Aggiornamento - Penale


Cass. Pen., sez. I, 28 marzo-10 aprile 2006, n. 12638, sulla continuazione di reati di imputati in stato di tossicodipendenza ex legge . 21 febbraio 2006, n. 49

 Osserva

Con
ordinanza in data 12 luglio 2005 il giudice monocratico del Tribunale
di Asti, quale giudice dell’esecuzione, investito dalla richiesta di M.
C. G. di applicazione della disciplina del reato continuato in sede
esecutiva, ai sensi dell’articolo 671 Cpp, in relazione a sei sentenze
di condanna per reati contro il patrimonio commessi fra il 1999 e il
2003, in ordine ai quali il condannato aveva dedotto l’avere agito in
esecuzione di un medesimo disegno criminoso consistente nella necessità
di reperimento di denaro per il suo stato di tossicodipendente, ha
riconosciuto la continuazione limitatamente alle sentenze di condanna
del Gup di Asti del 9 novembre 2001 e del Tribunale di Alba del 18
marzo 2002 ed alle sentenze del Gup di Asti del 7 maggio 2002 e della
Corte di appello di Torino del 18 febbraio 2004, trattandosi, in tali
casi, di reati commessi a brevissima distanza temporale e con modalità
esecutive analoghe ed omogenee, respingendo invece l’istanza per le
altre sentenze di condanna. Ha ritenuto infatti trattarsi di tali casi
di attività delinquenziale protrattasi per lungo lasso di tempo, con
significativi intervalli intercorsi fra la commissione dei vari reati e
con il compimento di fattispecie di natura diversa commesse con
modalità differenti, escludendo in particolare che si potesse
individuare la unitarietà del disegno criminoso nello stato di
tossicodipendenza dal condannato.

Ha proposto ricorso per
cassazione la difesa del M. lamentando violazione di legge poichè la
attività delinquenziale appariva sostanzialmente ininterrotta mentre la
unitarietà del disegno criminoso doveva essere individuata nella
necessità da parte del condannato di reperire il denaro quale mezzo per
soddisfare i suoi bisogni di tossicodipendente.
Il Pg presso questa
Corte ha concluso per la inammissibilità del ricorso rilevando che la
serie di reati commessi dal condannato appariva il frutto di una scelta
di vita delinquenziale piuttosto che il frutto di un unitario disegno
criminoso.

Il provvedimento impugnato, laddove ha escluso che lo
stato di tossicodipendenza del condannato potesse avere rilievo ai fini
della individuazione della unitarietà del disegno criminoso, in
relazione alla applicazione dell’istituto del reato continuato invocato
dal ricorrente in sede esecutiva, era in effetti del tutto in linea con
una giurisprudenza da tempo consolidata di questa Corte per cui la
unitarietà del disegno criminoso, richiesta dall’articolo 81, comma 2
Cp, poteva essere ravvisata soltanto quando la decisione di commettere
i vari reati fosse stata presa dall’agente in un momento precedente la
consumazione del primo e fosse estesa a tutti gli altri, già
programmati nelle loro linee generali, non potendo quindi rientrare
nella previsione della norma in questione tutti quei fatti costituenti
reato posti rispetto al primo in un rapporto di occasionalità , ovvero
costituenti, con il primo, espressione di una abitualità o addirittura
di un costume di vita, come è proprio dei tossicodipendenti i quali
ricorrono abitualmente alle commissioni di reati per procurarsi i mezzi
occorrenti per soddisfare i loro bisogni quotidiani di sostanze
stupefacenti.

Si deve peraltro rilevare che è ora sopravvenuta la modificazione dell’articolo 671, comma 1 Cpp, per effetto dell’articolo 4vicies
della legge 49/2006, che ha convertito in legge con modificazioni il Dl
272/05, aggiungendo, infine, il seguente periodo: «Fra gli elementi che
incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è
la consumazione di più reati in relazione allo stato di
tossicodipendenza».

Tale disposizione, a norma dell’articolo 1,
comma 2, della legge di conversione citata, è entrata in vigore il
giorno successivo alla pubblicazione della legge nella GU e cioè il 28
febbraio 2006, per cui si pone il problema che sia o meno applicabile
al presente procedimento.

Questo Collegio ritiene in primo luogo che lo ius superveniens,
in quanto relativo allo specifico punto della decisione impugnato dal
ricorrente, sia applicabile anche d’ufficio e che sia inoltre
immediatamente applicabile non solo ai procedimenti successivi alla
entrata in vigore della legge citata, ma anche ai procedimenti in
corso, quale quello in esame, qualora le censure portate all’esame
della Corte di legittimità attengano specificamente alla incidenza
dello stato di tossicodipendenza sulla disciplina del reato continuato.
L’istituto della continuazione infatti un istituto di diritto
sostanziale, come tale rientrante nella disciplina dell’articolo 2 del
Cp, per cui si applica la disposizione più favorevole al reo,
costituita chiaramente da quella introdotta dalla modifica legislativa
dell’articolo 671 Cpp che è diretta ad attenuare le conseguenze penali
della condotta sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, sotto tale
particolare aspetto ed anche con riguardo ad alcune misura alternative
alla detenzione specificamente previste in relazione a programmi
diretti a consentire il recupero di tossicodipendenti anche condannati
a pene medio-alte.

E’ vero che nel caso in esame si tratta di
disciplina della continuazione applicata in sede esecutiva e cioè
quando le condanne sono ormai definitive, perciò è stato lo stesso
legislatore a fare venire meno il mito della intangibilità del
giudicato attraverso la previsione dell’articolo 671 Cp in analogia a
quanto previsto per il caso di abolitio criminis, posto che,
una volta ammesso che la pena può essere rideterminata in sede
esecutiva per effetto della continuazione, non può negarsi natura
sostanziale all’istituto che lo autorizza anche al di fuori del
giudizio di cognizione.

Ciò posto, poichè la disposizione
sopravvenuta prevede che «fra gli elementi che incidono sulla
applicazione del reato continuato vi è la consumazione di più reato in
relazione allo stato di tossicodipendenza», è evidente che di tale
stato deve ora tenersi conto nella valutazione della sussistenza o meno
della unitarietà del disegno criminoso.

Occorre rilevare in
proposito che il legislatore non ha previsto che lo stato di
tossicodipendenza sia di per sè elemento decisivo ai fini della
valutazione della unitarietà del disegno criminoso, bensì soltanto che
tale stato deve essere valutato fra gli elementi che incidono sulla
applicazione della suddetta disciplina, per cui il fatto che la
ordinanza impugnata abbia rifiutato correttamente, in base alla
interpretazione consolidata della normativa vigente al momento in cui è
stato adottato il provvedimento di prendere in esame tale circostanza
impone l’annullamento del provvedimento impugnato, a norma
dell’articolo 623 Cpp, con rinvio allo stesso giudice il quale dovrà
riesaminare la istanza del condannato alla luce dello ius superveniens,
con libertà di giudizio in ordina alla incidenza dello stato di
tossicodipendenza sull’accertamento della unitarietà del disegno
criminoso nell’ambito del complesso di tutti gli altri elementi che ha
già esaminato e che la giurisprudenza ha individuato come sintomatici
della sussistenza della continuazione.

PQM

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Asti.

Roma il 28 marzo 2006

 



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