Cassazione civile, sez. III, Sentenza n. 1516 del 2 febbraio 2001,
sul danno morale del coniuge in caso di lesioni
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giorno 28 ottobre 1986, il notaio L. G., di 68 anni, mentre attraversava
le strisce pedonali,
lungo il viale della Libertà, in Palermo, era investito dall'alfetta
duemila, condotta dal
carabiniere S. V., riportando trauma cranico e lesioni.
L'esito del giudizio penale, con regiudicata, accertava la responsabilità
esclusiva del
conducente dell'auto.
Il notaio, e la di lui consorte, convivente, signora C. L., convenivano,
con citazione (del
5-2-1990) dinanzi al Tribunale di Palermo, il Ministero della difesa ed
il conducente dell'auto, e
ne chiedevano la condanna in solido al risarcimento dei danni:
a) personali e diretti, per il notaio, in relazione al danno biologico
ed ai consequenziali danni,
patrimoniale e morale. In particolare, il notaio deduceva di aver dovuto
interrompere la propria
attività lavorativa, di aver perduto ogni attività di relazione,
di aver riportato lesioni gravissime
con encefolalopatia traumatica costituente causa unica della insorgenza
di una sindrome
psichico organica deteriorativa con una fenomenologia neurologica e psichiatrica
che aveva
comportato un grave deterioramento della sfera intellettiva nonché
disturbi della sfera
emozionale.
b) danni personali deduceva anche la moglie convivente, di anni 63, di
ordine biologico,
patrimoniale (per il precoce pensionamento) e morale.
Istruita la causa del contraddittorio delle parti, con prove orali, documentali
e medico legali, il
Tribunale di Palermo, con sentenza del 25 novembre 1993 rigettò
le domande proposte dalla
C. e contenne la liquidazione del danno richiesto dal notaio, nella minore
misura di lire
252.714.744 (di cui lire 200 milioni già versate dall'Assicurazione
dell'auto) e di lire 8.600.000
per spese di consulenza.
La decisione era impugnata dai coniugi L., che ne chiedevano la riforma,
resisteva
1'Amministrazione, restava contumace il V.
Era disposto un supplemento di consulenza medico legale.
Con sentenza pubblicata il 14 luglio 1997 la Corte di appello di Palermo
così decideva:
- in parziale accoglimento del gravame di G. L.eleva la somma che il Ministero
della difesa e V.
S. sono stati condannati in solido a corrispondergli in lire 315.114.774,
comprensivo delle
somme già percepite dal L. e condanna gli appellati in solido a
rifondergli un terzo delle spese
di secondo grado, compensando tra le parti il resto;
- rigetta l'appello di R. C. L. e la condanna al pagamento delle spese
del grado sostenute dal
Ministero della difesa (v. amplius in dispositivo).
Contro la decisione ricorrono i coniugi L. deducendo dieci motivi di ricorso;
resiste il Ministero
della difesa. Non ha svolto difesa il V. Il L. ha prodotto memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento per il secondo ed il terzo motivo, deve
essere rigettato quanto
al primo, quarto, quinto e sesto motivo, assorbiti gli altri, per le seguenti
considerazioni.
Precede, secondo l'ordine logico, l'esame dei motivi che non meritano accoglimento.
A. Esame del primo, quarto, quinto e sesto motivo.
Nel primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art.99
c.p.c. (principio della
domanda) e dell'art. 112 cpc (corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato)
ed il vizio della
motivazione. Si assume che "la Corte di appello non ha nemmeno esaminato
la domanda degli
appellanti che venisse emessa una condanna in favore degli stessi in solido,
stante la
comunanza di vita e la natura dei danni (v. atto di appello primo motivo)."
In senso contrario si osserva che non sussiste alcuna solidarietà
attiva del danno dei
danneggiati, che non è danno comune, ma personale, iure proprio,
sicché la pretesa di
solidarietà attiva è stata implicitamente e correttamente
respinta dai giudici del merito.
Nel quarto motivo si deduce il vizio della motivazione su punto decisivo
della controversia,
deducendosi che il notaio, potendo lavorare sino al 75 anno di età,
avrebbe potuto beneficiare
dell'aumento delle tariffe, sicché sarebbe risultata congrua, per
ogni voce di danno (biologico,
morale e patrimoniale) la maggior somma di lire 650 milioni.
Il motivo non può essere accolto per la sua estrema genericità
e per la mancanza della critica
puntuale alle analitiche ed amplie motivazioni svolte dai giudici del merito
sulla entità e
consistenza del danno biologico (30%) e sul danno morale (considerato al
50% del danno
biologico) e sul danno patrimoniale da lucro cessante (ff.12 a 18 della
motivazione).
Difetta, dunque il requisito di specificità propria del motivo del
ricorso per cassazione, che è
critica di legittimità e non semplice enunciazione di una migliore
istanza di giustizia.
Nel quinto motivo (che è il primo secondo la sequenza logico giuridica,
ma che per ordine
espositivo segue la dislocazione del ricorrente) si deduce la violazione
del giudicato (art. 2909
c.c.) ed il vizio della motivazione sul punto. La tesi è che i criteri
di liquidazione adottati dal
Tribunale non erano stati impugnati dai danneggianti e dal Ministero della
Difesa; quindi il
giudice di appello non poteva, nel riliquidare i danni, ridurli ulteriormente,
ma doveva te ner
conto del fatto che il notaio poteva lavorare ancora per sette anni, e
tale circostanza
accresceva "a monte" tutte le voci di danno.
Il motivo presenta un profilo di inammissibilità poiché non
contiene la individuazione dei criteri
adottati dai giudici di primo grado (e sui quali invoca il giudicato interno)
e dunque non
consente di comprendere le ragioni della "riduzione della liquidazione"
essendo generico il
riferimento alla semplice possibilità di una maggior durata dell'attività
produttiva. Per
completezza si aggiunge che il motivo è infondato anche nel merito,
posto che (ff.5 della
motivazione) la Corte ha considerato espressamente tale tesi, limitando
il giudicato al solo
accertamento della responsabilità del conducente dell'auto, e considerando,
invece, l'effetto
devolutivo pieno dell'appello in ordine alla esatta determinazione del
"quantum". La Corte,
inoltre, non riduce la liquidazione, ma aggiunge, nei limiti del provato,
un maggior danno,
spiegando diffusamente le ragioni del perché il notaio avrebbe potuto
lavorare sino al 73°
anno di età e non oltre.
Non sussiste dunque alcuna violazione di un giudicato interno e neppure
alcun vizio di
motivazione, essendo la stessa analitica ed esauriente.
Con il sesto motivo si deduce l'omesso esame di un punto decisivo ed il
difetto di motivazione;
sulla ridotta valutazione del danno morale, in relazione al termine "lieve
entità" che il CTU in
presenza di un trauma encefalico che precede la sindrome, avrebbe erroneamente
considerato.
In senso contrario si osserva come il danno morale (ff. 21 della motivazione)sia
stato
equitativamente valutato nella misura di oltre 60 milioni, superiore al
50% del danno biologico,
e che tale liquidazione equitativa, non viene sostanzialmente censurata,
essendo irrilevante il
riferimento alla valutazione del consulente d'ufficio, ed avendo, invece,
i giudici del merito
considerato le varie circostanze (sofferenze fisiche e morali) secondo
la gravità delle lesioni
psicofisiche.
Per le esposte considerazioni i suddetti motivi di ricorso non possono
trovare accoglimento.
B. Esame dei motivi che meritano accoglimento.
(secondo e terzo motivo)
Nel secondo motivo la moglie del danneggiato R. C. deduce iure proprio
la violazione e falsa
applicazione degli articoli 2056 e 1223 c.c. ed il vizio della motivazione
con riferimento alla
mancata liquidazione del proprio danno patrimoniale da lucro cessante.
Assume la ricorrente che il ritiro dalla attività di insegnamento
per la doverosa assistenza al
marito, era conseguenza diretta della gravità delle lesioni subite
dal marito ed al progressivo
aggravamento della sua salute. Erroneamente la Corte d'appello aveva escluso
tale danno
con riferimento al principio della regolarità causale (ff.23 e 24
della motivazione).
La censura merita accoglimento. Ed in vero il danno subito dalla moglie
della vittima primaria,
che rinunci per solidarietà familiare ad una propria attività
lavorativa (insegnamento) per
dedicarsi al soccorso del proprio marito, è un danno riflesso o
di rimbalzo rispetto alla vittima
primaria (secondo l'originaria intuizione della giurisprudenza francese),
ma è un danno diretto,
sia pure di natura consequenziale, per la vittima secondaria, che lo subisce
come
conseguenza rispetto al medesimo evento, subendo l'ingiusta menomazione
della propria
sfera "patrimoniale".
Il nesso di causalità, rispetto alla condotta imputabile, si pone
non in termini di causalità
materiale, ma di causalità giuridica, secondo l'id quod plerumque
accidit (art. 1223 c.c.), posto
che il conducente dell'auto che quindi spericolatamente o imprudentemente,
ben può
prevedere che la vittima sia un padre o una madre di famiglia, e che dunque
le conseguenze
dell'evento possano essere plurioffensive.
E' il cd. principio della colpa cosciente, ben noto alla dottrina penale,
ma che bene si adatta
alla identificazione della colpa civile, essendo questa inerente al medesimo
illecito, che viene
ora in rilievo come l'illecito civile descritto nella clausola generale
dell'art. 2043 c.c.
Si aggiunge che per il danno da lucro cessante è lo stesso legislatore
che prevede il criterio
dell'equità circostanziata (art. 2056 secondo comma) proprio per
temperare il rigore della
prova del quantum debeatur.
Nel terzo motivo si deduce, sempre da parte della C., la violazione dell'art.
2059 c.c. ed il vizio
della motivazione sul punto della esclusione del danno morale riflesso.
L'argomento è tratto sulla base del precedente costituito dalla
sentenza de]la Corte
Costituzionale n. 372 del 1994 e dei precedenti di questa Corte, ma anteriori
alla innovativa
sentenza di questa Corte (Cass. 23 aprile 1998 n. 4186) che invece ha riconosciuto
la
legittimazione ad agire dei congiunti e grave della salute del proprio
parente (padre, figlio,
altro parente convivente etc.).
Questa Corte condivide l'orientamento evolutivo, proprio nella considerazione
peraltro
sottolineata dalla stessa Consulta) che anche il danno morale debba essere
"costituzionalizzato" e cioè "conformato" ai valori che la Costituzione
arreca alla persona
umana, come diritti umani inviolabili che arricchiscono la sua dignità.
Condivide inoltre l'argomento sistematico (enunciato nella sentenza citata)
che considera
inconsistente il tradizionale argomento dell'ostacolo costituito dall'art.
1223 c.c.(argomento
della causalità diretta ed immediata), in quanto il danno morale
in favore dei congiunti trova
causa efficiente nel fatto del terzo, sicché il criterio di imputazione
concerne la colpa e la
regolarità causale, in quanto sono considerati risarcibili i danni
che rientrano nelle
conseguenze ordinarie e normali del fatto.
Si aggiunge, come contributo alla chiarificazione della problematica, che
appare fuorviante
parlare di danno riflesso o di rimbalzo, proprio perché lo stretto
congiunto, convivente e/o
solidale (per la doverosa assistenza) con la vittima primaria, riceve immediatamente
un danno
consequenziale, di varia natura (biologico, anche se può essere
di ordine psichico/morale,
patrimoniale, e secondo recente dottrina e giurisprudenza, anche esistenziale)
che lo legittima
iure proprio ad agire contro il responsabile dell'evento lesivo.
In relazione a tale danno (qui, nella specie, danno morale), siamo certamente
in presenza di
un "fatto reato" plurioffensivo, e dunque non sussiste alcuna preclusione
ai sensi dell'art. 195
c.p. correlato all'art. 2059 del codice civile.
Restano pertanto superati i contrari arresti e de iure condendo gli stessi
disegni di legge
governativa (che peraltro dichiarano di ispirarsi alla Direttiva del Consiglio
di Europa n. 75 del
1985) recano la consapevolezza di regolare diversamente la disciplina dell'art.
2059 c.c.,
escludendo la stretta delimitazione al cd. danno morale da reato.
Quanto poi alla frattura, posta dell'interpretazione della Corte Costituzionale,
nella più volte
citata sentenza del 1994 n. 374 all'unitarietà del danno biologico,
nel senso di una
collocazione del danno psichico nell'ambito dell'art. 2059 c.c., si osserva
che tale frattura è
ormai legislativamente composta dalla recente legge di riforma, dell'INAIL
(che anticipa altre
riforme organiche del danno alla salute (D. Legs. 23 febbraio 2000 n. 38
art. 13) la quale
considera unitariamente sotto unico genus la categoria del danno biologico,
con riguardo alla
sua natura non patrimoniale, ma nell'ambito del principio del "neminem
laedere"
Cade dunque il possibile riferimento ermeneutico al precedente della Consulta,
e la
problematica del danno ai congiunti della vittima primaria deve considerarsi
in relazione a
questa nuova prospettiva interpretativa, nel quadro della clausola generale
dell'art. 2043 del
codice civile.
Per le esposte considerazioni anche il terzo motivo merita accoglimento
ed il giudice del rinvio,
nel considerare la sussistenza dell'an debeatur sulla base della gravità
delle conseguenze
nella sfera della persona della moglie, per il quantum potrà decidere
equitativamente,
secondo un criterio di equità circostanziata.
C. Assorbimento di altri motivi.
Restano assorbiti l'ottavo, il nono ed il decimo motivo, mentre è
inesistente il settimo motivo.
Nell'ottavo motivo si deduce (da parte di entrambi i ricorrenti) il vizio
della motivazione sul
computo della rivalutazione e degli interessi sulle somme liquidate, e
ciò con riguardo ai criteri
dati dalle SU nella sentenza 1712/95. Il motivo è inammissibile
difetto di specificità, ma resta
assorbito, per la posizione della C., in relazione alla necessaria rideterminazione
delle voci di
danno.
Nel nono motivo si chiede la riliquidazione delle spese processuali.
Tale motivo resta assorbito dall'accoglimento parziale del ricorso, che
determina il rinvio anche
per tali voci e per quelle di questo grado.
Nel decimo motivo si deduce extra petizione e vizio della motivazione per
le spese poste la C.
Su tale questione provvederà giudice del rinvio per effetto della
rivalutazione della posizione
della C. quale danneggiata.
L'accoglimento del secondo e del terzo termina cassazione con rinvio ad
altra sezione della
Corte di appello di Palermo, che provvederà, anche in ordine alle
spese di questo giudizio di
cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo, il
quarto il quinto ed il sesto
motivo, assorbiti gli altri cassa in relazione e rinvia anche per le spese
ad altra sezione della
corte di appello di Palermo.
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