|
Aggiornamento - Penale |
Cassazione
penale sez. I, Questa Corte ha affrontato la questione, parzialmente sovrapponibile a quella oggetto del presente scrutinio, della rideterminazione della pena in fase esecutiva, per effetto della declaratoria di incostituzionalità, a seguito della pronuncia n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale e, in particolare, quella relativa all'an e al quomodo della nuova determinazione sanzionatoria nei procedimenti definiti con il rito ex art. 444 c.p.p.. E' stato affermato che la pena,
applicata a seguito del patteggiamento, è da ritenersi illegale e deve essere
rideterminata, anche quando formalmente rientri nella cornice edittale della
norma "ripristinata" (Cass. Sez. Un. 33040
del Inoltre, è stato affermato che: in
assenza di norme specifiche disciplinanti la fattispecie, va individuato
nell'art. 188 disp. att. c.p.p. lo
strumento processuale per rivedere la pena, oggetto della sentenza di
patteggiamento irrevocabile, divenuta "illegale" a seguito della
successiva declaratoria di incostituzionalità della norma incriminatrice;
in caso di mancato accordo, per dissenso del pubblico ministero, il giudice
dell'esecuzione può, comunque, accogliere la richiesta qualora ritenga il
dissenso ingiustificato; allo stesso modo, il giudice dell'esecuzione può
ugualmente accogliere la richiesta del condannato nel caso in cui il pubblico
ministero resti inerte; si è escluso che possa semplicemente limitarsi a
respingere la rinnovata proposta di patteggiamento, dovendo egli valutare la
congruità della pena; il suddetto giudice dell'esecuzione nel procedere alla
rideterminazione della pena deve utilizzare criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p., secondo il canone
dell'adeguatezza che tenga conto della nuova cornice edittale (Cass. Sez. Un.
37107 del 2. Ciò posto, va rilevato che, a
seguito della declaratoria di illegittimità
costituzionale del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma
Nel caso di specie, infatti, la pena inizialmente determinata nei confronti del M. si era modellata in ragione di una forbice edittale che prevedeva una sanzione minima di anni otto di reclusione e a detto minimo si era conformato il giudizio espresso dal giudice di merito, che aveva ratificato ex art. 444 c.p.p. l'accordo tra le parti, le quali avevano individuato la pena base nella misura di anni nove, mesi sei di reclusione. La riduzione dell'anzidetto minimo edittale, per effetto della richiamata decisione della Corte Costituzionale, avrebbe imposto al giudice dell'esecuzione di tenere conto della "nuova" cornice di pena e, dunque, di rideterminare la pena in favore del condannato, in quanto nella quantificazione della sanzione la discrezionalità giudiziale non può mai prescindere dai limiti minimi e massimi di pena che caratterizzano il dato normativo e che esprimono il livello di disvalore apprezzato dal legislatore per la condotta oggetto di incriminazione. 3. Ne consegue che l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio, per nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza che - in applicazione dei superiori principi - dovrà procedere alla riduzione della pena in favore del condannato a fronte del "nuovo" minimo edittale, ferma restando la sua piena libertà di quantificare la pena, secondo i criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p. senza alcun meccanismo matematico proporzionale.
|
© Diritto - Concorsi & Professioni - riproduzione vietata |