Cass. Pen.,
Sez. Un., 23
dicembre 2005, n. 47164 sul concorso di reati, concorso apparente di
norme e
principio di specialità
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Angelo M. impugna per cassazione la sentenza che ne ha
confermato la
dichiarazione di colpevolezza in ordine ai delitti, accertati il 19
maggio
2001, di ricettazione e di illecita detenzione per la vendita di
supporti
informatici e audiovisivi sprovvisti del marchio S.I.A.E. Propone due
motivi
d’impugnazione.
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione della legge penale,
lamentando che erroneamente i giudici del merito abbiano ritenuto
ammissibile
il concorso tra il delitto di ricettazione e il delitto previsto
dall’art.
171-ter della legge n. 633 del 1941.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’ingiustificato diniego
delle
circostanze attenuanti generiche, peraltro già riconosciute dai
giudici del
merito.
Su richiesta della Seconda sezione penale di questa Corte il ricorso
è stato
rimesso alle Sezioni unite, per la risoluzione di un contrasto di
giurisprudenza sull’ammissibilità del concorso tra i due delitti
contestati ad
Angelo M.. E le prospettive di risoluzione del contrasto sono state
illustrate
altresì in una memoria della persona offesa S.I.A.E., depositata
a norma
dell’art. 90 c.p.p..
Secondo una parte minoritaria della giurisprudenza, infatti, “sussiste
concorso
tra il reato di ricettazione e quello di cui all'art.171-ter della
legge 22
aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni quando l'agente, oltre ad
acquistare videocassette e musicassette contraffatte, le detenga a fine
di
commercializzazione, configurandosi l'illecito meramente amministrativo
previsto dall'art. 16 della legge 18 agosto 2000 n. 248 (peraltro poi
abrogato
dall'art. 41, comma quarto, del D.Lgs. 9 aprile 2003 n. 68), soltanto
quando,
trattandosi di acquisto, questo sia stato effettuato ad uso
esclusivamente
personale” (Cass., sez. III, 16 aprile 2004, Ambrogi, m. 229118).
Prevale, invece, nella giurisprudenza di questa Corte un opposto
orientamento,
che esclude il concorso tra il delitto di ricettazione e il delitto
previsto
dall’art. 171-ter legge n. 633 del 1941, ma sulla base di
giustificazioni non
concordanti, perché argomentate talora con un confronto diretto
tra le due
fattispecie, tal altra con il confronto tra la fattispecie prevista
dall’art.
648 c.p. e la fattispecie di illecito amministrativo prevista dal
sopravvenuto
art. 16 della legge n. 248 del 2000.
In una recente decisione si è affermato, in particolare, che “in
tema di tutela
del diritto d'autore, la condotta di detenzione per la vendita o del
commercio
di supporti audiovisivi abusivamente riprodotti, punita dall'art.
171-ter della
legge 22 aprile 1941 n. 633, non concorre con il reato di ricettazione,
di cui
all'art. 648 c.p., atteso che tra le due norme sussiste un rapporto di
continenza in quanto nella norma codicistica sono compresi tutti gli
elementi
costitutivi della norma introdotta dalla legge n. 633, che descrive
più
specificamente condotte già ricomprese, sul piano astratto,
nella prima, con la
quale si pone in rapporto di specialità. Più in
particolare entrambe le norme
presuppongono la commissione di un delitto, l'esistenza di un bene che
ne
costituisce il provento, la detenzione del bene illecito, il fine di
profitto,
la condizione negativa del non avere l'agente concorso nel reato
presupposto, e
presentano omogeneità dell'interesse tutelato, individuato nella
repressione
del traffico di cose che costituiscono il provento della commissione di
reati”
(Cass., sez. III, 23 settembre 2004, Gueye, m. 230172).
Secondo altre decisioni, invece, “la condotta di chi acquista supporti
audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle
prescrizioni legali, se non costituisce concorso in uno dei reati
previsti
dagli artt. 171 – 171-octies legge 22 aprile 1941, n. 633, integra
l'illecito
amministrativo di cui all'art. 16 legge 18 agosto 2000, n. 248, che in
virtù
del principio di specialità previsto dall'art. 9 legge 24
novembre 1981, n.
689, prevale sulla disposizione penale che punisce lo stesso fatto”
(Cass.,
sez. II, 3 marzo 2005, Riccio, m. 231322; conf.: Cass., sez. II, 10
marzo 2005,
Zinna, m. 231774, Cass., sez. II, 8 febbraio 2005, Ndaw, m. 230792,
Cass., sez.
II, 19 gennaio 2005, Abate, m. 230730, Cass., sez. II, 18 gennaio 2005,
Mbengue, m. 230699). Sicché “in materia di diritto d'autore,
dopo le modifiche
introdotte con la legge 18 agosto 2000 n. 248 alla disciplina di cui
alla legge
22 aprile 1941 n. 633, anche l'acquirente a fini di commercio di
supporti non conformi
alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore non risponde del
delitto di
ricettazione” (Cass., sez. II, 4 maggio 2005, Volpe, m. 231518).
2. Il contrasto segnalato dalla Seconda sezione penale di questa Corte
ha
dunque una duplice prospettiva.
Attiene per un verso all’ammissibilità del concorso delle
condotte di acquisto
e ricezione previste dall’art. 648 c.p. con le condotte di detenzione e
immissione in commercio previste dall’art. 171-ter legge 22 aprile
1941, n.
633. Attiene per altro verso al rapporto tra la fattispecie prevista
dall’art.
648 c.p. e la fattispecie di illecito amministrativo prevista dal
sopravvenuto
art. 16 della legge n. 248 del 2000.
E le due prospettive vanno esaminate distintamente, anche perché
la seconda
pone problemi ulteriori, di diritto intertemporale, che ne accrescono
la
complessità.
2.1- L’ammissibilità del concorso delle condotte di acquisto o
ricezione
previste dall’art. 648 c.p. con le condotte di detenzione e immissione
in
commercio previste dall’art. 171-ter legge 22 aprile 1941, n. 633,
è stata
negata del tutto isolatamente dalla recente Cass., sez. III, 23
settembre 2004,
Gueye, m. 230172.
Nella giurisprudenza di questa Corte infatti è sostanzialmente
indiscusso ormai
che non v’è rapporto di specialità tra le condotte di
ricezione o di acquisto
previste dall’art. 648 c.p. e le condotte di detenzione o di immissione
in
circolazione previste da altre fattispecie incriminatrici. S’era
dubitato un
tempo dell’ammissibilità del concorso del delitto previsto
dall’art. 648 c.p.
con il delitto previsto dall’art. 474 c.p. (introduzione nel territorio
dello
Stato e commercio di prodotti con segni falsi). Ma il conseguente
contrasto di
giurisprudenza era stato risolto da queste Sezioni unite nel senso
dell’ammissibilità
del concorso, soprattutto in base al rilievo che la condotta di
illecita
immissione in circolazione può essere realizzata anche da chi,
essendo in buona
fede al momento della ricezione del prodotto contraffatto, si induca
poi a
cederlo ad altri con la sopravvenuta consapevolezza della
contraffazione.
Sicché la responsabilità per l’immissione in circolazione
può essere addebitata
anche a chi non debba rispondere né di concorso nella
contraffazione né di
ricettazione (Cass., sez. un., 9 maggio 2001, Ndiaye, m. 218771). E a
questa
decisione, cui si è uniformata la giurisprudenza successiva in
tema di rapporti
tra gli art. 474 e 648 c.p. (Cass., sez. II, 12 febbraio 2003, Fall
Cheick, m.
223692, Cass., sez. II, 20 gennaio 2003, Corneti, m. 223902, Cass.,
sez. II, 7
febbraio 2003, Alberino, m. 224631), si è sempre richiamata
anche la
giurisprudenza sulla legge 22 aprile 1941, n. 633, e sulle sue
reiterate
modificazioni, che pure già in precedenza aveva sempre ammesso
il concorso tra
le condotte di immissione in circolazione punite da questa legge e il
delitto
di ricettazione (Cass., sez. II, 17 novembre 1992, Di Sano, m. 193158,
Cass.,
sez. II, 18 febbraio 1992, Rocchetti, m. 189676, Cass., sez. II, 12
gennaio
1989, Dell’Armi, m. 181300, Cass., sez. II, 24 novembre 1987, Cuomo, m.
179083,
Cass., sez. II, 13 novembre 1986, Brancaccio, m. 175204, Cass., sez.
II, 26
maggio 1986, Contino, m. 174385, Cass., sez. II, 8 giugno 1983,
Colucci, m.
161481).
In realtà l’applicazione del principio di specialità,
previsto dall’art. 15
c.p., impone senza dubbio di ammettere il concorso tra le condotte di
ricezione
(art. 648 c.p.) e quelle di immissione in circolazione (art. 171-ter
legge 22
aprile 1941, n. 633), perché le fattispecie sono
indiscutibilmente diverse dal
punto di vista strutturale.
Vero è che, secondo una parte della dottrina e della
giurisprudenza, anche nel
caso di diversità strutturale delle fattispecie, il rapporto di
consunzione o
di assorbimento, cui alluderebbe l’ultimo inciso dell’art. 15 c.p.
quale
applicazione sostanziale del principio processuale del ne bis in idem,
richiederebbe di considerare solo apparente il concorso tra due norme
relative
a un medesimo quadro di vita sociale, quando la commissione di un reato
comporti, secondo l’id quod plerumque accidit, anche la commissione
dell’altro
e una delle fattispecie esaurisca compiutamente l’intero disvalore del
fatto.
Sicché il concorso dovrebbe escludersi non solo quando la
commissione di un
reato comporti necessariamente la consumazione anche dell’altro, ma
altresì
quando sia solo ricorrente la consumazione di entrambi i reati in un
contesto
sociale unitario. E perciò potrebbe ritenersi che l’immissione
in commercio dei
supporti informatici illecitamente prodotti includa anche il disvalore
della precedente
condotta di acquisto dei supporti, come certamente include il disvalore
della
loro produzione.
Tuttavia i criteri di assorbimento e di consunzione sono privi di
fondamento
normativo, perché l’inciso finale dell’art. 15 c.p. allude
evidentemente alle
clausole di riserva previste dalle singole norme incriminatrici, che,
in deroga
al principio di specialità, prevedono, sì, talora
l’applicazione della norma
generale, anziché di quella speciale, considerata sussidiaria;
ma si
riferiscono appunto solo a casi determinati, non generalizzabili. E
infatti è
appunto un’esplicita clausola normativa di riserva a escludere il
concorso tra
le condotte di produzione e di immissione in circolazione dei supporti
illecitamente prodotti.
Inoltre i giudizi di valore che i criteri di assorbimento e di
consunzione
richiederebbero sono tendenzialmente in contrasto con il principio di
legalità,
in particolare con il principio di determinatezza e tassatività,
perché fanno
dipendere da incontrollabili valutazioni intuitive del giudice
l’applicazione
di una norma penale.
Come è stato ben chiarito, in realtà, un’esigenza di
determinatezza e
tassatività si pone anche con riferimento “all’ordinamento
penale
complessivamente considerato”, perché un’incertezza
incompatibile con il
principio di legalità deriva anche dalla mancanza di criteri
sicuri per
stabilire quali e quante fra più fattispecie, pur ben
determinate, siano
applicabili.
E’ vero che anche il criterio di specialità, in particolare nei
casi di
specialità per aggiunta, presuppone talora una
discrezionalità nella selezione
degli elementi da considerare rilevanti per la comparazione tra le
fattispecie.
Ma questa operazione di selezione rimane pur sempre nei limiti di
un’attività
interpretativa, che costringe nell’ambito degli elementi strutturali
delle
fattispecie la inevitabile componente valutativa del raffronto,
anziché
rimuoverla o lasciarla priva di criteri davvero controllabili; mentre i
criteri
di assorbimento e di consunzione esigono scelte prive di riferimenti
normativi
certi, appunto perché dichiaratamente prescindono dalla
struttura delle
fattispecie.
Si deve perciò ribadire che è ammissibile il concorso
delle condotte di
acquisto o ricezione punite dall’art. 648 c.p. con le successive
condotte di
immissione in commercio punite dall’art. 171-ter legge 22 aprile 1941,
n. 633.
2.2- Il contrasto di giurisprudenza circa i limiti di
applicabilità della
fattispecie di illecito amministrativo prevista dall’art. 16 della
legge n. 248
del 2000 presuppone, del resto, che in astratto possano appunto
concorrere le
fattispecie di acquisto o ricezione previste dall’art. 648 c.p. e la
fattispecie di successiva immissione in commercio prevista dall’art.
171-ter
legge 22 aprile 1941, n. 633.
L’art. 16 della legge n. 248 del 2000 prevede infatti che chiunque
“acquista o
noleggia supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali
non
conformi alle prescrizioni della presente legge è punito,
purché il fatto non
costituisca concorso nei reati di cui agli articoli 171, 171-bis,
171-ter,
171-quater, 171-quinquies, 171-septies e 171-octies della legge 22
aprile 1941,
n. 633, come modificati o introdotti dalla presente legge, con la
sanzione
amministrativa…”. E la giurisprudenza di questa Corte si divide a
proposito del
rapporto tra illecito penale e illecito amministrativo di ricezione o
di
acquisto.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale minoritario la fattispecie di
acquisto
o di ricezione dei supporti illecitamente prodotti costituisce un mero
illecito
amministrativo solo nei casi in cui l’acquisto o la ricezione “sia
stato
effettuato ad uso esclusivamente personale”; è punibile al
contrario a titolo
di ricettazione quando l’acquisto sia destinato all’immissione in
commercio dei
supporti illecitamente prodotti (Cass., sez. III, 16 aprile 2004,
Ambrogi,
cit.).
Secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, invece,
l’acquisto o la
ricezione dei supporti illecitamente prodotti costituisce sempre un
mero
illecito amministrativo, quale che ne sia lo scopo (Cass., sez. II, 10
marzo
2005, Zinna, Cass., sez. II, 3 marzo 2005, Riccio, Cass., sez. II, 8
febbraio
2005, Ndaw, Cass., sez. II, 19 gennaio 2005, Abate, Cass., sez. II, 18
gennaio
2005, Mbengue, citate).
L’orientamento maggioritario si fonda talora sulla considerazione che
“colui il
quale concorre in uno dei reati previsti dalla legge a protezione del
diritto
di autore su indicati, commessi dal produttore delle musicassette
illegali (e
segnatamente in quello di abusiva duplicazione delle cassette, previsto
dall'articolo 171-ter, lettera a), non risponde del delitto di
ricettazione non
perché questa è stata depenalizzata dall'articolo 16
della legge numero 248 del
2000, ma in virtù della clausola di sussidiarietà
contenuta nell'articolo 648
c.p., secondo la quale tale delitto si realizza solo "fuori dei casi di
concorso nel reato" presupposto” (Cass., sez. II, 4 maggio 2005, Volpe,
cit.).
E in realtà è indiscusso nella giurisprudenza di questa
Corte che “deve
rispondere di concorso nel delitto di furto e non di ricettazione colui
che,
dopo aver convenuto col futuro ladro di comprare il provento di una
progettata
azione furtiva, abbia ricevuto la refurtiva in conformità al
preventivo
accordo” (Cass., sez. II, 8 novembre 1968, Nervi, m. 110895, Cass.,
sez. II, 16
aprile 1971, Golmo, m. 118581, Cass., sez. II, 13 febbraio 1991,
Buzzetti, m.
187511, Cass., sez. II, 8 maggio 1996, Arcella, m. 205408); come
è indiscusso
più in generale che si abbia concorso di persone quando
un’attività successiva
al reato sia stata preventivamente promessa all’autore materiale del
fatto
(Cass., sez. V, 6 aprile 1984, Franzin, m. 165244, Cass., sez. I, 21
dicembre
1987, Scatizzi, m. 179311).
Tuttavia l’art. 16 citato non definisce l’ambito di applicazione
dell’illecito
amministrativo, in rapporto ai reati di cui agli articoli 171, 171-bis,
171-ter, 171-quater, 171-quinquies, 171-septies e 171-octies della
legge 22
aprile 1941, n. 633, in modo diverso da come l’art. 648 c.p. definisce
l’ambito
di applicazione del delitto di ricettazione. Infatti non solo il
concorso nel
reato presupposto di produzione illecita dei supporti, ma anche il
concorso nel
reato di immissione in commercio dei supporti escluderebbe la
configurabilità
della ricettazione, ove la ricezione o l’acquisto fossero
preventivamente
promesse al rivenditore.
Sicché la “clausola di sussidiarietà contenuta
nell'articolo 648 c.p.” non si
differenzia da quella contenuta nell’art. 16 citato. E queste clausole
valgono
a escludere il concorso delle due fattispecie con le fattispecie di
concorso di
persone nei reati di cui agli articoli 171, 171-bis, 171-ter,
171-quater,
171-quinquies, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n.
633. Ma
non valgono esse a stabilire quando debba applicarsi l’art. 648 c.p. e
quando l’art.
16 citato. Quel che regola il rapporto tra fattispecie penale e
fattispecie
amministrativa di ricezione o acquisto è piuttosto il principio
di specialità,
previsto dall'art. 9 legge 24 novembre 1981, n. 689, come del resto
argomenta
per lo più lo stesso orientamento giurisprudenziale
maggioritario.
L’orientamento minoritario interpreta invece l’art. 16 della legge n.
248 del
2000 nel senso che “la norma, con formulazione lievemente impropria, ha
inteso
significare che è ravvisabile il solo illecito amministrativo,
quando con il
fatto dell'acquisto non concorra (eventualmente anche a titolo
concorsuale) uno
o più dei reati previsti dagli citati artt. 171 e segg.” (Cass.,
sez. III, 16
aprile 2004, Ambrogi, cit.).
A questa interpretazione si è fondatamente obiettato che essa
induce a
“stravolgere il testo della norma che parla di concorso "nei reati" e
non di concorso "con i reati"”; sicché ciò che rileva
è il concorso
di persone nel reato (art. 110 c.p.), non il concorso di reati (art. 79
e 80
c.p.). E si è aggiunto che, ai fini della qualificazione dei
reati commessi nel
vigore della legge n. 248 del 2000, non rileva affatto che
successivamente il
d. lgs. 9 aprile 2003, n. 68, abbia abrogato quella norma (art. 41) e
l’abbia
sostituita con altra (art. 28, modificativo dell’art. 174 ter legge n.
633 del
1941) che punisce a titolo di illecito amministrativo le condotte di
ricezione
e acquisto solo quando “il fatto non concorra con i reati di cui agli
articoli
171, 171-bis, 171-ter, 171-quater, 171-quinquies, 171-septies e
171-octies”,
perché la nuova disposizione, avendo una portata estensiva
dell’ambito
dell’illiceità penale, non è applicabile ai fatti
commessi prima della sua
entrata in vigore (Cass., sez. II, 4 maggio 2005, Volpe, cit.).
In realtà, come s’è visto, le condotte di ricezione o
acquisto assumono
autonoma rilevanza solo quando l’acquirente o il ricettore non
concorrano ai
sensi dell’art. 110 c.p. nelle condotte di cui agli articoli 171,
171-bis,
171-ter, 171-quater, 171-quinquies, 171-septies e 171-octies della
legge 22
aprile 1941, n. 633. Ciò vale per la ricettazione, grazie alla
“clausola di
sussidiarietà contenuta nell'articolo 648 c.p.”, come valeva per
l’illecito
amministrativo previsto dall’art. 16 legge n. 248 del 2000. Ma vale
anche per
la nuova fattispecie di illecito amministrativo prevista dall’art.
174-ter
legge n. 633 del 1941, perché, se l’agente concorresse ex art.
110 c.p. in
alcuno dei reati previsti dagli art. 171, 171-bis, 171-ter, 171-quater,
171-quinquies, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n.
633, la
condotta di acquisto o ricezione potrebbe risultare in concorso, ex
art. 71 o
ex art. 80 c.p., con quei reati; e in tali casi l’illecito
amministrativo non
sarebbe perciò configurabile, grazie alla clausola di riserva
contenuta nello
stesso art. 174-ter citato. Sicché solo nei casi in cui manchi
un concorso di
persone può ipotizzarsi un rilevante concorso di illeciti tra le
condotte di
ricezione o acquisto e le successive condotte di immissione in
commercio dei
supporti illecitamente prodotti.
Pertanto il d. lgs. n. 68 del 2003, quando ha previsto che l’illecito
amministrativo è configurabile solo se la condotta di ricezione
o acquisto non
concorra con le condotte di cui agli articoli 171, 171-bis, 171-ter,
171-quater,
171-quinquies, 171-septies e 171-octies della legge 22 aprile 1941, n.
633, non
ha sostituito il presupposto negativo del concorso di persone con il
presupposto negativo del concorso di reati, ma ha aggiunto al primo
presupposto
il secondo. Ha imposto cioè una condizione ulteriore di
applicabilità
dell’illecito amministrativo, che ne ha ristretto l’ambito di
applicazione
rispetto all’ambito di applicazione della fattispecie di ricettazione.
Sia la fattispecie prevista dall’art. 648 c.p. sia la fattispecie ora
prevista
dall’art. 174-ter legge n. 633 del 1941, presuppongono infatti che il
ricettore
o l’acquirente dei supporti illecitamente prodotti non abbiano concorso
nelle
condotte di produzione o immissione in circolazione dei supporti. Ma la
fattispecie
prevista dall’art. 174-ter legge n. 633 del 1941, presuppone
altresì che il
ricettore o acquirente dei supporti illecitamente prodotti non li
detenga per
immetterli in commercio. E ciò riduce il rapporto di
specialità tra illecito
amministrativo e illecito penale ai soli casi di acquisto o ricezione
non
destinati all’immissione in commercio dei supporti illecitamente
prodotti;
risultando invece configurabile il delitto di ricettazione in tutti i
casi di
acquisto o ricezione a fini di immissione in commercio e senza previo
concorso
con i produttori o i rivenditori dei supporti illecitamente prodotti.
D’altro canto deve ritenersi che sia l’illecito amministrativo
già previsto
dall’art. 16 della legge n. 248 del 2000 sia l’illecito amministrativo
ora
previsto dall’art. 174-ter della legge n. 633 del 1941, siano in
rapporto di
specialità anche con la contravvenzione prevista dall’art. 712
c.p., perché,
secondo quanto dispone l’art. 3 della legge n. 689 del 1981, “nelle
violazioni
cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è
responsabile della
propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o
colposa”. Sicché anche quando sia solo colposo, l’illecito
amministrativo può
prevalere per specialità sulle norme del codice penale; ma, con
la disciplina
attualmente in vigore, la colposità dell’acquisizione non
esclude il concorso
tra la contravvenzione di cui all’art. 712 c.p. e il delitto di cui
all’art.
171 ter legge n. 633 del 1941, quando l’acquisto sia destinato
all’immissione
in commercio dei supporti illecitamente prodotti.
Si deve perciò concludere che nel vigore della legge n. 248 del
2000 l’illecito
amministrativo prevalesse in ogni caso, per specialità, sia sul
delitto di
ricettazione sia sulla contravvenzione di cui all’art. 712 c.p.; mentre
nel
vigore del d. lgs. n. 68 del 2003 la prevalenza dell’illecito
amministrativo si
sia ridotta ai soli casi di acquisto o ricezione per uso personale;
salva la
punibilità a norma dell’art 171-ter legge n. 633 del 1941 anche
della
successiva condotta di immissione in commercio degli stessi prodotti,
sia nel
vigore della legge n. 248 del 2000 sia nel vigore del d. lgs n. 68 del
2003.
Né la situazione normativa è mutata con il decreto legge
14 marzo 2005, n. 35,
convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80.
Secondo quanto prevede l’art. 1 comma 7 del decreto, infatti, “salvo
che il
fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa
fino a 10000
euro l’acquisto o l’accettazione, senza averne prima accertata la
legittima
provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità
o per la
condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a
ritenere che
siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei
prodotti
ed in materia di proprietà intellettuale”. E questa nuova
fattispecie di
illecito amministrativo è evidentemente applicabile nei soli
casi in cui
neppure la presupposta violazione delle norme “in materia di
proprietà
intellettuale” costituisca reato; al contrario di quanto invece
presuppone la
fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 712 c.p., sulla quale
la
fattispecie amministrativa è ricalcata pressoché
letteralmente, e salva la
disciplina eventualmente diversa dettata dalle “norme in materia di
origine e
provenienza dei prodotti”.
Attesa l’apparente identità delle due fattispecie, in
realtà, la nuova norma
risulterebbe inapplicabile, ove non avesse un ambito di applicazione
distinto
da quello proprio della fattispecie contravvenzionale prevista dal
codice
penale. Infatti, come s’è visto, l’art. 1 comma 7 del decreto
stabilisce che la
nuova fattispecie di illecito amministrativo è applicabile solo
quando il fatto
non costituisce reato; ma anche l’analoga fattispecie prevista
dall’art. 712
c.p. è appunto un reato.
Sicché deve ritenersi che l’incauto acquisto di cose provenienti
da reato possa
integrare gli estremi della contravvenzione prevista dall’art. 712
c.p.; mentre
l’incauto acquisto di cose di provenienza altrimenti illecita
può integrare gli
estremi dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 comma 7 del
decreto
legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n.
80.
3. In conclusione vanno allora enunciati i seguenti principi di
diritto:
È ammissibile il concorso delle condotte di acquisto o ricezione
punite
dall’art. 648 c.p. con le successive condotte di immissione in
commercio punite
dall’art. 171 ter legge 22 aprile 1941, n. 633.
Nel vigore della legge n. 248 del 2000 la condotta di acquisto di
supporti
audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle
prescrizioni legali, ove non costituisse concorso ex art. 110 c.p. in
uno dei
reati previsti dagli artt. 171 - 171 octies legge 22 aprile 1941, n.
633,
integrava l'illecito amministrativo di cui all'art. 16 della stessa
legge, che
in virtù del principio di specialità previsto dall'art. 9
legge 24 novembre
1981, n. 689, prevaleva in ogni caso sull’art. 648 c.p., che punisce lo
stesso
fatto, anche se l’acquisto fosse destinato al commercio.
Sopravvenuto il d. lgs. 9 aprile 2003, n. 68, che ha abrogato l’art. 16
della
legge n. 248 del 2000 (art. 41) e l’ha sostituito con il nuovo testo
dell’art.
174 ter legge n. 633 del 1941 (art. 28), è possibile il concorso
tra il reato
di ricettazione e quello di cui all'art.171 ter della legge 22 aprile
1941 n.
633, e successive modificazioni, quando l'agente, oltre ad acquistare
supporti
audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle
prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione;
configurandosi
l'illecito meramente amministrativo previsto dall’art. 174 ter legge n.
633 del
1941 soltanto quando l’acquisto o la ricezione siano destinati a uso
esclusivamente personale.
La situazione normativa così ricostruita non è mutata con
il decreto legge 14
marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80,
perché
l’incauto acquisto di cose provenienti da taluno dei reati previsti
dalla legge
n. 633 del 1941 può integrare gli estremi della contravvenzione
prevista
dall’art. 712 c.p.; mentre solo l’incauto acquisto di cose di
provenienza
altrimenti illecita, vale a dire di cose non provenienti da reato,
può
integrare gli estremi dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1
comma 7
del citato decreto legge.
4. Nel caso in esame ai fatti controversi, accertati il 19 maggio 2001,
è
applicabile l’art. 16 della legge n. 248 del 2000. Sicché, in
accoglimento del
primo motivo del ricorso, deve escludersi il reato di ricettazione
contestato
ad Angelo M.. E di conseguenza la sentenza impugnata va annullata
limitatamente
a tale imputazione, perché il fatto nn è previsto dalla
legge come reato, con
rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo per la
determinazione
della pena per il residuo reato di cui all'art. 171-ter legge n. 633
del 1941.
Va altresì disposta la trasmissione degli atti al Prefetto di
Palermo, ai fini
dell’irrogazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 16
legge n.
248 del 2000 per l’acquisto dei supporti illecitamente prodotti.
Il secondo motivo del ricorso è inammissibile, perché le
invocate attenuanti
generiche risultano già riconosciute dal giudice del merito.
PER QUESTI
MOTIVI
La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente
ai delitti ex
art. 648 c.p., perché il fatto non è previsto dalla legge
come reato, e rinvia
ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo per la determinazione
della
pena per i reati residui.
Dispone trasmettersi copia degli atti all’Autorità competente
per l’irrogazione
della sanzione amministrativa prevista dall’art. 16 legge n. 248 del
2000.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
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