Dottrina |
La cessione di crediti
vantati nei
confronti della p.a. nell’ambito dei contratti di appalto pubblico
(nota a Tribunale Amministrativo
Regionale Campania Napoli sez.V 8/7/2004 n.
10015 da leggere di seguito) di Francesco
Tassone La
cessione del credito rappresenta
l’operazione negoziale, riconducibile agli atti di alienazione,
attraverso cui
il creditore (cedente) trasferisce ad un terzo (cessionario) la
titolarità di
un diritto di credito. La cessione
costituisce
un contratto bilaterale,
avente ad oggetto il trasferimento di un diritto di credito, ed
è disciplinata
dal codice civile agli artt. 1260 c.c. e ss. Tale disposizione statuisce che il
creditore può
trasferire a titolo oneroso o gratuito il proprio credito anche senza
il
consenso del debitore, salvo che il credito abbia carattere
strettamente
personale o che sussista un divieto legale o negoziale di cessione. Nella regolamentazione codicistica la
cessione si
perfeziona con la conclusione dell’accordo tra cedente e cessionario -
secondo
il principio del consenso traslativo di cui all’art. 1376 c.c. - e
acquista
efficacia nei confronti del debitore ceduto, divenendo al medesimo
opponibile,
per effetto della notificazione dell’avvenuto trasferimento del diritto
di
credito o con la sua accettazione. L’istituto
della cessione del credito si connota di alcune peculiarità
quando il debitore
ceduto è la p.a. e si tratti di crediti derivanti da contratti
di appalto
pubblico. Dal combinato disposto dell’art. 69 della
Legge di Contabilità
di Stato (L.C.S.), secondo cui le cessioni devono risultare da atto
pubblico o
da scrittura privata autenticata da notaio (R.D. 18 novembre 1923 n.
2440), e
dell’art. 9 della L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E - espressamente
richiamato
dall’art. 70 della L.C.S., in base al quale “sul prezzo dei contratti
in corso
non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi
cessione se non vi
aderisca l’amministrazione”, si ricava che il trasferimento di un
diritto di credito
vantato nei confronti della p.a., oltre a richiedere la forma dell’atto
pubblico o della scrittura privata autenticata, necessita
dell’accettazione
dell’amministrazione. Le suddette disposizioni, al fine di
garantire la
regolare esecuzione dei contratti, mirano ad assicurare che
l’appaltatore non
rimanga privo di mezzi finanziari e, conseguentemente, che le somme
erogate
vengano destinate all’effettivo soddisfo degli oneri economici
correlati alle
controprestazioni del privato contraente, attraverso la previsione di
un divieto
“relativo” di cessione, destinato cioè ad operare finché
il contratto è in
corso di esecuzione, con la conseguenza che ogni cessione diventa
pienamente
efficace con la semplice comunicazione, cioè a prescindere
dall’accettazione
della p.a., quando il contratto ha esaurito i suoi effetti. Ne deriva che dal punto di vista
strutturale lo
schema della cessione del credito vantato nei confronti della p.a. non
si
differenzia da quello che si ricava dal codice civile. Le differenze che si registrano
riguardano da un
lato i requisiti di forma e dall’altro l’efficacia e
l’opponibilità della
cessione al soggetto pubblico. Ed invero, la
forma nella cessione comune è libera, mentre in quella
riguardante i crediti
della p.a. è vincolata all’atto pubblico o alla scrittura
privata autenticata,
con la conseguenza che la mancanza di tale requisito di forma è
inefficace nei
confronti del soggetto pubblico, pur rimanendo valida tra le parti;
inoltre, la
cessione che interviene finché “i lavori sono in corso” è
opponibile ed
efficace nei confronti della p.a. solo a seguito dell’accettazione. Infatti, la cessione
è pienamente efficace ed opponibile alla p.a. con la sola
notifica, senza cioè
la preventiva accettazione da parte di quest’ultima, e segue la
regolamentazione di cui agli artt. 1260 e ss. C.c. solo se il contratto
da cui
deriva il credito trasferito ha ormai esaurito i suoi effetti. A questo riguardo è necessario
procedere ad alcune precisazioni. L’art. 70 della L.C.S. nell’operare
il rinvio al divieto contenuto
all’art. 9 all. E della legge n. 2248/1865 si riferisce alle cessioni
derivanti
da somministrazioni, forniture e appalti, ossia alle figure negoziali
riconducibili alla categoria dei contratti di durata. Ne deriva che per altre tipologie
contrattuali non
opera la deroga alla disciplina codicistica, con la conseguenza che,
trovando
applicazione gli artt. 1260 e ss., la cessione dei crediti è
immediatamente
opponibile alla p.a. per effetto della sola notificazione,
indipendentemente, quindi, dalla preventiva
accettazione. Ciò trova riscontro nella
giurisprudenza della
Suprema Corte, la quale afferma che: “… il divieto di cessione senza
l’adesione
della p.a. si applica solamente ai rapporti di durata come l’appalto e
la
somministrazione (o fornitura) rispetto ai quali il legislatore ha
ravvisato,
in deroga al principio generale di cedibilità dei crediti anche
senza il
consenso del debitore, l’esigenza di garantire con questo mezzo la
regolare
esecuzione, evitando che durante la medesima possano venir meno le
risorse
finanziarie al soggetto obbligato e possa risultare compromessa la
regolare
prosecuzione del rapporto. Ne deriva che la cessione di un credito
insorgente
da un ordinario contratto di compravendita soggiace in tutto e per
tutto (salvo
che per la forma prevista dall’art. 69 c. 3 R.D. n. 2240/1923) alla
disciplina
codicistica” (Cass.civ. sez. III 28 gennaio 2002 n. 981). Recentemente, il nuovo Regolamento sui
lavori
pubblici - D.P.R. 554/1999 - all’art. 115
ha apportato una modifica di particolare rilievo alla
regolamentazione
della cessione del credito derivante dal contratto di appalto di
lavori. Infatti, dopo aver previsto al comma 2
che la
cessione deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata
autenticata e
deve essere notificata all’amministrazione debitrice, al comma 3 ha
stabilito
che la cessione del credito da corrispettivo di appalto è
efficace ed
opponibile alla p.a. qualora questa non la rifiuti con comunicazione da
notificarsi al cedente ed al cessionario entro 15 giorni dalla notifica
di cui
al comma 2. Il comma 4 dello stesso articolo
stabilisce, inoltre,
che l’amministrazione al momento della stipula del contratto può
preventivamente riconoscere la cessione da parte dell’appaltatore di
tutti o
parte dei crediti che verranno a maturazione. Pertanto, solo per gli appalti di lavori
la cessione
è immediatamente efficace ed opponibile all’amministrazione
salvo che venga
opposto un rifiuto, con la conseguenza che all’accettazione formale,
che funge
da condizione sospensiva per la cessione di crediti derivanti da altre
tipologie
contrattuali (di durata), per i crediti derivanti dal corrispettivo
degli
appalti di lavori si sostituisce il
“rifiuto espresso” del debitore (amministrazione) ceduto che opera come
condizione risolutiva. In sintesi, l’efficacia della cessione
del credito
vantato nei confronti della p.a. : Ø
per i contratti
di forniture, servizi e ogni contratto di durata deve essere notificata
all’amministrazione ceduta ed è efficace nei suoi confronti solo
a seguito
dell’accettazione, sempre che il contratto da cui deriva il credito
è in corso
di esecuzione; Ø
se il contratto
(di durata) ha esaurito i suoi effetti – nel senso che la prestazione
del
contraente privato è stata integralmente e correttamente
eseguita - si applica
la disciplina del codice civile (artt.1260 e ss.), con conseguente
irrilevanza
dell’accettazione da parte della p.a.; Ø
per le cessioni
di crediti derivanti da contratti diversi da quelli indicati dall’art.
70 della
L.C.S. si applica la disciplina codicistica; Ø
per le cessioni
riguardanti appalti di lavori pubblici si applica l’art. 115 del d.P.R.
554/1999 che condiziona l’efficacia e l’opponibilità del
trasferimento del
diritto di credito al mancato rifiuto dell’amministrazione entro il
termine di
15 giorni dalla notifica. La disciplina della cessione dei crediti
vantati
verso la p.a. trova applicazione anche con riferimento allo schema del
factoring, che anche se considerato un servizio ed una tecnica
finanziaria, dal
punto di vista negoziale è considerato come un contratto
complesso in base al
quale la società di factoring presta, contro un determinato
corrispettivo, una
serie di servizi fra i quali il finanziamento, la garanzia e la
gestione dei
crediti commerciali alla stessa ceduti. Secondo alcuni il factoring, realizzando
una
cessione unica di crediti futuri, è riconducibile allo schema
negoziale della
cessione del credito ed è qualificabile in tal senso; secondo un
altro
orientamento, il factoring è un contratto atipico in cui la
cessione del
credito ha funzione strumentale rispetto all’erogazione di ulteriori
servizi di
tipo industriale, quali la semplificazione della contabilità,
l’eliminazione
del rischio di insolvenza dei debitori, l’acquisizione di
liquidità suppletive
e attività di consulenza. Il factoring ha trovato riconoscimento
normativo con
la legge 52/1991, contenente la disciplina generale della cessione dei
crediti
pecuniari delle imprese, che in particolare ha previsto: -
che il
cessionario può essere una società o un ente pubblico o
privato; -
che la
cessione si intende pro solvendo,
dovendo il cedente garantire la solvenza del debitore nei limiti del
corrispettivo pattuito; -
che il
pagamento del corrispettivo da parte del factor-cessionario rende la
cessione
opponibile agli aventi causa del cedente; -
che
l’anticipazione sui crediti risultante da documento con data certa
(bonifico
bancario, incasso assegni etc…) costituisce un criterio di
opponibilità
aggiuntivo alla notifica al debitore ceduto ed alla sua accettazione. La legge
109/1994 ha esteso le disposizioni della legge 52/1991 ai crediti verso
pubbliche amministrazioni derivanti da contratti di appalto di lavori
pubblici,
concessioni di lavori pubblici e da contratti di progettazione
nell’ambito
della realizzazione dei lavori pubblici. Ebbene, detta disposizione – che,
comunque, limitando
l’applicabilità della legge sui crediti di impresa ai contratti
relativi alla
realizzazione di lavori pubblici, sembra escludere i crediti derivanti
dai
contratti di fornitura e servizi - potrebbe avere l’effetto di
estendere le
semplificazioni procedurali per l’opponibilità della cessione
anche ai rapporti
instaurati con le pubbliche amministrazioni che – avuta cognizione
della
cessione - potrebbero trovarsi vincolate senza conservare un minimo di
discrezionalità. In realtà nonostante il rinvio
contenuto nell’art.
26 della legge 109/94 si deve ritenere comunque applicabile per i
crediti
compresi in un rapporto con la pubblica amministrazione la disciplina
della
cessione della singola posizione creditoria. Tribunale Amministrativo
Regionale
Campania Napoli sez.V 8/7/2004 n. 10015 REPUBBLICA
ITALIANA composto
dai
Signori Magistrati: P.Q.M. Il
Tribunale
Amministrativo Regionale per la Campania, quinta sezione di Napoli,
definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa
istanza, domanda,
deduzione ed eccezione, così provvede: . |
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