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Dottrina |
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Tar Milano sentenza 25 ottobre 2013, n.
2376, il diritto ad un insegnante di sostegno dello studente disabile va
assicurato dalla Provincia
di seguito la nota dell’Avv.
Massimiliano Gioncada del foro di
Piacenza -Milano
FATTO
I ricorrenti propongono le domande di accertamento e
condanna indicate in epigrafe, deducendo l’illiceità delle condotte
serbate dalle amministrazioni resistenti nell’assegnare
l’insegnante di sostegno e l’assistente alla persona per un numero
insufficiente di ore.
Il Ministero resistente, costituitosi in giudizio, eccepisce
l’infondatezza del ricorso avversario.
Le parti hanno prodotto memorie e documenti.
Con ordinanza depositata in data 30 gennaio 2013, il
Tribunale ha accolto la domanda cautelare contenuta nel ricorso.
All’udienza del giorno 8 ottobre 2013 la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) Dalle deduzioni articolate nel ricorso e dalla
documentazione versata in atti emerge che -OMISSIS- - frequentante
l’Istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione
(IPSAR) -OMISSIS- di Milano - è affetta da sindrome di down e nei suoi
confronti è stato accertato lo stato di handicap grave.
La diagnosi funzionale evidenzia che la studentessa
necessita sia di sostegno per la didattica in grado alto, sia di assistenza
educativa per la comunicazione e le relazioni sociali (cfr. doc. ti di parte
ricorrente);
Del resto, in relazione alle esigenze di assistenza alla
persona va evidenziato che la documentazione clinica prodotta dai ricorrenti
riferisce della necessità di almeno 10 ore settimanali di assistenza.
Viceversa, in relazione alle ore di presenza
dell’insegnante di sostegno, i ricorrenti hanno evidenziato – senza
contestazioni da parte delle amministrazioni resistenti – che la
studentessa, nei precedenti cicli scolastici, è stata affiancata per 18 ore
settimanali.
Nonostante tali premesse, nel corso dell’anno
scolastico 2012 – 2013 la studentessa non ha fruito di un numero adeguato
di ore di insegnamento di sostegno e di assistenza alla persona.
Sulla base di tali premesse, i ricorrenti chiedono sia
l’accertamento del diritto all’assegnazione di un insegnante di
sostegno per almeno 18 ore settimanali, con conseguente condanna sul punto del
Ministero resistente, sia l’accertamento del diritto
all’assegnazione di un assistente alla persona per almeno 10 ore
settimanali, con conseguente condanna della Provincia di Milano a prestare
l’assistenza pretesa.
Infine, la studentessa chiede la condanna del Ministero e
della Provincia al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla
mancata assegnazione di un insegnante di sostegno e di un assistente alla
persona per un numero di ore adeguato alle sue necessità, mentre i genitori
chiedono la condanna di entrambe le amministrazione al ristoro dei danni
sofferti in proprio.
2) La domanda volta ad ottenere la condanna del Ministero
dell’Istruzione all’assegnazione di un insegnante di sostegno,
previo accertamento del relativo diritto, è fondata e merita accoglimento.
La trattazione della domanda rende opportuna l’analisi
delle norme attinenti alla disciplina dell’insegnante di sostegno, tenendo
presente sin d’ora che la natura della pretesa vantata e la misura della
spettanza del bene della vita richiesto devono essere apprezzate anche alla
luce della sentenza della Corte Costituzionale del 26 febbraio 2010, n. 80.
2.1) La normativa in materia è costituita innanzitutto dalla
legge n. 104 del 1992, che, all’art. 3, comma 2, prevede che la persona
handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione
alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva
individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
L'art. 12 della medesima legge, nell'intento di dare
concreta attuazione a tale principio e di garantire pari dignità sociale al
soggetto disabile, nonché di rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il pieno
sviluppo e l'effettiva partecipazione alla vita sociale, politica ed economica
del Paese, ex art. 3 Cost., riconosce il diritto all'educazione e
all'istruzione del disabile nella scuola materna, nelle classi comuni delle
istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni
universitarie, affidando all'integrazione scolastica l'obiettivo di assicurare
"lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata
nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella
socializzazione".
La norma specifica che “l'esercizio del diritto
all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di
apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse
all'handicap”.
All'individuazione dell'alunno come soggetto disabile
provvedono le aziende sanitarie locali sulla base di accertamenti collegiali,
con modalità e criteri definiti con D.P.C.M..
Destinatari delle attività di sostegno ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono gli alunni
che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o
progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale
o di emarginazione.
In attuazione di tale normativa è stato adottato il D.P.C.M.
del 23 febbraio 2006, n. 185, dal quale si desume, in coordinamento con quanto
previsto dal citato art. 12 della legge 1992 n. 104, che: a) per individuare
l'alunno come soggetto in situazione di handicap, le A.s.l. "dispongono
appositi accertamenti collegiali, nel rispetto di quanto previsto dagli
articoli 12 e 13 della legge 5 febbraio 1992, n. 104", accertamenti cui
segue "la redazione di un verbale di individuazione dell'alunno come
soggetto in situazione di handicap" recante "l'indicazione della
patologia stabilizzata o progressiva ... nonché la specificazione
dell'eventuale carattere di particolare gravità della medesima" e
"l'eventuale termine di rivedibilità dell'accertamento effettuato";
b) tali accertamenti "sono propedeutici alla redazione della diagnosi
funzionale", che deve essere trasmessa anche "all'istituzione
scolastica presso cui l'alunno va iscritto, ai fini della tempestiva adozione
dei provvedimenti conseguenti"; c) a tali attività "fa seguito la
redazione del profilo dinamico funzionale e del piano educativo
individualizzato" ad opera dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 2,
del D.P.R. 24 febbraio 1994 (operatori sanitari individuati dalla A.s.l. e dal
personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola e con la
partecipazione, ove presente, dell'insegnante operatore psicopedagogico, in
collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale
dell'alunno); d) in particolare, tali soggetti, "in sede di formulazione
del piano educativo individualizzato, elaborano proposte relative alla
individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l'indicazione del numero
delle ore di sostegno" (cfr. art. 3, comma 2, d.p.c.m. cit.).
Va precisato che l’art. 13 della legge 1992 n. 104,
nel disciplinare gli strumenti dell’integrazione scolastica in favore
degli studenti potatori di handicap, dispone che nelle scuole di ogni ordine e
grado sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti
specializzati.
Insomma, la disciplina ora richiamata palesa che
l'assegnazione di uno o più insegnanti specializzati per le attività di
sostegno si colloca all’esito di un complesso iter procedimentale.
Gli insegnanti di sostegno, una volta assegnati, sono
contitolari delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla
programmazione educativa e didattica e all’elaborazione e verifica delle
attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e
dei collegi dei docenti, come previsto dal comma 6 dell'art. 13 della legge n.
104/1992.
Del resto, come riconosciuto da costante giurisprudenza, il
dato normativo richiamato pone inequivocabilmente a carico
dell’amministrazione scolastica il compito di fornire un insegnante di sostegno,
qualora lo studente diversamente abile ne abbia necessità.
In relazione al numero degli insegnanti di sostegno a
disposizione dell’amministrazione, la disciplina ha via via modificato il
parametro della dotazione organica, individuato, dapprima, in un insegnante per
ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti, secondo quanto
stabilito dall’art. 40, comma 3, della legge n. 449 del 1997, poi
corretto con l’articolo 1, comma 605, della legge 27 dicembre 2006, n.
296, per il quale “… con uno o più decreti del Ministro della
pubblica istruzione sono adottati interventi concernenti … il
perseguimento della sostituzione del criterio previsto dall'articolo 40, comma
3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con l'individuazione di organici corrispondenti
alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra
regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali e istituzioni
scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi
formativi”.
Successivamente, con i commi 413 e 414 dell’art. 2
della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato disposto che: “413. Fermo
restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 605, lettera b), della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, il numero dei posti degli insegnanti di
sostegno, a decorrere dall’anno scolastico 2008/2009, non può superare
complessivamente il 25 per cento del numero delle sezioni e delle classi
previste nell’organico di diritto dell’anno scolastico 2006/2007.
Il Ministro della pubblica istruzione, con decreto adottato di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, definisce modalità e criteri per
il conseguimento dell’obiettivo di cui al precedente periodo. Tali
criteri e modalità devono essere definiti con riferimento alle effettive esigenze
rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni
diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province
diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante
ogni due alunni diversamente abili. 414. La dotazione organica di diritto
relativa ai docenti di sostegno è progressivamente rideterminata, nel triennio
2008-2010, fino al raggiungimento, nell’anno scolastico 2010/2011, di una
consistenza organica pari al 70 per cento del numero dei posti di sostegno
complessivamente attivati nell’anno scolastico 2006/2007, fermo restando
il regime autorizzatorio in materia di assunzioni previsto dall’articolo
39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Conseguentemente, anche
al fine di evitare la formazione di nuovo personale precario,
all’articolo 40, comma 1, settimo periodo, della legge 27 dicembre 1997,
n. 449, sono soppresse le parole da: «nonché la possibilità» fino a:
«particolarmente gravi», fermo restando il rispetto dei principi
sull’integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5
febbraio 1992, n. 104. Sono abrogate tutte le disposizioni vigenti non
compatibili con le disposizioni previste dal comma 413 e dal presente
comma”.
In tale contesto normativo è intervenuta
2.2)
Invero, il giudice costituzionale ha osservato che “il
diritto all’istruzione dei disabili è oggetto di specifica tutela da
parte sia dell’ordinamento internazionale che di quello interno. In
particolare, per quanto attiene alla normativa internazionale, viene in rilievo
la recente Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con
disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13
dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008 e
ratificata e resa esecutiva dall’Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, il
cui art. 24 statuisce che gli Stati Parti «riconoscono il diritto delle persone
con disabilità all’istruzione». Diritto, specifica
Insomma,
Esiste un nucleo indefettibile di garanzie che si pone quale
limite invalicabile anche per la discrezionalità del legislatore, così da
assicurare una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione
di particolare gravità - tramite la possibilità di stabilire ore aggiuntive di
sostegno correlate alle loro effettive necessità - al fine di rendere effettivo
il diritto fondamentale all’istruzione.
Da ciò la declaratoria d’illegittimità della scelta
legislativa laddove non contemplava la possibilità di assumere insegnanti di
sostegno a tempo determinato, per supplire alle esigenze dei disabili gravi.
Ne deriva che, alla luce dei principi sanciti dalla Corte
Costituzionale, il criterio di assegnazione degli insegnanti di sostegno in
favore degli studenti disabili è solo quello delle effettive esigenze di
sostegno, da determinare in concreto e caso per caso in relazione alla gravità
della disabilità.
In altre parole, l’amministrazione non può scegliere
se e in che misura assegnare un insegnante di sostegno sulla base
dell’astratta disponibilità di insegnanti e di contingenze economico
– finanziarie, ma deve fornire tale servizio in dipendenza delle concrete
condizioni del disabile e di quanto è necessario per garantire la soddisfazione
del suo diritto fondamentale all’istruzione, anche tramite
l’assunzione di insegnanti di sostegno con contratto a tempo determinato
(cfr. in argomento Consiglio di Stato, sez. VI, 21 aprile 2010, n. 2231).
Del resto, che la pretesa azionata in concreto abbia
consistenza di diritto soggettivo emerge già dal dato letterale dell'articolo
3, commi 2 e 3, della legge 1992, n. 104, ove si sancisce che “la persona
handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite..." con carattere di
priorità per il caso di "situazioni riconosciute in termini di
gravità" (per tali conclusioni si considerino anche Cassazione civile,
sez. un., 19 gennaio 2007, n. 1144; Consiglio di Stato, sez. VI, 21 marzo 2005,
n. 1134; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 29 ottobre 2010, n. 10135; Tar Milano
Brescia, sez. II, 04 febbraio 2010, n. 581).
2.3) Nel caso in esame, lo stato di handicap in cui versa la
studentessa è stato accertato nelle forme previste dalla normativa di
riferimento e la diagnosi funzionale mette in luce che ella necessita di un
livello alto di sostegno per la didattica, pur mancando una puntuale
quantificazione oraria delle esigenze di sostegno.
In tale contesto, il Tribunale, considerate le evidenti
difficoltà di apprendimento e di integrazione evidenziate dalla documentazione
prodotta, ritiene congruo e aderente alle richieste di parte, nonché alla
consistenza del servizio erogato in precedenti anni scolastici, disporre
l’assegnazione di un insegnante di sostegno per 18 ore settimanali.
Viceversa, la scelta dell’amministrazione di assegnare
un numero inferiore di ore di insegnamento specialistico integra una
determinazione del tutto sganciata dai bisogni concreti del disabile, perché
non è rapportata né alle sue condizioni effettive di salute, né ad una
oggettiva disamina delle misure da adottare al fine di soddisfare il suo
diritto fondamentale all’istruzione.
Attribuire un insegnante di sostegno per un numero di ore
inadeguato significa sia precludere al disabile la possibilità di ottenere
un’adeguata istruzione, sia serbare una condotta confliggente con il
diritto fondamentale all’istruzione.
Del resto, la determinazione dell’amministrazione
scolastica, da un lato, è del tutto immotivata rispetto alle esigenze del
ricorrente, dall’altro, non è correlata alle richiamate valutazioni
tecniche inerenti allo stato di disabilità in cui egli versa, infine, è
sganciata dai contenuti della diagnosi funzionale e dalla documentazione
clinica.
Ne deriva che nell’anno scolastico 2012 – 2013
la studentessa ha fruito dell’insegnamento di sostegno per un numero di
ore inadeguato rispetto alle sue esigenze e ciò evidenzia la fondatezza della
domanda avanzata nei confronti del Ministero resistente.
Di conseguenza, previo accertamento del diritto di -OMISSIS-
ad ottenere l’assegnazione di un docente di sostegno per 18 ore
settimanali secondo un rapporto di uno ad uno, il Ministero
dell’Istruzione deve essere condannato ad assegnare alla ricorrente l’insegnante
di sostegno per il numero di ore appena indicato.
Sul punto va precisato che il già citato art. 12 della legge
1992, n. 104, prevede che, una volta intervenuto l’accertamento sanitario
che dà luogo al diritto a fruire delle prestazioni previste dalla norma, deve
essere elaborato un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di
un piano educativo individualizzato.
Tale profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e
sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento
conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le
capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente
rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona
handicappata.
All’elaborazione del profilo dinamico-funzionale
iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali,
della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei
diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico.
Infine, il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a
conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media
e durante il corso di istruzione secondaria superiore.
Ne deriva, come ormai chiarito dalla giurisprudenza
consolidata, che il dimensionamento della prestazione di sostegno ha carattere
sostanzialmente dinamico, dovendo essere correlato all’andamento della
patologia da cui il disabile è affetto, con particolare riguardo alle
possibilità di recupero della persona, finalità cui il percorso deve essere
diretto.
Insomma, il quantum di prestazione di sostegno da erogare
non si presta ad essere cristallizzato in una formula statica e sempre uguale,
ma deve essere adeguato all’evoluzione dello stato del disabile.
In tale senso, proprio l’art. 12 prevede periodici
aggiornamenti correlati a periodiche verifiche dei bisogni della persona
portatrice di handicap (cfr., tra le tante, Tar Campania Napoli, sez. IV, 17
novembre 2010, n. 25101).
Ecco, allora, che al fine di garantire l’effettività
della tutela giurisdizionale, è coerente disporre che l’assegnazione
dell’insegnante di sostegno per 18 ore settimanali perduri anche nei
successivi anni scolastici sino alla formulazione del nuovo piano educativo individualizzato,
destinato a rideterminare con attualità i bisogni della studentessa
diversamente abile.
Del resto, tale determinazione è riconducibile ai contenuti
della domanda proposta, poiché la quantificazione della pretesa è
necessariamente correlata alle valutazioni espresse in ciascuno dei piani
individualizzati che si susseguono nel corso degli anni.
3) Parimenti è fondata la domanda proposta nei confronti
della Provincia di Milano e diretta ad ottenere la condanna
dell’amministrazione a fornire alla studentessa disabile un assistente
alla persona secondo un rapporto di uno ad uno.
In primo luogo, non è dubitabile, né contestato
dall’amministrazione sul piano fattuale e delle valutazioni cliniche
presupposte, che -OMISSIS- abbia diritto ad un assistente alla persona, atteso
che proprio la diagnosi funzionale ribadisce l’esigenza di assistenza
educativa per la comunicazione e le relazioni sociali in ambito scolastico.
Anche la commissione medica competente per
l’accertamento dell’invalidità ha palesato che l’interessata
necessita di assistenza continua, presentando difficoltà persistenti a svolgere
i compiti e le funzioni proprie della sua età.
Del resto, il diritto all’assistente ad personam resta
distinto dal diritto all’insegnante di sostegno, anche se le due misure sono
strettamente connesse ai fini dell’effettivo esercizio del diritto
fondamentale all’istruzione; tale distinzione emerge sia sul piano
oggettivo, in relazione alla diversa funzione delle due figure, sia sul piano
soggettivo, stante la diversa imputazione dell’obbligo di provvedere alla
soddisfazione delle differenti pretese.
In tal senso, l’art. 13, comma 3, della legge 1992 n.
104, prevede che “nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e
successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza
per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o
sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di
docenti specializzati”.
Proprio la norma da ultimo citata pone la distinzione tra il
sostegno educativo didattico – assicurato da insegnanti specializzati
inquadrati nei ruoli del Ministero della Pubblica Istruzione – e
l’assistenza materiale tesa a sviluppare l’autonomia e la
comunicazione, fornita da personale non docente messo a disposizione dai Comuni
o dalle Province.
Si tratta della cd. assistenza ad personam, che – pur
costituendo un diritto fondamentale riconosciuto a favore dei soggetti in difficoltà
per la piena esplicazione del diritto allo studio – non consiste
nell’erogazione di prestazioni didattiche, ma solo di tipo assistenziale.
La giurisprudenza ha già chiarito che le figure
professionali preposte all’assistenza alla persona devono affrontare i
problemi di autonomia e di comunicazione degli utenti con adeguati stimoli
all’apprendimento delle abilità.
Costoro aiutano l’alunno a partecipare alle attività
proposte dall’insegnante, favoriscono il rapporto con il resto del gruppo
di classe – per promuovere relazioni positive con i compagni –
collaborano con gli insegnanti assistendo alla programmazione delle attività
didattiche e cooperano con la famiglia per attivare un proficuo reciproco
scambio a vantaggio del minore in difficoltà.
Insomma, mentre all’insegnante di sostegno spetta la
contitolarità nell'insegnamento, essendo egli un docente chiamato a garantire
un’adeguata integrazione scolastica – e deve, pertanto, essere
inquadrato a tutti gli effetti nei ruoli del personale insegnante –
diversamente l’assistente educatore svolge un’attività di supporto
materiale individualizzato, estranea all’attività didattica propriamente
intesa, ma che è finalizzata ad assicurare la piena integrazione nei plessi
scolastici di appartenenza e nelle classi, principalmente attraverso lo
svolgimento di attività di assistenza diretta agli alunni affetti da
minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali in tutte le necessità ai fini di
una loro piena partecipazione alle attività scolastiche e formative (cfr. Tar
Piemonte Torino, sez. I, 20 febbraio 2006, n. 943; T.A.R. Lombardia Milano,
sez. IV, 2 aprile 2008, n. 794; Tar Lombardia Brescia, sez. II, 4 febbraio
2010, n. 581 e giurisprudenza ivi citata).
Sul piano dell’imputazione soggettiva
dell’obbligo di fornire un insegnante di sostegno e un assistente alla
persona, va osservato che, mentre il primo incombe sul Ministero
dell’Istruzione, il secondo grava sugli enti locali.
L’art. 139 del d.l.vo 1998 n. 112 precisa che
“sono attribuiti alle province, in relazione all'istruzione secondaria
superiore e ai comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i
compiti e le funzioni concernenti: … c) i servizi di supporto
organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione
di svantaggio”.
La norma ha un ambito di riferimento delimitato, in quanto
non attiene alle ordinarie e generiche prestazioni socio assistenziali
erogabili dagli enti locali, ma afferisce esclusivamente agli interventi,
diversi dall’insegnamento di sostegno, necessari sul piano organizzativo
per garantire l’effettività del diritto fondamentale all’istruzione
delle persone diversamente abili o che, comunque, versano in situazioni
svantaggiate.
Si tratta di interventi non tassativamente definiti, ma
individuati attraverso un’ampia formula descrittiva, che richiama tutti i
servizi che si sostanziano in un supporto organizzativo rispetto al servizio di
istruzione per gli alunni portatori di handicap o in situazione di svantaggio.
Il legislatore ha ripartito le competenze relative alla
predisposizione di questi servizi ausiliari tra Province e Comuni, secondo il
criterio del grado di scuola frequentata; in particolare, l’attivazione
dei servizi spetta alle Province solo in relazione alle scuole secondarie di
secondo grado, mentre grava sui Comuni per ogni altro grado scolastico.
Il dato normativo non è superabile dalle considerazioni
sviluppate dalla Provincia resistente, che, al fine di escludere la titolarità
di competenza in materia di assistenza ad personam in ambito scolastico,
considera che altre norme, tra le quali l’art. 42 del d.p.r. 1977 n. 616,
radicano in capo ai comuni le funzioni amministrative in materia di assistenza
scolastica.
La tesi non è condivisibile perché non tiene conto della
genericità e residualità della disciplina che invoca.
In particolare è pacifico: a) che i compiti di assistenza
sociale e personale fanno tradizionalmente capo al comune ai sensi della legge
2000, n. 328, mentre la provincia è investita di funzioni di programmazione e
che spetta ai comuni la elaborazione di un progetto individuale in vista
dell’integrazione complessiva dei disabili (cfr. artt. 6, 7 e 14 della
legge 2000 n. 328); b) che le funzioni di generica “assistenza
scolastica” gravano sul comune ai sensi dell’art. 42 del d.p.r.
1977 n. 616, ove si fa espresso riferimento all’erogazione di provvidenze
in denaro ed altri servizi individuali o collettivi finalizzati a consentire,
in favore della generalità delle persone, l’assolvimento
dell’obbligo scolastico; c) che l’art. 13 del d.l.vo 2000 n. 267
riserva genericamente ai comuni l’attivazione dei servizi alla persona
sul territorio comunale, pur facendo salvo quanto espressamente attribuito ad
altri soggetti dalla legge statale o regionale.
Nondimeno, tali disposizioni hanno portata residuale, perché
sono destinate a cedere, in relazione al riparto delle competenze, a fronte di
norme che in relazione ai servizi alla persona inerenti ad un determinato
ambito ripartiscono diversamente le attribuzioni tra gli enti locali.
Ciò accade nella materia in esame, ove l’art. 139 del
d.l.vo 1998 n. 112, con riferimento al limitato settore dei servizi di supporto
organizzativo all’istruzione in favore di alunni con handicap o in
situazione di svantaggio, introduce uno speciale criterio di riparto di
competenze tra comuni e province, fondato sul grado della scuola frequentata
dall’avente diritto.
Ne deriva che, in base alla norma ora richiamata, gravano
sulla provincia i servizi di supporto organizzativo al servizio di istruzione
nella scuola secondaria di secondo grado a favore di persone diversamente abili
(cfr. in argomento T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 22 febbraio 2006, n. 167;
Consiglio di Stato, sez. V, 20 maggio 2008, n. 2361).
Ne deriva che grava sulla Provincia di Milano l’obbligo
di assicurare ad -OMISSIS- la presenza in ambito scolastico di un assistente
alla persona.
Quanto al numero di ore settimanali di assistenza che
Ne consegue che si ritiene adeguata alle difficoltà
dell’interessata, palesate dalla documentazione già richiamata,
l’assegnazione di un assistente per 10 ore settimanali, secondo quanto
già determinato in sede cautelare.
Pertanto, in accoglimento della specifica domanda avanzata,
Del resto, non è dubitabile che nel settore di cui si tratta
vi sia spazio per una pronuncia di condanna.
Il problema va affrontato ricordando che la pretesa volta ad
ottenere un assistente ad personam sostanzia un diritto soggettivo, che, nel
contesto dell’erogazione del servizio pubblico di istruzione scolastica,
spetta al disabile quando la patologia da cui è affetto e i bisogni che egli
evidenzia, sulla base dell’accertamento dello stato di handicap, della
diagnosi funzionale e del piano educativo individualizzato, rendono necessaria
la presenza di tale figura professionale per garantire l’effettività del
diritto all’istruzione (sulla natura delle posizioni giuridiche implicate
nei casi di cui si tratta si considerino Cassazione civile, sez. un., 19
gennaio 2007, n. 1144; Tar Campania Napoli, sez. IV, 17 novembre 2010 n. 25101;
T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 29 ottobre 2010, n. 10135).
Del resto, una volta che sia stato riconosciuto dagli organi
tecnici competenti il diritto del disabile ad ottenere un assistente alla persona
– così come un insegnante di sostegno – va esclusa la permanenza di
poteri discrezionali in capo all’autorità amministrativa tenuta a fornire
il servizio necessario.
Sul punto la giurisprudenza ha già precisato che
“l'organizzazione dell'attività di sostegno socio assistenziale da parte
degli enti locali (così come l'organizzazione dell'attività di sostegno da
parte delle istituzioni scolastiche) non possa, in via di fatto, comprimere o
vulnerare quel diritto all'educazione, all'integrazione sociale ed alla
partecipazione alla vita della comunità riconosciuto alla persona da fonti
sovranazionali, dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria. Pertanto, le
attività integrative di valenza socio educativa (e tra queste il supporto
individualizzato a favore del soggetto assistito prestato dall'educatore)
devono essere prestate con modalità idonee a realizzare lo sviluppo della
personalità dell'alunno e a garantire la presenza stabile di un educatore che
segua costantemente l'alunno disabile nel processo di integrazione” (cfr.
Consiglio di stato, sez. VI, 20 maggio 2009, n. 3104).
Ne deriva, che trattandosi di una controversia inerente a
diritti soggettivi, compresi nella giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, senza alcuna interferenza con attribuzioni discrezionali della
pubblica amministrazione, sussiste il potere del giudice amministrativo di
condannare l’amministrazione ad un facere specifico a tutela del diritto
azionato.
Va, pertanto, ribadito che merita accoglimento la domanda di
condanna dell’amministrazione provinciale a fornire alla studentessa
diversamente abile un assistente alla persona per 10 ore settimanali.
Sul piano della delimitazione temporale della condanna vanno
qui richiamate le considerazioni già svolte trattando dell’assegnazione
dell’insegnante di sostegno.
Di conseguenza, al fine di garantire l’effettività
della tutela giurisdizionale, va disposto che l’assegnazione
dell’assistente ad personam per 10 ore settimanali perduri anche nei
successivi anni scolastici, sino alla formulazione del nuovo piano educativo
individualizzato, destinato a rideterminare con attualità i bisogni della
disabile.
4) Sono fondate le domande di risarcimento del danno non
patrimoniale proposte, nell’interesse di -OMISSIS-, nei confronti del
Ministero resistente per omessa assegnazione di un insegnante di sostegno per
un numero adeguato di ore, nonché nei confronti della Provincia di Milano per
mancata assegnazione di un assistente alla persona per un numero adeguato di
ore.
Le domande possono essere tratte congiuntamente perché
presentano questioni giuridiche sostanzialmente coincidenti.
Sul punto vale rammentare che è ormai acquisito in
giurisprudenza il dato della risarcibilità del danno non patrimoniale, ai sensi
dell’art. 2059 c.c., in caso di lesione di diritti fondamentali inerenti
alla persona, nel quadro del superamento della tesi tripolare della
responsabilità extracontrattuale in favore della ricostruzione bipolare,
fondata sulla distinzione tra il danno patrimoniale, cui si riferisce l’art.
2043 c.c., connotato dall’atipicità e il danno non patrimoniale, di cui
all’art. 2059 c.c. e ferma restando, anche in tale caso, la necessità
della sussistenza degli elementi strutturali dell’illecito aquiliano, ai
sensi dell’art. 2043 c.c..
Danno non patrimoniale connotato dal carattere della
tipicità, essendo risarcibile solo nei casi stabiliti dalla legge, tra i quali
rientra la lesione dei diritti fondamentali della persona, atteso che la tutela
risarcitoria integra una soglia minima di protezione indefettibile in simili
casi.
Pure rispetto a questo tipo di danno, resta fermo sia che
l’onere della prova degli elementi costitutivi dell’illecito
extracontrattuale grava sul danneggiato, che può avvalersi di dati indiziari
secondo il meccanismo della presunzione semplice, sia che ai fini della
quantificazione è possibile il ricorso a criteri equitativi.
Del resto, il sistema della tutela risarcitoria è
predisposto per i casi di effettivo pregiudizio ad interessi giuridicamente
rilevanti, sicché, anche in relazione al danno non patrimoniale da lesione di
diritti fondamentali, va esclusa la risarcibilità sia del pregiudizio futile,
ossia irrisorio, perché non serio e, pertanto, non meritevole di protezione,
sia del pregiudizio irrilevante, ossia insignificante secondo la coscienza
sociale in ragione del livello raggiunto.
In quest’ultimo caso è l'offesa arrecata che risulta
priva di gravità, per non essere stato inciso il diritto oltre una soglia
minima (cfr. in argomento, tra le altre, Cassazione civile, sez. un., 11
novembre 2008, n. 26972).
Nella fattispecie in esame sussistono i presupposti della
responsabilità extracontrattuale delle amministrazioni per lesione di un
diritto fondamentale della persona produttivo di un danno non patrimoniale.
Si è già evidenziato che tanto l’amministrazione
statale, quanto
Inoltre, l’omessa predisposizione di tali supporti in
favore di una persona che ne necessita, le preclude la possibilità di
proseguire nel percorso formativo in atto, impedendo l’acquisizione delle
nozioni e delle esperienze, pure di tipo relazionale, che caratterizzano lo
sviluppo dell’iter scolastico della persona disabile e tale perdita
integra un pregiudizio di natura non patrimoniale.
Pregiudizio non futile, perché consistente nella privazione
dell’utilità che sostanzia il diritto all’istruzione, il quale non
consiste nella mera presenza fisica in classe, ma nella partecipazione
effettiva all’attività didattica e di formazione, attraverso ausili -
come l’insegnante di sostegno e l’assistente alla persona - tali da
consentire il normale sviluppo del percorso formativo, seppure rapportato alle
residue capacità del disabile.
Né il livello del pregiudizio raggiunto può ritenersi
irrilevante, in ragione della soglia di gravità dell’offesa inferta,
atteso che le ore di sostegno e di assistenza fornite erano notevolmente
inferiori a quelle necessarie in base alle condizioni dello studente.
Del resto, non è dubitabile che sussista il nesso eziologico
tra l’omessa assegnazione per un tempo adeguato di un insegnante d
sostegno e di un assistente alla persona e la produzione del danno, atteso che
la documentazione prodotta attesta l’indispensabilità della misura, di
cui lo studente necessita per esplicare le proprie potenzialità, sicché la
mancanza di un supporto adeguato comporta la preclusione o, comunque, una grave
limitazione alla possibilità di conseguire un’istruzione adeguata alle
capacità di cui ella dispone.
Sotto altro profilo, è evidente che la condotta delle amministrazioni
è connotata da negligenza, visto che la natura fondamentale del diritto
all’istruzione dei disabili è, come ricordato, un dato stabilmente
acquisito nel sistema normativo e giurisprudenziale.
Inoltre, le risultanze documentali, conosciute dal Ministero
e dalla Provincia – cui sono state rivolte specifiche istanze - palesano
con immediata evidenza sia il bisogno didattico specialistico, sia il bisogno
assistenziale riferibili al disabile.
Ne deriva che la condotta delle amministrazioni non è
riconducibile ad un errore scusabile, ma è il frutto di una precisa scelta
effettuata nonostante l’esatta percezione della situazione concreta.
La sussistenza degli elementi costituivi della
responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione per lesione di
un diritto fondamentale della persona, conduce ad accogliere, per il profilo in
esame, la domanda risarcitoria avanzata da -OMISSIS-.
La natura del pregiudizio sofferto, consistente nella
perdita di un’utilità non patrimoniale e non riconducibile ad un preciso
ammontare economico, consente di procedere alla relativa liquidazione con
valutazione equitativa, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c..
In proposito, il Tribunale ritiene di fare applicazione del
meccanismo delineato dall’art. 34, comma 4, del codice del processo
amministrativo – ove si prevede (in linea con l’art. 35 del d.l.vo
1998 n. 80) che “in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in
mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il
debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro
un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non
adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso
previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione
della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti”
- individuando i seguenti criteri direttivi:
a) Il Ministero resistente dovrà risarcire per equivalente
il danno da omessa assegnazione di un insegnante di sostegno per 18 ore
settimanali, con decorrenza dalla data dell’inizio dell’anno
scolastico 2012 - 2013 e sino al momento in cui tale livello di sostegno è
stato concretamente praticato, sempre in relazione all’anno scolastico
indicato;
b) il parametro economico di riferimento è individuato in
via equitativa, in mancanza di una specifica quantificazione del danno, nel
costo medio sul libero mercato di un’ora di insegnamento di sostegno
prestata da personale qualificato per la patologia che caratterizza lo studente.
Tale costo orario deve essere moltiplicato, per ciascuna settimana, per il
numero di ore di omessa assegnazione, sottraendo cioè dalle 18 ore spettanti
quelle fruite dallo studente;
c) le somme determinate a titolo risarcitorio devono essere
rivalutate, trattandosi di un debito di valore da illecito extracontrattuale e
sulle somme così rivalutate sono calcolati gli interessi legali fino al momento
del saldo.
Parimenti:
a)
b) il parametro economico di riferimento è individuato in
via equitativa, in mancanza di una specifica quantificazione del danno, nel
costo medio sul libero mercato di un’ora di insegnamento di sostegno
prestata da personale qualificato per la patologia che caratterizza lo
studente. Tale costo orario deve essere moltiplicato, per ciascuna settimana,
per il numero di ore di omessa assegnazione, sottraendo cioè dalle 10 ore
spettanti quelle concretamente fruite dallo studente;
c) le somme determinate a titolo risarcitorio devono essere
rivalutate, trattandosi di un debito di valore da illecito extracontrattuale e
sulle somme così rivalutate sono calcolati gli interessi legali fino al momento
del saldo.
5) Viceversa, è infondata la domanda risarcitoria presentata
in proprio dai genitori dello studente nei confronti delle amministrazioni
resistenti, trattandosi di una domanda del tutto priva di supporto probatorio
quanto alla natura del danno asseritamente subito, alla sua consistenza e alla
sua riconducibilità alle condotte omissive delle amministrazioni, con
conseguente mancata dimostrazione della sussistenza degli elementi costitutivi
della responsabilità extracontrattuale.
6) In definitiva, il ricorso è parzialmente fondato e merita
accoglimento nei termini dianzi esposti.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in
dispositivo.
A tutela della riservatezza della persona disabile e ai
sensi dell’art. 52, commi 1 e 2, del d.l.vo 2003 n. 196, va preclusa
l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo
interessato e dei suoi genitori riportati in sentenza, in caso di riproduzione
della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione
giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di
comunicazione elettronica.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per
l’effetto:
1) condanna il Ministero dell’Istruzione, Università e
Ricerca Scientifica ad assegnare alla studentessa disabile, nell’anno
scolastico 2012/2013, un insegnante di sostegno per 18 ore settimanali e a
mantenere tale misura nei successivi anni scolastici sino
all’approvazione del nuovo piano educativo individualizzato;
2) condanna
3) condanna il Ministero dell’Istruzione, Università e
Ricerca Scientifica al risarcimento per equivalente del danno non patrimoniale
secondo i criteri e le modalità precisati in motivazione, in favore di
-OMISSIS-;
4) condanna
5) respinge le domande risarcitorie avanzate in proprio da
-OMISSIS-;
6) condanna le amministrazioni resistenti, in solido tra
loro e in parti uguali, al pagamento delle spese processuali in favore di
-OMISSIS- che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori
di legge e oltre alla restituzione del contributo unificato, mentre compensa le
spese della lite nei rapporti tra -OMISSIS-, da un lato e le amministrazioni
resistenti, dall’altro;
7) è preclusa l'indicazione delle generalità e di altri dati
identificativi della persona diversamente abile e dei suoi genitori riportati
in sentenza, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi
forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti
elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, secondo quanto
precisato in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Nota dell’Avv. Massimiliano Gioncada
del foro di Piacenza - Milano
La sentenza qui
in commento prospetta un’interessante e significativa applicazione
dell’art. 34 del Codice del processo amministrativo, di cui al d.lgs. 2
Luglio 2010, n. 104.
Il fatto sotteso
era, in sintesi, il seguente: nel Dicembre 2012 due genitori agivano in
giudizio contro il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca,
un Istituto Professionale e
La
documentazione medica versata agli atti evidenziava che la studentessa
richiedeva un sostegno per la didattica a livello “alto”, oltre che
di assistenza educativa, a scuola e a casa.
Riguardo alle
ore di presenza dell’insegnante di sostegno, la studentessa, nei
precedenti cicli scolastici, era stata affiancata per diciotto ore settimanali.
Nel settembre
2012 ella ha iniziato a frequentare, con altri ventotto studenti tra i quali vi
era un ulteriore disabile, la prima classe di un Istituto Professionale alla
quale furono complessivamente assegnate tredici ore “di sostegno” a
settimana, a fronte di una frequenza scolastica settimanale di trentadue.
I genitori
richiedevano al Comune di residenza l’attivazione del servizio di
assistenza educativa ma questi, correttamente, indicava
Senonché, presentata successivamente la richiesta a quel livello,
In sostanza, nel
mese di Dicembre, a ben tre mesi dall’inizio delle lezioni, alla
studentessa non era ancora stato garantito il livello di sostegno didattico
adeguato alle proprie esigenze, né l’assistenza educativa ad personam.
Costituitosi in
giudizio, il Ministero eccepiva l’infondatezza del ricorso e l’infondatezza delle pretese avanzate e
Con ordinanza
depositata nel gennaio 2013, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare
contenuta nel ricorso.
Il Collegio
adito, previa disamina delle norme attinenti alla disciplina, ha ritenuto
fondata la domanda volta a ottenere la condanna del Ministero
dell’Istruzione all’assegnazione di un insegnante di sostegno,
poiché la disabilità della studentessa era stata accertata nelle forme previste
dalla normativa di riferimento e la diagnosi funzionale metteva in luce che
ella necessitava di un livello alto di sostegno per la didattica, pur mancando
una puntuale quantificazione oraria delle esigenze di sostegno.
La scelta
dell’amministrazione scolastica di assegnare un numero inferiore di ore
d’insegnamento specialistico, rispetto al numero usufruito sino a quel
momento, integrava una determinazione del tutto sganciata dai bisogni concreti
della studentessa, perché non era rapportata né alle sue condizioni effettive
di salute, né a un’oggettiva disamina delle misure da adottare al fine di
soddisfare il diritto fondamentale all’istruzione.
Parimenti, è
stata ritenuta fondata la domanda proposta nei confronti della Provincia di
Milano e diretta a ottenere la condanna dell’amministrazione a fornire
alla studentessa un assistente alla persona secondo un rapporto di uno a uno,
giacché sia il dato normativo nazionale (l’art.139 del d.lgs. n.
112/1998) sia quello regionale (l’art. 6 della l.r. n. 19/2007)
individuano le Province (lombarde) come il solo soggetto deputato all’organizzazione,
gestione e pagamento integrale dei servizi di supporto organizzativo (trasporto
e assistente ad personam) per gli
studenti disabili frequentanti le Scuole Secondarie di Secondo Grado (sul
punto, si vedano, tra le più recenti, Cons. St., Sez. V, 23 Luglio 2013, Sent. n. 3954; id., Sent. n. 3953; id.,
Sent. n. 3950; id., Sez. V, 02 Maggio 2013, Sent. n. 2391; id., Sez. V, 09
Aprile 2013, Sent. n. 1930; id., Sez. V, 03 Ottobre 2012, Sent. n. 5194;
id., Sez. V, 16 Marzo 2011, Sent. n. 1607).
La parte più interessante
della Sentenza del Collegio milanese, mirabilmente redatta dal Giudice
Estensore, riguarda la pronuncia di condanna al risarcimento del danno.
Premettendo la
natura pubblica del servizio di istruzione scolastica, e la qualificazione
della posizione del richiedente in termini di diritto soggettivo (si vedano,
sul punto, Cass. Civ., Sez. Un., 19 Gennaio 2007, Sent. n. 1144; T.A.R.
Campania, Napoli, Sez. IV, 17 Novembre 2010,Sent. n. 25101; T.A.R. Liguria,
Sez. II, 29 Ottobre 2010, Sent. n. 10135) - poiché il diritto dello studente
disabile a quei presìdi esclude in radice la permanenza di poteri discrezionali
in capo all’autorità amministrativa tenuta a fornirli - si è rilevata
l’inerenza della controversia a diritti soggettivi, purtuttavia compresi nella
giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, non sussistendo alcuna
interferenza con attribuzioni discrezionali delle Amministrazioni resistenti,
giustificandosi in tal modo il potere del Giudice Amministrativo di condannare
le medesime sia ad un facere
specifico, a tutela del diritto azionato, sia al ristoro del danno non
patrimoniale patito, derivante dalla mancata tempestiva adozione dei supporti
necessari.
In
giurisprudenza, come correttamente evidenziato dall’Estensore, il dato
della risarcibilità del danno non patrimoniale, ex art. 2059 c.c., è ormai acquisito, sussistendone i requisiti; e tra i predetti
requisiti rientra la lesione dei diritti fondamentali della persona, nel cui
novero certamente rientrano quelli azionati da parte ricorrente.
Escludendosi la
risarcibilità del pregiudizio futile (rectius:
irrisorio), nel caso di specie si è rilevato come i presupposti della
responsabilità extracontrattuale delle Amministrazioni resistenti, produttiva
di un danno non patrimoniale in capo ai ricorrenti, sussistessero tutti.
L’inerzia
dell’Amministrazione statale e della Provincia di Milano, riguardo
l’erogazione dei servizi necessari a una piena e adeguata frequentazione
scolastica, nonostante la diagnosi funzionale e la documentazione clinica ciò
palesassero, si concretava nell’impossibilità di proseguire adeguatamente
nel percorso formativo in atto, integrando, a giudizio del Collegio, un
pregiudizio - non solamente grave ed irreparabile, tanto da giustiuficare
l'accoglimento della doanda cautelare - ma anche non certamente futile, pur
avendo natura non patrimoniale.
Pregiudizio che
nemmeno poteva ritenersi irrilevante, “in ragione della soglia di gravità dell’offesa inferta, atteso
che le ore di sostegno e di assistenza fornite erano notevolmente inferiori a
quelle necessarie in base alle condizioni dello studente”.
La natura del
pregiudizio sofferto, ha consentito di procedere alla relativa liquidazione con
valutazione equitativa, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c., in applicazione
del meccanismo delineato dall’art. 34 co. 4 del Codice del processo
amministrativo, a mente del quale “in
caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle
parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore
del creditore il pagamento di una somma entro
un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non
adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso
previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione
della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti”.
È noto che per
ogni ipotesi di responsabilità della P.A. per i danni causati
dall’illegittimo esercizio (o mancato esercizio) dell'attività
amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova
dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo
perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione
dei fatti; per quanto si possa ammettere il ricorso alle presunzioni semplici
ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è
comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise, e
quando il soggetto onerato dell’allegazione e della prova dei fatti non
vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex
art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare
l'ammontare preciso del pregiudizio subito, né può essere invocata una
consulenza tecnica d'ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento
dell'onere probatorio da parte del privato (così, ex plurimis, T.A.R. Sardegna,
Sez. I, 21 Aprile 2011, Sent., n. 421, che richiama, opportunamente, Cons. St.,
Sez. V, 13 Giugno 2008,Sent. n. 2967).
La ritenuta
utilizzabilità dell’art. 1226 c.c., nel caso di specie, accedeva
ineludibilmente a un’adeguata prospettazione del pregiudizio sofferto,
ciò che ha consentito di evitare la preclusione dianzi prospettata, giacché l'onere
probatorio si poteva ritenere assolto, avendo, parte ricorrente, indicato, a
fronte di un danno certo nella sua verificazione, taluni criteri generali (il quantum di ore di
“sostegno” godute sino a quel momento, e le diverse quantificazioni
in essere), di quantificazione dello stesso, residuando comunque il potere del
Giudice di vagliarne la condivisibilità attraverso l'apporto tecnico di un
consulente.
Il meccanismo
risarcitorio utilizzato dal Collegio sostanzialmente prevede l’utilizzo
del costo medio sul libero mercato di un’ora di prestazione di un
insegnante di sostegno/assistente educatore, da moltiplicarsi per il numero di
ore non fruite dallo studente, sino al momento in cui tale livello “di
sostegno”, in senso atecnico, è stato concretamente praticato, con
rivalutazione monetaria interessi legali, fino al momento del saldo. Tale
criterio rimane indifferente al fatto che, con riferimento all’assistenza
educativa, altri, normalmente i genitori, abbiano provveduto autonomamente ad
assicurare la presenza della figura di supporto necessaria.
Esso accede a
un'individuazione dei criteri per la
liquidazione del danno, in via alternativa alla sua diretta quantificazione,
che permette una sostanziale equiparazione delle due tecniche di tutela risarcitoria,
essendo soltanto preclusa, come noto, una sentenza di condanna generica,
limitata all'an debeatur (cfr. tra le
tante, in tale ultimo senso, Cons. St., Sez. IV, Sez. IV, 30 Settembre 2013, Sent. n. 4871; id., Sez. VI,
14 Novembre 2012, Sent. n. 5747; id., Sez. IV, 4 Aprile 2011, Sent. n. 2102,
id., Sez. VI, 21 Giugno 2010, Sent. n. 3876, ove si ribadisce l'alternativa
facoltatività tra indicazione dei criteri
e liquidazione diretta), salvo ulteriormente riservandosi, in sede di
ottemperanza, ove non si addivenga alla precisa esecuzione della decisione,
ovvero a un accordo, di valutare la condotta tenuta dalle parti ai fini
dell'eventuale riconoscimento della risarcibilità degli ulteriori danni
cagionati dal protrarsi dell'illegittima azione o colpevole inerzia
amministrativa.
Di tale canone normativo è stata fatta opportuna applicazione
nel caso di specie, poiché la misura del danno lamentato non era certa e
predeterminata, né liquidabile in conformità a semplici operazioni aritmetiche
per essere prefissata e chiara l'unità parametrica di misura (come avviene, ad
esempio, per il danno riferito a inadempimento di obbligazioni pecuniarie,
ragguagliate al saggio d’interessi legali o anche convenzionali a tasso
bancario).
Ultimo punto, invero rilevante, la condanna alle spese delle
Amministrazioni resistenti ai sensi dell’art. 26 del Codice del processo
amministrativo, a mente del quale “1.
Quando emette una decisione, il giudice provvede anche sulle spese del
giudizio, secondo gli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura
civile, tenendo anche conto del rispetto dei principi di chiarezza e
sinteticità di cui all'articolo 3, comma 2.
2. Il giudice condanna
d'ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in
misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo
unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte
soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio. Al gettito delle
sanzioni previste dal presente comma si applica l'articolo 15 delle norme di
attuazione”.
È noto che la regola generale, contenuta nell’art. 91
c.p.c., prevede che la parte soccombente sia condannata al rimborso delle spese
di lite in favore dell’altra parte, comprensive degli onorari di difesa.
La compensazione delle spese di lite, che, seppur
discrezionale, attualmente impone un particolare rigore del giudicante, in sede
decisoria, siccome derogatoria del disposto dell’art. 92 c.p.c.,
presuppone la rilevanza di “giusti motivi”, che devono essere
desumibili dal contesto della decisione (sul punto, Cons. St., sez. IV, 28
Novembre 2012, Sent. n. 6023; id., Sez. III, 5 Settembre 2012,Sent. n.4707),
cui non è aliena la valutazione del comportamento della parte soccombente,
sotto il profilo sia sostanziale sia processuale, che potrebbe giustificarla.
Ad
avviso dello scrivente, nel caso di specie, sussistevano altresì, almeno in
capo alla Provincia di Milano, tutte le condizioni per l’applicazione del
citato art. 26 co.
Secondo
la tesi attualmente prevalente, trattasi di responsabilità processuale che,
ferma restando l'iniziativa ufficiosa, non presuppone l'elemento della
“temerarietà della lite”, né la mala fede della parte (vedi, per
tutte,Cons. St., Sez V, 23 Maggio 2011, Sent. n. 3083), e purtuttavia conduce
all’indennizzo del nocumento che la parte vittoriosa ha subito per
l'esistenza e la durata del processo, coerentemente con il principio di
ragionevole durata del giudizio, chiamando la parte che abbia dato corso (o
abbia resistito) ad (in) un processo oggettivamente ritenuto ingiustificabile a
indennizzare la controparte che sia costretta a subirlo (Cfr. T.A.R. Lazio,
Roma,Sez II, 16 Novembre 2011, Sent. n. 8915).
Nella
fattispecie, osservando l’ingiustificata pervicacia con la quale
In
assenza di criteri normativi, poi, l'indennizzo in questione poteva
quantificarsi in via equitativa, pur tenuto conto del fatto che, oltre alla
natura del giudizio e delle spese di lite, la pendenza del contenzioso non
aveva impedito l'erogazione dei prefati servizi di ausilio scolastico, grazie
alla pronuncia cautelare interlocutoria.
In
considerazione dell'atteggiamento tenuto dalle Amministrazioni soccombenti e,
in particolare, dalla Provincia di Milano, certamente suscettibile di produrre
ulteriori conseguenze pregiudizievoli per il loro patrimonio in conseguenza del
perpetuarsi di giudizi nei quali esse sono costantemente condannate
all’erogazione dei servizi richiesti, e negati, si imponeva, a mio
avviso, la trasmissione della sentenza e degli atti del giudizio alla Procura regionale presso
Avv. Massimiliano
Gioncada
Studio
Legale Corradi/Gioncada
Piacenza/Milano