![]() |
Convegni |
Marcello M. Fracanzani* L’avvalimento:
questioni pregiudiziali e giudicato (dopo il d.lgs. n. 6/07) **
Prologo ‑ Sospetti e pregiudizi sull'avvalimento – Avvalimento e SOA – Avvalimento ed associazione temporanea di imprese – Avvalimento e noleggio - La cognizione del contratto di avvalimento: una pregiudiziale di merito – Questioni pregiudiziali e giudicato nel processo amministrativo in generale - … e nei casi di giurisdizione esclusiva – Principi ricostruttivi e proposte operative. Prologo. Il nome stesso evoca la possibilità di
apparentamenti capaci di insinuarsi nelle pieghe dell’ordinamento con
vantaggio
degli appaltatori: avvalimento, la possibilità di simbiosi, di
convivenze con
reciproca utilità, non tra concorrenti, ma tra un concorrente ed
un altro
soggetto, una novità nel nostro ordinamento nazionale. Per
non tradire l’affidamento che il titolo di questo convegno instilla
negli operatori cui si indirizza, è bene muovere allora da
alcuni esempi. 1)
Per concorrere ad una gara d’appalto pur difettando di certificazione
SOA, un’impresa pensa di stipulare un contratto di avvalimento con
altra
impresa munita di attestazione e si chiede con quale forma rivestire
questo
contratto che ha l’unico scopo di far transitare la SOA di un soggetto
in capo
ad un altro. 2)
Una società proprietaria di speciali autogrù per il
sollevamento di
travi d'acciaio ha stipulato con un’impresa edile di primaria
importanza un
contratto di avvalimento, assicurandole la disponibilità di una
certa macchina
necessaria nel momento di sistemazione della travatura del tetto di un
nuovo
grande auditorium. A lavori eseguiti si trova chiamata come
corresponsabile in
solido con l'impresa edile per la cattiva esecuzione dell'opera,
segnatamente
delle sue fondamenta, ai sensi dell'art. 49, comma 4, del d.lgs. n.
163/06.
L'istanza risarcitoria è di ammontare duecento volte superiore
al corrispettivo
del contratto di avvalimento, per la cui dichiarazione di
invalidità la società
delle autogrù si affretta ad esperire azione civile, pur sapendo
che il giudice
amministrativo ha già conosciuto la validità di quel
contratto di avvalimento,
rigettando il ricorso del secondo classificato avverso l'aggiudicazione. L'azione
civile dell'ausiliaria dipende allora dalla questione se la
cognizione già svolta dal giudice amministrativo sul contratto
di avvalimento,
che vede la stazione appaltante come terza, sia a titolo di
pregiudiziale o con
efficacia di giudicato. Su questo avviluppato tema propongo loro otto
brevi
variazioni. .I. Concludendo il suo denso scritto in tema di avvalimento un consigliere di Stato rappresenta alcune difficoltà operative che trovano scaturigine dall’introduzione di questo istituto, dipinto quasi come un corpo estraneo che infetta il sistema di certificazione posto a difesa della capacità a contrarre con la P.A.[1] Da un lato vi si intravedono ampie possibilità di abuso da parte di un solo ausiliario che conceda i suoi favori a più imprese, quasi una sorta di “avvalificio”: si osserva che il concorrente possa avvalersi di un altro soggetto per le risorse finanziarie, magari un istituto di credito, così come potrebbe rivolgersi ad una società di noleggio per dotarsi delle macchine necessarie, addirittura la mano d’opera potrebbe essere assicurata mediante avvalimento di una società di lavoro interinale o di una cooperativa operaia; il concorrente potrebbe allora limitarsi a svolgere un’attività di coordinamento tra diversi avvalsi, senza ruoli operativi[2] e, per contro, i lavori verrebbero svolti da chi non assume mai la qualifica dell'appaltatore e, forse, nemmeno la responsabilità dell'appalto, come diremo. Dall'altro si paventa il rischio di imprenditori che si limitano a mettere a disposizione di altri i propri mezzi tecnici, economici o la propria manodopera più o meno qualificata, in una sorta di nuovo "caporalato". Infine, si stigmatizza la condizione di impotenza nella quale è lasciata la stazione appaltante, incapace di poter verificare l’effettiva prestazione dell’ausiliario, proprio perché terzo nel rapporto tra appaltante ed appaltatore. Quest’ultima osservazione è ficcante, poiché fornisce la chiave di volta dell’innovazione introdotta a viva forza dal legislatore comunitario nel sistema italiano delle opere pubbliche, servizi e forniture. Essa merita, tuttavia, qualche approfondimento per saggiarne tutta la portata e per smascherare qualche falso problema che si annida fra le pieghe degli artt. 49 e 50 del T.U. che celebriamo in questo convegno, dedicati appunto all'avvalimento. A ben vedere, infatti, i problemi si agglutinano sui rapporti tra ausiliato ed ausiliario e sulla denunciata posizione di terzietà di quest’ultimo circa il rapporto principale tra P.A. ed appaltatore: dalla sua posizione nei confronti dell'appalto potremmo anche desumere le regole sulla forma e contenuto del contratto di avvalimento. Com’è buona norma, anticipo le conclusioni cui intendo giungere e cioè: a) contrariamente a quanto è apparso di primo acchito, l’ausiliario non è puramente e semplicemente terzo nel contratto d’appalto (ed in questo senso trae in inganno il comma 10 dell’art. 49, anche dopo l’interevento correttivo del gennaio scorso, con il D.lgs. n. 6/07); b) egli infatti ha risposto a quell’invito ad offerendum che è il bando di gara, impegnandosi anche verso la P.A. a mettere a disposizione del concorrente le risorse di cui questi sia carente, come ci conferma il comma 2, lettera d) dello stesso articolo; c) egli assume cioè un impegno anche verso la P.A., impegno che è un presupposto per il provvedimento di aggiudicazione; d) egli è quindi titolare passivo di un’obbligazione accessoria dipendente rispetto a quella principale del concorrente; e tale obbligazione si perfeziona con l’aggiudicazione e la stipula a favore del concorrente ausiliato, di cui segue le sorti; e) egli assume in solido con l’aggiudicatario verso la P.A. la responsabilità di quanto promesso, non la co-responsabilità dell’intero appalto, come sembra confermare il comma 4 dell’articolo in esame, almeno nella sua lettura preferibile;[3] f) egli risponderà pertanto a titolo di responsabilità contrattuale dell’inadempimento delle promesse fatte alla P.A.; g) entrando in rapporto negoziale con la P.A. egli soggiace alle regole sui requisiti di dignità a contrarre con la P.A. che potrebbe quindi anche sindacare e vanificare, per questa via, il contratto di avvalimento; h) l’obbligazione accessoria assunta direttamente verso la P.A., segue anche processualmente le sorti di quella principale, cioè costituisce un rapporto attratto alla giurisdizione esclusiva del G.A.; i) conseguentemente il contratto tra ausiliario e concorrente vede la P.A. come terzo e costituisce quindi una pregiudiziale nella controversia relativa all’appalto, ma il contenuto del contratto è riprodotto nelle dichiarazioni e negli impegni trasmessi ex comma 2, quindi conoscibile dal G.A. in via principale, con efficacia di giudicato ed assistito dalle relative prerogative caducatorie e conformative. Per tentare la dimostrazione di quanto esposto occorre primieramente individuare la specificità dell’avvalimento nei confronti della SOA, del RTI, del sub appalto e del noleggio. Poi dovremo guardare il contratto tra ausiliato ed ausiliario e lo spettro di conoscibilità del giudice amministrativo. Ma procediamo con ordine. .II. A nostro parere il sistema di qualificazione è diretta emanazione del principio costituzionale della gara per l’accesso alle provvidenze pubbliche e, prima ancora, del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, secondo comma della Carta. Sicché, per avere reale concorrenza, occorre fissare i requisiti necessari per poter gareggiare: il regime SOA presiede alla verifica di questi requisiti minimi comuni e solo un malinteso concetto di concorrenza può indurre a consentire il concorso indiscriminato, aperto a tutti, secondo un’idea illuministica di eguaglianza formale. Infatti leale competizione può esservi ove vi sia parità dei concorrenti al nastro di partenza, che si ottiene con una verifica preventiva del rispetto di alcune regole cui la P.A. condiziona l’accesso alla contrattazione pubblica. Lucidamente si è affermato[4] che l’avvalimento scardina il rapporto tra qualificazione e mercato delle opere pubbliche, un mercato non certo chiuso, ma ove si entra per riconoscimento di qualità accertate nell’interesse della collettività, ingenerando affidabilità nel portare a compimento l’opera pubblica. All’opposto, con l’istituto di cui discutiamo si favorirebbe l’ingresso surrettizio in questo mercato ristretto di soggetti che, da soli, non potrebbero mai accedervi. L’ausiliato può stringere rapporti con altri soggetti ‑non qualificati o non qualificabili‑ per la realizzazione anche di tutto l’appalto, con il solo limite ‑meno male‑ di non avvalersi di più ditte per un medesimo settore. Per converso, chi dispone di un’attestazione SOA può veicolare l’ingresso alle provvidenze pubbliche di chi non potrebbe mai ambirvi, per carenza di requisiti propri: in questo senso il “bollino blu”, la “patente” della SOA costituisce un’autonoma fonte di reddito per un’impresa che cessa di essere operativa lucrando una rendita di posizione. Con un paragone immaginifico, tutto ciò ricorda quei distinti vecchi soci di rispettabili circoli che per le contingenze sopravvivono fungendo da padri nobili di candidature ahimé impresentabili. Più precisamente, sistema di qualificazione e partecipazione alla singola gara fanno riferimento a requisiti distinti e tutt’altro che fungibili. L’ausiliario, dunque, non passa il vaglio della SOA e non sconta il rischio dell’esame per essere ammesso alla contrattazione pubblica. Ma questo, a ben vedere –ed è il punto che ci interessa‑ in deduzione dall’assunto che l’ausiliario non partecipi alla gara indetta dalla P.A., pur anche se si riconosca che egli assume la garanzia per la fornitura delle risorse tecniche e finanziarie promesse. In questo senso forte appariva la suggestione del comma 10 dell’articolo in commento, nella sua versione originaria, ove perentoriamente negava che l’ausiliario potesse fregiarsi della qualifica di appaltatore o di sub appaltatore, precisando che il certificato di esecuzione è rilasciato al solo concorrente vittorioso. In altri termini, la circostanza che egli non sia appaltatore, che contragga solo con il concorrente e non mai con la P.A. lascia pensare all’ausiliario come ad un corpo estraneo che senza averne i requisiti partecipa e lucra, seppur per il tramite di altri, del danaro pubblico, aggirando i vincoli della certificazione. Da più parti si va facendo strada l'idea che oggetto del contratto di avvalimento si concreti con un affitto di ramo d'azienda. La proposta nasce dalla considerazione che l'attestazione SOA ha per oggetto non i singoli beni ma l'azienda, cioè un insieme di uomini, mezzi, conoscenze e rapporti giuridici organizzati dall'imprenditore. Dunque, per far transitare la SOA sembrerebbe doversi far transitare tutta l'azienda o, quantomeno, un suo ramo. In altra sede si è già stigmatizzato questo comportamento, giacché la SOA rilasciata per un'azienda non si estende alla nuova organizzazione che quella stessa azienda riceve una volta che, tramite l'affitto, si inserisce nella diversa e più ampia organizzazione dell'imprenditore ausiliato. Inoltre, con la tecnica dell'affitto di ramo d'azienda si è già assistito al frazionamento di SOA che si moltiplicavano quante erano le parti dell'azienda affittata, quasi che la SOA non fosse stata concessa proprio all'intero e in ragione della sua precipua organizzazione. Infine, trasferire un intero ramo d'azienda per farvi transitare la SOA quando in realtà l'utilità è data, per esempio, da un solo macchinario, lascia intravedere profili di simulazione nel contratto di avvalimento che i poteri istruttori del giudice amministrativo, se si trattasse di giurisdizione esclusiva, non avrebbero difficoltà a smascherare. Ed in questo senso ben depone la prima giurisprudenza che si sta formando sul punto. [5] .III. A quest’ultima osservazione si potrebbe obbiettare che l’ingresso surrettizio nel mercato degli appalti già avviene con il sistema del R.T.I., laddove l’aggregazione serve proprio a presentarsi viribus unitis di fronte ad incarichi non affrontabili singolarmente. Com'è noto, la miglior giurisprudenza, su intuizioni invero dottrinali,[6] chiede che i requisiti siano posseduti complessivamente dal raggruppamento, non singolarmente dai soggetti concorrenti. Sicché alcuni potrebbero avvalersi (il termine non è casuale) della SOA di altri. Ma la controbiezione è già stata sollevata. Infatti, il R.T.I., se non costituisce persona giuridica distinta dalle ditte che lo formano, non di meno si pone come unitario centro di imputazione di volontà e di interessi, sostanziali e processuali, per il tramite della mandataria capofila; l’aggregazione si regge all’interno sul mandato (mea et tua gratia) alla capogruppo e, verso l’esterno, in forza della procura a questa rilasciata dalle singole partecipanti. Tutte le imprese raggruppate, quindi, risultano concorrenti, eventualmente aggiudicatarie ed appaltatrici, ciascuna co-responsabile del tutto e responsabile della porzione da lei direttamente realizzata, giusto il meccanismo rappresentativo appena delineato. Al contrario, l'impresa ausiliaria non segue il principio naturale dell'aggregazione, della co-responsabilità, collocandosi in posizione di strumentalità, ma di sostanziale estraneità all'appalto. Come si vede, allora, ancora una volta le difficoltà con l’avvalimento sorgono non tanto per l’istituto in sé, dall’apporto di contributi, quanto per l’affermata posizione di terzietà dell’ausiliario nei confronti del contratto di appalto e, specularmente, per la posizione di terzietà della P.A. nei confronti del contratto stretto tra ausiliato ed ausiliario, tanto che proprio questa potrebbe essere considerata l’essenza dell’avvalimento. .IV. Giova allora portare l’attenzione sul noleggio, che viene rappresentandosi come la figura più simile al nostro oggetto misterioso, condividendone quello che appare l’elemento caratteristico: la terzietà. Al pari dell’ausiliario, il noleggiatore sembra terzo nei confronti della P.A.; la P.A. è sicuramente terza rispetto al contratto di noleggio che intercorre tra appaltatore e noleggiatore, quest’ultimo, poi, non è appaltatore, tale non può qualificarsi e nessun certificato di esecuzione lavori viene a lui rilasciato. Contro l’assimilazione delle figure si potrebbe obiettare che il noleggio è figura marginale, poiché lo spazio ‑peraltro minimo‑ accordato al “nolo a caldo” è giustificato da contingenze esterne, difficilmente prevedibili. Ancora, si potrebbe obiettare che il nolo ha per oggetto esclusivamente beni strumentali. Ma si tratterebbe sempre di obiezioni quantitative che non incidono sulla sostanza dell’equiparazione, oltre alla puntualizzazione che anche l’avvalimento può riguardare la fornitura dei beni strumentali non in possesso del concorrente. L’attenzione, ancora una volta, dev’essere diretta sui rapporti tra stazione appaltante, appaltatore e ausiliario o noleggiatore. Guardando bene, il tratto discretivo emerge negli adempimenti di cui al secondo comma dell’articolo in commento, in particolare lettere d) e f), ove l’impresa ausiliaria si impegna, nei confronti della P.A. e del concorrente, a mettere a disposizione di quest’ultimo le risorse necessarie di cui egli sia carente. Un tanto non è richiesto né previsto per il noleggiatore, che lo fa -è vero- ma non lo promette alla P.A. Si può
allora dire che nei
confronti della P.A. l’ausiliario è “meno terzo” rispetto al
noleggiatore.
Contrariamente a questi, assume delle obbligazioni che si riflettono
nel
contratto di appalto, di cui comunque l’ausiliario non è parte.
Di più.
L’esistenza di queste obbligazioni, come il sindacato sul contratto
sottostante
tra concorrente ed ausiliario sono condizioni per il provvedimento di
aggiudicazione e per la stipula del contratto di appalto e riveste
quindi un
ruolo rilevante all'interno del procedimento amministrativo. Quasi a
codicillo,
osserviamo che nulla di simile si può leggere nel R.T.I., ove il rapporto di mandato è tutto interno alle
raggruppate e ove
nessuna di esse, singolarmente e separatamente, assume obbligazioni
verso la
stazione appaltante. E questo a prescindere dalla circostanza che le
raggruppate siano qualificate come appaltatori, pur con il privilegio
della
legittimazione processuale singulariter che sembra debba esser
loro
riconosciuta.[7]
Tale sottolineatura è importante per quanto diremo alla
conclusione, atteso il
mutamento normativo proposto dallo stesso legislatore comunitario e
recepito
con il D.lgs. n. 6/07. Possiamo allora trarre delle prime conclusioni e sgomberare il campo da alcuni falsi problemi attribuiti all’avvalimento: non vi è contrasto con il regime della SOA se l'ausiliario fornisce prestazioni fungibili e standardizzate, come quando si tratti di una banca che presta i capitali, in tal caso la fattispecie non è diversa dalla fideiussione, né l'istituto di credito, ai fini dell'appalto, è più qualificato di altro soggetto, salva la vigilanza della Banca d'Italia sugli istituti di credito (e sempre che un tanto costituisca una garanzia); ugualmente non vi è necessità di SOA per il noleggio dei mezzi, proprio perché prestazione fungibile e standardizzata; la SOA può transitare solo con l’affitto di ramo d’azienda per cui la SOA è stata rilasciata. L’affitto di ramo d’azienda ad un concorrente, inibisce pari affitto ad altro concorrente in appalto diverso ma temporalmente coincidente. L’indagine può allora finalmente appuntarsi sui rapporti fra i tre protagonisti dell’avvalimento: P.A., appaltatore ed impresa ausiliaria; per questo conviene muovere dal contratto tra gli ultimi due che vede come terza spettatrice l’amministrazione. .V. L'art. 49 in commento lascia intendere che al momento dell'offerta si stato già perfezionato un contratto con cui l'ausiliario promette di mettere a disposizione del concorrente, e per tutta la durata dell'appalto, le risorse di cui questi sia privo. Identica promessa, come si è detto, l'ausiliario assume nei confronti della P.A. e del concorrente con una dichiarazione trasmessa alla stazione appaltante. La norma null'altro ci dice circa questo contratto, oltre al suo contenuto generale.[8] Nulla sappiamo in ordine alla forma, che seguirà le regole generali proprie dell'oggetto dedotto in contratto: immobili, mobili registrati, contratti bancari; ma con l'avvertenza dell'obbligo della forma scritta ad probationem, che si desume dalla necessità di trasmetterne "l'originale o copia autentica" all'amministrazione. Tranquillati su contenuto e forma, occorre guardare agli elementi accidentali. Il termine è già fissato dal legislatore per l'intera durata del contratto d'appalto, mentre della condizione non si fa menzione, seppure è ragionevole l'ammissibilità di sottoporre il contratto di avvalimento alla condizione sospensiva dell'aggiudicazione se non addirittura della stipula del contratto d'appalto. Com'è ormai stato ripetuto a sazietà la P.A. è terza in rapporto al contratto di avvalimento: le viene trasmesso, lo valuta ma non ne è parte. Ai nostri fini, però, occorre guardare il ruolo che riveste all'interno di tutta la procedura amministrativa e, poi, in rapporto al contratto d'appalto. Il contratto di avvalimento mira a soddisfare la richiesta relativa al possesso di determinati requisiti; esso è pertanto logicamente legato al momento di presentazione dell'offerta. Ma teleologicamente è legato alla partecipazione alla gara, cioè alla non esclusione, all'aggiudicazione ed alla stipula del contratto. Occorre allora introdurre il tema della presupposizione negoziale, cioè di quella figura dogmatica plasmata ad opera di una certa prassi giurisprudenziale che si è elevata a consuetudine, anche se forse abrogatrice (e quindi inammissibile), giacché mira a far rientrare come orchestrale di prima fila quella rilevanza dei motivi a contrarre, che il codice civile del 1942 aveva relegato ad interprete di particina armonica secondaria. Ricordiamo che con il termine presupposizione si raccolgono tutti quegli elementi di fatto, di diritto, fisici o meramente logici, che sostengono il negozio. Ampio spazio trovano, per esempio, le situazioni giuridiche soggettive -si badi bene- reali o supposte, che inducono una parte alla stipula. Ora, il contratto di avvalimento si pone come momento logicamente precedente e condizionante l'aggiudicazione, dacché assicura la sussistenza dei requisiti del miglior offerente. Ma tutto quanto detto in ordine al contratto di avvalimento non può lasciar in ombra la dichiarazione di assunzione di responsabilità resa dall'ausiliario alla P.A. e all'ausiliato[9] In ogni caso, vuoi come garante, vuoi come ausiliario, egli è obbligato verso la P.A., quindi non è indifferente, non è terzo al rapporto principale di appalto. Questa conclusione ci permette di affrontare il momento processuale. .VI. Pregiudiziali e giudicato saranno le chiavi musicali su cui dipanare le poche note che seguono, null'altro che variazioni su temi noti. Il contratto di avvalimento è stretto tra concorrente e società ausialiaria. Per quanto si sia potuto dire in ordine al rapporto di presupposizione negoziale, di quel contratto la P.A. non è parte, quindi ne è terza. Le doglianze, da chiunque proposte, circa l'aggiudicazione ed il procedimento che la sostiene, potranno però riguardare quel contratto, proprio per il carattere di presupposizione negoziale cui si è fatto cenno sopra. Con un esempio, il secondo classificato in una gara d'appalto potrà dolersi che l'aggiudicatario abbia vinto sul presupposto del possesso di un requisito in forza di un contratto di avvalimento in realtà mai concluso o non ritualmente concluso. Sia che si propenda per una giurisdizione sui rapporti o sugli atti, in ogni caso dedotto alla cognizione del collegio sarà il procedimento amministrativo che è sfociato in quel provvedimento di aggiudicazione i cui effetti pregiudizievoli in capo al secondo classificato giustificano il suo interesse al ricorso ex art. 100 c.p.c. Ove si controverta della sussistenza in capo all'aggiudicatario dei requisiti che egli attinge dall'impresa ausiliaria si impone una valutazione sul contratto di avvalimento, che sembra veder estranea l'amministrazione resistente, valutazione che la dogmatica tradizionale qualifica come pregiudiziale di merito. L'art. 28 del T.U. 1054/24, aderendo all'impostazione avanzata da Chiovenda, consente al giudicante la risoluzione di ogni controversia pregiudiziale alla questione principale, pur senza forza di giudicato, facendo salve comunque le questioni relative allo stato e capacità delle persone, tradizionalmente riservate al tribunale civile. Il contratto di avvalimento sarà ritenuto valido o invalido limitatamente ai fini del decidere dell'aggiudicazione. Ma potrebbe succedere, ed in certi campi succede che altro giudice si occupi della faccenda, giungendo a soluzione opposta; gli esempi non mancano come in tema di interventi edilizi sine titulo, tra C.d.S. e Cassazione penale. Potrebbe darsi che si approdi ad un contrasto di giudicati, che si rileverebbe però apparente, posto che la cognizione del G.A., in quanto pregiudiziale non sarebbe assistita dalla forza della cosa giudicata materiale. Per stimolare la fantasia, ma senza discostarsi troppo dalla realtà, si potrebbe immaginare che all'azione proposta in via principale dal secondo classificato che prevede una cognizione pregiudiziale di merito sul contratto di avvalimento, l'aggiudicatario controinteressato opponga l'esperimento di azione civile tesa ad ottenere una sentenza dichiarativa sulla validità del contratto, magari su domanda precisa in ordine alla capacità delle parti contraenti. Credo ci troveremmo in presenza di una ragione di sospensione del processo amministrativo, di un processo che ha ad oggetto gare pubbliche, tradizionalmente assistite dal carattere dell'urgenza e speditezza processuale. Il tentativo di assalto del secondo classificato potrebbe dirsi parato, dacché il suo ricorso al G.A. sarebbe anestetizzato dal giudice civile, almeno per il tempo necessario a completare le opere, lucrare il compenso e l'attestazione di completamento lavori da inserire nel proprio portafoglio di esperienze accumulate al fine della partecipazione ad una nuova gara. Ma non basta, c'è da chiedersi quale mutazione subirebbe l'oggetto del giudizio se la ditta ausiliaria chiedesse di entrare nel processo amministrativo che ha per oggetto principale l'aggiudicazione, ma che deve conoscere pregiudizialmente anche del contratto di avvalimento. Semplicistico sarebbe bollare l'atto di intervento come inammissibile per carenza di interesse, che infatti sussiste ove si consideri come l'ausiliario potrà dar corso a quanto promesso (e ricavarne la giusta mercede) solo ove il concorrente con cui ha contratto l'avvalimento si aggiudichi, o si mantenga aggiudicata, la commessa messa all'asta dalla P.A. Come si vede si tratta di ipotesi di intervento adesivo dipendente; ma la contemporanea presenza nel processo che riguarda un'aggiudicazione anche delle parti che hanno sottoscritto il contratto di avvalimento non produce il suo ingresso a pieno titolo nel giudizio, non ha il potere di mutare la natura della cognizione su di esso. Infatti, la società ausiliaria sostiene la bontà del contratto stipulato con l'aggiudicatario solo al fine di mantenere in suo capo l'aggiudicazione cui è legata la sorte del contratto di avvalimento. Nemmeno in questo caso dunque il contratto di avvalimento potrebbe ottenere una cognizione piena, la forza del giudicato. Si dirà che tanto basta per un rapporto comunque complementare, di mero sostegno armonico al tema principale. Non credo che sia così. Lo sviluppo della partitura ci impone di seguire il movimento a canone binario proprio del giudicato che si esplica, com'è noto, nel momento caducatorio e nel profilo conformativo, su cui ha proficuamente indagato la collega ed amica Chiara Cacciavillani, ritessendo le fila di un argomento che dopo lo scritto di Marcello Clarich non era stato più affrontato in maniera organica come meritava.[10] Seguitando nel nostro esempio, la sentenza del giudice amministrativo che riconosce l'illegittimità dell'aggiudicazione esplica i suoi effetti caducatori su quel provvedimento (e sugli altri eventualmente collegati e ritualmente impugnati), altresì fissa le regole cui la P.A. dovrà attenersi nel riconsiderare l'affare, cioè nell'esercitare nuovamente quel potere che aveva maldestramente stimolato. Ora, la pronuncia pregiudiziale sul contratto di avvalimento può essere alla base della sentenza, può costituirne l'architrave dell'intelaiatura musicale, della sua motivazione, ma non riveste forza di giudicato. Limitato quindi l'effetto conformativo, sicché la P.A. potrà riconsiderare la fattispecie senza essere legata alla ritualità o meno del contratto di avvalimento incidentalmente riscontrata dal giudice amministrativo. E ciò può fare perché non vincolata da alcun effetto conformativo proprio solo del giudicato.[11] Calcando settimanalmente le scene dei T.A.R., pur ciascuno con spartiti diversi, ci prefiguriamo il prosieguo: il ricorrente insorgerà di nuovo denunciando la pervicacia della P.A. ed il suo disprezzo per i disposti del giudice amministrativo. Con l'impugnazione della nuova aggiudicazione in base ad una rinnovata attestazione di validità del contratto di avvalimento sarà prodotta anche la sentenza che analogo provvedimento aveva annullato sulla scorta della ritenuta inconsistenza proprio dello stesso contratto di avvalimento. Ma siffatta pronuncia non vincola il T.A.R. più di quanto non lo faccia qualsiasi altro precedente giurisprudenziale. Certo, sarebbe auspicabile che venga emessa una sentenza eguale a quella appena resa, seppure la certezza dei rapporti è merce sempre più rara. Una diversa composizione del collegio potrebbe ottenere un risultato diverso; ed è fisiologico che sia così, poiché nel nostro ordinamento il precedente giurisprudenziale è materia di valutazione critica. Il limite è dato proprio dalla forza del giudicato, cioè a quell'incontrovertibilità del deciso tra le parti, i loro eredi ed aventi causa. Di più. Di fronte ad una rinnovata aggiudicazione sulla scorta dell'asserita validità del contratto di avvalimento ritenuto -pregiudizialmente- irrituale dal T.A.R. al primitivo ricorrente non resterebbe altro che spiccare nuovo ricorso, cioè l'azione generale di legittimità; non invece la più incisiva azione di ottemperanza che presuppone appunto il giudicato. Se vogliamo ancora dare un senso alle disposizioni occorre riconoscere che l'accertamento pregiudiziale, in quanto tale, non assurge a giudicato, quindi non esplica obblighi conformativi in capo alla P.A. soccombente e resta priva della chiave dell'ottemperanza. Si tratta di una limitazione forte, ma -pare a me- non altrimenti superabile se si accoglie il presupposto che la società ausiliaria sia terza nel rapporto di appalto, dacché il contratto da lei stipulato con il concorrente poi aggiudicatario diviene soggetto solo alla cognizione pregiudiziale del G.A. nel processo relativo all'aggiudicazione, cognizione che, per sua natura, non si consolida nel giudicato, una cognizione che resta spogliata quindi del potere conformativo e delle azioni a tutela del giudicato. In altri termini, accolto il principio della terzietà dell'ausiliario, per deduzione si giunge a quella che suona ai nostri orecchi di musicanti amministrativi come una secca dissonanza. Dissonanza che amplia la sua eco se portata nel delicato ambiente della giurisdizione esclusiva. .VII. Pregiudiziali e giudicato nella giurisdizione esclusiva propongono uno sviluppo armonico complementare al tema generale, se non fosse aggravato il profilo della limitazione dell'effetto conformativo. Il dato positivo si trova nell'art. 30 del T.U. C.d.S. che riprende il già visto articolo 28. Nell'ambito della sua giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo conosce di tutte le questioni pregiudiziali a quella a lui proposta, ovviamente senza efficacia di giudicato, ma limitatamente ai fini di una pronuncia sulla domanda principale. Ci si deve allora chiedere se la pregiudiziale nell'ambito della giurisdizione esclusiva sia diversa da quella della giurisdizione generale di legittimità. Di primo acchito sembra potersi affermare che smentire la pregiudiziale da parte di altro giudice sia più grave in quest'ambito, perché incrina -dal punto di vista logico- una pronuncia su cui è sceso il giudicato da parte dell'unico giudice che poteva conoscere. Si tratta di situazioni che debbono essere limitate nell'interesse di tutti. Su questa linea l'accoglimento dell'incipit più volte ricordato, la condivisione, cioè, dell'assunto che l'ausiliario sia terzo nel rapporto d'appalto, riprodurrebbe a catena l'effetto testé visto, cioè la natura pregiudiziale della cognizione sul contratto di avvalimento e l'insuscettibilità ad assurgere a giudicato, con le conseguenze sue proprie. È giunto allora il momento di prendere posizione circa quest'assunto e di indagarne a fondo le radici per saggiarne la loro tenuta. Non è in dubbio che il contratto di avvalimento venga stipulato tra concorrente ed ausiliario; né è dubbio che quest'ultimo non sia appaltatore, ma non basta questo per definirlo terzo di fronte alla P.A. Una prima traccia del suo legame è insita nel contratto di avvalimento stesso, cioè nel rapporto che vi è tra questo ed il contratto d'appalto che ne costituisce il presupposto negoziale, come si è detto. Essenziale, a mio avviso, la circostanza che l'ausiliario sia tenuto a riprodurre il contenuto del contratto di avvalimento in una dichiarazione resa nei confronti della stazione appaltante, dichiarazione che richiama per assonanza un atto unilaterale d'obbligo; di più: ricorda la dichiarazione di adesione, anzi la risposta ad un invito ad offerendum, la risposta ad un bando di gara. Più propriamente, allora, il fascio di obbligazioni che costituisce il contratto di avvalimento viene riprodotto anche nei confronti della P.A. L'ausiliario infatti si obbliga direttamente con la stazione appaltante negli stessi termini e per lo stesso oggetto promesso al concorrente. Se quindi il giudice amministrativo non può conoscere del contratto di avvalimento se non in via pregiudiziale, non di meno conoscerà del suo contenuto in quanto riprodotto nei confronti della P.A. E la sua cognizione questa volta sarà piena, esclusiva e con l'attitudine ad assurgere a giudicato. Per contro non sembra condivisibile la rappresentazione che vuole la dichiarazione resa dall'ausiliario alla stazione appaltante o l'intero avvalimento come contratto a favore di terzo. In verità col negozio principale nessuna obbligazione assume l'ausiliario nei confronti della P.A., né alcun vantaggio è a lei riservato: ausiliario ed ausiliato disciplinano i loro rapporti, con libertà di contenuto, nei limiti di durata e di forma di cui si è detto sopra. L'impegno verso la stazione appaltante sorge al momento della dichiarazione resa dall'ausiliario, la cui assenza non intacca la validità del contratto di avvalimento, anche se, rendendolo inutile, darà seguito a responsabilità risarcitoria.[12] .VIII. Proprio mentre ci si avvia verso una tranquilla conclusione, l'Unione europea fa sentire la sua voce al legislatore nazionale con una proposta di modifica dell’art. 49 comma 10, che comporta la riduzione dell’avvalimento ad un sub appalto con responsabilità diretta verso la stazione appaltante per la parte di opera che essa ha realizzato.[13] Il suggerimento è stato recepito da poco più di un mese con la riscrittura della disposizione che ora suona “e l’impresa ausiliaria può assumere la qualifica dell’appaltatore nei limiti dei requisiti prestati”, ove gli elementi interessanti sono il “può” e “nei limiti”, inferendo l’idea che spetti all’impresa ausiliaria decidere se acquisire o meno la qualifica di sub appaltatore, mantenendo la responsabilità nei limiti di quanto prestato. Un tanto sembrerebbe essere soluzione a tutti i nostri problemi, a condizione, però, che il subappaltatore rientri nel sistema di qualificazione delle imprese. Ma a ben vedere, la modifica legislativa non cambia il quadro da noi delineato, se non per rendere più coerente la lettura del comma 4 nel senso che si è già avuto modo di dire, cioè nell’escludere che l’ausiliario possa essere ritenuto responsabile in solido con l’aggiudicatario per tutta l’opera, anche per quella parte che esula dall’apporto da lui prestato. All'opposto prende corpo il timore già da altri paventato[14] di creare una categoria di ausiliari di professione che pongono le loro risorse a favore di altri, senza mai concorrere in proprio. Questi ultimi, infatti, non spettando loro nel precedente regime alcun attestato di compiuta opera, nel breve periodo si troveranno con il carnet dei lavori eseguiti vuoto e, per l'effetto, fuori dal mercato della opere pubbliche. Se, invece, assumono la qualifica di sub appaltatore possono ottenere l’attestazione del lavoro prestato. Possiamo trarre della conclusioni: il contratto di avvalimento si pone all’interno del procedimento amministrativo come condizione per il permanere in gara del concorrente; è altresì presupposto negoziale per la stipula del contratto d’appalto con l’aggiudicatario. La stazione appaltante lo conosce e lo valuta ai fini dell’aggiudicazione; il giudice amministrativo lo conosce come pregiudiziale in materia di giurisdizione esclusiva (art. 30 T.U. C.d.S.). Tuttavia lo stesso contenuto del contratto è riprodotto nell’impegno assunto dall’ausiliario direttamente verso la P.A., oltre che nei confronti di chi si presenta come concorrente. L’ausiliario, infatti, con questo impegno ha risposto a quell’invito ad offerendum che è il bando, non con un’offerta per l’esecuzione di quanto messo a gara, ché, anzi, egli dichiara di non concorrere né assume il ruolo di sub appaltatore, ma obbligandosi come ausiliario di un concorrente. Nasce un fascio di obbligazioni accessorie e dipendenti da quella principale (al pari della fideiussione rispetto al credito garantito) direttamente assunte da un soggetto nei confronti della P.A. in risposta ad un bando: il fascio è attratto alla giurisdizione propria dell’obbligazione principale cui accede, in questo caso, alla giurisdizione esclusiva del G.A. Se alla posizione testé assunta potrebbe obbiettarsi un eccessivo ampliamento della giurisdizione esclusiva con un'indebita applicazione analogica di norma eccezionale, potrebbe rispondersi che si tratta di legittima interpretazione estensiva, ammessa dall'art. 14 delle preleggi;[15] inoltre la tesi contraria sconterebbe la speculare critica di una riduzione della giurisdizione esclusiva, con l'aggravante di impedirne l'esplicarsi nel momento conformativo. Inoltre, il contratto di avvalimento fa assumere all’impresa ausiliaria la responsabilità nei confronti della P.A. per la corretta esecuzione delle prestazioni da assicurare al concorrente vittorioso, secondo un’interpretazione logica del comma 4 dell’art. 49, respinta l'idea della responsabilità, in solido con l’aggiudicatario, della corretta esecuzione dell’intero appalto, secondo l’interpretazione letterale e sistematica dello stesso comma 4,[16] ma superata dalla proposta di novellazione richiesta dall'Unione europea, di cui si è fatto cenno. In estrema sintesi, io credo che la società ausiliaria entri in rapporti contrattuali con la P.A. e, a cascata, soggiaccia alla giurisdizione esclusiva degli appalti. Essa dichiara di assumere impegni diretti verso la P.A. ed il contratto che la lega con il concorrente si configura come presupposto amministrativo del provvedimento di aggiudicazione e presupposto negoziale del contratto di appalto, alla cui giurisdizione viene quindi attratto. L'assunzione di obbligazioni vero la P.A., anche per atto unilaterale, implica la capacità a trattare con la P.A., presuppone quindi, se non una qualificazione, almeno la verifica delle non indegnità a contrarre. Per questa via, sindacando la dignità dell'ausiliario ad assumere obbligazioni verso la P.A., la stazione appaltante giunge a verificare la sua legittimazione al contratto di avvalimento, il cui contenuto appunto è riproposto come atto d'obbligo nei confronti della P.A. Certo, l’aver riportato nell’ambito della giurisdizione esclusiva il contratto di avvalimento e, prima, il fascio di obbligazioni dipendenti che l’impresa ausiliaria assume verso la P.A., non risolve integralmente il problema della SOA evidenziato all’inizio di questo lavoro, ma è un modo per ridurne gli effetti perniciosi, quale la cognizione esclusiva del giudice amministrativo è in grado di prevenire, smascherando simulazioni, inadeguatezze o tentativi d'elusione del dettato normativo anche in forza dei particolari mezzi istruttori di cui dispone nella sua giurisdizione esclusiva.[17] Inoltre, corrobora con l'efficacia del giudicato la cognizione sul contratto di avvalimento, spiegandone tutto l'effetto conformativo di cui è capace, preservando anche dal contrasto tra giudicati.[18] Questa altro non è che una delle varie ragioni che mi incoraggiano nel proseguire sullo scritto che ho in animo di preparare, dal titolo: “perché l’interesse legittimo non deve affievolirsi nel diritto soggettivo”. Marcello M. Fracanzani * Professore straordinario di istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Bari “Casamassima”. ** Relazione tenuta al convegno di studi “Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Lineamenti generali e istituti innovativi per gli operatori degli appalti pubblici”, promosso dalla AIGA Modena e dalla Confindustria di Modena - Modena 16 marzo 2007. [1]
Il riferimento è allo scritto di C. Zucchelli (con la
collaborazione di L. Germani),
Avvalimento di requisiti di altre imprese, (gennaio 2005) in www.giustizia-amministrativa.it [2] Contro il condivisibile orientamento giurisprudenziale che esclude la partecipazione di società non operative, con meri compiti di coordinamento tra le altre raggruppate. A riprova, ci si deve chiedere perché sia richiesta l’indicazione delle prestazioni a carico di ciascun partecipante al R.T.I., cioè quale sia lo scopo della norma, il tèlos che sostiene questo adempimento, a prima vista superfluo, attesa la responsabilità solidale delle afferenti al raggruppamento. La risposta ci viene da Palazzo Spada, ove ha ritenuto che detto obbligo “impone un ruolo operativo a tutte le imprese riunite, all’evidente scopo d’evitare che esse si avvalgano del raggruppamento non per unire le rispettive disponibilità tecniche e finanziarie, ma per aggirare le norme di ammissione stabilite dal bando di gara e consentire così la partecipazione di imprese non qualificate, con effetti negativi sull’interesse pubblico che il servizio è destinato a soddisfare” (così, profetico, C.d.S. sez. V, 19.I.98, n. 84). Sul punto, con la consueta chiarezza, si vedano le anticipazioni di C.M. Bianca, La gestione in comune di un appalto pubblico: associazione temporanea, consorzio, società di fatto o contratto associativo innominato?, in “Riv. dir. civ.”, 1983, p. 654. [3] Conviene fin da subito precisare che non appare condivisibile la soluzione esegetica che vuole l'ausiliario responsabile in solido con l'aggiudicatario dell'esecuzione del contratto messo a gara, appalto, servizio o fornitura che sia. Non ostante per questa soluzione possa propendere il tenore letterale della norma, l'esito è perverso ove carica l'impresa ausiliaria di una responsabilità cui non corrisponde adeguato potere di intervento: chi si limita a mettere a disposizione una macchina sofisticata non può essere ritenuto responsabile dell'intero lavoro, servizio o fornitura. Peraltro, non acquista la qualifica di appaltatore verso la P.A. e non riceve l'attestato di regolare realizzazione dei lavori da inserire nel proprio carnet di commesse eseguite nel triennio. Non si vede inoltre come possa influire nella corretta esecuzione dell'intero messo a gara, con ulteriori problemi sul nesso di causalità. Sul punto, anche per il profilo della responsabilità per fatto altrui, cfr amplius, nota 9. [4] Cfr. ancora C. Zucchelli, op. cit. Il legame tra qualificazione ed accesso al mercato come chiave di volta della riforma “Merloni”, è messo bene in evidenza da A. Bargone, in A. Bargone e P. Stella Richter (a cura di), Manuale del diritto dei lavori pubblici, Milano, 2001, p. 306 e ss. Sul nuovo sistema di qualificazione cfr. altresì D. Galli, I nuovi parametri di qualificazione alla luce del d.P.R. n. 34 del 2000, in “Riv. trim. appalti, 2000, p. 25; altresì A. Astazi, Le società organismi di attestazione (SOA), in “Riv. trim. appalti”, 2000, p. 718; G. Ghidini e M. Mergati, Le novità in tema di qualificazione negli appalti pubblici (commento al dP.R. 25 gennaio 2000, n. 34), in “Contratti”, 2000, p. 481. [5] Fra le primissime, oltre alla sentenza del T.A.R. Lazio sez. III ter, 25 agosto 2006, 7515, merita di essere ricordata la pronuncia del T.A.R. Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione II, 17 gennaio 2007, 137, che al paragrafo 10 ricostruisce il faticoso affrancamento dell'istituto nel dipanarsi della giurisprudenza comunitaria, mentre il punto interessante sta nel periodo finale del punto 12, ove afferma che l'avvalimento consente "all’operatore economico o ad un raggruppamento di operatori economici, se del caso e per un determinato appalto, di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, al fine della prova della capacità economica e finanziaria. In tal caso deve dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti (art. 47, commi 2 e 3)" (con sottolineatura nostra). Emerge cioè la possibilità di un sindacato pregnante circa la consistenza e non simulazione dell'avvalimento, esperibile anche con un indagine aliude per il tramite di diversi istituti la cui valutazione sulla valenza presuntiva appare monopolio del giudice amministrativo. [6] Cfr. S. Baccarini, Le associazioni temporanee di imprese, in R. Villata (a cura di) L’appalto di opere pubbliche, II ed., Padova, 2004, p. 211 ss. Occorre osservare fin d’ora per quanto si dirà in seguito che C.d.S., V, 14.XI.06, n. 6677 rimette alla Corte di Giustizia della Comunità europee di verificare il contrasto con le fonti comunitarie di una norma interna che ammetta la legittimazione al ricorso, uti siungula di un’impresa raggruppata. [7] Si veda l'ordinanza C.d.S., V, 14 novembre 2006, n. 6677, citata alla nota precedente. [8] Sul punto amplius nota 17. [9] In disparte se il contratto di cui ausiliato
e
ausiliario assumono la responsabilità nei confronti della P.A.
sia quello di appalto
o quello di avvalimento. Come anticipato supra
alla nota 3, per il primo milita il tenore letterale e quello
sistematico tra
comma 4 e comma 10. In quest'ultimo caso esplicitamente al termine
"contratto" senza alcuna precisazione ulteriore si intende quello
messo a gara e un tanto sembrerebbe potersi inferire anche dalla
precisazione
che esso è eseguito “dall’impresa che partecipa alla gara", ove
l'ausiliario non partecipa alla gara come concorrente. A sua volta
l'art. 3
detta le definizioni generali per tutto il testo unico ed al comma 3
definisce
i "contratti" o i "contratti pubblici" come quei contratti
di appalto o di concessione aventi per oggetto l'acquisizione di
servizi o di
forniture, ovvero l'esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle
stazioni appaltanti, dagli enti aggiudicatori, dai soggetti
aggiudicatori. Tuttavia
questa lettura apre il più vasto discorso se l'ausiliario possa
essere
responsabile dell'appalto pur non essendo appaltatore e per questo
secondo
significato milita l'argomento logico, che riunisce in sé potere
e
responsabilità: potere su quello che si promette,
responsabilità per ciò che si
è promesso. Consimile interpretazione pone urgenti questioni di
legittimità
costituzionale a causa della traslazione di responsabilità per
l'esecuzione del
contratto messo a gara in capo ad un soggetto che non ne assume il
ruolo di
esecutore, che non ne ha la capacità, che non ha concorso per
farlo, che non è
in grado comunque di influire, né di vigilare sull'andamento
dell'esecuzione.
La figura si sostanzia nell'assunzione di responsabilità per
fatto altrui, ma
senza l'usuale prova liberatoria dell'impossibilità di impedire
il fatto o di
aver adottato tutte le cautele, o il caso fortuito, o che si è
agito contro la
propria volontà, secondo le figure ‑rispettivamente‑ degli
articoli 2047, 2048,
2050, 2052, 2053 e 2054. Anche la responsabilità dei padroni e
committenti, che
non prevede la prova liberatoria, è comunque giustificata dal
potere che essi
esercitano sui loro dipendenti. Tutto ciò si riassume nel
problema di
individuazione del nesso di causalità tra la prestazione della
società
ausiliaria, prestazione magari corretta, ed il non esatto adempimento
del
contratto principale di appalto. Come si diceva, si tratta di una schepsi nel rapporto proporzionale tra
potere e responsabilità: l'assunzione di responsabilità
per un fatto senza
l'attribuzione di un corrispondente potere per potervi incidere
convenientemente. Caro è il rinvio a F.
Benvenuti, Appunti di diritto
amministrativo. Parte generale, V
ed., Padova, 1987, specialmente p. 153. Più recentemente il
rapporto tra
legittimità dell’azione amministrativa (esercizio del potere) e
responsabilità
è stato proficuamente indagato da un cultore del diritto
amministrativo con
robuste e non nascoste radici civilistiche che ha reintepretato il
rapporto tra
norme di azione e di relazione, rimarcando come la P.A possa ledere
situazioni
giuridiche soggettive per il solo fatto di esercitare il potere, per
“contatto”
con il privato, sicché il quomodo assume nuova veste
sostanziale. Sul
punto cfr. G.P. Cirillo, L’azione amministrativa sospesa tra regole
di
invalidità e regole di responsabilità (aprile 2005),
in www.giustizia-amministrativa.it [10]
Il
riferimento è agli scritti di M. Clarich,
Giudicato e potere amministrativo,
Padova, 1989 e C. Cacciavillani,
Giudizio amministrativo e giudicato,
Padova, 2005. Precedentemente, fra i molti, indispensabile il rinvio a R. Villata, Riflessioni
in tema di giudizio di ottemperanza ed attività successiva
alla sentenza di annullamento, in Studi
per il centenario della IV sezione del Consiglio di Stato, Roma,
1989, che
trae spunto dall'istituto per ripensare le situazioni giuridiche
soggettive, su
cui cfr. F.G. Scoca, Contributo sulla figura dell'interesse
legittimo, Milano, 1990, p. 190; nonché E.
Picozza, G. Palma, E. Follieri, Le
situazioni giuridiche soggettive del diritto amministrativo,
Padova, 1999,
specialmente, p. 29. [11] Non si vuol qui negare il dovere di ossequio della P.A. verso la sentenza del giudice amministrativo. Come si dà atto nel testo, si vuol mettere in evidenza che altra è la forza di una cognizione incidentale, altra quella del giudicato formale e sostanziale dell’unico giudice che può conoscere della faccenda. Cfr. L. Mazzarolli, Ragioni e peculiarietà del sistema italiano di giustizia amministrativa, in L. Mazzarolli, G. Pericu, A Romano, F.A. Roversi Monaco, F.G. Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, II ed, Bologna, 2001. [12]
La
questione non è oziosa, ove si pensi che il contratto a favore
di terzo ‑costituendo
un negozio trilaterale, come suggerisce il secondo comma dell'art. 1411
c.c.‑
non si pone più come pregiudiziale nel giudizio amministrativo
sull'aggiudicazione, proprio perché involgerebbe prestazioni a
favore della
P.A. che può pretenderle in forza del contratto, non in forza
dell'obbligazione
unilateralmente assunta dall'ausiliaria. Sulla qualificazione di tale
ipotesi
risarcitoria, frutto dell'intervento della P.A. in un contratto che la
vede
estranea, anche a volerla qualificare come beneficiaria, e sulle
ragioni che
inducono a mantenere in capo al G.A. il risarcimento per lesione di
interessi
legittimi, si veda la robusta costruzione di F.
Volpe, Norme di relazione, norme di
azione e sistema italiano di giustizia amministrativa, Padova,
2004,
specialmente p. 442. Stimolato dal cons. Gianpiero Paolo Cirillo mi
pongo il
problema del rapporto con il consonante istituto della promessa del
fatto del
terzo, di cui all’art. 1381 c.c. La disposizione non sembra disegnare
due
rapporti bilaterali, e appare più simile ad un’obbligazione conf
facoltà
alternativa, piuttosto che un rapporto trilaterale. Infatti il
promettente si
obbliga ad un facere, ad adoperarsi per convincere il terzo a
tenere un
certo comportamento che non diviene mai obbligazione di mezzo, ma
è sempre
obbligazione di risultato, il cui mancato raggiungimento conduce, in
via
sussidiaria più che alternativa, ad un dare, all’indennizzo (non al risarcimento).
Presupposto della figura è la circostanza che il terzo sia
rimasto estraneo al
rapporto disciplinato dall’art. 1381 c.c., che non abbia partecipato
minimamente alla stipula. Nell’avvalimento, all’opposto, il terzo entra
nel
rapporto e promette all’appaltante il proprio fatto. [13] Il Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, nel parere del 28 settembre 2006, n. 3641/2006 precisa che “con riferimento all’art. 49, comma 10, del codice, contenuto nell’art. 1, comma 2, dello schema di decreto, il quale fa divieto all’impresa ausiliaria di assumere a qualsiasi titolo il ruolo di appaltatore o di subappaltatore, deve, peraltro, rappresentarsi l’esigenza di recepire sin da adesso l’avviso manifestato, sia pure in un parere informale, dal Servizio legale della Commissione europea in ordine alla coerenza del citato art. 49, comma 10, con la normativa comunitaria ("…il divieto per l’impresa ausiliaria di partecipare alla realizzazione dell’appalto a qualsiasi titolo può annientare la portata dell’avvalimento. Perché non dovrebbe poter partecipare come subappaltatore? Il subappalto non può essere vietato dalla stazione appaltante. Se c’è un caso in cui può essere utile il ricorso al sub appalto è proprio quando le capacità della società ausiliaria sono necessarie alla realizzazione dell’appalto. Altrimenti, in questo caso, diventa obbligatorio raggrupparsi. E perché, invece, non potrebbero indicare nell’offerta che la società ausiliaria realizzerà la parte per la quale è competente"). Pertanto, allo scopo di prevenire l’instaurazione di una procedura di infrazione, si propone la soppressione dell’art. 49, comma 10, e, in sua sostituzione, la previsione a favore dei concorrenti della facoltà per i medesimi di avvalersi nell’esecuzione dei lavori della società ausiliaria, nei limiti della competenza di questa ultima”. La proposta di modifica è stata tradotta in diritto positivo ad opera dell’articolo 2, comma 1, lettera d) del D.lgs. 26 gennaio 2007, n. 6, pubblicato in G.U. il 31 gennaio ed efficace dal giorno successivo, riportando –almeno in parte‑ l'avvalimento all'interno della più tranquilla categoria del sub appalto. [14] Cfr. ancora C. Zucchelli, op. cit., ma, altresì, la relazione presentata al convegno "Il nuovo codice dei contratti pubblici", Castelfranco Veneto, 24 novembre 2006, promosso dall'Associazione Veneta Avvocati Amministrativisti in collaborazione con quel comune. [15] Sul punto sia consentito rinviare a M. M. Fracanzani, Analogia ed interpretazione estensiva, Milano, 2003, p. 269. [16] Ma sollevando urgenti problemi di assunzione di responsabilità senza poteri, come si è già detto più volte: non solo è responsabile del contratto di appalto senza essere appaltatore, ma diviene responsabile anche di quelle parti di lavoro che trascendono il proprio apporto tecnico. Riprendendo l’esempio del prologo, chi ha messo a disposizione una particolare macchina per il sollevamento delle travi dall'innovativo disegno che ne assicura una portanza elevata, risponderebbe non solo del posizionamento delle travi, della loro tenuta, ma in realtà di tutta la costruzione dell'opera messa a gara: invero una responsabilità eccessiva per aver sostanzialmente "noleggiato" -sotto altra forma- una gru, anche guardando il sinallagma contrattuale, tra prestazione, garanzia e prezzo. L'impossibilità di intervenire sull'intera opera, impedisce l'attribuzione di una responsabilità per fatto altrui, come pure si è ricordato. Ecco la ragione dell’interpretazione adeguata da noi proposta. [17]
A
ben vedere l'attrazione alla giurisdizione esclusiva del contratto di
avvalimento attraverso la dichiarazione dell'ausiliario può
prevenire gli abusi
lamentati da parte della dottrina in ragione proprio dei particolari
mezzi
istruttori di cui è dotato quel giudice nell'ambito della sua
giurisdizione
esclusiva, su cui il rinvio d'obbligo -per la consueta lucidità-
è a A. Chizzini,
I poteri istruttori del giudice amministrativo in
generale e nella
giurisdizione esclusiva, in B. Sassani - R. Villata (a cura di), Il processo davanti al giudice
amministrativo, II ed., Torino, 2004, p. 313. Sulla nuova
configurazione
della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla luce
della
sentenza della Corte cost. n. 204/04, con la consueta finezza di
tratto, cfr. P. de Lise,
I nuovi confini della giurisdizione amministrativa,
in www.giustizia-amministrativa.it
specialmente § 3. [18] L'efficacia piena di giudicato della cognizione del giudice amministrativo sul contratto di avvalimento potrebbe provocare contrasto tra giudicati, ma limitatamente nei confronti del decisum del giudice ordinario in ordine alla validità ed efficacia in rapporto allo stato e capacità dei contraenti, contrasto in realtà apparente ove si consideri che anche in caso di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le questioni di stato e capacità rimangono attratte alla cognizione del giudice civile. Si tratta di rischio però ben minimo in rapporto ai vantaggi che l'attrazione del contratto di avvalimento porta con sé, come si è cercato di dimostrare. |
|