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Cass. pen., sez. II, 24 ottobre 2005, n. 38940, sui limiti del concorso tra il sequestro di persona e la violenza sessuale IN FATTO Con sentenza del 9 marzo del 2005, la corte d'appello dell'Aquila, in parziale riforma di quella pronunciata dal tribunale di Lanciano il 7 giugno del 2004, esclusa la contestata recidiva, rideterminava in anni quattro di reclusione la pena inflitta a I. S. per i reati di sequestro di persona, violenza sessuale continuata e cessione di sostanza stupefacente commessi in danno di P. V. di anni 17, confermando nel resto anche relativamente alle statuizioni civili, l'impugnata sentenza. Il fatto in base alle decisioni dei giudici di merito, può riassumersi nella maniera seguente. Alle ore 0,30 del X, P. V., di anni 17, mentre trovavasi nei pressi della propria abitazione, sita in S. M. I., era stata avvicinata dall'imputato I. S., da lei conosciuto solo di vista. Questi, con minaccia e violenza consistita in spintoni e calci, l'aveva indotta a seguirlo nella sua abitazione dove l'aveva costretta a sniffare eroina ed a praticargli ripetuti coiti orali nonché a subire un tentativo di penetrazione anale. L'attività criminosa si era protratta sino al mattino successivo allorché la ragazza, approfittando del sonno del prevenuto, era riuscita ad allontanarsi da quella abitazione e, incontrando il fidanzato, gli aveva confidato di essere stata vittima di abusi sessuali, confessati anche alla propria madre. D'accordo con i predetti aveva poi deciso di sporgere querela. Le dichiarazioni della vittima erano state confermate dal fidanzato e dalla di lei madre. La teste G. C., amica della querelante, aveva riferito in merito all'interessamento manifestato dal prevenuto verso la P.. L'imputato aveva invece affermato che la ragazza si era presentata spontaneamente a casa sua per sniffare eroina e si era trattenuta con lui per tutta la notte senza la consumazione di alcun rapporto sessuale. I giudici del merito hanno ritenuto attendibile la P., non solo perché nell'immediatezza dell'accaduto aveva riferito il fatto al fidanzato ed alla madre ed aveva indicato le caratteristiche dell'appartamento del prevenuto, ma anche perché sui suoi indumenti erano stati rinvenute tracce di sperma che, a seguito degli accertamenti emogenetici, erano risultate appartenere all'imputato. Tale circostanza, secondo la corte assumeva particolare rilevanza, avuto riguardo al fatto che l'imputato aveva negato di avere avuto rapporti sessuali con la ragazza. Inoltre nell'appartamento era stata trovata una tazzina contenente olio che, secondo il racconto della vittima, l'uomo aveva iniziato a spargere nella parte perianale della ragazza per facilitare la penetrazione anale. In proposito la corte territoriale osservava che era del tutto inutile disporre la rinnovazione della perizia chiesta dal difensore al fine di accertare l'eventuale sussistenza di tracce di olio sulle mutandine della giovane, sia perché tale quesito avrebbe potuto essere formulato in occasione dell'espletamento dell'incarico peritale disposto con l'incidente probatorio, sia perché, quand'anche fosse emersa l'assenza di tracce d'olio, tale circostanza non avrebbe screditato la versione fornita dalla ragazza per la presenza di altri riscontri obiettivi. Ricorre per cassazione l'imputato, per mezzo del suo difensore, sulla base di tre mezzi d'annullamento. DIRITTO Con il primo motivo denuncia la mancata assunzione da parte del giudice di appello di una prova decisiva posto che la corte territoriale aveva respinto l'istanza di rinnovazione della perizia per proporre al perito nuovi quesiti: precisa che gli elaborati peritali, in quanto "mezzi di prova", assumono la funzione di strumenti di convincimento del giudice, come qualsiasi altro elemento probatorio. Con il secondo lamenta mancanza o manifesta illogicità della motivazione rilevabile dal testo della decisione impugnata relativamente alla valutazione delle dichiarazioni della vittima. Con il terzo motivo denuncia la violazione dell'art. 605 c.p. per avere i giudici del merito erroneamente ritenuto che nella fattispecie il sequestro di persona non fosse rimasto assorbito nella violenza sessuale: assume che la privazione della libertà di movimento non si era protratta oltre il tempo necessario a consumare i reati sessuali perché la ragazza era fuggita non appena l'imputato, esausto per le fatiche sessuali, si era addormentato Il ricorso è infondato. In ordine al primo motivo si rileva che la mancata assunzione di una prova, come mezzo d'annullamento della decisione impugnata, presuppone anzitutto, a norma dell'art. 606 lett. c) c.p.p., l'effettiva esistenza di una richiesta avanzata a norma dell'art. 495 comma secondo (richiesta di ammissione della prova a discarico sui fatti costituenti oggetto della prova a carico e viceversa) e richiede inoltre che la prova stessa sia decisiva sia cioè idonea contrastare circostanze già acquisite in modo da eliderne l'efficacia, rendendo possibile una diversa pronuncia: in altre parole la prova deve essere astrattamente ammissibile, non superflua e rilevante ai fini della decisione. Nella fattispecie essa non è stata tempestivamente dedotta a norma dell'art. 495 comma secondo c.p.p.. Inoltre l'accertamento era superflua perché, quand'anche si fosse verificata l'assenza di tracce di olio sull'indumento intimo della ragazza, da tale circostanza non sarebbe derivata l'inattendibilità della versione fornita dalla parte offesa, posto che la tazzina dell'olio era stata comunque rinvenuta nell'abitazione dell'imputato e che il racconto della ragazza era stato riscontrato da altre circostanze obiettive, come puntualmente chiarito dalla corte territoriale. Con riferimento al secondo motivo premesso che la motivazione si può considerare carente allorché, esclusa l'ipotesi scolastica di "mancanza grafica", non sia stato considerato un elemento fondamentale per la decisione espressamente sottoposto all'attenzione del giudice e si può considerare "manifestamente illogica" allorché la tesi accreditata dai giudici non appaia seriamente sostenibile sul piano probabilistico, si rileva che quella in esame non contiene i vizi denunciati. Invero, come risulta dal testo del provvedimento, la corte ha valutato tutti gli elementi rilevanti ai fini della decisione prospettati dal difensore ed ha indicato le ragioni per le quali la versione fornita dalla ragazza era attendibile sul piano logico ed ha precisato che l'ipotesi alternativa avanzata dal prevenuto, secondo il quale non vi sarebbero stati rapporti sessuali, era stata clamorosamente smentita dalle tracce del suo liquido seminale rinvenute sugli indumenti della vittima. In ordine al terzo motivo si osserva che il sequestro di persona si può considerare assorbito nella violenza sessuale allorché è contenuto nei limiti strettamente necessari alla perpetrazione dell'atto sessuale. Nella fattispecie è ben vero che la ragazza era fuggita non appena l'imputato, esausto per le fatiche sessuali, si era addormentato, ma è altrettanto certo, secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata, che era stata costretta con minacce quanto meno a rimanere nell'appartamento dell'imputato per l'intera notte. In definitiva il sequestro di persona è stata perpetrato, quanto meno, allorché l'imputato ha costretto la vittima a rimanere nella sua abitazione per compiere sulla stessa diversi abusi sessuali. Invero la condotta dell'imputato diretta a trattenere la vittima nella sua abitazione anche durante gli intervalli tra i vari abusi, si pone come attività ulteriore rispetto a quella sessuale, autonomamente punibile sia pure a norma dell'art. 81 c.p., avuto riguardo al fatto che la ragazza come risulta dalla sentenza impugnata, è stata costretta a trattenersi nell'abitazione dell'imputato per l'intera notte e da dove ha potuto allontanarsi solo quando l'imputato, stanco per le fatiche sessuali, si era addormentato. In conclusione il delitto di sequestro di persona rimane assorbito nella violenza sessuale allorché la privazione della libertà di movimento si identifichi ed esaurisca con quella adoperata per costringere la parte offesa a subire l'atto sessuale. Concorre invece con il reato sessuale allorché precede o segua l'attività sessuale per un lasso di tempo non necessario alla consumazione dell'abuso sessuale. Nell'ipotesi di atti plurimi concorre col il delitto sessuale allorché la vittima nei vari intervalli, pur non subendo alcun abuso sessuale, è costretta a trattenersi con il reo. P.Q.M. La Corte letto l'art. 616 c.p.p. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 28 settembre del 2005. |
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