Cassazione penale , sez. II , 06 maggio 2009 , n. 23574
A seguito della novella introdotta dalla L. n. 49 del 2006, il cd.consumo
di gruppo di sostanze stupefacenti, nella duplice ipotesi del mandato all'acquisito
e/o dell'acquisto in comune, è ora sanzionato penalmente in quanto,
non essendo ipotizzatole un uso esclusivamente personale della sostanza
stupefacente, entrambe le suddette ipotesi sono sussumibili nella fattispecie
di cui all'art. 73, comma 1 bis, lett. a)".
Fatto
Con ordinanza del 2/12/2008, il Tribunale di Catanzaro, pronunciando
in sede di rinvio avverso l'ordinanza del 3/12/2007, del g.i.p. del Tribunale
di Castrovillari, di revoca della misura cautelare dell'obbligo di dimora
nel comune di residenza emesso nei confronti di M.N. (imputato di violazione
della legge sulle sostanze stupefacenti), accoglieva il ricorso proposto
dal P.m. ed applicava al M. la misura cautelare dell'obbligo di presentazione
al Comando stazione CC territorialmente competente ogni giorno alle ore
13.
Osservava il Tribunale:
1. gravi indizi di colpevolezza: premesso che i fatti addebitati al
prevenuto, erano successivi alla L. 21 febbraio 2006, n. 49 (cfr pag.
5-6 in cui vengono specificatamente indicate le fonti di prova), relativamente
ai capi G) ed H) era configurabile la fattispecie del cd. "uso di gruppo"
che, dopo la riforma della legge, doveva ritenersi integrare gli estremi
del reato punibile a norma del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, dovendosi,
quindi, ritenere superata la giurisprudenza di legittimità che,
sul punto, aveva optato per la non punibilità. Relativamente, invece,
al capo I) era configurabile un'ipotesi di cessione che era provata dalle
dichiarazioni rese da S.F. e da varie intercettazioni telefoniche;
2. esigenze cautelari: dovevano ritenersi evidenti "ove si considerino
non solo le concrete modalità e circostanze dei fatti per i quali
si procede, quanto l'intrinseca pericolosità della condotta (desunta,
in particolare, dalla manifestata abilità nel procurarsi e nel cedere
la sostanza stupefacente, sintomo inequivoco dell'inserimento nel mercato
illecito della droga), la pluralità degli episodi delittuosi contestati;
la diversità delle sostanze stupefacenti (hashish e cocaina) procurate
e detenute da M.;
la ripetitività delle condotte, non occasionali ed estemporanee
ma, bensì reiterate (...) la circostanza che le stesse sia state
poste in essere per un arco di tempo non circoscritto ( (OMISSIS)) e la
circostanza che uno dei soggetti escussi ha dichiarato che il M. mettesse
a disposizione nel proprio locale lo stupefacente anche di altri soggetti".
Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale riteneva, in punto di adeguatezza
e proporzionalità, di applicare la misura dell'obbligo di presentazione
presso i CC ogni giorno alle ore 13.
Avverso la suddetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il
prevenuto adducendo i seguenti motivi:
1. Carenza di gravi indizi di colpevolezza: ad avviso del ricorrente
il quadro indiziario era desunto principalmente dalle dichiarazioni di
soggetti che avrebbero dovuto essere indagati per gli stessi fatti: da
qui la loro inidoneità ad essere utilizzate come indizi a carico.
Anche le dichiarazioni rese dallo S. denotavano la mancanza di qualsiasi
elemento dal quale desumere la disponibilità di sostanze stupefacente;
2. Inesistenza del fatto reato: sostiene il ricorrente che, quanto
meno per i capi G) ed H) non è configurabile alcuna ipotesi di reato
perchè, così come nella previgente normativa, anche ora il
cd.
consumo di gruppo continua a non essere un reato ma solo una sanzione
amministrativa;
3. Irretroattività della riforma: ad avviso del ricorrente,
tutti i fatti contestati attengono ad episodi precedenti l'iscrizione nel
registro degli indagati avvenuta nel 2006. Mancherebbe, quindi, la prova
che i fatti si verificarono dopo la riforma;
4. Reiterazione del reato: sostiene il ricorrente che non esisterebbe
alcun pericolo di reiterazione, considerato anche la fattiva collaborazione
tenuta, la sua incensuratezza, il suo status (sposato con figlia e residente
a (OMISSIS) dove esercita un'attività commerciale) e l'insussistenza
di ogni pericolo di fuga.
Diritto
Ad 1 (Carenza di gravi indizi di colpevolezza): contrariamente a quanto
ritenuto dal ricorrente, gli indizi di colpevolezza evidenziati dal Tribunale
nell'impugnata ordinanza, devono ritenersi gravi, ai sensi dell'art. 273
c.p.p.. Infatti, il Tribunale, con ampia ed accurata disamina di tutti
gli indizi (cfr pag. 20 ss.), in relazione ad ogni capo d'imputazione,
dopo averli presi analiticamente in esame, ha concluso che i medesimi fossero
concludenti ed univoci con motivazione congrua e logica che, in quanto
tale, si sottrae ad ogni censura in questa sede. Quanto, poi alla specifica
doglianza sulle dichiarazioni rese da persone che avrebbero dovuto essere
sentiti con l'assistenza di un difensore, va rilevato che:
- in realtà, i gravi indizi sono stati dedotti non solo dalle
suddette dichiarazioni ma anche dalle intercettazioni telefoniche;
- in ogni caso, com'è desumibile dalle dichiarazioni riportate
nell'impugnata ordinanza, le persone che le hanno rese non sono altro che
acquirenti di modiche quantità di sostanze stupefacenti, sicchè,
correttamente, sono stati sentiti come persone informate dei fatti: in
terminis SS.UU. 21832/2007, rv 236370.
Ad 2 (inesistenza del fatto reato): sul punto va osservato quanto segue:
- nei capi di imputazione sub G) ed H), come ha rilevato il Tribunale,
sono stati contestati fatti rientranti nella fattispecie del cd. consumo
di gruppo di sostanze stupefacenti; la questione, com'è noto, sotto
la previgente normativa, era stata risolta dalle SSUU le quali, con la
sentenza n. 4/1997 (rv. 208216) avevano stabilito che "Non sono punibili
- e rientrano pertanto nella sfera dell'illecito amministrativo di cui
al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 75 - l'acquisto e la detenzione
di sostanze stupefacenti destinate all'uso personale che avvengano sin
dall'inizio per conto e nell'interesse anche di soggetti diversi dall'agente,
quando è certa fin dall'inizio l'identità dei medesimi nonchè
manifesta la loro volontà di procurarsi le sostanze destinate al
proprio consumo". A tale conclusione le SSUU era pervenute osservando che
la omogeneità ideologica della condotta del procacciatore, rispetto
allo scopo degli altri componenti del gruppo, caratterizzava la detenzione
quale codetenzione ed impediva che il primo si ponesse in rapporto di estraneità
e quindi di diversità rispetto ai secondi, con conseguente impossibilità
di connotazione della sua condotta quale cessione; il problema si è
riproposto dopo la novella legislativa del 2006 (L. n. 49 del 2006) che,
nel modificare il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis ha stabilito
che è punito con le medesime pene di cui al comma 1 chiunque, senza
l'autorizzazione di cui all'art. 17, comunque illecitamente detiene sostanze
stupefacenti o psicotrope che "per quantità (...) ovvero per modalità
di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento
frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate
ad un uso non esclusivamente personale".
Parallelamente, il novellato art. 75 dispone che è punito con
delle semplice sanzioni amministrative chiunque "(....) comunque detiene
sostanze stupefacenti o psicotrope fuori dall'ipotesi di cui all'art. 73,
comma 1 bis (...)": il che significa che è soggetto alle sanzioni
amministrative solo colui che detiene sostanze stupefacenti o psicotrope
destinate ad un uso esclusivamente personale;
- ora, se si raffronta la suddetta normativa con quella previgente,
è facile avvedersi che, benchè l'uso personale di sostanze
stupefacenti sia rimasto pur sempre sanzionato solo amministrativamente,
due sono le novità: 1) innanzitutto, è mutata la struttura
normativa in quanto, mentre il previgente art. 75 disponeva che "chiunque
per farne un uso personale (...) comunque detiene sostanze stupefacenti
o psicotrope (...) è sottoposto alla sanzione amministrativa (....)",
ora, la non punibilità penale si desume dal combinato disposto del
novellato art. 73, comma 1 bis e art. 75 in base ai quali non è
punibile penalmente ma amministrativamente chiunque detenga sostanze stupefacenti
o psicotrope che, per quantità e modalità, appaiono destinate
ad un uso esclusivamente personale; 2) è mutata, però, anche
la struttura semantica della frase, perchè, nel novellato art. 73,
è stato introdotto l'avverbio "esclusivamente" che non esisteva
nel previgente art. 75;
- se, poi, si allarga lo sguardo alla novella nel suo complesso, è
di immediata evidenza la circostanza che il legislatore ha inteso reprimere
in modo più severo ogni attività connessa alla circolazione,
vendita e consumo di sostanze stupefacenti, tant'è che ha equiparato
ogni tipo di sostanza stupefacente, graduando diversamente il trattamento
sanzionatorio penale e prevedendo nuove misure repressive (cfr art. 75
bis);
- il mutato quadro legislativo, impone, pertanto, di ripensare il citato
consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi sotto il previgente
regime. Infatti, l'introduzione dell'avverbio "esclusivamente" assume un
significato particolarmente pregnante proprio sotto il profilo semantico
perchè una cosa è "l'uso personale" di sostanze stupefacenti,
altra e ben diversa cosa è "l'uso esclusivamente personale", frase
che, proprio in virtù dell'avverbio, non può che condurre
ad un'interpretazione più restrittiva rispetto a quella che, sotto
la previgente normativa, veniva data del sintagma "uso personale". In tale
ottica, è, quindi, del tutto evidente che non può più
farsi rientrare nell'ipotesi di consumo esclusivamente personale la fattispecie
del cd. uso di gruppo, all'interno della quale è inclusa sia l'ipotesi
in cui un gruppo di persone da mandato ad uno di loro di acquistare dello
stupefacente, sia l'altra ipotesi in cui l'intero gruppo procede all'acquisto
di stupefacente destinato ad essere consumato collettivamente. Infatti,
l'acquisto per il gruppo, presuppone, per assioma, l'acquisto di un quantitativo
di stupefacente che, per quantità e/o per modalità di presentazione,
appare, necessariamente destinato ad un uso non esclusivamente personale.
Se a ciò si aggiunge la ratio legis, ossia il chiaro intendimento
del legislatore di contrastare il fenomeno della diffusione della droga
con il rendere più difficile l'acquisto, la diffusione ed il consumo,
allora appare palese che l'area di esenzione penale, per motivi di politica
legislativa (individuabili nella cura e nel recupero del tossicodipendente,
obiettivo non realizzabile se fosse stato criminalizzato), non può
che essere circoscritta a quei limitati casi in cui, l'acquisto e la detenzione
siano finalizzati al solo esclusivo uso di colui che sia stato trovato
nel possesso di un minimo quantitativo di stupefacente. Restano, quindi,
esclusi dalla suddetta area, tutti i rimanenti casi, come appunto il consumo
di gruppo, in quanto le modalità di acquisto, non essendo esclusivamente
personali, servono a facilitate il consumo e la diffusione della droga,
ossia proprio ciò che la legge ha inteso vietare. In altri termini,
si può affermare che, a seguito della riforma, il baricentro della
normativa è stato spostato dal consumo personale (che veniva sanzionato
in via amministrativa a prescindere dal fatto se la detenzione fosse destinata
al singolo possessore o al gruppo) al consumatore nel senso che sfugge
alla sanzione penale solo colui il quale sia trovato nel possesso di un
quantitativo di stupefacente che appare destinato ad un uso "esclusivamente
personale" ossia ad essere consumato solo ed unicamente dallo stesso possessore;
- si può, quindi, enunciare il seguente principio di diritto:
"a seguito della novella introdotta dalla L. n. 49 del 2006, il cd.consumo
di gruppo di sostanze stupefacenti, nella duplice ipotesi del mandato all'acquisito
e/o dell'acquisto in comune, è ora sanzionato penalmente in quanto,
non essendo ipotizzatole un uso esclusivamente personale della sostanza
stupefacente, entrambe le suddette ipotesi sono sussumibili nella fattispecie
di cui all'art. 73, comma 1 bis, lett. a)".
Ad 3 (irretroattività della riforma): contrariamente a quanto
ritenuto dal ricorrente, tutti i fatti contestati rientrano nella nuova
normativa essendo stati consumati dopo l'entrata in vigore della novella.
Infatti, il Tribunale, avanti al quale la stessa eccezione era stata sollevata,
si è fatto carico della questione e l'ha disattesa in modo analitico,
indicando, per ogni capo di imputazione, gli indizi dai quali si desume
la data di commissione dei singoli reati (cfr pag. 5).
Ad 4 (reiterazione del reato): il Tribunale ha ampiamente spiegato
il motivo per cui ha ritenuto la sussistenza del pericolo di reiterazione
del reato (pag. 19). La motivazione, essendo accurata, logica e coerente
con gli evidenziati indizi, si sottrae ad ogni censura in questa sede di
legittimità. Le censure dedotte dal ricorrente (collaborazione -
incensuratezza - status personale) devono ritenersi irrilevanti in quanto
non sono idonee a scalfire la corretta motivazione del Tribunale, essendo
sufficiente osservare che se quelle condizioni non servirono ad impedirgli
di commettere i reati addebitatigli, non è chiaro il motivo per
cui dovrebbero ora trattenerlo dal reiterarli.
P.Q.M.
RIGETTA il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda ex art. 28 reg. esec. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2009
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