Aggiornamento - Penale

Tribunale Militare di Torino, ordinanza 5 dicembre 2000, soleva la questioni di incostituzionalità dell’art.1 comma 2 della Legge 35/2000 per le dichiarazioni a difesa dell’impuntato

TRIBUNALE MILITARE DI TORINO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Militare, composto dai Signori:
1. Dott. Stanislao SAELI      Presidente
2. Dott. Alessandro BENIGNI         Giudice
3. Gen.Brig. Umberto MANGIA     Giudice Militare

con l’intervento del P.M. in persona del Dott. Paolo SCAFI
e con l’assistenza del 
Nel procedimento penale a carico di SUDATO Paolo, meglio generalizzato in atti
IMPUTATO
del reato militare di “peculato militare”, in pubblica udienza ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sulla questione di legittimità costituzionale dell’art.147 c.p.m.p. sollevata d’ufficio dal Tribunale Militare di Torino all’udienza del 11/5/2000.
OSSERVA
Nel presente procedimento il Tribunale non ha potuto esaminare il Sig.Adriano FERRERO coimputato nel reato in questione, citato dalla difesa, in quanto ai sensi dell’art.210 c.p.p. ha legittimamente esercitato la facoltà di non rispondere.
Il P.M. non ha prestato il proprio consenso in ordine alla acquisizione nel fascicolo dibattimentale dei verbali degli interrogativi resi durante le indagini preliminari, in base all’art.1 L.25/2/2000 N.35. La difesa ha, quindi, sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.1 cit. per contrasto con l’art.111 Cost. nella parte in cui «non prevede l’esclusione del regime probatorio previsto da questa disposizione per le deposizioni rese a discarico dell’imputato».
La pubblica accusa ha chiesto preliminarmente  la inammissibilità della questione per eccessiva genericità; nel merito, comunque, ha chiesto che fosse ritenuta manifestamente infondata.
L’art.1 comma 2 L.35/2000 afferma che «le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi per libera scelta si è sempre volontariamente sottratto all’esame dell’imputato o del suo difensore sono valutate, se già acquisite al fascicolo, solo se la loro attendibilità è confermata».
Il Tribunale ritiene che questa disposizione normativa contrasti insanabilmente con gli artt.111 e 24 Cost. per le ragioni che ora si espongono.
L’art.111 e seguenti della L.Cost. 2/1999, afferma espressamente che «il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore».
Come hanno già rilevato i primi commentatori (C.Conti “Le due «anime» del contraddittorio nel nuovo Art.111 Cost.” in Dir.pen. e processo 2000, 197 SS, V.Gevi “Dichiarazioni dell’imputato sul fatto altrui, diritto al silenzio e garanzia del contraddittorio” in Riv.it.dir.proc.pen. 1999, 850, G.Spangher “Il «giusto processo» penale” in Studium Iuris 2000, 257, P.Tonini “«Giusto processo»: modifiche costituzionali e regime transitorio” ivi 2000, 639), sono possibili due interpretazioni di questa norma.
La prima, che pare essere quella accolta dalla Procura, ritiene che la disposizione vuole assicurare la formazione effettiva della prova in contraddittorio, rendendo inutilizzabili tutte le dichiarazioni rese in segreto (in questo senso P.Giordano, “L’incognita del 192 condiziona la riforma” in Guida al Diritto 1999, 9, 42; F.Castellano “Scelta una strada contraria alla esperienza”, ivi, 9, 52). Di conseguenza non potrebbero essere utilizzate neppure le dichiarazioni, non conformate in dibattimento, favorevoli all’imputato. Ciò perché altrimenti una dichiarazione segretamente raccolta dalla difesa presso una persona che sistematicamente rifiuta di rispondere al P.M. potrebbe neutralizzare l’efficacia di prove legittimamente formate in contraddittorio (P.Ferrua “Rischio contraddizione sul neo contraddittorio” in Diritto e Giustizia 2000, 1, 80 che ritiene tale ipotesi «inquietante per chiunque persegua il valore della verità»).
Partendo da queste premesse ben si spiegherebbe il disposto dell’art.1 L.35/2000 che letteralmente preclude la produzione di qualsiasi verbale ad eccezione delle ipotesi espressamente consentite nel fascicolo dibattimentale.
Il Tribunale ritiene, invero, che l’art.111 debba essere interpretato sistematicamente insieme all’art.24 Cost., che sancisce l’inviolabilità del diritto alla difesa in ogni stato e grado del procedimento. Tale articolo, come ha già rilevato la stessa Alta Corte nella sentenza 14/7/1971 n.175 (in Giur.Cost. 1971, 2143), tutela l’interesse dell’imputato ad ottenere  il riconoscimento della completa innocenza, «ultimo e vero oggetto della difesa rispetto al quale le altre pretese al giusto procedimento assumono funzione strumentale». 
Appare logico ritenere che se il riconoscimento della innocenza costituisce il cuore e la funzione principale, non si può non riconoscere il diritto di preparare ed enunciare la propria tesi difensiva e di ottenere l’assunzione di tutti gli elementi che la suffragiano, anche in eventuale deroga alle norme del codice. 
Sul punto, più specificamente è già intervenuta, tra l’altro, Corte Cost. 3/6/1966 n.53 (in Giur.Cost. 1966, 869) la quale ha affermato espressamente la necessità che l’imputato possa comunque provare fatti idonei a far rilevare l’insussistenza delle imputazioni a suo carico, perché «se si nega o si limita alla parte il potere processuale di rappresentare al giudice la realtà dei fatti ad essa favorevole, se le si nega o si restringe il diritto ad esibire i mezzi rappresentativi di quella realtà, si rifiuta o si limita … la tutela del diritto alla difesa» (Corte.Cost. 3/6/1966 N.53 in Giur.Cost. 1966, 869).
La necessaria lettura sistematica delle due diverse disposizioni costituzionali induce il Tribunale a ravvisare la “ratio” del diritto di inutilizzabilità non nella tutela del contraddittorio in sé considerato ma nella tutela del contraddittorio come strumento necessario per garantire l’imputato.
L’art.111 in questo senso è chiarissimo e non ammette fraintendimenti interpretativi: «La colpevolezza (e non l’innocenza) dell’imputato non può essere provata sulla base delle dichiarazioni rese da chi si è sempre volontariamente sottratta dall’interrogatorio dell’imputato». Il divieto dell’utilizzabilità pertanto si riferisce solo alle prove di colpevolezza, e non a quelle di innocenza.
L’esclusione delle dichiarazioni  non è quindi dovuta a una presunta inattendibilità ontologica, derivante dalla insussistenza del metodo dialettico ma più semplicemente, in quanto questa procedura lede il diritto di difesa dell’imputato. Ciò emerge ancora più chiaramente da una analisi storica dell’origine della norma. Infatti l’attuale quarto comma dell’art.111, nel progetto predisposto dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica doveva essere inserito all’interno dell’art.25 con la seguente formulazione: «Nessuno può essere condannato in base a dichiarazioni …». 
Questa impostazione si ricollega idealmente alle affermazioni che l’Alta Corte ha compiuto nella celebre sentenza 361/1998, causa principale dell’avvenuto processo riformatore. 
In questa decisione la Corte ha voluto specificare come la mancata attuazione del contraddittorio possa precludere il diritto alla prova spettante al P.M., ma mai il diritto alla prova dell’imputato con la conseguente utilizzabilità delle dichiarazioni a favore.
L’art.1 L.35/2000 non distinguendo tra dichiarazioni di accusa e dichiarazioni di difesa viene a porsi pertanto in oggettivo contrasto con il combinato disposto degli art.111/25 Cost.
La questione sollevata dalla difesa, pertanto, non può sicuramente ritenersi manifestamente infondata. Essa è, inoltre, sicuramente rilevante in quanto, nei due interrogatori tenuti, visionati dal Collegio al solo fine di valutare la rilevanza concreta della questione preposta, il Ferrero smentisce eventuali responsabilità dell’imputato per il reato in questione per cui un loro inserimento nel fascicolo dibattimentale potrebbe essere astrattamente idoneo a integrare o formare il libero convincimento del giudice.
P.Q.M.
visti gli articoli di legge
SOSPENDE
il processo, limitatamente al capo di imputazione sub E, fino all’esito del giudizio di legittimità costituzionale
ORDINA
che la presente ordinanza, con la relativa motivazione, sia notificata a cura della Cancelleria, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei Deputati.
Deposito della motivazione in 90 giorni.
Così deciso in Torino, 11/5/2000.

          Il Giudice estensore Il Presidente
Dott. Alessandro BENIGNI Dott. Stanislao SAELI
 

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