Atti giudiziari |
Schema di ricorso ex art. 1168 c.c., predisposto da Andrea Cremona, avvocato in Piacenza. Tribunale di ---(1)
Tizio, nato a --- il ---, rappresentato e difeso dall’avv. Sempronio,
presso il cui studio in ---, via --- n. ---, è elettivamente domiciliato,
in virtù di procura in calce al presente atto,
- in via cautelare ed urgente, ordinare a Caio di rimuovere immediatamente le opere meglio descritte in narrativa(3); - nel merito, all’esito dell’ordinaria istruttoria, condannare Caio a rimuovere definitivamente le opere di cui in precedenza ed a risarcire il danno patito da Tizio per effetto della privazione del possesso; - condannare Caio al pagamento delle spese di ogni fase del presente giudizio". In sede di istruzione sommaria, potranno essere assunte informazioni dai signori: A, B, C, D, e F, a conoscenza dello stato attuale dei luoghi e della situazione precedente le opere realizzate da Caio. Con riserva di ulteriormente dedurre e/o produrre e/o indicare testi in sede di istruttoria processuale ordinaria nei termini di legge, si deposita la perizia redatta dal Geom. Mevio su incarico del ricorrente. Resta espressamente salva ogni utile azione in sede petitoria. ---, addì --- Avv. Sempronio
---, addì --- Tizio
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La firma è autentica Avv. Sempronio (1) Tradizionalmente la competenza a conoscere delle cause possessorie, aventi ad oggetto la tutela – in sé e per sé – del possesso quale situazione di fatto, è sempre stata del pretore. Attualmente, invece, a seguito delle modifiche introdotte con la riforma del processo civile, le controversie del tipo in esame dovranno essere promosse innanzi al Tribunale. (2) Il processo possessorio viene introdotto da un ricorso, che deve possedere i requisiti indicati dall’art. 125 c.p.c. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria del giudice competente, il quale, con decreto steso in calce al ricorso, fissa l’udienza di comparizione innanzi a sé delle parti. Il ricorrente ha l’onere di provvedere alla notifica del ricorso e del decreto entro i termini fissati dal giudice per la notifica al convenuto. La materia è disciplinata, oltre che dagli artt. 1168 e ss. c.c., anche dal capo IV, del Titolo I, del Libro IV c.p.c. Attualmente può dirsi risolto il dibattito – particolarmente acceso – circa la natura del giudizio possessorio. All’indomani della riforma di cui alla legge n. 353 del 1990, che aveva innovato profondamente la materia dei procedimenti a cognizione sommaria, infatti, all’opinione di coloro che ricollegavano ai procedimenti possessori una struttura bifasica, si contrapponeva quella di quanti ritenevano tali procedimenti a struttura monofasica. Più in particolare, secondo il parere di questi ultimi, dopo la riforma dei procedimenti cautelari di cui agli artt. 669 bis e seguenti c.p.c., che il novellato art. 703, comma 2, c.p.c. richiama per la disciplina dei procedimenti possessori, il giudice investito della causa possessoria avrebbe dovuto decidere la questione con ordinanza – contenente pure la statuizione sulle spese di giudizio – idonea a definire la materia del contendere. Ciò in quanto si sosteneva l’inesistenza del merito possessorio (Cass. 13 luglio 1995, n. 7665, in Foro It. 1995, I, 3160), oppure si riteneva che la questione di merito sottesa alla controversia sul possesso integrasse gli estremi di un’azione reale di natura petitoria, oppure personale di natura risarcitoria (Cass. 9 giugno 1997, n. 5118, in Foro It. 1997, I, 3232). Altre sentenze, invece, avevano ben colto l’essenza dei procedimenti possessori, che, tutelando una situazione di fatto, necessitano di un intervento in via cautelare ed urgente, volto a dettare nell’immediato i provvedimenti necessari a garantire il mantenimento del possesso o la cessazione delle turbative al medesimo, in ossequio alle note ragioni di pace sociale. D’altro canto, stante la drasticità dell’intervento giudiziale, occorre che il provvedimento cautelare, emesso all’esito di un’istruttoria sommaria, venga supportato da un’indagine più approfondita, condotta con tutte le garanzie previste dal codice di rito, oltre che "rafforzato" da una pronunzia avente l’autorità della sentenza. Tale opinione ha recentemente incontrato il favore delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali hanno affermato che "le modifiche introdotte con la legge n. 353 del 1990, ed in particolare la nuova formulazione dell’art. 703 c.p.c., non incidono sulla struttura del procedimento possessorio che resta strutturato in due fasi entrambe rette dal ricorso introduttivo, l’una a cognizione sommaria, destinata a concludersi con ordinanza reclamabile che deve contenere la fissazione dell’udienza ex art. 183 c.p.c., l’altra a cognizione piena, destinata a concludersi con sentenza soggetta ai normali mezzi d’impugnazione" (Cass., Sez. Un. civ., 24 febbraio 1998, n. 1984, in Foro It. 1998, I, 1054). Pertanto, colui che intende promuovere un’azione possessoria, deve proporre ricorso al giudice competente domandando la tutela della propria situazione possessoria: la pronunzia del magistrato non ha un contenuto predeterminato, ma si modellerà alle esigenze del caso concreto. Qualora la convocazione del convenuto possa pregiudicare l’esecuzione del provvedimento, il giudice pronunzierà decreto inaudita altera parte (art. 669 sexies, comma 2, c.p.c.). Diversamente il giudice fisserà l’udienza di comparizione delle parti, assegnando al ricorrente il termine per la notifica al convenuto del ricorso e del decreto. All’esito dell’udienza, assunte le sommarie informazioni, ricorrendo il fumus boni iuris ed il periculum in mora, il giudice provvederà nel modo ritenuto più opportuno alla tutela del possesso vantato dal ricorrente e fisserà (anche per l’ipotesi di provvedimenti emessi inaudita altera parte) la prima udienza di trattazione della causa nel merito. La situazione possessoria, in tale ultima fase, dovrà essere oggetto di piena dimostrazione, secondo le regole ordinarie e ciò potrà avvenire anche con testimoni e presunzioni (a tale scopo molto utili possono rivelarsi le presunzioni legali di possesso: es. presunzione di possesso intermedio). Inoltre, oggetto di prova dovrà essere pure la condotta lesiva del possesso ed, eventualmente, il danno patito dal ricorrente. In ultima analisi, il merito possessorio avrà ad oggetto gli elementi sanciti dagli artt. 1168 e ss. c.c., ai fini della tutela possessoria, ed in tale fase potrà pure essere domandato il risarcimento del danno da lesione del possesso, ex art. 2043 c.c. In conclusione, deve notarsi, dunque che il merito possessorio si differenzia notevolmente dalle azioni a tutela della proprietà ed ha ancora oggi cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico. (3) Contro l’ordinanza che concede o che rifiuta la tutela possessoria in sede cautelare è ammesso reclamo al Tribunale (oggi necessariamente in composizione collegiale senza il giudice che deliberò il provvedimento reclamato), che provvede in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile, mediante la quale revoca, modifica o conferma il provvedimento cautelare. Sebbene non espressamente previsto dall’art. 669 terdecies, il reclamo è oggi ammesso anche contro i provvedimenti che non abbiano concesso la domandata tutela del possesso (Corte cost. 24 gennaio 1994, n. 253). |
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