Corte di
Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 luglio – 13 agosto 2020, n. 23940
sul reato di falso ex art 476 e 477 c.p. in caso in caso di copia di un
documento esibito come originale
1.3 Il quarto motivo è privo di specificità.
Secondo la ricostruzione effettuata dai giudici di merito, l’imputato,
avvalendosi della collaborazione di un altro soggetto, aveva fatto recapitare
a G.R. una copia
fotostatica di un libretto UMA intestato all’inconsapevole C.F. e, dopo
avere effettuato presso il distributore di carburanti di quest’ultimo
alcuni rifornimenti, pagando ritualmente in contanti il prezzo dovuto per
tali primi acquisti, aveva consegnato a G.R. ,
convinto fino a quel momento di interfacciarsi con il titolare formale del
libretto fiscale (o quanto meno con un soggetto da costui delegato) e oramai
rassicurato in ordine alla solvibilità della propria controparte
contrattuale, assegni in seguito non onorati, così avvantaggiandosi
dell’apprensione del gasolio agricolo e cagionando un danno
corrispondente alla perdita di quel bene, senza l’incasso delle somme
dovute quale corrispettivo.
Come rilevato dalla Corte distrettuale, siffatta condotta -
"articolatasi anche nel carpire la fiducia del G. ,
instaurando un rapporto per costui economicamente proficuo, attraverso
l’adempimento delle prestazioni da principio assunte" - concretizza una truffa.
Siffatta conclusione sfugge ad ogni rilievo
censorio, essendo esente da vizi e in linea con i principi enunciati da
questa Corte (Sez. 2, n. 24499 del 7/5/2015,), secondo cui, in tema di truffa contrattuale commessa
mediante la compravendita di merci, il raggiro può essere integrato da una
serie preordinata di acquisti successivi, dapprima per modesti importi
regolarmente onorati, in modo da ingenerare nel venditore l’erroneo
convincimento di trovarsi di fronte a un contraente solvibile e degno di credito,
e poi per importi maggiori, che non vengono invece pagati, purché
l’inadempimento degli obblighi contrattuali sia l’effetto di un
precostituito proposito fraudolento. Si è altresì puntualizzato che
l’eventuale mancanza di diligenza o di prudenza da parte della persona
offesa non esclude l’idoneità del mezzo, in quanto
determinata dalla fiducia che l’agente ha saputo conquistarsi presso la
controparte contrattuale.
1.4 Sono fondati il sesto e il settimo motivo,
concernenti la ritenuta sussistenza del reato di cui agli artt. 482 e 477 c.p..
Secondo la Corre
territoriale, l’imputato aveva utilizzato la copia fotostatica del
libretto di certificazione UMA, intestato a C.F. ,
per acquistare gasolio agricolo. Tale operazione era andata a buon fine,
atteso che G.R. non si era
reso conto del fatto che il libretto presentatogli per l’apposizione
dei timbri di riferimento fosse una riproduzione di quello originario,
intestato a un soggetto differente da colui che glielo aveva esibito.
"L’esistenza di un documento originale di riferimento, intestato a
un altro soggetto, in uno con l’utilizzo della copia in luogo
dell’originale da parte di un abusivo possessore della stessa, sì da
sorprendere il soggetto al quale il documento era stato presentato tanto in ordine all’originalità quanto in ordine
all’identità o quanto meno, alla legittimità del possesso del suo
portatore, evidenzia l’avvenuta lesione del diritto tutelato dalle
norme incriminatrici".
Per la Corte
d’appello il reato de quo è escluso solo quando l’impiego della
fotocopia è effettuato dal medesimo intestatario del
documento riprodotto: "evenienza che, diversamente da quanto
verificatosi nell’ipotesi all’attenzione di questo Collegio, non
determina alcuna abusiva moltiplicazione di documenti e non altera in alcun modo
il regime di utilizzabilità degli stessi".
Così argomentando, la Corte
territoriale ha ancorato la sussistenza del reato all’utilizzo della
copia in luogo dell’originale e all’impiego da parte di un
soggetto diverso da colui che è il legittimo detentore
del documento in originale.
Così argomentando, il Collegio del merito non ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da
questa Corte (Sez. U, n. 35814 del 28/3/2019), che ha ritenuto condivisibile
quel filone interpretativo che incentra "l’attenzione sulle
ipotesi in cui la copia di un
documento si presenti o venga esibita con
caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale, ed
averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e sufficiente a
documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale
conforme: in tal caso la contraffazione si ritiene sanzionabile ex artt. 476
o 477 c.p., secondo la natura del documento che mediante la copia viene in
realtà falsamente formato o attestato esistente (cfr., in motivazione,
Sez. 5, n. 7385 del 14/12/2007, dep. 2008,; v.,
inoltre, Sez. 5, n. 9366 del 22/05/1998,)".
Le Sezioni unite hanno sottolineato che siffatta
impostazione ricostruttiva poggia, invero, su un criterio di riferimento
oggettivo, per cui lo stesso soggetto, che produce la copia, deve compiere
anche un’attività di contraffazione che vada ad incidere materialmente
sui tratti caratterizzanti il documento in tal modo prodotto, attribuendogli
una parvenza di originalità, così da farlo sembrare, per la presenza di
determinati requisiti formali e sostanziali, un provvedimento originale o la
copia conforme, originale, di un tale atto ovvero comunque documentativa
dell’esistenza di un atto corrispondente.
Nel caso in esame, occorreva dunque verificare se il libretto prodotto dall’imputato fosse stato oggetto di
un’attività di contraffazione tale da farlo sembrare il documento
originale o la copia conforme, originale, di un atto
corrispondente. Circostanze, queste che la Corte d’appello ha
trascurato di considerare e che sono state evidenziate dal ricorrente, che ha
rimarcato che per la conformazione e la consistenza dell’originale del
libretto U.M.A. - la copia prodotta, ossia un
foglio in fotocopia, privo di una copertina nonché
delle firme e dei timbri in originale relativi ai precedenti prelievi, non
era confondibile con il documento originale.
Si impone, quindi, l’annullamento della
sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli artt. 482 - 477 c.p.,
con rinvio alla Corte d’appello di Lecce Sezione Promiscua per nuovo
giudizio sul punto, che sarà condotto alla luce dei principi enunciati dal
massimo Consesso nella pronuncia sopra evocata.
2. Ai sensi dell’art. 624 c.p.p., va
dichiarata l’irrevocabilità della sentenza impugnata nella parte relativa all’affermazione della penale
responsabilità dell’imputato per il reato di cui agli art. 640 c.p.,
art. 61 c.p., n. 7.
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