Corte Costituzionale, ordinanza n. 175 del 31 maggio 2001, sull’abolizione
del reato di oltraggio
ORDINANZA N. 175
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare
RUPERTO
Presidente
- Fernando
SANTOSUOSSO
Giudice
- Massimo
VARI
“
- Gustavo
ZAGREBELSKY
“
- Valerio
ONIDA
“
- Carlo
MEZZANOTTE
“
- Guido
NEPPI MODONA
“
- Piero Alberto
CAPOTOSTI
“
- Annibale
MARINI
“
- Franco
BILE
“
- Giovanni Maria
FLICK
“
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 18,
comma 1, e 19 della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per
la
depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario),
promossi con due ordinanze emesse il 27 aprile 2000
dal Tribunale di Fermo, in composizione monocratica, iscritte al n.
614 del registro ordinanze 2000 e n. 4 del registro ordinanze
2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44,
prima serie speciale, dell’anno 2000 e n. 4, prima serie speciale,
dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 marzo
2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che, nel corso di due distinti procedimenti
penali a carico di imputati del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale,
il
Tribunale di Fermo, in composizione monocratica, con due ordinanze
di analogo contenuto in data 27 aprile 2000 (r.o. n. 614 del
2000 e r.o. n. 4 del 2001), ha sollevato, in riferimento agli articoli
3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 18, comma 1, della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega
al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e
modifiche al sistema penale e tributario), nella parte in cui ha abrogato
l’articolo 341 del codice penale, e, subordinatamente,
dell’articolo 19 della stessa legge, nella parte in cui non ha previsto
che, per i fatti di oltraggio commessi prima della entrata in
vigore della medesima legge e comunque riconducibili in astratto alle
ipotesi criminose della ingiuria e della minaccia aggravate
dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa (artt.
594, 612 e 61, numero 10, cod. pen.), quest’ultima possa proporre
querela nelle forme e nei termini in esso stabiliti;
che, ad avviso del remittente, le disposizioni
censurate determinerebbero un’ingiustificata disparità di trattamento
tra i
cittadini comuni e i pubblici ufficiali che risultino persone offese
dai delitti di ingiuria o di minaccia, “sia sotto il profilo sostanziale,
che sotto quello dei mezzi di tutela dei propri diritti”;
che, in particolare, il giudice a quo, rilevato
che l’articolo 18, comma 1, della legge n. 205 del 1999 ha abrogato il
delitto di
oltraggio e che il successivo articolo 19, nel dettare disposizioni
transitorie circa la perseguibilità a querela, nulla ha disposto
in
ordine alle offese e alle minacce subite dai pubblici ufficiali “come
persone”, si duole del fatto che costoro, senza alcuna ragione
plausibile, siano stati privati di ogni tutela penale, persino di quella
che avrebbe potuto essere loro assicurata dagli articoli 594 e 612
del codice penale, i quali configurano ipotesi delittuose perseguibili
a querela;
che nel giudizio relativo alla ordinanza n.
614 del 2000 è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la questione
sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.
Considerato che, avendo le questioni ad oggetto
le medesime disposizioni, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi
congiuntamente;
che, quanto alla questione posta in via principale,
tendente ad ottenere una sentenza con la quale venga reintrodotta una
fattispecie criminosa prevista da una disposizione espressamente abrogata,
essa manifestamente eccede i compiti di questa Corte,
poiché la qualificazione delle condotte ai fini della repressione
penale è espressione di una scelta discrezionale riservata al
legislatore (v. sentenze n. 330 del 1996 e n. 411 del 1995; ordinanze
n. 392 del 1998, n. 90 del 1997, n. 432, n. 332 e n. 288 del
1996, e n. 132 e n. 25 del 1995);
che per identiche ragioni è da ritenere
manifestamente inammissibile anche la questione proposta dal giudice a
quo in via
subordinata con la quale, sul presupposto interpretativo che l’abrogazione
dell’articolo 341 del codice penale non avrebbe
determinato una vera e propria abolitio criminis ma una successione
di leggi penali nel tempo, per l’assunta riconducibilità
dell’ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale alle fattispecie criminose
dell’ingiuria e della minaccia aggravata dalla qualità di pubblico
ufficiale della persona offesa (artt. 594, 612 e 61, numero 10, cod.
pen.), si denuncia l’assenza di una disciplina transitoria che
consenta al pubblico ufficiale offeso di proporre querela entro il
termine di novanta giorni decorrente dalla entrata in vigore della
legge 25 giugno 1999, n. 205;
che, a prescindere da ogni valutazione circa
il presupposto dal quale muove il remittente, ostano a uno scrutinio di
merito
della questione i limiti propri della giustizia costituzionale alla
quale non compete porre una disciplina transitoria intesa a introdurre,
come si vorrebbe nella specie, condizioni di procedibilità e
di punibilità che, secondo la stessa prospettazione del remittente,
sarebbero estranee all’ambito di operatività dell’articolo 19
della legge n. 205 del 1999;
che questa Corte ha infatti reiteratamente
affermato esserle precluso, in materia penale, ogni intervento additivo
che si
risolva in un aggravamento della posizione sostanziale dell’imputato
(v. ordinanze n. 317 del 2000, n. 337 del 1999, n. 413, n. 392 e
n. 106 del 1998, e n. 297 e n. 178 del 1997);
che pertanto la questione deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge
11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i
giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità
della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 18,
comma 1, e dell’articolo 19
della legge 25 giugno 1999, n. 205 (Delega al Governo per la depenalizzazione
dei reati minori e modifiche al sistema penale e
tributario), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione,
dal Tribunale di Fermo, in composizione monocratica, con
le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 23 maggio 2001.
F.to:
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2001.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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