ad una condizione
in atto insussistente (riguardante la
copertura del manufatto che, documentalmente si presenta con solaio
piatto anziché a falde inclinate,
come ritenuto necessario dalla medesima autorità comunale ai
fini del rispetto del vincolo paesaggistico)
non può configurarsi come parere positivo di compatibilità
dell'opera abusiva così come realizzata; che
pertanto il provvedimento finisce per consentire opere ex novo che
avrebbero potuto essere assentite
solo dopo il rilascio di parere favorevole in ordine alla sanatoria
dell'esistente, anziché costituire, come si
verifica nella fattispecie, condizione della sanatoria del manufatto;
che pertanto il parere favorevole si
risolve nella sanatoria di un'opera diversa da quella oggetto della
domanda di sanatoria esaminata.
Inoltre, secondo l'Amministrazione centrale, l'opera, ancorchè
ristrutturata, costituisce pur sempre una
presenza in contrasto con i caratteri del luogo per la sua vicinanza
alle propaggini collinari e per la
particolare evidenza assunta in tale quadro paesaggistico.
Le considerazioni contenute nel provvedimento si palesano, pertanto,
logicamente immuni da vizi ed
esaustive quanto al contenuto sotto il profilo della motivazione dell'atto
di annullamento impugnato, anche
con riferimento alle ragioni sopra esposte.
La congruità delle motivazioni del provvedimento va, infatti,
correlata alla portata del parere favorevole
dell'organo locale - che ne costituisce l'oggetto - nella fattispecie
fondato, soltanto, sulla mera
prescrizione di modifica dell'opera senza alcuna valutazione specifica
sull'inserimento della stessa
nell'ambiente circostante.
4 - Per le ragioni sopra esposte, il ricorso è infondato e va
respinto.
Sussistono, tuttavia, sufficienti motivi per compensare fra le parti
spese e onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, definitivamente
pronunciando,
RESPINGE il ricorso e compensa fra le parti spese ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
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