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Tribunale Militare di Torino sent. n. 528 del 28 giugno 2000 (ud. 13 giugno 2000), sulla scriminante putativa dell’uso legittimo delle armi in caso di resistenza passiva REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Militare, composto dai Signori: 1. Dott. Stanislao SAELI Presidente 2. Dott. Alessandro BENIGNI Giudice 3. T. Col. Vincenzo VENTURA Giudice militare con l’intervento del P.M. in persona del dott. e con l’assistenza del ha pronunciato in pubblica udienza la seguente SENTENZA CESARINI Paolo, nato il 30/08/65 a Rieti - e residente a Zibido San Giacomo fraz. Badile (MI), Via Adige n. 6 - atto di nascita n. 0648 P.I.S.A. - incensurato; IMPUTATO del reato di: “INSUBORDINAZIONE CON VIOLENZA, INGIURIA E MINACCIA” (artt. 186 e 189, 47 n. 2 c.p.m.p.) perché, Appuntato presso il Comando Regione CC. Lombardia, verso le ore 09.50 del giorno 15/10/98, trovandosi in servizio, usava violenza contro il superiore M.llo BROGI Massimo, colpendolo con calci alle caviglie, e provocandogli in tal modo delle escoriazioni guarite in giorni quattro; quindi lo minacciava e ne offendeva il prestigio e l’onore, dicendogli: “Stai attento a quello che fai, perché tu e gli altri mi avete già rotto le palle ed io non vi sopporto più. Io vi gonfio di botte come una zampogna e se non vi basta poi vedrai cosa combino in ufficio”. Con l’aggravante di aver commesso il fatto essendo rivestito di un grado. All’udienza dibattimentale la difesa ha chiesto la celebrazione del rito abbreviato ai sensi dell’art. 4 ter L. 83/2000. Il Tribunale ha disposto in conformità acquisendo agli atti il fascicolo del P.M. Le parti hanno quindi formulato le seguenti conclusioni: P.M.: affermazione di penale responsabilità dell’imputato e, considerata sussistente la continuazione tra i vari reati, condanna a nove mesi di reclusione militare con i benefici di legge. Difesa: in via principale assoluzione, perché il fatto non costituisce reato, essendo stato compiuto in presenza di una legittima causa di giustificazione; in subordine il minimo della pena con i doppi benefici di legge. La lettura degli atti contenuti nel fascicolo del P.M. ha consentito al Collegio di appurare il reale svolgimento dei fatti. L’App. Paolo Cesarini insieme al M.llo Massimo Brogi aveva ricevuto il compito di controllare la fornitura di due motociclette Honda pervenute alla Caserma Montebello di Milano per riscontrare che esse fossero complete di tutta la dotazione di bordo. Il M.llo Brogi per cercare la dotazione mancante di una delle moto ne rompeva il bauletto con un martello preso dal posto manutenzione dei motociclisti. Finito il controllo, l’App. Cesarini notava che il M.llo Brogi si stava avviando verso la sala convegno della caserma cercando di nascondere un oggetto sotto la giacca dell’uniforme. Il Cesarini constatando che l’oggetto era una paletta da segnalazione, evidentemente contenuta nel bauletto aperto dal Brogi, gli chiedeva formalmente di rimetterlo a posto. Avuta risposta negativa, il Cesarini sferrava un paio di calci alle gambe del Brogi per recuperare la paletta che, successivamente, veniva consegnata al M.llo Ciullo. Questi sono i fatti certi che si possono riscontrare dal confronto di tutte le deposizioni rese durante le indagini preliminari (Relazione M.llo Brogi pag.8 fasc. P.M.; Relazione di servizio dell’App. Cesarini pag. 9-10; Rapporto di P.G. pag. 45, deposizione del M.llo Ciullo pag. 47 e del M.llo Parisio pag. 48-49). Non hanno trovato riscontro né le accuse rivolte dal Cesarini al Brogi, il quale gli avrebbe risposto di “farsi i cazzi suoi”, né quelle del Brogi che diceva di essere stato minacciato. Al contrario è risultato come il Cesarini abbia effettivamente consegnato al M.llo Ciullo una paletta segnalatrice di colore rosso e verde, priva del distintivo dell’Arma dei Carabinieri e annessa alla moto quale campione dimostrativo. Ritiene il Collegio di poter inquadrare la fattispecie nella scriminante putativa dell’uso legittimo delle armi prevista dal combinato disposto degli art. 53/59 c.p. Tale disposizione, come è noto, consente al pubblico ufficiale che deve vincere una resistenza all’Autorità di fare uso di mezzi di coazione fisica e svolge la funzione di assicurare il pieno adempimento dei pubblici doveri da parte degli appartenenti alla c. di forza pubblica, e cioè gli appartenenti alla pubblica sicurezza e alla polizia giudiziaria, nonché i militari in servizio di pubblica sicurezza (in questo senso F. Mantovani “Diritto penale” III ediz. 1992, 280; M. Romano “Commentario sistematico del codice penale” I ediz. 1987, 482; F. Antolisei “Manuale di diritto penale. Parte generale” XI ediz. 1985, 239). Mentre è pacifico che l’uso della forza debba essere strumentale alla eliminazione degli ostacoli che si frappongono tra il pubblico ufficiale e il dovere di adempimento, problemi interpretativi sono sorti sia sulla nozione di “resistenza” sia sui mezzi concreti che pubblico ufficiale può utilizzare per perseguire il suo compito. La dottrina più recente (Mantovani, op. cit., 281, Romano, op. cit., 484; G.Fiandaca/E.Musco “Diritto penale. Parte Generale” II ediz.1989, 221; Alibrandi “L’uso legittimo delle armi” 1979, 69) ritiene che nella diversa nozione di resistenza rientri accanto alla forma “attiva” anche quella “passiva” potendo risolvere per altra via, facendo ricorso al requisito della proporzione, il rischio di determinare a carico di chi si oppone solo passivamente all’Autorità conseguenze lesive sproporzionate rispetto all’entità dell’offesa realizzata. Non si fa menzione, invece, del requisito della proporzionalità nell’art. 53 c.p. in quanto al Legislatore Corporativo, nella sua discrezionalità preferì assicurare l’interesse pubblico del pronto adempimento dei doveri di servizio rispetto ai beni dei cittadini. Tale scelta però non è più compatibile con la gerarchia dei valori fissati dalla Corte Costituzionale la quale impone un concreto bilanciamento degli interessi caso per caso. La proporzione perciò sussiste quando il pubblico ufficiale non ha altra scelta, per adempiere al proprio dovere, che usare il mezzo coercitivo (Mantovani, op.cit., 281). In questo caso l’imputato ha inteso tutelare il patrimonio e prestigio della P.A. consistente nello sventare un’ignobile (secondo lui) azione furtiva compiuta da un carabiniere in servizio mediante l’uso di una modestissima forza fisica, costituita da un paio di calci nelle caviglie che ha provocato delle lievissime escoriazioni guarite in quattro giorni. Il Tribunale ritiene che il Cesarini abbia rispettato il requisito della proporzionalità implicitamente previsto dall’art. 53 c.p. Peraltro si è successivamente scoperto come la paletta presa dal Brogi non fosse una delle palette regolamentari di servizio ma un semplice modello dimostrativo. Siamo quindi in presenza non di una scriminante reale, come invocato dalla difesa, bensì di una scriminante putativa, regolata dall’art. 59 c.p. in quanto il Cesarini era convinto, e la situazione oggettiva ben poteva infondergli tale convinzione (presenza della moto nuova che poteva contenere effettivamente una paletta originale, comportamento furtivo del Brogi, risposta alterata dello stesso alla richiesta di chiarimenti), di trovarsi di fronte al tentativo di furto di un bene che, pur non avendo grande valore economico, poteva essere utilizzato per diversi scopi non tutti necessariamente leciti. Pertanto il Tribunale, sulla base delle argomentazioni sopra esposte, ritiene provata la sussistenza di una causa di giustificazione putativa, senza che tale impressione sia stata cagionata in alcun modo dalla imprudenza o negligenza dell’imputato. Ritiene quindi che sussistano i presupposti per un proscioglimento dell’imputazione ascrittagli ASSOLVE CESARINI Paolo dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato. Deposito in trenta giorni. Torino, 13/06/2000 Il Giudice estensore Il Presidente Dott. Alessandro BENIGNI Dott. Stanislao SAELI |
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