Giurisprudenza - Ambiente |
Tar Emilia Romagna, sez. staccata di Parma, sent. 230 del 17 aprile 2000, n. 230, sul potere della Soprintendenza di annullamento delle autorizzazioni ex articolo 7 della legge 1497/1939 in aree sottoposte a vincolo ambientale R E P U B B L I C A I T A L I A N A
nonché contro il Comune di Sala Baganza, non costituito in giudizio; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Bologna, del Ministero per i beni culturali ed ambientali e del Direttore Generale dell’Ufficio per i beni ambientali e paesaggistici; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del il dr. Ugo Di BENEDETTO; uditi, altresì, l’Avv. Piva in sostituzione dell’Avv. Contino e l’Avv. Zito dell’Avvocatura dello Stato; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Si sono costituiti in giudizio la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Bologna, il Ministero per i beni culturali ed ambientali ed il Direttore Generale dell’Ufficio per i beni ambientali e paesaggistici, che hanno chiesto la reiezione del ricorso. L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. 150/1999. Le parti costituite hanno sviluppato le proprie difese e la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 4/4/2000. 2. Va preliminarmente osservato che il potere di annullamento di cui all’articolo 82, V comma, del D. P. R. n. 6161/1977 e successive modificazioni e della legge 8 agosto 1985, n. 431, concernente le autorizzazioni di cui all’articolo 7 della legge n. 1497 del 1939, di cui al provvedimento della Soprintendenza impugnato, pur non comportando un riesame complessivo delle valutazioni tecnico- discrezionali ed estrinsecandosi in un controllo di mera legittimità, ben può estendersi a tutti vizi di legittimità stessi, comprese le singole ipotesi riconducibili all’eccesso di potere. Infatti, la giurisprudenza ammette un puntuale e penetrante sindacato sull’esercizio delle funzioni amministrative connesse al potere autorizzatorio di cui all’articolo 7 della legge n. 1497 del 1939, in perfetta consonanza con l’affermazione della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 151 del 27 giugno 1986, ha rilevato come competa allo Stato una funzione di estrema difesa del vincolo affinchè l’autorizzazione di cui all’articolo 7 della legge n. 1497 del 1939 non travalichi i limiti intrinseci di una valutazione di compatibilità dell’intervento che si ritiene di assentire con il valore difeso dal vincolo e non trasmodi in una sorta di deroga al vincolo stesso. In applicazione di detti principi, la giurisprudenza ha sempre ammesso un sindacato sulla motivazione addotta dall’amministrazione in sede di autorizzazione di cui all’articolo 7 della legge n. 1497 del 1939 nonchè la sussistenza di un eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea percezione del contesto in cui si inserisce l’intervento stesso. E’, pertanto, consentito un sindacato sull’iter logico seguito in ordine alle ragioni di effettiva compatibilità con gli specifici valori paesaggistici dei luoghi, anche considerando i progetti non solo come semplici episodi di dettaglio ma nella loro globalità, esteso ad una valutazione appropriata della natura dell’intervento edilizio che si ritiene di assentire. 3. Nel caso concreto sia il parere dell’Ente Parco, sia il parere favorevole dell’Ufficio tecnico, sui quali si fonda l’autorizzazione di cui all’articolo 7 della legge n. 1497 del 1939 annullata dalla Soprintendenza, partono dall’erroneo presupposto che le opere proposte siano inquadrabili tra quelle di recupero del patrimonio edilizio esistente con mutamento di destinazione ad abitazioni civili di edifici in precedenza connessi all’attività agricola. Tuttavia, tale presupposto di fatto, come evidenziato dal provvedimento della Soprintendenza è errato. Infatti, nella concreta fattispecie, la Soprintendenza, dopo un’accurata descrizione delle opere e dei luoghi, ha correttamente evidenziato che gli edifici in parola costituiscono dei ruderi “inglobati in una fitta vegetazione che tende a saldarsi con la contigua vegetazione arborea”, sottolineando tra l’altro che dei quattro edifici in uno solo “rimangono in piedi i muri perimetrali”. Pertanto, sia sotto il profilo edilizio, sia sotto il profilo ambientale non si tratta di interventi di recupero dell’esistente in quanto il “rudere” è privo degli elementi strutturali idonei a consentire di inquadrarlo tra le edificazioni (di cui si vorrebbe un recupero). Nella sostanza, come evidenziato dalla stessa Soprintendenza nel provvedimento impugnato, un intervento su un rudere va del tutto equiparato ad una edificazione ex novo poiché all’esito dell’intervento dell’esistente non rimane alcunchè. Addirittura la Soprintendenza, nell’apprezzare la situazione di fatto, evidenzia che si tratta, nella specie, di un “assetto ruderizzato del contesto ambientale” che non “tollera più l’introduzione di elementi architettonici di aspetto dissonante rispetto al sistema antropico e ambientale che si è venuto oggi a costituire attraverso il lento e progressivo riassorbimento dell’area agricola nell’alveo naturalistico del Parco”. E’ evidente, pertanto, che la Soprintendenza non ha sovrapposto o sostituito la propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione all’articolo 7 della legge n. 1497 del 1939, bensì ha posto in evidenza le carenze istruttorie ed il travisamento della situazione di fatto operato, in quanto si è preteso di qualificare come recupero edilizio ciò che nella sostanza è una edificazione ex novo. Per tale profilo, pertanto, oltre ai vizi di legittimità sotto il profilo del difetto di motivazione e di eccesso di potere per travisamento dei fatti sopra evidenziati, pare sussistere una vera e propria incompatibilità con le norme particolari del Parco in quanto l’articolo 26 delle norme di attuazione dello stesso vieta le nuove costruzioni, tra le quali rientrano, per le ragioni sopra indicate, anche gli interventi edilizi di cui si tratta. 4.Per tali ragioni, di carattere assorbente rispetto alle ulteriori censure dedotte, il ricorso va respinto. Sussistono giustificate ragioni per la compensazione delle spese di causa tra le parti. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Parma, il giorno 4/4/2000. f.to Gaetano Cicciò Presidente f.to Ugo Di Benedetto onsigliere Rel.est. Depositata in Segretaria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186. Parma, lì 17 aprile 2000 Il Segretario f.to Raffaele Eleonora |
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