Giurisprudenza - Ambiente
sezione diretta dall'Avv. Marinella Montanari

Corte Costituzionale 27 gennaio 2010 n. 35, sulla legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile),

SENTENZA 
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, promosso dal Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, sul ricorso proposto dalla Beta Skye s.r.l., con ordinanza del 13 marzo 2009, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2009. 
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta. 
 

Ritenuto in fatto 
1.— Il Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, con ordinanza del 13 marzo 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, per violazione dell’art. 103, primo comma, della Costituzione. 
Il giudice remittente premette che la ricorrente Beta Skye s.r.l. ha chiesto la condanna dell’Azienda sanitaria locale (A.s.l.) Napoli 1 al pagamento della somma di euro 102.546,00. 
Più in particolare, la ricorrente del giudizio a quo deduceva che, con decreto n. 4204 del 26 novembre 2004, la predetta A.s.l. aveva indetto una gara a mezzo di licitazione privata per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti sanitari prodotti dalle relative strutture ai sensi del d.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 (Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179). 
Con successivo decreto 21 dicembre 2005, n. 4715, il predetto servizio di gestione era stato aggiudicato al raggruppamento temporaneo di imprese facente capo alla società Ecological service s.r.l. 
La ricorrente assumeva, altresì, che, in esecuzione del contratto intercorso con l’azienda sanitaria e per l’effetto dell’espletamento del servizio oggetto dell’appalto, la società Ecological service s.r.l. aveva maturato un credito pari ad euro 102.546,00. Con contratto del 23 ottobre 2008, la società aveva ceduto il predetto credito e la cessione era stata notificata all’azienda sanitaria, la quale veniva, in tal modo, resa edotta del fatto che la ricorrente era divenuta creditrice nei confronti dell’A.s.l. medesima della somma sopra indicata. 
Il Tribunale rileva che la norma impugnata – attribuendo tutte le controversie, comunque attinenti alla complessiva gestione dei rifiuti, ivi comprese quelle nascenti da comportamenti, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – impedirebbe al Tribunale stesso di decidere la controversia. 
Per quanto attiene alla rilevanza della questione sollevata, il giudice a quo sottolinea come l’applicazione della disposizione censurata ai fini della risoluzione della questione «debba ritenersi pacifica, essendo la data del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo successiva alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2008»; né rileverebbe che il contratto è stato concluso molti anni prima, in ragione del principio, consacrato nell’art. 5 del codice di procedura civile, per cui il momento determinativo della giurisdizione è fissato con riguardo alla stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Nell’ordinanza di remissione si sottolinea, inoltre, come la controversia oggetto del giudizio rientrerebbe nell’ambito applicativo della norma censurata, e dunque nella giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che la pretesa di pagamento trarrebbe origine da crediti insoluti conseguenti all’espletamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti sanitari. 
Dopo avere ritenuto applicabile la disposizione suddetta, il remittente osserva che, nel caso in esame, non sarebbe possibile optare per una interpretazione della norma conforme a Costituzione, in quanto «la disposizione censurata non consente che una sola interpretazione (costituzionalmente incompatibile)»; altrimenti «il giudice non opererebbe più nei limiti di una legittima interpretazione conforme, bensì si arrogherebbe un potere (quello di disapplicare una disposizione di legge per l’illegittimità costituzionale della stessa) che non gli compete, vanificando così la predisposizione stessa di un sistema accentrato di costituzionalità». 
Alla luce di tali rilevi, il remittente ritiene che l’art. 4 in questione avrebbe un carattere omnicomprensivo e generale, operando la devoluzione della giurisdizione al giudice amministrativo per “tutte le controversie” concernenti l’azione di gestione dei rifiuti, sulla base dell’esistenza di un «generico collegamento tra la controversia e l’azione amministrativa di gestione dei rifiuti, vincolo la cui sufficienza è ben evidenziato dall’impiego dell’avverbio “comunque”». Più in particolare, si afferma come la norma in esame si riferisca «a tutte le controversie concernenti l’azione di gestione dei rifiuti posta in essere dalla pubblica amministrazione, senza operare alcuna distinzione o precisazione». 
Ad avviso del giudice a quo, il richiamo alla «globalità dell’attività della p.a. in materia di gestione dei rifiuti», nonché la precisazione che tale attività «rileva anche se posta in essere con comportamenti materiali», renderebbe evidente come la giurisdizione del giudice amministrativo sussista anche qualora l’azione di gestione dei rifiuti sia posta in essere dalla pubblica amministrazione con meri comportamenti materiali, cioè con comportamenti che non siano riconducibili – nemmeno mediatamente – all’esercizio di poteri autoritativi». 
In definitiva, conclude il remittente, l’intenzione del legislatore sarebbe stata quella di attribuire alla cognizione del giudice amministrativo la totalità delle controversie attinenti all’attività posta in essere nel campo della gestione di rifiuti. 
Esposto ciò, il giudice a quo afferma di non ignorare l’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale (è richiamata la sentenza del Tar del Lazio, Roma, prima sezione, 18 febbraio 2009, n. 1655), che ha fatto propria una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, secondo cui «sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica», purché sussista l’esercizio di un potere pubblico. 
In questa prospettiva sarebbero escluse dalla giurisdizione amministrativa le questioni aventi ad oggetto il mero accertamento di diritti di carattere patrimoniale, senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti. 
Il remittente afferma di non condividere tale interpretazione, in quanto «una volta appurata l’esistenza di una univoca corrispondenza tra il testo di legge ed il significato che ne è ricavabile, risulta evidente come non sia praticabile una diversa opzione ermeneutica, che distingua in particolare tra controversie attinenti a comportamenti riconducibili all’esercizio dei poteri autoritativi dell’amministrazione (devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) e controversie invece totalmente estranee all’esercizio di poteri pubblici (da ritenere quindi attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, tra le quali quelle relative all’esecuzione di rapporti contrattuali), atteso che l’attività dell’interprete, in presenza di un inequivoco dato testuale, non può spingersi al punto da stravolgere il significato emergente dal testo normativo». 
In relazione alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, nell’ordinanza si sostiene il contrasto della norma censurata con l’art. 103, primo comma, della Costituzione. 
Il giudice a quo sottolinea come questa Corte abbia affermato che tale norma costituzionale non ha conferito al legislatore ordinario un’assoluta e incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha solamente conferito il potere di indicare “particolari materie” rispetto alle quali la cognizione di detto giudice investe anche posizioni di diritto soggettivo; ciò implicherebbe che «la mera partecipazione dell’amministrazione al giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella controversia non possono considerarsi di per sé sufficienti a radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo» (si richiamano le sentenze n. 191 del 2006 e n. 140 del 2007). 
Alla luce di queste premesse, il remittente ritiene che la norma censurata, fondando un’amplissima devoluzione di materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, devoluzione peraltro sganciata da qualsivoglia collegamento con l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione e radicata piuttosto sulla mera inerenza della controversia alla complessiva attività di gestione amministrativa di rifiuti, contrasti con il sistema di riparto della giurisdizione contemplato a livello costituzionale. 
2.— È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata. 
La difesa statale osserva, infatti, che il riferimento «alla complessiva azione di gestione dei rifiuti non necessariamente comprende tutto ciò che è relativo o soltanto conseguente a tale azione; anzi, le parole utilizzate fanno propendere per una volontà del legislatore di limitare la devoluzione della potestà giurisdizionale all’azione di gestione dei rifiuti, ove il termine gestione sta a significare la scelta amministrativa di definizione, regolamentazione, trattamento e destinazione dei rifiuti». 
La difesa dello Stato aggiunge che «non sembra esatto (e, comunque, non insuperabile) che il termine gestione ricomprenda anche il pagamento del corrispettivo del contratto di servizio afferente la gestione stessa, quale definita dalla pubblica amministrazione; il rapporto obbligatorio derivante dal contratto di affidamento del servizio de quo, quale convenzione di natura privatistica, rimane escluso dall’applicazione della disposizione e rimane devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario». 
 

Considerato in diritto 
1.— Il Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123. 
Tale norma prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati; la predetta norma aggiunge che la giurisdizione del giudice amministrativo è estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati. 
Il giudice a quo ritiene che la disposizione censurata violerebbe l’art. 103, primo comma, della Costituzione, in quanto essa attuerebbe «un’amplissima devoluzione di materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (…) sganciata da qualsivoglia collegamento con l’esercizio di poteri autoritativi della p.a. e radicata piuttosto sulla mera inerenza della controversia alla complessiva attività di gestione amministrativa di rifiuti». 
2.— La questione non è fondata, nei sensi di seguito indicati. 
2.1.— In via preliminare, va osservato che nel giudizio a quo si controverte in merito ad una domanda di condanna dell’Azienda sanitaria locale Napoli 1 al pagamento di una somma di denaro. Più in particolare, il Tribunale remittente rileva che, a seguito dell’esecuzione di un contratto di gestione integrata di rifiuti sanitari stipulato all’esito di una procedura di gara indetta dalla predetta azienda, l’aggiudicataria maturava una credito pari ad euro 102.546,00, che veniva regolarmente ceduto alla ricorrente. Quest’ultima, pertanto, nella sua qualità di cessionaria del credito, proponeva domanda volta ad ottenere l’adempimento, da parte dell’amministrazione sanitaria, dell’obbligazione di pagamento, nascente da contratto. 
2.2.— Ora, questa Corte ha più volte affermato che il primo comma dell’art. 103 della Costituzione, pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta e incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare “particolari materie” nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi (sentenze n. 204 del 2004; n. 191 del 2006; n. 140 del 2007). 
Nella definizione dei confini della giurisdizione esclusiva è, pertanto, necessario, in primo luogo, che la controversia involga situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo strettamente connesse. È bene, però, aggiungere che, se è pur vero, in linea con le ragioni storiche all’origine della configurazione di tale giurisdizione, che è normalmente necessaria la sussistenza di un intreccio di posizioni giuridiche nell’ambito del quale risulti difficile individuare i connotati identificativi delle singole situazioni soggettive, non può escludersi che la cognizione del giudice amministrativo possa avere ad oggetto, ricorrendo gli altri requisiti indicati di seguito, anche soltanto diritti soggettivi (sentenza n. 259 del 2009). 
In secondo luogo, è necessario che il legislatore assegni al giudice amministrativo la cognizione non di “blocchi di materie”, ma di materie determinate. 
Infine, è richiesto che l’amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi sia mediante moduli consensuali ai sensi dell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sia infine mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio. In tale ultimo caso, infatti, la cognizione delle controversie nascenti da siffatti comportamenti spetta alla giurisdizione del giudice ordinario. 
2.3.— La norma impugnata deve dunque essere interpretata alla luce delle indicate condizioni che delimitano, sul piano costituzionale, l’ambito della giurisdizione esclusiva. 
Il legislatore, nell’attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie attinenti alla complessa azione di gestione dei rifiuti, ha, innanzitutto, individuato una “particolare” materia, rappresentata appunto dalla “gestione dei rifiuti”. 
Inoltre, il riferimento ai comportamenti, su cui si incentra la doglianza del remittente, deve essere inteso nel senso che quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di una attività autoritativa. L’espressione «azione di gestione dei rifiuti» va logicamente intesa nel senso che l’attività della pubblica amministrazione deve essere preordinata alla organizzazione o alla erogazione del servizio pubblico di raccolta e di smaltimento dei rifiuti. Ne consegue che nella controversia all’esame del remittente, venendo in rilievo questioni meramente patrimoniali connesse al mancato adempimento da parte dell’amministrazione di una prestazione pecuniaria nascente da un rapporto obbligatorio, i comportamenti posti in essere dall’amministrazione stessa non sono ricompresi nell’ambito di applicazione della norma impugnata, come sopra interpretata, e rientrano, invece, nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, nella specie correttamente adita. 
Del resto, la giurisprudenza amministrativa ha seguito questo orientamento, escludendo che possano rientrare nell’ambito della propria giurisdizione esclusiva le controversie afferenti a questioni che non involgono anche l’esercizio di poteri amministrativi (così sentenza del Tar del Lazio, Roma, I sezione, 18 febbraio 2009, n. 1655, richiamata nella stessa ordinanza di remissione). Né sussiste un indirizzo interpretativo difforme della giurisdizione ordinaria, tanto di legittimità quanto di merito, per cui non può essere invocato, al riguardo, un ipotetico “diritto vivente” nel senso prospettato dal remittente. 
3.— In definitiva, dunque, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Napoli deve ritenersi, per le ragioni sin qui esposte, non fondata. 
PER QUESTI MOTIVI 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, sollevata dal Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe. 
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010. 
 

 

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