Aggiornamento - Penale

Cass. Pen., sez. I, 24 gennaio 2005 n. 1975, sulla successione delle leggi penali riguardanti l’esecuzione della pena

 

 

La sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Giorgio SANTACROCE - Presidente -
Dott. Umberto GIORDANO - Consigliere -
Dott. Emilio GIRONI - Consigliere -
Dott. Livio PEPINO - Consigliere -
Dott. Grazia CORRADINI - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) G. G. n. il X;
avverso ordinanza del 06/05/2004 Trib. Sorveglianza di Perugia;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Giordano Umberto;
lette le conclusioni del P.G. Dr. Mura che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

OSSERVA

Con ordinanza in data 6.5.2004 il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha respinto il reclamo avanzato ai sensi dell’art. 30-ter, comma 7, O.P. da G. G. – detenuto dal 3.3.1991 in espiazione di una pena di 23 anni di reclusione inflittagli con sentenza 31.3.1992 del locale Tribunale per sequestro di persona a scopo di estorsione e altri reati – avverso il provvedimento reiettivo di istanza di permesso premio emesso l’11.7.2003 dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto.
Il Tribunale di sorveglianza, preso atto dell’inesistenza di condotte collaborative del G. con la giustizia e che non si versava nelle ipotesi di collaborazione impossibile o inesigibile, ha ritenuto ostativo alla concessione del permesso il disposto dell’art. 4-bis, comma 1, primo periodo, O.P..
Contro questa pronuncia il difensore dell’interessato ha proposto ricorso per cassazione, integrato da memoria, con il quale deduce violazione di legge sull’assunto che l’art. 4-bis, comma 1, O.P., aggiunto dal D.lgs. n. 152 del 1991 e successivamente sostituito dal D.lgs. n. 306 del 1992 convertito dalla l. n. 356 del 1992 e ancora dalla l. n. 279 del 2002, non potrebbe trovare applicazione nei confronti di detenuti per reati commessi, come nel caso del suo assistito, anteriormente all’entrata in vigore del D.lgs. n. 306 del 1992 che ha escluso dal trattamento extracarcerario i condannati per il delitto di cui all’art. 630 c.p. che non collaborino con la giustizia.
La doglianza è priva di fondamento, e il gravame deve quindi essere rigettato con le conseguenze in ordine alle spese processuali previste dall’art. 616 c.p.p..
Il Tribunale di sorveglianza ha invero fatto corretta applicazione della costante giurisprudenza di questa Sezione (cfr., tra le molte, le sentenze 25.1.1994, Porcu, rv. 198314; 18.2.1993, Strangio, rv. 193657; 21.1.1997, Cerra, rv. 207344; 29.4.1997, P.M. in proc. Vetrice, rv. 207686; 17.11.1999, Brunello, rv. 215217) secondo cui l’applicazione di sopravvenute disposizioni più restrittive in tema di benefici penitenziari non dà luogo alla violazione del principio di irretroattività della legge penale, stabilito dall’art. 25 Costituzione e dall’art. 2 c.p., atteso che tale principio si riferisce unicamente alle norme penali sostanziali e non anche a quelle inerenti alle modalità di esecuzione della pena e all’applicazione dei suddetti benefici la cui disciplina resta affidata ai poteri discrezionali del legislatore ordinario.
Per escludere l’applicabilità, derivante dalla sua stessa natura, di una norma limitativa dell’accesso ai benefici penitenziari a chi sta espiando pene per fatti commessi anteriormente alla sua introduzione nell’ordinamento occorre dunque che il legislatore detti in tal senso disposizioni transitorie, come ha fatto con l’art. 4 della l. n. 279 del 2002 che ha esteso ad altri reati la disciplina di cui all’art. 4-bis O.P..
Proprio il carattere di disposizione transitoria di tale norma, rispondente a una specifica opzione di politica criminale, e la disomogeneità - espressamente riconosciuta dalla Corte costituzionale nell’ordinanza 108/04 - dell’intervento legislativo sull’art. 4-bis nel 2002 di attribuirle quella valenza di criterio interpretativo di carattere generale che secondo l’assunto del ricorrente dovrebbe indurre questa Corte a mutare il consolidato orientamento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17/12/2004.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 24 GENNAIO 2005