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Aggiornamento - Penale |
Cass. Pen., Sez.
Un., 31 gennaio – 10 giugno 2013, n. 25401, uso di gruppo di sostanze
stupefacenti costituisce un illecito amministrativo anche dopo la legge 46
del 2006 RITENUTO IN FATTO 1. Ad G.A. vennero contestati i
reati di cui: A) al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1 bis, come
modificato dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, per avere, dopo
l'acquisto di eroina in comune con P.A., proceduto al consumo di gruppo dello
stupefacente con il P., in tal modo detenendo sostanza stupefacente destinata
ad un uso non esclusivamente personale (destinata al consumo comune) e per
averla comunque ceduta ai P.; B) all'art. 586 c.p., in relazione all'art. 589 c.p., perchè dal fatto-reato di cui
al capo A), era derivata, come conseguenza non voluta, la morte di P.A.,
deceduto per edema polmonare acuto conseguente all'assunzione dell'eroina
acquistata in comune con G.A.. Il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Avellino, con sentenza del 28 giugno 2011,
dichiarò non luogo a procedere per i reati di cui ai capi A) e B), perchè il
fatto non sussiste, condividendo l'orientamento giurisprudenziale secondo il
quale, anche a seguito delle modifiche apportate al D.P.R. n. 309 del 1990, dalla legge n. 49 del 2006, l'uso di gruppo di
sostanze stupefacenti non assume rilevanza penale allorquando ricorrano
alcune condizioni, che nella specie erano presenti, sussistendo una comune ed
originaria finalità dei due soggetti di acquisto dello stupefacente per
destinarlo al proprio fabbisogno personale; la partecipazione di entrambi
alla spesa occorrente; la previsione delle modalità di consumo; la qualità di
assuntore in capo all'acquirente e la cessione della droga direttamente
all'altro. Venuta meno la configurabilità del delitto di cui al capo A),
mancava il presupposto del reato di cui all'art. 586 c.p.. 2. La parte civile G.C. moglie
del P. (costituita anche quale esercente la potestà genitoriale sui due figli
minorenni), propone ricorso per cassazione denunciando inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale e deducendo, in particolare, che il
c.d. uso di gruppo di sostanze stupefacenti, nella duplice ipotesi del
mandato all'acquisto e dell'acquisto in comune, risulta ora penalmente
sanzionato a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 49 del 2006. Osserva che con l'aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente" nel testo del D.P.R. n. 309 del
1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a), il legislatore, in coerenza con la
ratio legis della riforma diretta a contrastare la diffusione della droga, ha
inteso circoscrivere l'area del penalmente irrilevante a quei limitati casi
in cui l'acquisto e la detenzione sono finalizzati al solo, esclusivo, uso di
chi sia trovato in possesso di un minimo quantitativo di stupefacente. Di
conseguenza, si imporrebbe oggi una interpretazione più restrittiva di quella
affermatasi in precedenza, in quanto il c.d. uso di gruppo ontologicamente
non può essere un uso esclusivamente personale. Aggiunge che la tesi
dell'irrilevanza penale potrebbe, al più, valere per l'ipotesi di acquisto e
di successivo consumo in comune di sostanze stupefacenti, ma non anche per
quella, ricorrente nella specie, di mandato ad acquistare, che produce
un'indebita diffusione della sostanza stupefacente da chi materialmente
acquista la droga a chi si limita ad assumerla. 3. L'ordinanza ricorda che la
questione era già stata risolta dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 4 del 28/05/1997,
Iacolare, con l'affermazione del principio che "non sono punibili e
rientrano nella sfera dell'illecito amministrativo di cui al D.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, art. Questa soluzione si fondava
sulla omogeneità teleologia della condotta del procacciatore e degli altri
componenti del gruppo, che caratterizza la detenzione nel senso di una comune
codetenzione idonea ad impedire che il primo si ponga in rapporto di
estraneità e quindi di diversità rispetto ai secondi, con conseguente
impossibilità di connotare la sua condotta quale cessione. Il nuovo testo del D.P.R. n.
309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, come modificato dalla L. n. 49 del 2006, però, ora punisce
penalmente chi illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope che,
sulla base dei parametri indicati, "appaiono destinate ad un uso non
esclusivamente personale", mentre il novellato art. 75 sottopone a
sanzioni amministrative chi detiene tali sostanze fuori dall'ipotesi di cui
all'art. 73, comma 1 bis, ossia chi le detiene per un uso
"esclusivamente personale". Sono quindi mutate sia la struttura
normativa sia quella semantica, perchè, nell'art. 73, è stato introdotto
l'avverbio "esclusivamente" che non esisteva nel previgente art.
75. L'ordinanza ricorda che alcune
decisioni hanno ritenuto che il legislatore ha così inteso reprimere in modo
più severo ogni attività connessa alla circolazione, vendita e consumo di
sostanze stupefacenti e che l'introduzione dell'avverbio "esclusivamente"
deve condurre ad un'interpretazione più restrittiva di quella in precedenza
data al sintagma "uso personale", con la conseguenza che la
fattispecie del c.d. uso di gruppo non può più farsi rientrare nell'ipotesi
di consumo esclusivamente personale, stante la quantità e le modalità di
presentazione dello stupefacente acquistato. Altre decisioni hanno invece
confermato il precedente indirizzo, ribadendo che il consumo di gruppo di
sostanze stupefacenti, conseguente al mandato all'acquisto collettivo ad uno
degli assuntori e nella certezza originaria dell'identità degli altri,
continua a non essere punibile penalmente. Ciò perchè l'avverbio
"esclusivamente" costituisce un'aggiunta ridondante, superflua e
pleonastica. Inoltre, la preliminare adesione dei partecipanti al progetto
comune di fare dello stupefacente un uso esclusivamente personale, esclude
che chi acquista su incarico degli altri si ponga in una posizione di
estraneità rispetto ai mandanti. 4. Con decreto in data 12
novembre 2012, il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite
penali, fissandone per la trattazione l'odierna udienza. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La questione di diritto per
la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è la seguente:
"se, a seguito della novella introdotta dalla L. n. 49 del 2006, il consumo di gruppo di
sostanze stupefacenti, nella duplice ipotesi di mandato all'acquisto o
dell'acquisto comune, sia o meno penalmente rilevante". 2. La questione si risolve, in
sostanza, nello stabilire se il precedente diritto vivente, per come
affermato dalla unanime e costante giurisprudenza a seguito della sentenza
delle Sezioni Unite ric. Iacolare del 1997, abbia subito modifiche per
effetto delle norme recate dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49. E' quindi
necessario richiamare, sìa pur brevemente, l'evoluzione normativa e
giurisprudenziale sul punto. E' stato esattamente rilevato
che la locuzione "consumo o uso di gruppo" è fuorviante, sia perchè
eccessivamente generica e comprensiva di situazioni eterogenee, sia perchè si
incentra sul momento finale del consumo della sostanza stupefacente, mentre
l'aspetto rilevante è quello iniziale dell'acquisto, oltre a quello
successivo della detenzione. In realtà, quando si parla di consumo di gruppo,
si fa di solito riferimento a due diverse situazioni: a) a quella in cui due
o più soggetti acquistino congiuntamente sostanza stupefacente per farne uso
personale e poi la detengano (in modo indiviso o meno) in una quantità
necessaria a soddisfare il fabbisogno di tutti; b) a quella in cui un solo
soggetto acquisti, a seguito di mandato degli altri, sostanza stupefacente
destinata al consumo personale suo e dei mandanti, fra i quali poi la
ripartisca. Peraltro, come si vedrà, alle
due situazioni non può darsi un trattamento differenziato sotto il profilo
qui in esame. 3. Il testo originario del
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, prevedeva un reato a condotta
plurima, che puniva chi "senza l'autorizzazione coltiva, produce,
fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede o riceve, a
qualsiasi titolo, distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta,
importa, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per
qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi
previste dagli artt. 75 e 76, sostanze stupefacenti o psicotrope". Il
successivo art. 75, poi, estrapolava tre di queste condotte - l'importazione,
l'acquisto e la detenzione della sostanza stupefacente - caratterizzate dalla
finalità specifica dell'agente di farne un uso personale e, nell'ambito delle
stesse, operava una distinzione tra illecito penale e illecito amministrativo
sulla base del criterio quantitativo della dose non superiore a quella media
giornaliera. Nella vigenza di questa
disposizione, la giurisprudenza assolutamente prevalente riconosceva la
punibilità di entrambe le ipotesi rientranti nel c.d. uso di gruppo,
ritenendo che esso integrasse gli estremi del concorso nel reato in relazione
all'intero quantitativo acquistato da o per il gruppo, e non invece la detenzione
di una quota ideale da parte di ciascun componente del gruppo, e che la
ripartizione dello stupefacente tra i codentori importasse una reciproca
cessione di parti del quantitativo codetenuto, simile ad ogni altra forma di
cessione. Ciò in quanto la condotta del singolo codentore era considerata
priva di autonomìa, perchè avente ad oggetto gli obiettivi comuni perseguiti
dagli altri (Sez. 6, n. 900 del 19/09/1992, Tognali, Rv. 192060; Sez. 6, n.
7230 del 22/04/1992, Bolognini, Rv. 190709; Sez. 4, n. 9552 del 04/02/1991,
Aloisi, Rv. 188196). 4. Per effetto dell'esito
referendario sancito dal D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 (con il quale,
tra l'altro, furono eliminate dall'art. 75 cit., la parole "in dose non
superiore a quella media giornaliera") venne meno questa limitazione
quantitativa, sicchè le tre condotte contemplate dall'art. 75, ove
finalizzate all'uso personale, vennero interamente attratte nell'area
dell'illecito amministrativo divenendo estranee a quella del penalmente
rilevante. 4.1. Dopo l'abrogazione
referendaria, sulla questione oggi in esame si sviluppò un contrasto
giurisprudenziale simile a quello attuale. Un primo orientamento sosteneva
che l'esito del referendum non aveva avuto alcuna conseguenza sulla
punibilità del c.d. consumo di gruppo. Si osservava - con argomentazioni che
non appaiono dissimili da molte di quelle poste ancora oggi a sostegno della
tesi più restrittiva - che l'art. 75, riferendosi all'"uso
personale", lascia ben intendere la volontà di circoscrivere, in modo
rigoroso, l'illecito amministrativo soltanto alla persona del
"consumatore", al di fuori di qualunque forma di rapporto con altro
o con altri soggetti, che avesse comunque ad oggetto sostanze stupefacenti
(Sez. 6, n. 2441 del 25/05/1994, Corba, Rv. 199566); che l'uso di gruppo
implica la cessione sia pur parziale della droga a terzi e quindi esclude
almeno in parte l'uso personale (Sez. 4, 18/01/1994, Trainito, non mass.);
che la cessione, anche se conseguente ad un acquisto per uso personale
proprio e del cessionario, rientra comunque nelle ipotesi di reato del
procurare o del consegnare droga ad altri (Sez. 4, 02/10/1996, Granata, non
mass.; Sez. 4, Trainito, cit); che ogni situazione di acquisto comune o di
codetenzione determina un vincolo solidale tra i membri del gruppo, con una
gestione di fatto societaria, inerente all'acquisto e all'utilizzazione della
sostanza, che esula dalla esclusiva sfera personale a base dell'ipotesi di
illecito amministrativo; ciò perchè il coinvolgimento degli altri soggetti
del gruppo conferisce alla detenzione un carattere ultra-individuale,
attraverso una socializzazione della stessa detenzione e del consumo, tale da
dover essere apprezzata penalmente (Sez. 1, n. 5548 del 06/11/1995, Cavessi,
Rv. 202938); che tutt'al più la destinazione all'uso di gruppo potrebbe far
ravvisare l'attenuante del fatto di lieve entità (Sez. 4, n. 6895 del
31/01/1994, Tofani, Rv. 198665). 4.2. Un opposto, e più
consistente, orientamento affermava invece che, in base al testo del D.P.R.
n. 309 del 1990, art. 75, quale risultante a seguito dell'abrogazione
referendaria, l'acquisto congiunto o su mandato e la codetenzione di sostanze
stupefacenti destinate all'uso personale di ciascuno dei detentori non erano
più previsti dalla legge come reato (Sez. 6, n. 1324 del 04/11/1996, dep.
13/02/1997, Deminicis, Rv. 208182; Sez. 6, n. 20692 del 04/11/1994, dep.
28/02/1995, Bertolani, Rv. 200552; Sez. 6, n. 1948 del 29/11/1993, Molin, Rv.
197092). Si osservava che tale
codetenzione riguarda una situazione di fatto unitaria, caratterizzata da un
rapporto intimo che si stabilisce e si esaurisce fra i soggetti, codetentori
di singole quote ideali, dalla quale non può derivare a priori un concorso
nel reato di detenzione di droga a fine di spaccio, nel presupposto astratto
di una presunta cessione reciproca di quote oppure per effetto di una
possibile disponibilità, da parte di ciascun codetentore, dell'intero
quantitativo della sostanza stupefacente; che, infatti, per aversi concorso
occorre una prova certa che, travalicando il fatto unitario e le ragioni
specifiche della codetenzione della sostanza, dimostri, in modo concreto ed
inequivoco, che tale situazione, di per sè neutra, sia finalizzata
all'attività di spaccio all'interno del gruppo dei codetentori oppure nei
confronti di terzi (Sez. 6, n. 215 del 30/10/1996, dep. 15/01/1997, Lorè, Rv.
207111; Sez. 4, n. 776 del 27/05/1994, Gomiero, Rv. 199553); che la prova
certa della destinazione allo spaccio non può essere desunta nè dal solo
quantitativo della sostanza (la cui rilevanza non è incompatibile con la
destinazione all'uso personale), nè dalla consegna ai componenti del gruppo,
dal momento che fin dall'acquisto ciascuno di essi ottiene il possesso e la
disponibilità del quantitativo secondo la quota di spettanza (Sez. 6, n. 1620
del 18/04/1997, Miccoli, Rv. 208289). In particolare, si
affermava che la fattispecie deve qualificarsi fin dall'inizio come acquisto
e possesso per uso personale ad opera dei vari interessati della porzione di
sostanza destinata al proprio consumo, rimanendo irrilevante il successivo
atto concreto di divisione (Sez. 4, n. 1990 del 12/01/1996, Villani, Rv.
204461; Sez. 4, n. 6994 del 04/05/1994, Bonsignore, Rv. 198676;), il quale
non costituisce una cessione, ma semplice operazione materiale con cui
ciascuno viene in possesso del quantitativo destinato fin dall'inizio al suo
uso personale (Sez. 6, n. 10749 del 05/11/1996, Consoli, Rv. 206334; Sez. 4,
n. 1113 del 23/11/1995, dep. 01/02/1996, Matrone, Rv. 204055; Sez. 4, n. 8938
del 14/07/1995, Residori, Rv. 202926; Sez. 4, n. 6483 del 01/03/1995, Muralo,
Rv. 201703); che dunque non è
punibile chi acquisti o detenga droga su incarico di altri che intendano
farne uso esclusivamente personale quando il soggetto sia anch'egli uno degli
assuntori, poichè la sua azione è intesa all'utilizzo diretto del gruppo,
come longa manus del quale egli agisce (Sez. 6, n. 4658 del 21/03/1997,
Franzè, Rv. 207486; Sez. 4, n. 199 del
19/12/1996, dep. 15/1/1997, Di Stefano, Rv. 207157). Si precisava, peraltro,
che per configurare questa ipotesi e non una cessione, eventualmente
gratuita, a terzi, occorre che ciascun partecipante al gruppo abbia sin
dall'inizio coscienza e volontà di acquistare la propria parte di sostanza
stupefacente per destinarla al suo uso personale (Sez. 6, 09/01/1993, Gradi,
non mass.) e che la stessa sia destinata al consumo esclusivo dei
partecipanti (Sez. 4, n. 8013 del 12/07/1996, Del Conte, Rv. 205830). 5. Il contrasto, com'è noto,
venne risolto a favore dell'orientamento meno restrittivo da queste Sezioni
Unite con la sentenza n. 4 del 28/05/1997, Iacolare,
Rv. 208216, la quale affermò il principio che non sono punibili, e rientrano
pertanto nella sfera dell'illecito amministrativo di cui al D.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, art. Le Sezioni Unite, dopo avere
richiamato quanto evidenziato dalle sentenze n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996 della Corte costituzionale in
relazione alla "cintura protettiva" riservata al consumo personale
contro i rischi di sanzione penale, osservarono che non ha rilievo penale il
consumo personale e quanto lo precede immediatamente, sempre che si esaurisca
nella sfera personale dell'assuntore e quindi non riguardi la condotta del
trafficante o del cedente. Sennonchè, "anche nell'ipotesi del gruppo la
detenzione comunque costituisce l'antecedente del consumo, ed inerisce al
rapporto tra assuntore e sostanza in vista dell'uso personale, con esclusione
dell'intermediazione di soggetti diversi (Corte Cost. n. 296 del 1996), non potendo
essere considerati tali quanti detengono per se stessi e per colui che sin
dall'acquisto ha titolo per conseguire l'utilità relativa alla parte della
sostanza a lui destinata". Ciò sempre che l'acquisto e la detenzione
avvengano fin dall'inizio per conto anche degli altri soggetti di cui sia
certa l'identità e manifesta la volontà di procurarsi la sostanza destinata
al consumo personale. La sentenza evidenziò poi che
ciò che consente di considerare l'acquisto e la detenzione da parte di alcuni
come antecedente immediato del consumo degli altri è la presenza di una
omogeneità teleologica nella condotta dei primi rispetto allo scopo degli
altri: "solo questa omogeneità
impedisce che il procacciatore si ponga in un rapporto di estraneità e quindi
di diversità rispetto agli altri componenti del gruppo, con conseguente
connotazione della sua condotta quale cessione". Dunque, quando
l'acquisto avviene per il consumo di ciascun componente del
"gruppo", e quindi dello stesso procacciatore, sulla base di una
comune volontà iniziale, l'omogeneità teleologica caratterizza
necessariamente anche la detenzione quale codetenzione, la quale, in quanto
antecedente immediato del consumo di ciascun soggetto, si presta ad una
immediata "dissoluzione" in autonomi rapporti tra singolo soggetto
e sostanza, corrispondenti all'utilità prò quota che ciascuno sin dall'inizio
si riprometteva di conseguire. Di conseguenza, è irrilevante
distinguere tra l'ipotesi di acquisto contestuale da parte di più soggetti,
che insieme detengono e poi suddividono la sostanza, e l'ipotesi in cui un
componente di un gruppo acquisti anche per conto degli altri e poi suddivida
la sostanza. Ciò perchè entrambe le ipotesi "attengono pur sempre ad una
codetenzione quale antecedente immediato rispetto al consumo da parte dei
componenti del gruppo; con la sola differenza che nel secondo caso
l'acquirente-assuntore agisce sulla base di un mandato ricevuto dagli altri,
con effetti però equivalenti quanto ad acquisto ed a disponibilità della sostanza
(vedi: artt. 1388 e 1706 c.c.)". Poichè quindi chi riceve la
sostanza ne è sostanzialmente già proprietario per averla già acquistata come
quota di un quantitativo indiviso, la consegna non costituisce cessione o
spaccio, ma mera attività esecutiva della divisione del quantitativo comune.
Qualora invece l'acquirente non sia anche assuntore oppure non abbia avuto
alcun mandato, la sua condotta si pone in rapporto di diversità teleologica
rispetto agli altri soggetti, cosicchè egli assume la qualità di cedente e il
suo comportamento rientra nello schema del traffico di droga. Le Sezioni Unite osservarono
altresì che una diversa interpretazione comporterebbe una illogica disparità
di trattamento perchè lo stesso soggetto rimarrebbe esposto a sanzione
amministrativa per la quota destinata al consumo personale ed a sanzione
penale per la parte consegnata agli altri comproprietari assuntori cui era
destinata fin dall'inizio. Sottolinearono infine che l'irrilevanza penale
riguarda una condotta incentrata sul consumo personale ed attinente ai "comportamenti
immediatamente precedenti" e strumentali all'assunzione, e perciò da
ritenersi estranea "alla diffusione della droga ovvero all'incremento ed
all'incentivo del mercato relativo, proprio perchè circoscritta alla persona
del consumatore", sicchè non è destinatala di quel giudizio di disvalore
comportante l'applicazione della sanzione penale. Il dato quantitativo può
essere assunto quale indice sintomatico di una destinazione ad un uso, in
tutto o in parte, non personale, ma non quale discrimen dell'ipotesi
depenalizzata; il che deve valere non solo nel caso di singolo
detentore-assuntore, ma anche "in caso di codetenzione di sostanza
destinata ad uso personale da parte di ciascuno dei detentori". La soluzione della sentenza
Iacolare è stata poi unanimemente condivisa, diventando così vero e proprio
diritto vivente, dalla giurisprudenza successiva, la quale in sostanza, si è
limitata a precisare, nei singoli casi concreti, gli elementi occorrenti per
dare luogo al c.d. consumo di gruppo, escluso dall'ambito penale. In particolare, è stato, tra
l'altro, ribadito che "se l'acquisto e il consumo rimangono circoscritti
all'interno del gruppo degli assuntori, è irrilevante che la sostanza sia
detenuta da uno solo di essi, in quanto l'intero quantitativo è idealmente
divisibile in quote corrispondenti al numero dei menzionati partecipanti,
mentre, in difetto, sussiste il reato di cessione, sia pure gratuita, a terzi
di sostanza stupefacente" (Sez. 4, n. 35682 del 10/07/2007, Di Riso, Rv.
237776); e che il c.d. uso di gruppo è ravvisabile quando l'acquisto e la
detenzione della droga, destinata all'uso personale, avvengano sin
dall'inizio per conto e nell'interesse anche di soggetti di cui fin
dall'inizio sia certa l'identità e manifesta la volontà di procurarsi la
sostanza per il proprio consumo (Sez. 6, n. 31456 del 03/06/2004, Altobelli,
Rv. 229272), sicchè la consegna delle rispettive quote rappresenta
l'esecuzione di un precedente accordo tra l'agente e gli altri soggetti, che
non si pongono quindi in posizione di estraneità rispetto al cedente, bensì
come codetentori fin dall'acquisto, eseguito anche per loro conto (Sez. 5, n.
31443 del 04/07/2006, Roncucci, Rv. 235213; Sez. 4, n. 34427 del 10/06/2004,
Inglese, Rv. 229693; Sez. 4, n. 10745 del 29/11/2000, dep. 16/03/2001,
Catania, Rv. 218778; Sez. 6, n. 9075 del 04/06/1999, De Carolis, Rv. 214070).
Occorre dunque la prova che la sostanza sia acquistata da uno dei
partecipanti al gruppo su preventivo mandato degli altri, in vista della
futura ripartizione, "di talchè possa affermarsi che l'acquirente agisca
come longa manus degli altri e che il successivo frazionamento della sostanza
acquisita sia solo una operazione materiale di divisione" (Sez. 6, n.
37078 del 01/03/2007, Antonini, Rv. 237274; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003,
dep. 06/02/2004, Elia, Rv. 229368). Si afferma generalmente che
l'accordo deve avvenire attraverso una partecipazione di tutti alla
predisposizione dei mezzi finanziari occorrenti (Sez. 4, n. 7939 del
14/01/2009, D'Aniello, Rv. 243870; Sez. 6, n. 37078 del
01/03/2007, Antonini, Rv. 237274; Sez. 4, n. 12001 dell'I 1/05/2000, Acqua,
Rv. 217893). Diverse decisioni hanno peraltro precisato che ciò non richiede
anche che la raccolta del denaro sia antecedente rispetto all'acquisto, dal
momento che ciò che rileva è la "dimostrazione dell'esistenza di un
preventivo incarico all'acquisto dato dal gruppo ad uno dei partecipanti, in
vista della futura materiale divisione e apprensione fisica della quota di
ognuno, dovendo escludersi sia l'ulteriore condizione del previo versamento
della somma necessaria all'acquisto da parte di tutti, sia la sussistenza di
una precedente intesa in ordine al luogo e ai tempi del successivo
consumo" (Sez. 6, n. 28318 del 03/06/2003, Orsini, Rv. 225684); essendo
invero necessario che la sostanza sia destinata al comune consumo personale e
non anche alla fruizione contestuale (Sez. 4, n. 37989 del 07/07/2008,
Gazzabin, Rv. 242015). Ciò in quanto il preventivo
accordo può anche essere tacito ed implicito, potendosi desumere la volontà
comune da elementi sintomatici altri rispetto alla preventiva raccolta del
denaro, "quali il rapporto di amicizia tra l'acquirente e gli altri
consumatori, l'effettiva consumazione della sostanza da parte di tutti quanti
nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, l'unicità della confezione
contenente la sostanza" (Sez. 6, n. 29174 del 10/03/2008, Del Conte, Rv.
240580; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004, Elia, Rv. 229368,
cit; Sez. 6, n. 43670 del 18/09/2002, Di Domenico, Rv. 222811; Sez. 6, n.
9075 del 04/06/1999, De Carolis, Rv. 214070). Se invece il procacciatore non
agisca per conto altrui sulla base di un preventivo accordo, o agisca su
mandato di terzi senza essere a sua volta assuntore, viene allora meno quella
omogeneità teleologia che rende assimilabile la codetenzione per uso di
gruppo alla detenzione per uso personale. 6. Come è noto, la legge 21 febbraio 2006 n. 49, di conversione,
con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272 (recante
"Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le
prossime Olimpiadi invernali, nonchè la funzionalità dell'Amministrazione
dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti
recidivi") ha apportato alcune modifiche al t.u. sugli stupefacenti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ed in
particolare, per quanto qui interessa, agli artt. 73 e 75. Il nuovo testo
dell'art. 73, comma 1, sanziona ora senz'altro come reato il fatto di chi,
senza autorizzazione, "coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina,
vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta,
procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque
scopo sostanze stupefacenti o psicotrope". E' stato poi introdotto un
comma 1 bis, dell'art. 73, il quale, alla lett. a), punisce "chiunque,
senza autorizzazione, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o
comunque illecitamente detiene:... sostanze stupefacenti o psicotrope che per
quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto
del Ministro della salute..., ovvero per modalità di presentazione, avuto
riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero
per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non
esclusivamente personale". Il previgente testo dell'art. 73, invece,
puniva tutte le medesime condotte poste in essere al di fuori dell'ipotesi di
cui all'art. 75, il quale configurava come illecito amministrativo la
condotta di chi, "per farne uso personale, illecitamente importa,
acquista o comunque detiene" sostanza stupefacente (anche in dose
superiore a quella media giornaliera, per effetto dell'esito del referendum).
Il nuovo testo dell'art. 75 ora punisce con la sanzione amministrativa
"chiunque illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi
titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope al di fuori
delle ipotesi di cui all'art. 73, comma 1 bis. Pertanto, attualmente,
l'acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti integrano un illecito
amministrativo quando le stesse, sulla base dei criteri indicati, non
"appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale",
dovendo perciò ritenersi destinate ad un uso esclusivamente personale. E' opportuno ricordare che, per
effetto di tali modifiche, non è stata ripristinata la situazione antecedente
al referendum abrogativo e non è cambiata l'opzione di fondo dell'assetto
repressivo delle attività illecite in materia di stupefacenti, consistente
nel rinunciare alla sanzione penale per contrastare il consumo personale
(Sez. 6, n. 3513 del 12/01/2012, Santini, Rv. 251579). Invero, il superamento
dei limiti quantitativi massimi detenibili, previsti ora dall'art. 73, comma
1 bis, lett. a), non inverte l'onere della prova a carico dell'imputato, nè
introduce una presunzione, assoluta o relativa, in ordine alla destinazione
della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, bensì impone soltanto
al giudice un dovere di rigorosa motivazione quando ritenga che dagli altri
parametri normativi si debba escludere una destinazione ad un uso non
esclusivamente personale, pur in presenza del superamento dei suddetti limiti
massimi (Sez. 6, n. 12146 del 12/02/2009, Delugan, Rv. 242923; Sez. 6, n.
39017 del 18/09/2008, Casadei, Rv. 241405; Sez. 4, n. 31103 del
16/04/2008, Perna, Rv. 242110; Sez. 6, n. 27330 del 02/04/2008, Sejjal, Rv.
240526; Sez. 6, n. 17899 del 29/01/2008, Cortucci, Rv. 239933). 6.1. A seguito di queste
modifiche legislative si sono sviluppati, nella giurisprudenza di questa
Corte, due opposti orientamenti interpretativi. Un primo orientamento è stato
espresso dalla sentenza della Sez. 2, n. 23574 del 06/05/2009, Mazzuca, Rv.
244859, la quale ritiene che il nuovo testo legislativo avrebbe ora reso
penalmente rilevante il c.d. consumo di gruppo, sia
nell'ipotesi del mandato all'acquisto sia nell'ipotesi dell'acquisto in
comune. Ciò perchè sono mutate sia la struttura normativa della disposizione
(in quanto ora l'ambito della non punibilità penale non è indicato dall'art.
75, ma si desume dal combinato disposto dell'art. 73, comma 1 bis, e art.
75), sia la struttura semantica della frase, in quanto nell'art. 73, comma 1
bis, è stato introdotto l'avverbio "esclusivamente" che non
esisteva nel previgente art. 75. La sentenza rileva poi che il legislatore ha
inteso reprimere in modo più severo ogni attività connessa alla circolazione,
vendita e consumo di sostanze stupefacenti, tante che ha equiparato ogni tipo
di sostanza. In particolare, l'introduzione dell'avverbio
"esclusivamente" assumerebbe "un significato particolarmente
pregnante proprio sotto il profilo semantico perchè una cosa è l'uso
personale di sostanze stupefacenti, altra e ben diversa cosa è l'uso
esclusivamente personale, frase che, proprio in virtù dell'avverbio, non può
che condurre ad un'interpretazione più restrittiva rispetto a quella che,
sotto la previgente normativa, veniva data del sintagma uso personale".
Di modo che l'uso di gruppo non potrebbe più farsi rientrare nell'ipotesi di
consumo esclusivamente personale in quanto presuppone, per assioma,
l'acquisto di un quantitativo di stupefacente che, per quantità o per
modalità di presentazione, appare necessariamente destinato ad un uso non
esclusivamente personale. Inoltre, la ratio legis, che è chiaramente quella
di rendere più difficile l'acquisto, la diffusione ed il consumo della droga,
porterebbe a ritenere che l'area di esenzione penale sia stata circoscritta a
quei limitati casi in cui l'acquisto e la detenzione siano finalizzati al
solo esclusivo uso di chi è trovato in possesso di un minimo quantitativo di
stupefacente. Gli altri casi, come il consumo di gruppo, restano esclusi da
detta area perchè le modalità di acquisto, non essendo esclusivamente
personali, servono a facilitare il consumo e la diffusione della droga, ossia
ciò che la legge ha inteso vietare. Il baricentro della normativa sarebbe
stato perciò spostato dal consumo personale al consumatore, nel senso che
sfugge alla sanzione penale solo chi detenga un quantitativo di stupefacente
che appare destinato ad essere consumato solo ed unicamente dallo stesso
possessore. Questa interpretazione è stata
poi seguita da altre sentenze successive, ma senza ulteriori considerazioni
(in ordine di anteriorità temporale: Sez. 3, n. 7971 del 13/01/2011,
Tanghetti, Rv. 249326; Sez. 3, n. 26697 del 02/03/2011, Simonetti, non mass.; Sez. 4, n. 46023 del
07/06/2011, Richelda, Rv. 251734; Sez. 4, n. 6374 del 6/12/2011, dep.
16/2/2012, El Janati, non mass.; Sez. 1, n. 33022 del 10/7/2012, Gallone, non
mass.; Sez. 4, n. 49820 del 22/11/2012, Bellelli, non mass.). E' interessante rilevare che
tutte le suddette decisioni hanno anche precisato che la novella legislativa
avrebbe in sostanza introdotto in parte qua una vera e propria nuova
incriminazione, e quindi non si applica alle condotte poste in essere prima
della sua entrata in vigore (in questo senso, anche Sez. 4, n. 37989 del
07/07/2008, Gazzabin, Rv. 242015). 6.2. Il medesimo orientamento è
stato ribadito da altra decisione, con un più articolato apparato
motivazionale (Sez. 3, n. 35706 del 20/04/2011, Garofalo, Rv. 251228). In
primo luogo, questa sentenza sostiene che deve farsi ricorso ad una
interpretazione letterale secondo la volontà del legislatore ed osserva che
le modifiche introdotte dalla L. n. 49 del 2006, ed in particolare
l'aggiunta dell'avverbio "esclusivamente" all'art. 73, comma 1 bis,
sono indice di una ratio legis diretta alla repressione con maggiore severità
degli illeciti connessi allo spaccio ed all'uso di stupefacenti. La novella,
quindi, oltre ad introdurre trattamenti sanzionatori più rigorosi, avrebbe
anche voluto contrastare tutte le forme di diffusione degli stupefacenti, ivi
compreso l'acquisto finalizzato all'uso collettivo. L'introduzione in questo
modo di una nuova fattispecie incriminatrice non sarebbe in contrasto con l'art. 25 Cost., per difetto dei requisiti di
determinatezza, perchè è stata tipizzata la condotta monosoggettiva di
acquisto di sostanza stupefacente destinata ad uso "non esclusivamente
personale", sicchè sarebbe evidente la criminalizzazione dei
comportamenti aventi per oggetto sostanza stupefacente destinata all'uso "altrui". In secondo luogo, viene
richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 360 del 1995, la quale
aveva escluso una irragionevole disparità di trattamento tra la condotta,
penalmente rilevante, della coltivazione finalizzata all'uso personale e le
condotte di detenzione e di acquisto orientate al medesimo fine, per la
ragione che queste ultime sono collegate immediatamente e direttamente
all'uso personale, il che giustifica un trattamento meno rigoroso. Questa
sentenza offrirebbe dunque un argomento a favore di una interpretazione
restrittiva della locuzione "uso esclusivamente personale", la
quale risponderebbe ad una ratio del tutto speciale e specifica e andrebbe
perciò posta in riferimento solo con il singolo autore della condotta tipica. In terzo luogo, si osserva che
la tesi favorevole all'uso di gruppo presuppone una sorta di mandato di
acquisto collettivo, conferito dagli assuntori dello stupefacente ad un
appartenente al gruppo, anche nel suo interesse. Si tratterebbe tuttavia di
un mandato in rem propriam avente oggetto illecito (la cessione di sostanza
stupefacente) e, come tale, affetto da nullità radicale, rilevabile d'ufficio,
ed improduttivo di effetti. A siffatto contratto non potrebbe essere
attribuito alcun effetto nemmeno sul versante penale, tanto meno quello di
escludere la rilevanza penale per il fatto commesso dai partecipi al negozio
illecito. Tutt'al più il precedente accordo fra gli appartenenti al gruppo
potrebbe avere rilievo sotto il profilo dell'intensità del dolo o ad altri
aspetti ex artt. 62 bis e 133 c.p.. In quarto luogo, si sottolinea
che il preventivo accordo fra gli assuntori di avvalersi di un solo
intermediario incaricato dell'acquisto, consentirebbe il "frazionamento
ideale" dell'intera quantità di stupefacente, acquistata dal mandante al
fine dell'uso collettivo, per il numero di partecipanti all'accordo criminoso,
facendo diventare il mandatario soggetto esponenziale del gruppo e
legittimandolo ad acquistare droga per il consumo personale del gruppo
stesso. Ciò però creerebbe uno sfasamento con l'istituto del concorso di
persone nel reato, in quanto, a fronte di possibili condotte di concorso
nell'acquisto e nella detenzione della sostanza, l'accordo criminoso
finirebbe per porre nel nulla sia l'acquisto sia la cessione, soltanto in
forza di un successivo consumo collettivo, facendo assurgere il gruppo al ruolo
di soggetto collettivo di un'azione scriminata per tale ragione, in contrasto
con la disciplina del concorso di persone nel reato e delle cause di
esclusione dell'illecito. Inoltre, l'operazione di "frazionamento
ideale" della quantità detenuta "risulta scardinare l'elemento
espressamente indicato nella disposizione di legge, laddove il giudice deve
valutare proprio le quantità, le modalità di presentazione, ivi compreso il
frazionamento, che è invece radicato sul piano strettamente materiale dell'esame
della res". 6.3. Questa interpretazione
restrittiva è stata peraltro oggetto di argomentate critiche da parte di un
opposto orientamento, che ha invece sostenuto la perdurante validità, anche
dopo le modifiche recate dalla L. n. 49 del 2006, della precedente
consolidata interpretazione ed ha riaffermato il principio che il consumo di
gruppo di sostanze stupefacenti conseguente al mandato all'acquisto
collettivo ad uno degli assuntori e nella certezza originaria dell'identità
degli altri non è punibile ai sensi del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art.
73, comma 1 bis, lett. a), (Sez. 6, n. 8366 del 26/01/2011, D'Agostino, Rv. 249000). Questa sentenza sottolinea
innanzitutto la non decisività del criterio che si fonda sulla ratio della
modifica legislativa, dal momento che l'esame dei lavori preparatori non
consente di chiarire univocamente il contesto che ne ha connotato l'approvazione,
emergendo dagli interventi dei parlamentari due antipodiche interpretazioni
sul valore e la portata delle modifiche normative in discussione. In secondo
luogo, la sentenza rileva che la modifica della struttura normativa delle
ipotesi di non punibilità e l'introduzione dell'avverbio
"esclusivamente" non possono avere portata innovativa della
fattispecie penale e non sono idonee a far ritenere superato il diritto
vivente. Nella novella, infatti, l'avverbio è stato usato due volte (art. 73,
comma 1 bis: "destinate ad un uso non esclusivamente personale"; e
art. 75: richiesta dell'interessato di visione o copia degli atti "che
riguardino esclusivamente la sua persona") ed è evidente che in entrambi
i casi tale avverbio, di modo o qualità, è stato usato con funzione e
finalità affermativa rafforzativa e non già innovativa. Per paralizzare la
consolidata interpretazione sull'uso di gruppo non era sufficiente
l'inserzione dell'avverbio, ma era invece essenziale una esplicita e non
equivoca indicazione, tanto più necessaria tenuto conto dell'esito del
referendum abrogativo del 1993 e tenuto altresì conto che l'espressione
"non esclusivamente personale" ha il medesimo intercambiabile
significato di "tassativamente personale", risolvendosi così in una
aggiunta ridondante, superflua e pleonastica. Inoltre, l'utilizzo della forma
indeterminativa "un uso esclusivamente personale" consente
"inquadramenti nell'area di rilevanza meramente amministrativa delle
condotte finalizzate all'uso esclusivamente personale (anche) di persone
diverse". Si verserebbe quindi in un "deficit di determinatezza e
di sicurezza ermeneutica" con violazione del principio costituzionale di
precisione, dal momento che se davvero la finalità fosse stata quella di
sanzionare l'uso di gruppo, in entrambe le variabili, essa è stata male
espressa, con la conseguenza che, a fronte di un dubbio interpretativo, deve
prevalere l'opzione più favorevole al reo. In altre parole, la norma non è
dotata di un grado di determinatezza sufficiente ad indicare il diverso
preteso percorso interpretativo mentre una eventuale ipotetica intenzione del
legislatore di escludere la legittimità, nei termini indicati dalle Sezioni
Unite, del consumo di gruppo, avrebbe dovuto essere affermata in modo
esplicito e in termini percepibili da tutti, e "non certo mediante
sintagmi, variamente interpretabili, e con sequenze lineari (sostantivo -
negazione - avverbio - aggettivo) in grado di produrre equivoci ed incertezze
che, come tali, vanno necessariamente valutati pro reo". La sentenza
quindi ricorda che l'adesione preliminare al progetto comune e l'originaria
destinazione al consumo esclusivo dei partecipanti rendono inequivoca
l'unicità della condotta ed escludono frammentazioni determinate da ulteriori
passaggi. L'aggiunta dell'avverbio
"esclusivamente" non fa venir meno la validità di questa
ricostruzione, poichè anche il consumo di gruppo, così inteso, è una forma di
consumo "esclusivamente personale". L'avverbio ha pertanto il solo
significato di confermare che hanno rilevanza penale le altre condotte di
consumo di gruppo in cui più persone, in assenza di un preventivo mandato,
decidano di consumare droga detenuta da uno di loro, in quanto in tale
ipotesi il cedente è originariamente in posizione di estraneità rispetto agli
altri assuntori e, quindi, non si concretizza un "uso esclusivamente
personale". Questo orientamento è stato
successivamente confermato da altre decisioni (Sez. 6, n. 17396 del
27/02/2012, Bove, Rv. 252499; Sez. 6, n. 3513 del 12/01/2012, Santini, Rv. 251579;
Sez. 6, n. 21375 del 27/04/2011, Masucci, Rv. 250064; e altre non massimate)
sulla base di analoghe considerazioni. Alcune di queste sentenze hanno
peraltro precisato che l'avverbio "esclusivamente" non riferisce
l'uso personale al solo soggetto che detiene la sostanza, ma ha il
significato di segnalare che la non punibilità penale riguarda solo i casi in
cui la sostanza non è destinata a terzi, ma ad un utilizzo personale di
coloro che intendono farne uso, come appunto gli appartenenti al gruppo. Pertanto,
poichè il consumo di gruppo è caratterizzato da una unitaria e genetica
finalizzazione ad un consumo personale di più soggetti previamente definiti,
l'aggiunta dell'avverbio "esclusivamente" non impedisce di
apprezzare tale ipotesi come una forma di consumo "esclusivamente
personale" dell'agente e dei suoi individuati mandanti, come tale priva
del carattere dell'offensività. 7. Ritengono le Sezioni Unite
che fra i due contrapposti orientamenti debba senz'altro preferirsi il
secondo, che sostiene che il c.d. consumo di gruppo di sostanze
stupefacenti, sia nel caso di acquisto in comune sia in quello del mandato
all'acquisto collettivo ad uno degli assuntori e nell'originaria conoscenza
dell'identità degli altri, continua a costituire, anche dopo le modifiche
apportate dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, una ipotesi di uso
esclusivamente personale dei partecipanti al gruppo, e quindi integra
l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, e non già il reato di cui
all'art. 73, comma 1 bis. Non può infatti ritenersi che tali modifiche, ed in
particolare, per quanto qui interessa, l'equivoca e non risolutiva aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente", possano essere intese nel senso che
abbiano addirittura introdotto una nuova fattispecie incriminatrice punendo
un fatto in precedenza pacificamente integrante, secondo il diritto vivente,
un illecito amministrativo o abbiano comunque determinato la necessità del
superamento della univoca e consolidata giurisprudenza. Si è invero già rilevato che
tutte le decisioni che seguono l'orientamento più rigoristico, precisano
anche che, in forza dei principi sulla successione di leggi penali di cui
all'art. 2 c.p., deve escludersi la retroattività
della norma incriminatrice ricavata dalla riformulazione legislativa, facendo
quindi salva, per i casi anteriori alla sua entrata in vigore, la precedente
disciplina. Il presupposto di questo orientamento è quindi che si tratterebbe
della vera e propria introduzione, per effetto delle modifiche legislative,
di una nuova incriminazione di condotte in precedenza penalmente irrilevanti. 8. Ciò posto, deve innanzitutto
osservarsi come non appaiono decisive tutte quelle argomentazioni che non si
fondano, direttamente o indirettamente, sulle modifiche legislative del 2006,
ma ripropongono in sostanza considerazioni già prospettate precedentemente
alla sentenza Iacolare e da questa ampiamente superate, con motivazioni che
non sono incise da tali modifiche e che restano pienamente condivisibili. Ciò vale, innanzitutto, per
l'argomento della nullità, per illiceità, del c.d. mandato collettivo
all'acquisto, conferito dagli assuntori dello stupefacente ad un appartenente
al gruppo, anche nel suo interesse, il quale, avendo ad oggetto una condotta
penalmente rilevante, sarebbe illecito e quindi nullo, ai sensi dell'art. 1418 c.c., comma 2, e art. 1346 c.c., ed improduttivo di ogni effetto.
Con questo argomento si vuole di nuovo mettere in discussione la tesi, già
recepita dalla sentenza Iacolare, che valuta gli effetti di tale mandato alla
stregua degli artt. 1388 e 1706 c.c., concernenti l'efficacia diretta,
nei confronti del rappresentato, del contratto concluso dal rappresentante in
nome e nell'interesse del primo e la rtvendicabilità, da parte del
mandatario, delle cose acquistate per suo conto dal mandante. L'argomento,
però, non si basa evidentemente sulle modifiche legislative e pertanto non
può comunque costituire indice della introduzione di una nuova fattispecie
incriminatrice. Esso, inoltre, appare di per sè
non decisivo nemmeno ai soli fini ermeneutici, perchè si svolge interamente
sul piano civilistico e non incide, dal punto di vista penalistico, sulla
materialità e finalità delle condotte considerate. D'altra parte, la stessa
sentenza Garofalo, che ha riproposto l'argomento, pur rigettando qualsiasi
interpretazione del mandato all'acquisto di gruppo di sostanza stupefacente
che consenta alle parti di giovarsi degli effetti di un contratto nullo per
illiceità dell'oggetto, alla fine suggerisce di attribuire rilevanza ed
effetti all'accordo illecito sotto il profilo della intensità del dolo e del
riconoscimento delle attenuanti generiche o della determinazione della pena.
Il che appunto mostra che, se il mandato all'acquisto è nullo ed inefficace
sul piano civilistico, così come del resto è nullo ed inefficace anche il
contratto di vendita dello stupefacente, tuttavia la presenza di un accordo
per un acquisto comune non è indifferente sul piano penale perchè concorre ad
individuare e qualificare la finalità della detenzione della sostanza
(comunque illecita, penalmente o amministrativamente). Quel che rileva,
invero, non è se il mandato all'acquisto sia o meno valido ed efficace
civilmente, ma se, qualora l'acquisto e la detenzione avvengano anche su
incarico e per conto di altri soggetti, vi sia o meno una omogeneità
teleologica delle condotte fra mandanti e mandatario e quindi se possa o meno
configurarsi la destinazione ad un uso (esclusivamente) personale dei
componenti il gruppo. 8.1. Un secondo argomento
proposto dalla sentenza Garofalo - anch'esso peraltro non indotto dalla
modifica legislativa e già avanzato dalla giurisprudenza precedente alla
sentenza Iacolare - si basa su una pretesa contraddittorietà tra la rilevanza
data all'acquisto su mandato del gruppo e i principi che sono alla base del
concorso di persone nel reato. Ciò perchè il frazionamento ideale della
quantità di stupefacente, acquistata dal mandante al fine dell'uso collettivo
del gruppo, per il numero dei partecipanti all'accordo illecito, utilizzato
quale espediente per ripartire l'intera sostanza acquistata dal mandante in
singole dosi ad uso esclusivamente personale, costituirebbe uno sfasamento
dell'istituto del concorso di persone. In questo caso, invero, la disciplina
del concorso di persone, che consente di attribuire rilevanza penale a
condotte che rappresentano anche solo una frazione del fatto tipico descritto
dalla norma incriminatrice, purchè causalmente orientate alla commissione del
reato, verrebbe invece utilizzata per frazionare il fatto commesso tra i
partecipanti all'accordo criminoso, ma al fine di escluderne la rilevanza
penale. E' stato però esattamente
osservato che questo argomento è perfettamente speculare alla interpretazione
offerta dalla sentenza D'Agostino del 2011, utilizzando i medesimi argomenti
e gli stessi istituti di riferimento al fine di giungere a conclusioni diametralmente
opposte, peraltro già superate dalla sentenza delle Sezioni Unite Iacolare
del 1997. Non può quindi essere certamente tale argomento a far ritenere che
la riforma del 2006 abbia introdotto una nuova ipotesi di reato che
attribuisce rilevanza penale a comportamenti prima costituenti solo illeciti
amministrativi. D'altra parte, l'interpretazione che qui si preferisce si
fonda sulla qualificazione della attività concorsuale del mandatario e dei
mandanti come penalmente non rilevante appunto in quanto condotta connotata
da una "omogeneità teleologia" che rende la sostanza acquistata dal
mandatario come sin dall'origine codetenuta da tutti i membri del gruppo
esclusivamente per il loro rispettivo uso personale. Inoltre, l'ipotesi che
sembrerebbe prospettata dalla sentenza in esame di un concorso di persone nel
reato confligge anche con la costruzione della condotta del mandatario come
quella (monosoggettiva) di colui che procurerebbe ad altri la sostanza, in
cui i mandanti svolgerebbero un ruolo equivalente a quello degli acquirenti,
nell'ipotesi di spaccio o cessione. 8.2. Certamente non decisivo è
poi l'argomento che si basa sul tenore dei lavori parlamentari relativi alla
legge di conversione del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, dai quali si
dovrebbe evincere con chiarezza una volontà del legislatore storico non solo
di reprimere con maggiore severità i fenomeni criminali connessi all'uso di
sostanze stupefacenti, ma anche, in particolare, di introdurre la previsione
della illiceità penale del mandato collettivo ad acquistare. L'argomento - a
prescindere da ogni considerazione sulla rilevanza del criterio ermeneutico
storico con riferimento a disposizioni penali - è però di scarso momento sol
che si consideri la non usuale velocità di approvazione del nuovo testo
normativo e la notevole ristrettezza della discussione parlamentare, ridotta
a soli diciannove giorni tra l'inizio della discussione in aula al Senato (19
gennaio 2006) e la successiva approvazione definitiva alla Camera (8 febbraio
2006). Com'è noto, la riformulazione del D.P.R. n. 309 del 1990, fu operata per mezzo
di un emendamento governativo al testo del D.L. n. 272 del 2005, introdotto in sede di
conversione e sul quale inoltre il Governo pose la fiducia. Ne derivò la
mancanza di un approfondito dibattito parlamentare che possa consentire di
trarre argomenti univoci sull'intenzione del legislatore storico, considerata
anche la diversità di vedute emergenti dalla limitata discussione. In realtà,
tenuto anche conto del tipo di procedimento legislativo adottato, dai lavori
parlamentari potrebbe desumersi solo un generico intendimento di natura
restrittiva circa le condotte di spaccio. Sulla specifica ipotesi del c.d.
consumo di gruppo si riscontrano però limitatissimi interventi, in cui o si è
ritenuto che questo sarebbe rientrato nell'ambito penale mediante la
previsione di soglie quantitative rigide per la detenzione (v. relazione al
disegno di L. n. 2953 e intervento sen. Tredese, seduta Senato 26 gennaio
2006), ovvero si è esplicitamente affermato che l'illecito amministrativo
avrebbe dovuto essere limitato al solo consumo "individuale", nel quale
non rientrerebbe il c.d. consumo di gruppo (v. intervento ministro Giovanardi
nella stessa seduta). Pertanto, se pure può ammettersi che l'intenzione
emergente da questi limitati atti fosse quella di criminalizzare l'acquisto e
la detenzione per un uso di gruppo, quel che rileva in questa sede perè è
soltanto la circostanza che, indiscutibilmente, questa soggettiva intenzione
di alcuni parlamentari non si è tradotta in una espressa ed oggettivamente
univoca norma di legge, sebbene il consolidato diritto vivente escludesse
pacificamente la rilevanza penale della fattispecie. D'altra parte, nel testo
definitivo approvato della legge di conversione, da un lato, le nuove soglie
quantitative non hanno assunto un carattere rigido ai fini della distinzione
tra illecito amministrativo e illecito penale e, da un altro lato, la
disposizione continua a parlare di "uso personale", sia pure con
l'aggiunta dell'avverbio, e non di "uso individuale". Va inoltre osservato che anche
la ritenuta generica intenzione dei legislatore di inasprire ed estendere la
reazione punitiva verso quaisiasi condotta legata alle sostanze stupefacenti
non è di per sè trasparente, tenuto conto delle antitetiche disposizioni
normative che ne sono scaturite. Ed infatti, se da un lato sono state modificate
le preesistenti cornici edittali previste, rispettivamente, per lo spaccio di
droghe pesanti e di droghe leggere, equiparando le due condotte con la
previsione di una cornice edittale unica ed indifferenziata, dall'altro lato
è stata attenuata la risposta punitiva proprio per le condotte più gravi
relative alle c.d. droghe pesanti, riducendo il minimo edittale da otto a sei
anni, in contrasto con una pretesa volontà di generale inasprimento punitivo. 8.3. L'argomento principale su
cui si basa l'orientamento restrittivo resta dunque quello letterale, che
muove dalla portata innovativa delle modifiche recate con L'argomento non è però
convincente perchè non può ritenersi che questi semplici ritocchi testuali, e
in particolare la sola aggiunta dell'avverbio "esclusivamente" per
caratterizzare la nozione di uso personale, siano sufficienti per determinare
un allargamento dell'area delle condotte penalmente rilevanti con la
previsione di una nuova ipotesi di reato e, comunque, per fare venir meno il
presupposto su cui si fondava il diritto vivente, ossia che nell'acquisto
finalizzato all'uso di gruppo non si verifica alcun tipo di cessione a terzi,
ma una mera divisione interna (di cui la consegna non è altro che una fase
esecutiva), che consente a ciascuno di venire in possesso del solo
quantitativo di reciproca pertinenza fin dall'inizio e già da quel momento
destinato al rispettivo uso personale. Deve quindi convenirsi con
l'osservazione che l'aggiunta dell'avverbio "esclusivamente" non ha
affatto, di per sè, un significato particolarmente pregnante sotto il profilo
semantico, ma ha, al contrario, un significato quanto meno non univoco, ben
potendo il termine essere inteso in una accezione che permette di continuare
a ricomprendervi la codetenzione per uso di gruppo. Non può invero ritenersi
che l'espressione "uso personale" avrebbe un significato
completamente differente da quella di "uso esclusivamente
personale", e in particolare che la semplice aggiunta di questo avverbio
comporterebbe che per "uso personale" dovrebbe ora intendersi una
cosa diversa, e precisamente un "uso individuale". In realtà,
l'avverbio oggettivamente ha un significato rafforzativo e pleonastico, e
comunque non è idoneo a mutare addirittura il significato assunto in quel
contesto dall'aggettivo cui accede. Nel precedente testo della disposizione
con l'espressione "uso personale" si sono escluse dall'ambito
penale e ricomprese in quello amministrativo le ipotesi in cui lo stupefacente
non è destinato, nemmeno in parte, alla cessione a terzi, ma è finalizzato
per intero al consumo personale. Nel caso di uso di gruppo, secondo il
diritto vivente, non è ravvisarle in realtà una cessione a terzi, neppure
parziale, e pertanto non sussiste il reato. L'aggiunta dell'avverbio
"esclusivamente", allora, sembra avere avuto l'oggettivo
significato di sottolineare che per escludere il reato è necessario che la
droga sia destinata totalmente, per intero, ossia appunto
"esclusivamente", all'uso personale e neppure in parte alla
cessione a soggetti terzi estranei all'acquisto ed alla detenzione.
L'avverbio, però, non ha modificato il significato e l'ambito
dell'espressione "cessione a terzi" e pertanto non è univocamente
idoneo a modificare l'area di ciò che non è cessione ma "uso
personale" secondo la giurisprudenza unanime, e cioè a fare entrare
nell'area della cessione a terzi, sottraendola da quella dell'uso personale,
una fattispecie che, per il diritto vivente, non è qualificabile come
cessione a terzi, bensì, stante l'omogeneità ideologica delle condotte, come
una specie del genere "uso personale", e precisamente un "uso
personale di gruppo". E' dunque condivisibile il
rilievo che, qualora il legislatore del 2006 avesse davvero voluto in modo
non equivoco punire penalmente condotte fino ad allora non rientranti nelle
ipotesi di "cessione" a terzi dello stupefacente, avrebbe dovuto
introdurre la nuova fattispecie di reato in termini espliciti, chiari,
univoci, eventualmente modificando l'ambito della nozione di
"cessione", e non limitarsi invece all'aggiunta di un avverbio non
idoneo a mutare il significato proprio che nella disposizione aveva ed ha, di
per sè, l'aggettivo "personale". L'avverbio, dunque, non connota
diversamente l'uso personale nel senso di riferirlo ora al solo soggetto che
detiene la sostanza stupefacente, ma ha il significato di evidenziare che la
non punibilità riguarda solo i casi in cui la sostanza non è destinata a
terzi ma all'utilizzo personale degli appartenenti al gruppo che la
codetengono (Sez. 6, n. 3513 del 12/01/2012, Santini, Rv. 251579). Ciò, del resto, sembra
implicitamente ammesso anche dalla tesi secondo cui l'uso di gruppo sarebbe
ora punibile perchè l'espressione "uso non esclusivamente
personale" dovrebbe intendersi nel senso di "uso non
individuale". Con ciò, invero, si finisce per riconoscere, appunto, che
se si fosse voluto introdurre una nuova fattispecie di reato si sarebbe
dovuta mutare la disposizione in modo inequivoco, eventualmente sostituendo
quanto meno il termine "personale", e non invece riprodurre il
medesimo aggettivo aggiungendovi un avverbio rafforzativo, non idoneo a
mutarne il significato che pacificamente aveva in quel contesto. Nemmeno può
condividersi la tesi secondo cui con l'aggiunta dell'avverbio il termine
"uso personale" andrebbe ora inteso come equipollente di "uso
individuale", perchè con una tale interpretazione si verrebbe in
sostanza ad estendere l'ambito di applicazione di una fattispecie penale ad
ipotesi che in essa non erano prima comprese, in contrasto con i principi di
tassatività e di legalità e con il divieto di analogia in malam partem. D'altra parte, e sotto altro
profilo, è stato esattamente osservato che il nuovo avverbio è inserito in
una struttura ellittica ed oggettiva, che non connota soggettivamente l'uso
da parte del detentore bensì oggettivamente la condotta detentiva, sicchè, se
si considera l'intera locuzione, ben può ritenersi che esistano casi di
detenzione per uso non esclusivamente personale sia individuale, sia anche di
persone diverse. In altre parole, poichè la disposizione non parla di uso
individuale e non limita la caratteristica denotativa della condotta
detentiva all'autore singolo, il sintagma "uso non esclusivamente
personale" non è concettualmente incompatibile con il consumo di gruppo,
anche nella forma specifica del mandato ad acquistare. La locuzione può
pertanto essere legittimamente riferita all'uso collettivo che risulti
esclusivamente personale, ossia anche alle ipotesi in cui la droga detenuta
da una singola persona sia destinata ad un uso "esclusivamente personale
in comune" da parte di tutti i componenti del gruppo per conto e su
mandato dei quali è stata acquistata. Nello stesso senso, si è anche
rilevato che il ricorso alla forma indeterminativa "un uso
esclusivamente personale" consente l'inquadramento nell'area di
rilevanza meramente amministrativa della condotta finalizzata alla
destinazione esclusivamente personale anche di soggetti diversi
dall'acquirente, e quindi, non strettamente limitata all'azione
monosoggettiva, ma obiettivamente estesa anche alle sostanze destinate al
consumo altrui. Non può infine ritenersi che la
posizione di una nuova fattispecie penale possa desumersi dal fatto che il
nuovo testo legislativo ha ricostruito l'illecito amministrativo in termini
di residualità rispetto all'area di rilevanza penale, con inversione del
rapporto logico precedente, essendo ora la fattispecie penale descritta in
modo positivo e quella amministrativa individuata in via sussidiaria. Invero, la norma penale
continua a punire la destinazione ad un uso non (esclusivamente) personale,
ossia ad un uso non personale neppure in parte, mentre nell'ipotesi in esame
la detenzione è immediatamente collegata all'uso (esclusivamente) personale
dei singoli mandatari appartenenti al gruppo. 8.4. Non è decisivo nemmeno
l'assunto che, nel caso di acquisto su mandato del gruppo, il mandatario
sarebbe comunque punibile penalmente perchè la sua condotta integrerebbe
comunque la fattispecie del "procurare ad altri" prevista dall'art.
73, comma 1. Si tratta peraltro di un
vecchio argomento che non trova fondamento nelle modifiche legislative
apportate con Le modifiche legislative non
hanno specificamente modificato l'ambito della condotta del procurare ad
altri penalmente rilevante e, di conseguenza, non vi sono motivi per
disattendere il precedente orientamento. Inoltre, si è sempre generalmente
ritenuto che l'ipotesi del procurare si riferisce precipuamente alla attività
di intermediazione di chi mette in collegamento lo spacciatore con
l'acquirente (cfr. Sez. 6, n. 37177 del 08/07/2008, Mosca, Rv. 241205; Sez. 4, n. 4458 del
02/12/2005, dep. 03/02/2006, Chimienti, Rv. 233240), ossia ad una condotta
diversa da chi acquista per il consumo comune proprio e di altri, su mandato
di costoro. Del resto, se il c.d. uso di gruppo avesse rilevanza penale, esso
rientrerebbe nell'ambito della cessione a terzi o del concorso nella
detenzione a fine di spaccio, senza necessità di ricorrere alla figura del
procacciare ad altri. 8.5. Parimenti non
condivisibile è l'assunto secondo cui, poichè sarebbe pacifica l'intenzione
del legislatore del 2006 di sanzionare penalmente tutte le condotte dirette
alla propalazione della droga a terzi, di conseguenza anche l'ipotesi del
mandato ad acquistare per uso collettivo di gruppo integrerebbe ora il reato,
perchè anche con questa condotta si finisce col realizzare una diffusione a
terzi della sostanza stupefacente. Con ciò però si esprime una valutazione di
politica criminale, irrilevante ai fini di una esegesi corretta e
costituzionalmente orientata del quadro normativo penale. Per il resto, può rinviarsi a
quanto si è dianzi osservato sulla circostanza che la volontà obiettiva del
legislatore è stata tutt'altro che univoca ed evidente e che comunque non è
stata idonea ad introdurre una nuova fattispecie penale non essendosi
manifestata con la posizione di una chiara e specifica nuova norma
incriminatrice. Si è già ricordato, del resto, che la sentenza Iacolare aveva
evidenziato come la condotta rientrante nel c.d. consumo di gruppo, essendo
incentrata sul consumo personale dei componenti e circoscritta alle persone
dei consumatori, è estranea alla diffusione della droga ed all'incremento del
relativo mercato, e quindi non può essere oggetto del medesimo giudizio di
disvalore riconosciuto allo spaccio. 8.6. Un ulteriore argomento,
utilizzato dalla sentenza Garofalo, fa richiamo alla sentenza n. 360 del 1995
della Cotte costituzionale, la quale aveva escluso una irragionevole
disparità di trattamento nell'attribuzione di rilevanza penale alla sola
coltivazione di sostanza stupefacente finalizzata all'uso personale e non
anche alla detenzione ed all'acquisto orientati al medesimo fine. Ciò perchè
non può provarsi che il raccolto sia destinato all'uso personale del soggetto
attivo e, comunque, perchè la coltivazione non è condotta necessariamente
prodromica all'uso personale, penalmente irrilevante, il che spiega
l'attribuzione alla stessa della medesima offensività del c.d. spaccio,
mentre le condotte di acquisto e di detenzione sono collegate immediatamente
e direttamente all'uso personale, il che giustifica un trattamento meno
rigoroso. Questa pronuncia, secondo la sentenza Garofalo, affermerebbe
implicitamente che dovrebbe attribuirsi rilevanza penale a qualsiasi forma di
diffusione di sostanze stupefacenti, con la conseguenza che la nozione di uso
personale dovrebbe essere interpretata come frutto di una norma eccezionale e
specifica, e come tale insuscettibile di applicazione analogica e di
interpretazione estensiva. Questo argomento - anch'esso
peraltro estraneo alle modifiche apportate dalla legge n. 49 del 2006 - era stato però già
superato dalla sentenza delle Sezioni Unite Iacolare ed è comunque non
decisivo. Invero, dalle sentenze n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996 della Corte costituzionale non
si desume che la norma che esclude la rilevanza penale dell'uso personale
dovrebbe essere qualificata come norma eccezionale. Inoltre, l'ipotesi del
c.d. uso di gruppo non può equipararsi a quella della coltivazione, esaminata
dalle sentenze costituzionali, dal momento che l'acquisto e la detenzione al
fine del c.d. consumo di gruppo costituiscono condotte necessariamente ed
immediatamente prodromiche all'uso personale dei soggetti mandatari. In ogni modo - a parte
l'irrilevanza di generiche finalità repressive non tradottesi in puntuali
norme incriminatrici - si è appena ricordato come, secondo la sentenza
Iacolare, la presenza di una omogeneità teleologia delle condotte porta ad
escludere che questa specifica ipotesi contribuisca ad incentivare
immediatamente la diffusione dell'uso di droghe negli stessi termini della
coltivazione o dello spaccio. 9. Deve al contrario osservarsi
che la considerazione di norme e principi costituzionali offre invece più di
un argomento in favore della tesi che qui si segue della non incidenza delle
modifiche normative del 2006 sulla perdurante esclusione dall'ambito penale
di entrambe le ipotesi che si fanno rientrare nella nozione di consumo di
gruppo. In primo luogo, invero, la
sentenza delle Sezioni Unite Iacolare del 1997, le cui conclusioni vengono
qui pienamente condivise e confermate, si era fondata, come dianzi ricordato,
proprio sulle valutazioni ed i principi espressi dalla Corte costituzionale
con le sentenze n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996, con le quali si era appunto
definito l'ambito delle condotte non rilevanti penalmente e si era precisato
che nell'area della "cintura protettiva" riservata al consumo
personale rientrano anche i comportamenti immediatamente precedenti
dell'acquisto e della detenzione. Dal che poi si è logicamente desunto che
anche nell'ipotesi di consumo di gruppo, l'acquisto e la detenzione finalizzati
a tale consumo costituiscono antecedenti immediati e necessari del consumo
stesso, e quindi ineriscono al rapporto del singolo assuntore con la sostanza
per l'uso personale, con esclusione della intermediazione di terzi. Tali
considerazioni, relative alla protezione del consumo personale e dei
comportamenti "immediatamente" propedeutici allo stesso, non
possono ritenersi superate dalle modifiche normative del 2006, non potendo
incidere sotto questo profilo la previsione di limiti massimi tabellari non
aventi natura rigida. In secondo luogo,
l'interpretazione restrittiva delle modifiche portate dalla L. n. 49 del 2006 - ed in particolare
dell'aggiunta dell'avverbio "esclusivamente" e della diversa
struttura normativa dei casi di non punibilità penale - nel senso di
escludere che con esse si sia prevista la configurabilità come reato delle
ipotesi rientranti nel c.d. consumo di gruppo, prima pacificamente
costituenti illeciti amministrativi, è l'interpretazione che - stante
l'indiscutibile significato quanto meno equivoco delle espressioni utilizzate
- appare più conforme al principio costituzionale di precisione della norma
penale, ed anche ai principi di tassatività, di legalità e di riserva di
legge, evitando che sia in definitiva rimessa al giudice l'enucleazione della
norma incriminatrice. E può inoltre ricordarsi che In terzo luogo, va ricordato
che In sostanza, secondo questa
sentenza costituzionale, le norme inserite nel decreto-legge nel corso del
procedimento di conversione che siano "del tutto estranee alla materia e
alle finalità del medesimo", sono costituzionalmente illegittime, per
violazione dell'art. 77 Cost., comma 2. Ora, se fosse esatta
l'interpretazione che qui non si condivide, si avrebbe che con la legge di
conversione n. 49 del 2006 sarebbe stata inserita nei testo del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, una nuova norma
penale (che trasforma da illeciti amministrativi a illeciti penali le
condotte di acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti finalizzate al
c.d. uso collettivo o di gruppo), la quale però potrebbe apparire estranea
alla materia e alle finalità del testo originario del medesimo decreto legge,
che aveva ad oggetto "Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i
finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonchè la funzionalità
dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di
tossicodipendenti recidivi"; che nel preambolo individuava a propria
giustificazione "la straordinaria necessità ed urgenza di prevenire e
contrastare il crimine organizzato ed il terrorismo interno ed
internazionale, anche per le esigenze connesse allo svolgimento delle
prossime Olimpiadi invernali, nonchè di assicurare la funzionalità
dell'Amministrazione dell'interno e di garantire l'efficacia dei programmi
terapeutici di recupero per le tossicodipendenze anche in caso di
recidiva"; e che conteneva solo due disposizioni sul recupero di
tossicodipendenti recidivi. Ne deriva che l'interpretazione
che qui è stata adottata, nel senso di escludere che con l'aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente" sia stata introdotta una nuova
fattispecie incriminatrice, appare anche quella più corrispondente allo
speciale procedimento legislativo prescelto. 10. Deve pertanto concludersi
nel senso che le modifiche portate dalla Legge di conversione n. 49 del 2006,
al testo del D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 75, non abbiano inciso sulla
correttezza e validità dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4 del 1997, Iacolare, in
relazione al c.d. consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, in quanto non
hanno nè introdotto una nuova norma penale incriminatrice di questa ipotesi
nè determinato una restrizione, rispetto a quella previgente, dell'area dei
comportamenti rientranti nell'"uso personale", trasferendo
nell'area dell'illecito penale le condotte qualificate come finalizzate al
consumo personale dei componenti il gruppo. Va pertanto confermata la
ricostruzione del sistema sanzionatolo su cui si fonda la sentenza Iacolare e
va riaffermato, pur a seguito delle modifiche normative portate dalla L. n. 49 del 2006 al D.P.R. n. 309 del 1990,
artt. 73 e 75, che non sono punibili penalmente, e rientrano pertanto nella
sfera dell'illecito amministrativo di cui all'art. Ciò in sostanza perchè
l'omogeneità teleologia della condotta dell'acquirente rispetto allo scopo
degli altri componenti del gruppo caratterizza la detenzione quale
codetenzione ed impedisce che il primo si ponga in rapporto di estraneità e
quindi di diversità rispetto ai secondi, con conseguente impossibilità di
connotare la sua condotta quale cessione. Vanno evidentemente confermate
le condizioni enucleate dalla sentenza Iacolare ed occorrenti per dare luogo
ad una ipotesi di consumo di gruppo, dal momento che qualora l'acquirente non
sia anche uno degli assuntori oppure abbia effettuato l'acquisto senza averne
ricevuto mandato dagli altri, non sarebbe ravvisabile una omogeneità
teleologia tra le condotte e la consegna della droga sarebbe qualificabile
come cessione, sia pure gratuita, o spaccio. Occorre quindi, in sostanza, che
l'acquirente sia uno degli assuntori; che l'acquisto avvenga sin dall'inizio per
conto degli altri componenti il gruppo, al cui uso personale la sostanza è
destinata; che quindi sia certa sin dall'inizio l'identità di questi altri
soggetti i quali abbiano in un qualunque modo manifestato la volontà sia di
procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi sia di concorrere ai
mezzi finanziari occorrenti all'acquisto. Ricorre invece una normale ipotesi
di cessione qualora tutte queste condizioni non si verifichino, come nel caso
in cui il soggetto abbia ceduto per il consumo in comune sostanza di cui era
autonomamente in possesso per averla acquistata senza alcun mandato degli
altri, ovvero abbia acquistato su mandato di terzi ma senza essere a sua
volta assuntore, ovvero abbia ceduto parte della droga a soggetti estranei al
gruppo dei mandanti. 11. Appare opportuno anche
precisare che le ragioni che inducono a preferire questa interpretazione
riguardano entrambe le situazioni che si fanno rientrare nel c.d. consumo di
gruppo, e cioè sia l'ipotesi di acquisto congiunto sia quella di acquisto da
parte solo di uno (o alcuni) dei futuri consumatori su mandato degli altri.
Del resto già la sentenza Iacolare aveva evidenziato come entrambi i casi
attengano pur sempre ad una codetenzione quale antecedente immediato rispetto
al consumo da parte dei componenti il gruppo. Non è quindi condivisibile la
tesi che propone una soluzione di compromesso, differenziando le due ipotesi
e limitando l'illecito amministrativo al solo caso in cui i soggetti
acquistino congiuntamente e materialmente la droga. Questa differenziazione
potrebbe anzi, nei diversi casi concreti, dar luogo ad incertezze
nell'individuazione del confine tra illecito penale ed amministrativo e
comunque determinare irragionevoli disparità di trattamento. Il ricorso deve dunque essere
rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna
la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 31
gennaio 2013. Depositato in Cancelleria il 10
giugno 2013
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