Aggiornamento - Civile

Cass. Civ., Sez. III, sent. 3 febbraio 2004 n. 1940 sulla nullità del contratto di vendita di beni pubblici gravati da uso civico

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Rosa Vaccaro, quale erede di Salvatore Vaccaro, conveniva dinanzi al Pretore di Cefalù Carmela Dolce intimando allo stesso, sfratto per morosità in ordine ad un terreno e chiedendo la convalida dell'intimazione con emissione di ingiunzione per i canoni. Il Dolce contestava la domanda, deducendo che mancava la prova della titolarità del rapporto iure successionis da parte della Vaccaro, che Salvatore Vaccaro non aveva mai posseduto le particelle oggetto di causa, che il rapporto di locazione era cessato e che il terreno era stato ceduto in comodato alla Turist Beach. Rigettata la convalida e disposto il mutamento del rito, veniva chiamata in causa la Turist Beach S.r.l.. Quest'ultima costituitasi chiedeva il rigetto delle domande, esponendo di aver concluso con Salvatore Vaccaro un contratto di comodato e contestando, fra l'altro, la pretesa di Rosa Vaccaro, anche in considerazione della natura del bene destinato ad uso civico.
Il Pretore respingeva la domanda.
Proposto appello, il Tribunale di Termini Imerese lo accoglieva, dichiarando: la simulazione relativa del contratto di comodato concluso il 18 giugno 1992 tra Bartolomeo Dolce, Salvatore Vaccaro e Carmelo Vazzana, dissimulante una locazione nulla per illiceità dell'oggetto; la nullità dello stesso contratto di comodato per illiceità dell'oggetto; la nullità del contratto di locazione del 16 marzo 1987, intercorso tra Salvatore Vaccaro e Carmelo Dolce. Disponeva inoltre il rilascio del fondo da parte della Turist beach S.r.l. e rigettava la domanda di pagamento dei canoni, compensando le spese di entrambi i gradi.
Avverso questa sentenza la Turist Beach propone ricorso per cassazione affidato a dieci motivi. Rosa Vaccaro resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale articolato in quattro motivi. Carmelo Dolce propone ricorso incidentale, svolgendo sei motivi, al quale resiste Rosa Vaccaro. Il Dolce e la Turist Beach S.r.l. hanno depositato memoria. All'udienza dell'11 novembre 2002 la Corte ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Carmelo Dolce, in relazione al ricorso incidentale proposto da Rosa Vaccaro. Dopo l'adempimento, il ricorso è stato chiamato all'udienza del 17 giugno 2003. Rosa Vaccaro ha depositato memoria nella quale si dà atto della nomina del nuovo difensore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale e quelli incidentali vanno riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c..
2. La società ricorrente con il primo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 26 della legge n. 1766 del 1927. Secondo quanto dedotto, la sentenza che porrà fine alla lite, avuto riguardo all'ampliamento del tema di indagine da parte del giudice di secondo grado, statuirà circa il diritto all'occupazione o alla detenzione del fondo in capo alla Vaccaro, alla Turist Beach o al Dolce, non solo in una prospettiva inter partes, ma anche nei confronti del Comune di Campofelice. La sentenza individuerà la controparte contrattuale del Comune, che doveva dunque partecipare al giudizio quale litisconsortile necessario, tanto più che considerato il suo interesse alla valutazione e all'apprezzamento della controparte contrattuale. Inoltre, la necessità di integrare il contraddittorio anche nei confronti del Comune di Campofelice di Roccella discenderebbe, in via più generale, dall'applicazione analogica delle norme e dei principi che regolano i contratti di subaffitta e di sublocazione. L'esistenza della concessione tra il Comune e il presunto dante causa della sig.ra Vaccaro comporta infatti che ogni discorso sulla esistenza, validità, efficacia, durata del rapporto tra il concessionario originario e il nuovo utilizzatore non possa che avvenire alla presenza del vero titolare del bene, originario concedente e, cioè, il Comune.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata nel tracciare gli elementi che caratterizzano la controversia ha esposto che originariamente Giovanni Vaccaro, padre di Rosa e Salvatore Vaccaro, era occupante abusivo del terreno oggetto di causa. Successivamente, con atto del 20 novembre 1952, il Comune di Campofelice di Roccella aveva concesso in affitto il predetto terreno a Giovanni Vaccaro, in attesa dei provvedimenti definitivi di ripartizione, con la previsione, in applicazione della finalità relativa alla destinazione di terreno ad uso civico, del divieto di subaffittare. Alla morte di Giovanni Vaccaro erano subentrati nel rapporto di affitto con il Comune i figli. In data 16 marzo 1987, Salvatore Vaccaro aveva disposto del bene con un contratto di subaffitto concluso con Carmelo Dolce. Quindi sempre Salvatore Vaccaro, in data 18 giugno 1992, aveva sottoscritto scrittura di comodato del bene con la Turist Beach S.r.l., onde consentire alla stessa di impiantare sul terreno una struttura geodetica.
Questi sembrano essere, nell'ottica della ricorrente, i profili che avrebbero ampliato il thema decidendum e determinato la necessità di integrare il contraddittorio con il comune. Più specificamente la società ricorrente deduce che il Tribunale, nel considerare la questione della legittimazione attiva della Vaccaro, era entrata nel merito dell'effettiva titolarità del diritto al godimento del bene, in tal modo coinvolgendo lo stesso Comune di Campofelice. Il motivo è infondato.
Il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, quando la situazione sostanziale dedotta in giudizio deve essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di ogni soggetto che ne sia partecipe onde non privare la decisione dell'utilità connessa all'esperimento dell'azione proposta, indipendentemente dalla natura del provvedimento richiesto (v. per es. Cass. 17 novembre 1996, n. 11550). L'accertamento, poi, circa la sussistenza del litisconsorzio va effettuato sulla base del petitum, cioè in base al risultato perseguito in giudizio dall'attore.
Nel caso di specie si controverte - secondo la ricostruzione risultante dalla sentenza impugnata e sopra riassunta - in ordine all'esistenza, validità e risoluzione di contratti di locazione (o subaffitto) e di comodato di un fondo di destinazione ad uso civico e concesso in affitto dal Comune. Questi contratti sono stati conclusi con terzi dall'affittuario del fondo stesso, che con l'azione intende ottenere il rilascio del bene e il pagamento del canone non pagato.
I rapporti in contestazione sono dunque unicamente quelli tra l'affittuario - che assume la veste di locatore (o subaffittante) e comodante -, da un lato, e il locatario (subaffittuario) e il comodatario, dall'altro. L'originario contratto di affitto con il Comune viene considerato nella sentenza impugnata unicamente (e ovviamente incidentalmente) al fine di fondare, unitamente ad altri elementi, la legittimazione dell'attrice Rosa Vaccaro. Non é esatto dunque quanto deducono i ricorrenti Dolce e Turist Beach S.r.l. che la sentenza individuerà la controparte del Comune, cosicché ogni decisione deve essere assunta in contraddittorio con l'ente pubblico. La sentenza riguarda unicamente i rapporti tra le parti in causa e, in particolare, l'esistenza, la validità e la risoluzione di contratti tra loro conclusi, ai quali il Comune è estraneo. L'integrazione del contraddittorio nel caso di specie avrebbe semmai l'effetto - non coerente con la lettera e la ratio dell'art. 102 c.p.c. - di ampliare il contraddittorio a rapporti diversi da quelli in causa.
La conclusione raggiunta trova conferma nel principio, enunciato da questa Corte nel giudicare in tema di giurisdizione, secondo cui sulla domanda di rilascio di un terreno di uso civico fondata sulla dedotta nullità di un rapporto privatistico avente ad oggetto il trasferimento di quel bene, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e non al commissario per la liquidazione degli usi civici, perché la tutela invocata mira esclusivamente ad assicurare il ripristino della situazione di fatto anteriore, senza alcun pregiudizio delle pretese delle parti nei confronti dell'ente titolare del demanio civico (Cass. S.U. 26 aprile 1993, n. 4901; Cass. S.U. 12 dicembre 1988, n. 6763).
3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione del sistema predisposto dagli art. 214 e 215 c.p.c. in tema di disconoscimento di scrittura privata e dall'art. 216 c.p.c. in relazione al mancato procedimento di verificazione, e pure violazione e falsa applicazione delle regole imposte dall'art. 75 e segg. c.p.c., in tema di legittimazione ad agire, in relazione, in modo particolare, all'art. 81 c.p.c., e all'esame pregiudiziale, da parte del giudice, della legitimatio ad causam, delle parti, con riferimento all'art. 360 c.p.c. n. 3, per violazione di legge, e n. 5 per omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia rilevabile d'ufficio». Più specificamente la ricorrente osserva che nel giudizio pretorile aveva disconosciuto la sottoscrizione di Salvatore Vaccara nel testamento olografo presentato dalla asserita erede Rosa Vaccaro a fondamento della sua legittimazione a proporre la domanda. La stessa Vaccaro, tramite il suo difensore, dopo avere contestato il potere della Turist Beach S.r.l. ad effettuare il disconoscimento, aveva chiesto la verifica della autenticità della sottoscrizione apposta alla scheda testamentaria. Tale richiesta di verifica non aveva avuto alcun seguito. Era dunque preclusa la possibilità di utilizzare la scrittura privata stessa, o comunque di prenderla in esame, cosicché Rosa Vaccaro mancava di legitimatio ad causam; e tale mancanza era rilevabile d'ufficio dal giudice d'appello.
Il motivo è inammissibile.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio. (Cass. 9 gennaio 2002, n. 194; v. pure Cass. 21 giugno 2002, n. 9097; Cass. 24 febbraio 2000, n. 2088).
Nel giudizio d'appello non è stata in alcun modo trattata la questione del disconoscimento della scrittura e della verificazione della scrittura disconosciuta. L'argomento non può dunque trovare ingresso nel giudizio di cassazione. Non rileva che il tema sarebbe stato evocato dinanzi al Pretore che avrebbe omesso di pronunziare. L'eccezione di disconoscimento non risulta infatti riproposta in appello, cosicché trova applicazione la presunzione di rinunzia di cui all'art. 346 c.p.c..
4. Con il terzo motivo la società ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione dell'art. 183 c.p.c., commi 4 e 5, e delle regole che disciplinano la mutatio libelli, in relazione all'art. 447 bis c.p.c.». Con l'introduzione nel procedimento di sfratto di una pluralità di domande radicalmente nuove erano state violate le disposizioni inderogabili dettate dal nostro sistema processual-civilistico in tema di mutamento della domanda. Correttamente dunque il Pretore di Cefalù aveva negato l'ammissibilità delle domande introdotte dalla Vaccaro con la cosiddetta memoria integrativa in primo grado. Né era di un qualche rilievo la circostanza, affermata nella sentenza impugnata, che tutti i nuovi argomenti avevano come unico fine la pretesa originaria, e cioè il rilascio del bene, avendo la parte introdotto nel processo un tema di indagine completamente nuovo.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha costantemente affermato che il ricorso per cassazione - in ragione del principio di cosiddetta autosufficienza dello stesso - deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per le quali si chiede la cassazione della sentenza di merito, ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso (v. per es. Cass. 5 settembre 2002, n. 12905). Nel motivo non si specifica quale sarebbero le domande nuove, con ciò violando il principio indicato. Si dice unicamente che sarebbe diverso il petitum «riferito addirittura ad un terreno diverso da quello indicato e descritto nell'atto di sfratto per morosità», ma senza specificare in cosa consisterebbe la diversità e, dunque, la novità.
5. Con il quarto motivo la società ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato - Violazione e falsa applicazione dell'art. 115 e 115 c.p.c. in ordine al principio della disponibilità delle prove e al prudente apprezzamento e valutazione delle stesse da parte del giudice, nonché la violazione delle regole del contraddittorio». Il giudice di merito aveva posto a fondamento della decisione fatti diversi rispetto a quelli enunciati a sostegno della pretesa. In particolare, era stata posta a sostegno della pronunzia in tema di legittimazione attiva della Vaccaro il contratto stipulato con il Comune di Campofelice nell'anno 1952 da un certo Giovanni Vaccaro, che si afferma essere padre dell'attrice e di quel Salvatore Vaccaro cui l'attrice sarebbe succeduta, senza tuttavia che questo contratto fosse posto a fondamento della pretesa svolta dalla Vaccaro. Inoltre, il giudice aveva individuato un rapporto di successione tra Giovanni Vaccaro e Rosa Vaccaro che quest'ultima non aveva mai dedotto e mai provato.
Il motivo è privo di fondamento sia con riferimento alla violazione di legge che al vizio di motivazione. Nella sentenza impugnata si afferma che la Vaccaro era titolare del diritto al possesso del fondo «quale erede del Vaccaro Giovanni e del Vaccaro Salvatore nel contratto d'affitto intercorso tra lo stesso e il comune di Campofelice di Roccella». Fermo restando dunque che l'attrice era erede del fratello Salvatore, il Tribunale ha ritenuto di motivare anche in ordine ad un rapporto di successione con il padre Giovanni. Questa ricostruzione, effettuata sulla base del materiale in atti, è servita nelle intenzioni del Tribunale per qualificare il possesso in capo a Rosa Vaccaro e da ciò trarne ulteriori conclusioni in ordine alla legittimazione. La qualificazione del possesso poteva essere compiuta dal Tribunale d'ufficio, cosicché non vi alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c..
In ogni caso, la qualificazione del possesso e la affermata qualità di erede del padre Giovanni ritenuta dal Tribunale per dimostrare ulteriormente la legittimazione della Vaccaro risulta effettuata ad abundantiam, senza efficienza causale sulla decisione. E' infatti sufficiente a fondare la legittimazione ad agire in giudizio di Rosa Vaccaro la successione dal fratello Salvatore, poiché l'erede succede nei contratti conclusi dal suo dante causa. In altri termini non è dubitabile che la Vaccaro, per il solo fatto di essere erede del fratello Salvatore che aveva concluso i contratti di cui è causa, abbia per ciò solo la qualità per agire in giudizio per la esecuzione o la risoluzione di quei contratti, diverso essendo il profilo dell'essere parte del contratto di affitto stipulato a suo tempo dal padre con il Comune di Campofelice di Roccella.
Nello motivo si deduce ulteriormente che «non figura da alcun atto o documento prodotto ex adverso che sussista identità tra il fondo a suo tempo concesso in affitto dal Comune a tale Vaccaro Giovanni e quello occupato abusivamente da Vaccaro Salvatore, oggetto di uso civico, e quello oggetto del contratto di locazione del 16 marzo 1987, e quello oggetto, da ultimo, del contratto di comodato». Questo profilo non è però rilevante, per la ragione sopra indicata, così come non rileva la questione della prova della successione tra Giovanni e Rosa Vaccara.
6. Con il quinto motivo la Turist beach S.r.l. deduce la «violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203 e dell'art. 2 della legge n. 244 del 1957, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. anche per omessa istruttoria e n. 5 per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia rilevabile d'ufficio». In particolare sostiene la ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto comunque negare la legittimazione della Vaccaro, in quanto si sarebbe dovuto fare applicazione delle norme che disciplinano i contratti di affitto di fondo rustico. In applicazione di queste norme, l'attrice non avrebbe mai avuto la titolarità del contratto di affitto del fondo in oggetto, in quanto nella posizione contrattuale del fratello Salvatore nei confronti del Comune era subentrato per effetto del contratto di subaffitto Carmelo Dolce. Ciò perché non avendo il Comune locatore del fondo fatto valere la nullità del subaffitto, a norma dell'art. 21 della legge n. 203 del 1982, il subaffittuario era subentrato nella posizione giuridica dell'affittuario.
Il motivo è inammissibile.
Come si è già detto, nel giudizio di legittimità non è consentita la prospettazione di nuove questioni di diritto e di temi di contestazione diversi da quelli proposti nel giudizio di merito. La doglianza sopra riassunta è inammissibile in quanto la società ricorrente prospetta questioni del tutto nuove non dibattute nei precedendi gradi di giudizio.
Nello stesso motivo la ricorrente lamenta che Rosa Vaccaro non poteva succedere nel contratto d'affitto con il Comune non possedendo la qualifica di coltivatore diretto.
Anche questo profilo è inammissibile in quanto ha carattere di novità rispetto alle precedenti deduzioni e comunque confonde la questione della legittimazione ad agire in giudizio per la risoluzione o l'esecuzione dei contratti conclusi dal proprio dante causa, con la titolarità del rapporto originario tra Salvatore Vaccaro e il Comune di Campofelice di Roccella, rapporto per quanto si é detto estraneo alla causa.
E' opportuno anche rilevare che la ricorrente nel motivo, come anche in altri che saranno successivamente trattati, tende a contestare la legittimazione ad agire della Vaccaro facendo valere l'inesistenza di un rapporto contrattuale di questa con il Comune o, comunque, l'inesistenza di un diritto [o possesso] sul fondo. Ma, come questa Corte ha più volte affermato, il convenuto in
giudizio dal locatore (o dal comodante) per la restituzione dell'immobile locato a suo tempo trasferito al conduttore (o data in comodato) non può, avvalendosi di un'eccezione de iure tertii, contestare la legittimazione dell'attore, allegando che questi non avrebbe la titolarità di un diritto reale sul bene (Cass. 10 dicembre 1979, n. 5413) o che avrebbe trasferito ad altri la proprietà del bene (Cass. 14 aprile 1983, n. 2620) o avrebbe perduto la disponibilità del bene stesso (Cass. 14 gennaio 1974, n. 112, in un caso in cui l'eccezione era fondata sulla perdita della disponibilità dell'immobile a seguito della revoca dell'assegnazione fatta dalla P.A.; Cass. 20 aprile 1995, n. 4477).
7. Con il sesto motivo la società ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione degli art. 1343, 1418 e 1421 c.c., con riferimento in particolare al principio della rilevabilità d'ufficio della nullità in relazione al principio della domanda di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione sotto ulteriore profilo degli artt. 1343, 1418 e 1421 cc. con riferimento all'art. 21 legge n. 203 del 1982 in combinato disposto con gli artt. 9, 11 e 13 della legge n. 1766 del 1927. Tutto in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3». La ricorrente richiamati i limiti alla rilevabilità d'ufficio della nullità, lamenta che la sentenza aveva dichiarato la nullità del contratto di locazione senza un'espressa richiesta in tal senso da parte della Vaccaro che anzi aveva chiesto la risoluzione per inadempimento del contratto in questione.
Il motivo é inammissibile.
La ricorrente manca infatti dell'interesse ad agire per ciò che concerne il contratto di locazione che, per essere stato concluso da Carmelo Dolce, costituisce per la società res inter alios acta.
8. Con il settimo motivo la società ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione degli artt., 1, 2, 4, e 53 della legge 3 maggio 1982 n. 203 - Violazione e falsa applicazione del principio che vieta la rinnovazione tacita dei contratti della p.a. e piú in generale delle regole della contabilità pubblica, in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3». La qualificazione in termini privatistici del contratto di affitto fra Giovanni Vaccaro e il Comune di Campofelice di Roccella, operata dal Tribunale comportava fra le altre conseguenze che la durata del contratto era regolata dalla legge n. 203 del 1982. In applicazione della legge indicata il contratto era scaduto e, trattandosi di contratto concluso da un ente pubblico, non poteva applicarsi la rinnovazione tacita del contratto. Per tale ragione mancava in capo alla Vaccaro la titolarità del rapporto che aveva legato l'originarlo affittuario del bene in questione e, quindi, la legittimazione attiva nel giudizio.
9. Con l'ottavo motivo la ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione del sistema predisposto dalla l. 16 giugno 1927 n. 1756, circa la disciplina di usi civici, anche con riferimento all'art. 1140». Secondo quanto esposto era principio pacifico che la titolarità del diritto fatto valere uti civis non si trasmette agli eredi. Quindi la Vaccaro non era in alcun modo legittimata alla restituzione dello stesso. Essa peraltro non aveva ereditato la qualifica di occupatore abusivo, che magari aveva posseduto il fratello Salvatore, perché quest'ultimo si era volontariamente spogliato di tale qualifica avendo deliberatamente dismesso ogni rapporto reale ed effettivo col bene e avendo immesso nel diritto di uso e di occupazione soggetti terzi.
Anche questi motivi sono privi di fondamento. E lo sono per le ragioni già esposte in occasione della trattazione del secondo e del quinto motivo, essendo per un verso estraneo al thema decidendum la questione del contratto di affitto con il Comune, per altro verso non potendo utilmente eccepire il comodatario (o il conduttore) la mancanza di titolo sul bene del locatore che ha trasferito il bene e concluso il contratto, per altro verso ancora essendo la legittimazione della Vaccaro conseguente alla successione nel contratto di comodato concluso dal suo dante causa Salvatore Vaccaro. E' ovvio, poi, che rimane impregiudicata la questione della sussistenza o meno di una situazione giuridica sul terreno in questione da parte della Vaccaro nei confronti del Comune, che non riguarda questa causa.
10. Con il nono motivo la Turist Beach S.r.l. deduce la «violazione e falsa applicazione degli artt. 1417, 2722, 2724 e 2729 c.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 184 c.p.c.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e rilevabile d'ufficio». Lamenta in sostanza che il Tribunale aveva dichiarato la simulazione del contratto di comodato, consentendo sul punto illegittimamente la prova per testimoni.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il contratto di comodato era simulato e dissimulava un contratto di locazione nullo per violazione di legge. Nella stessa sentenza, poi, il Tribunale ha anche dichiarato la nullità dello stesso contratto di comodato per illiceità dell'oggetto.
Prescindendo dalla singolarità della duplice statuizione del Tribunale, appare tuttavia evidente che essendo stato considerato nullo il contratto di comodato per illiceità dell'oggetto era del tutto irrilevante, statuire poi sulla simulazione e sull'esistenza di un contratto di locazione dissimulato peraltro anch'esso nullo.
11. Con il decimo motivo la Turist Beach S.r.l. lamenta la «violazione e falsa applicazione dell'art. 1345 cod. civ. anche in relazione al sistema che disciplina gli usi civici e pure i vincoli paesaggistici d'insieme (c.d. legge Galasso) oltre che per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e rilevabile d'ufficio». Il giudice di appello aveva dichiarato la nullità del contratto di comodato per illiceità del suo oggetto. Ciò aveva ritenuto poiché il terreno si caratterizzava per la sua destinazione ad uso civico, e dunque per consentire l'attività tipica conseguente a tale destinazione, la coltivazione agricola. Inoltre perché la finalità prevista, ovvero la realizzazione e gestione sul detto terreno di una struttura geodetica aperta al pubblico e caratterizzata dalla presenza di strutture fisse allo Scopo di rendere accessibile tale struttura, si presentava assolutamente incompatibile con la destinazione ed i vincoli ricadenti sul bene stesso. Ciò premesso la ricorrente contesta entrambe le rationes decidendi poste a base della dichiarazione di nullità. La c.d. legge Galasso imporrebbe infatti solo dei vincoli di inedificabilità relativi (rimuovibili perciò in ogni tempo con il nulla osta della Soprintendenza competente), con la conseguenza che l'idea di realizzazione e di mantenimento di una struttura geodetica, per giunta di natura precaria (e autorizzata) non rende di per sé illecito l'oggetto né i motivi. Inoltre, per ciò che concerne i terreni destinati a uso civico, gli stessi non sono vincolati in forme irreversibili alla coltivazione originaria.
Soprattutto i terreni che appartengono alla categoria b), di cui all'art. 11 della legge n. 1766 del 1927 («terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria»), poiché l'istituto della legittimazione è esteso, nella prassi, anche alle trasformazioni non agricole, purché per finalità di pubblico interesse, quale certamente si appalesa la valorizzazione in senso turistico-ricettivo di una zona prossima al litorale marino. Inoltre, l'art. 26, comma 1, della L.R. n. 10 del 1999 prevede che nella regione siciliana le legittimazioni delle occupazioni di terre di uso civico possono effettuarsi anche su terre che abbiano perduto, per effetto degli strumenti urbanistici o di edificazioni la destinazione di terreni agrari, boschivi ovvero pascolativi. La recente legge regionale del 23 dicembre 2000 n. 28 aveva poi aggiunto che «la già avvenuta edificazione, purché in regola con le norme degli strumenti urbanistici, non preclude la legittimazione …». Perfino, poi, il regime di indisponibilità dei beni della categoria A («terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente»), per i quali sussistono vincoli ambientali e naturalistici ben piú rigorosi di quelli genericamente esistenti per i beni inseriti nella categoria B, puó essere derogato, sempre per finalità di pubblio interesse, all'esito del procedimento tecnico-amministrativo di competenza regionale. E la Corte costituzionale sentenza n. 391 del 1989) aveva definito il regime di inalienabilità dei beni di demanio civico come un regime di «alienabilità controllata», ammettendo la possibilità anche di assoggettamento dei beni civici a espropriazione forzata, sia pure previa autorizzazione dell'autorità competente.
Il motivo è infondato.
La cessione tra privati di beni comunali soggetti ad uso civico è nulla, per impossibilità dell'oggetto o per contrasto con norma imperativa (piuttosto che per illiceità dell'oggetto, come ritenuto nella sentenza impugnata). Lo é per i beni di cat. B) (artt. 11, 13, 21 legge 16 giugno 1927 n. 1766) prima della ripartizione, quale sembra essere quello per cui è causa, rispetto al quale la sentenza impugnata fa riferimento alla coltivazione agricola. Lo sarebbe anche per i beni di cat. A) che non possono essere alienati neppure dall'ente pubblico, se non con l'autorizzazione della regione. Gli argomenti astrattamente svolti nel motivo, anche con riferimento alle leggi regionali richiamate, non superano la conclusione della nullità rispetto al caso di specie.
L'infondatezza della doglianza rispetto alla autonoma ratio decidendi relativa alla destinazione del bene, esime il collegio dal considerare le altre doglianze relative ai profili urbanistici.
12. Relativamente al ricorso incidentale proposto da Carmelo Dolce, la controricorrente Rosa Vaccara ne ha eccepito l'inammissibilità, deducendo che lo stesso costituiva duplicazione del ricorso principale, cosicché il Dolce, per impugnare la sentenza, avrebbe dovuto presentare ricorso nelle forme del ricorso principale. L'eccezione é priva di fondamento.
Il principio dell'unicità del processo di impugnazione contro la stessa sentenza comporta che, una volta notificata la prima impugnazione, tutte le altre parti che intendano impugnare (ancorché contro parti diverse dal primo impugnante o relativamente a capi della sentenza non investiti dalla prima impugnazione) debbono farlo secondo le disposizioni e nei termini previsti per le impugnazioni incidentali (Cass. 29 settembre 2000, n. 12920). Il ricorso è dunque ammissibile per essere stato proposto nella forma incidentale e notificato nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale. In ogni caso, non può non rilevarsi che il ricorso incidentale è stato presentato entro l'anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata (non notificata, come dedotta nel ricorso incidentale e senza contestazioni sul punto), considerando il regime ordinario della sospensione feriale dei termini processuali, preveduto dall'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, applicabile alla causa in oggetto.
13. Con il primo motivo del ricorso incidentale Carmelo Dolce deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 214, 215 e 216 c.p.c. nonché dell'art. 75, in relazione all'art. 81 c.p.c., lamentando che nel giudizio pretorile la Turist Beach S.r.l. aveva disconosciuto la sottoscrizione di Salvatore Vaccaro nel testamento olografo presentato dalla asserita erede Rosa Vaccaro a fondamento della sua legittimazione a proporre la domanda. La stessa Vaccaro, tramite il suo difensore, dopo avere contestato il potere della Turist Beach S.r.l. ad effettuare il disconoscimento, aveva chiesto la verifica della autenticità della sottoscrizione apposta alla scheda testamentaria. Tale richiesta di verifica non aveva avuto alcun seguito. Era dunque preclusa la possibilità di utilizzare la scrittura privata stessa, o comunque di prenderla in esame, cosicché Rosa Vaccaro mancava di legitimatio ad causa.
Il motivo - che ricalca il secondo motivo del ricorso principale della Turist Beach S.r.l. - è inammissibile. E lo è per le stesse ragioni già enunciate a proposito del secondo motivo di ricorso della Turist Beach S.r.l. Nel giudizio d'appello non è stata in alcun modo trattata la questione del disconoscimento della scrittura e della verificazione della scrittura disconosciuta e, dunque, l'argomento non puó trovare ingresso nel giudizio per cassazione.
14. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce la «violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato - Violazione e falsa applicazione dell'art. 115 e 116 c.p.c in ordine al principio della disponibilità delle prove e al prudente apprezzamento e valutazione delle stesse da parte del giudice, nonché la violazione delle regole del contraddittorio».
Il motivo é infondato. Le doglianze in esso contenute ripetono sostanzialmente - e in gran parte anche formalmente - le argomentazioni contenute nel quarto motivo del ricorso principale della Turist Beach S.r.l. Può dunque rinviarsi a quarto già detto a proposito di quel dativo (v. sub n. 5).
15. Con il terzo motivo il ricorrente incidentale deduce «violazione e falsa applicazione degli art. 1343, 1418 e 1421 c.c., con riferimento in particolare al principio della rilevabilità d'ufficio della nullità in relazione al principio della domanda di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione sotto ulteriore profilo degli artt. 1343, 1418 e 1421 cc. con riferimento all'art. 21 legge n. 203 del 1962 in combinato disposto con gli artt. 9,11 e 13 della legge n. 1766 del 1927. Tutto in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 33». Il ricorrente richiamata i limiti alla rilevabilità d'ufficio della nullità, lamenta che la sentenza aveva dichiarato la nullità del contratto di locazione senza un'espressa richiesta in tal senso da parte della Vaccaro che anzi aveva chiesto la risoluzione per inadempimento del contratto in questione.
Circa l'ambito del rilievo d'ufficio della nullità (art. 1421 c.c.) nella giurisprudenza di questa Corte si registra un contrasto.
Secondo un primo indirizzo «il potere del giudice di dichiarare d'ufficio la nullità di un contratto ex art. 1421 va coordinato con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., sicché solo se sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice é tenuto a rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio la nullità dell'atto, indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, per converso, qualora la domanda sia, diretta a far dichiarare l'invalidità del contratto o a farne pronunciare la risoluzione, per inadempimento, la deduzione nella prima ipotesi di una causa di nullità diversa da quella posta a fondamento della domanda e nella seconda ipotesi di una qualsiasi causa di nullità o di un fatto diverso dall'inadempimento sono inammissibili, nè tali questioni possono essere rilevate d'ufficio ostandovi il divieto di pronunciare ultra petita» (Cass. 22 aprile 1995, n. 4607; 9 febbraio 1994, n. 1340; 11 marzo 1988, n. 2398; 8 novembre 1979, n. 5766; Cass. 28 gennaio 1972, n. 244; Cass. 9 marzo 1971, n. 661).
Secondo un altro più recente indirizzo «la nullità di un contratto del quale sia stato chiesto l'annullamento (ovvero la risoluzione o la rescissione) può essere rilevata d'ufficio dal giudice, in via incidentale, senza incorrere in vizio di ultrapetizione, atteso che in ognuna di tali domande è implicitamente postulata l'assenza di ragioni che determinino la nullità del contratto. Pertanto il rilievo di quest'ultima da parte del giudice dà luogo a pronunzia non eccedente i limiti della causa, la cui efficacia va commisurata alla domanda proposta, potendo quindi estendersi all'intero rapporto contrattuale se questa lo investa interamente» (Cass. 2 aprile 1997, n. 2858).
Può tuttavia prescindersi dall'indicato contrasto, in quanto nel caso di specie era in contestazione l'esecuzione del contratto di locazione concluso tra salvatore Vaccaro e Carmelo Dolce, la cui validità costituiva elemento costitutivo della domanda di pagamento dei canoni svolta da Rosa Vaccaro. In altri termini la nullità del contratto di locazione non è stata pronunziata in luogo della risoluzione dello stesso, ma per paralizzare la pretesa della Vaccaro in ordine al pagamento dei canoni. Ciò risulta chiaro dalla sentenza impugnata nella quale dalla nullità del contratto di locazione si fa derivare «l'impossibilità di accogliere la domanda azionata da Vaccaro Rosa allo scopo di ottenere i canoni insoluti da parte di Dolce Carmelo» (v. pag. 13 motiv. nonché dispositivo), mentre la restituzione del bene si fa conseguire alla declatoria di nullità del contratto di comodato concluso da Salvatore Vaccaro e la Turist Beach S.r.l. (v. pag. 11 motiv. nonchè dispositivo).
16. Con il quarto motivo il ricorrente incidentale lamenta la «violazione e falsa applicazione sotto ulteriore profilo degli artt. 1343, 1918 e 1421 c.c. con riferimento all'art. 21 legge 203/82 in combinato disposto con gli artt. 9, 11 e 13 della legge 1766/1927 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.». La doglianza riguarda la declaratoria di nullità del contratto di affitto tra Salvatore Vaccaro e Carmelo Dolce. La violazione delle norme indicate viene dedotta sotto vari e concorrenti profili: a) perché il divieto di concedere in subaffitto non comportava la nullità del contratto ma la risoluzione del contratto di affitto; b) perché questa nullità poteva essere fatta valere solo dal concedente; c) perché la nullità non poteva essere fatta valere in base ai principi desumibili dalla legge n. 1766 del 1927, anche considerando le leggi della Regione Sicilia n. 10 del 1999 e n. 28 del 2000.
Il motivo é inammissibile.
La sentenza impugnata dopo una (non rilevante) digressione sulla simulazione del contratto di comodato, ha dichiarato: a) la nullità del contratto di comodato concluso tra Salvatore Vaccaro e la Turist Beach S.r.l. poiché relativo ad un bene destinato ad uso civico e da ciò ha fatto conseguire l'obbligo della restituzione dello stesso a carico della Turist Beach S.r.l.; b) la nullità del contratto di locazione concluso tra Salvatore Vaccaro e Dolce Carmelo (integrante un contratto di subaffitto) anche per violazione delle norme della legge n. 1766 del 1927, facendo da ciò conseguire il rigetto della domanda della Vaccaro di pagamento dei canoni di locazione non versati.
Da quanto detto risulta chiaro che il ricorrente manca di interesse, poiché la nullità del contratto di locazione è stata dichiarata per paralizzare la pretesa della Vaccaro al pagamento dei canoni, mentre, come si è già detto, il rilascio del bene è stato pronunziato quale conseguenza del contratto di comodato e a carico unicamente della Turist Beach S.r.l..
17. Con il quinto motivo il ricorrente incidentale deduce la «violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 49 della legge 3 maggio 1952 n. 203 e art. 2 legge 244/1957, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. anche per omessa istruttoria e n. 5 per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia rilevabile d'ufficio» . In sostanza il ricorrente incidentale, con un motivo che ripete nella sostanza e nella forma il quinto motivo del ricorso proposto dalla Turist Beach S.r.l. lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto comunque negare la legittimazione della Vaccaro, in applicazione delle norme sopra indicate che disciplinano i contratti di affitto di fondo rustico.
Il motivo è inammissibile, per le stesse ragioni per le quali é stato dichiarato inammissibile il quinto motivo della ricorrente principale Turist Beach S.r.l. e, precisamente, perchè vengono prospettate questioni del tutto nuove non dibattute nei precedenti gradi di giudizio.
18. Con il sesto motivo (rubricato nel ricorso come VIII) il ricorrente incidentale deduce la «violazione e falsa applicazione del sistema predisposto dalla l. 16 giugno 1927 n. 1766, circa la disciplina degli usi civici, anche con riferimento all'art. 1140 in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3 e lamenta, con argomentazioni che ripetono nella sostanza e nella forma l'ottavo motivo del ricorso proposto dalla Turist Beach S.r.l., che la Vaccaro non era in alcun modo legittimata alla restituzione del bene. Infatti, la titolarità del diritto fatto valere uti civis non si trasmette agli eredi; essa peraltro non aveva ereditato la qualifica di occupatore abusivo, che magari aveva posseduto il fratello Salvatore, perché quest'ultimo si era volontariamente spogliato di tale qualifica avendo deliberatamente dismesso ogni rapporto reale ed effettivo col bene e avendo immesso nel diritto di uso e di occupazione soggetti terzi.
Il motivo è infondato. E lo é le ragioni già esposte in occasione della trattazione dell'ottavo motivo proposto dalla Turist Beach S.r.l. e, cioè: per essere estranea al thema decidendum la questione del contratto di affitto con il Comune; non potendo utilmente eccepire il conduttore la mancanza di titolo sul bene del locatore che ha trasferito il bene e concluso il contratto, per essere la legittimazione della Vaccaro conseguente alla successione nel contratto concluso dal suo dante causa Salvatore Vaccaro. E' ovvio, poi, come già detto, che rimane impregiudicata la questione della sussistenza a meno di una situazione giuridica sul terreno in questione da parte della Vaccaro nei confronti del Comune, che non riguarda questa causa.
19. Con il primo motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce «l'errore materiale nell'indicazione delle particelle relative al terreno oggetto di causa, avvero mancata osservanza del principio della corrispondenza (letterale) tra il chiesto é il pronunziato». Il tribunale non aveva considerato che nell’ambito della memoria integrativa e dell'atto per integrazione del contraddittorio essa, ferma restando l'identità del terreno per cui era causa, aveva proceduto ad una migliore indicazione dei dati identificativi del terreno, ad evitare successive difficoltà in corso d'esecuzione ed aveva diritto a che il bene venisse identificato conformemente alle sue richieste. Ció premesso la Vaccaro ha concluso nel senso che «trattandosi di una correzione di un errore materiale, non avente carattere sostanziale, potrà essere effettuata direttamente» dalla Corte di cassazione.
Il motivo è inammissibile.
La speciale disciplina, dettata dagli artt. 287 e ss. c.p.c., per la correzione degli errori materiali incidenti sulla sentenza, la quale attribuisce la competenza all'emanazione del provvedimento correttivo allo stesso giudice che ha emesso la decisione da correggere, mentre non è applicabile quando contro la decisione stessa sia già stato proposto appello dinanzi al giudice del merito, in quanto l'impugnazione assorbe anche la correzione di errori, è invece da osservarsi rispetto alle decisioni impugnate con ricorso per cassazione, atteso che il giudizio relativo a tale ultima impugnazione è di mera legittimità e la Corte di cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito, al quale va, pertanto, rivolta l'istanza di correzione, anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione (Cass. 27 luglio 2001, n. 10289; Cass. 6 febbraio 1995, n. 1348).
Qualora poi la questione non rilevasse quale errore materiale, la prospettazione sarebbe nuova non essendo stata dibattuta in appello la questione dei dati identificativi del terreno in questione.
20. Con secondo motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce la violazione dell'art. 112 c.p.c. per avere il tribunale ritenuto d'ufficio la nullità del contratto di locazione, dell'art. 1453 c.c. per non aver pronunziato la risoluzione di inadempimento di tale contratto, degli artt. 1218, 1223, 1224, 1587, 2043 c.c. per non aver condannato i conduttori al pagamento dei canoni e al risarcimento dei danni.
Il motivo è infondato.
Come già si è osservato in occasione della trattazione del terzo motivo del ricorso incidentale proposto dal Dolce, nel caso di specie il rilievo d'ufficio della nullità non viola le norme indicate, poichè, essendo in contestazione il pagamento dei canoni, era richiesta in sostanza l'esecuzione del contratto di locazione del quale si predicava ovviamente la validità. Non puó esservi dunque dubbio in ordine al potere di rilievo d'ufficio della nullità; e ciò prescindendo dai termini del contrasto giurisprudenziale che si registra nella giurisprudenza di legittimità in ordine ai limiti di tale rilievo e che è stato sopra riassunto.
Gli altri profili del motivo sono logicamente assorbiti.
21. Con il terzo motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1571 e 1575 c.c. per non avere il Tribunale ritenuto sufficiente a radicare la legittimazione attiva dell'attrice l'essere parte del contratto di comodato e di locazione.
La Vaccaro non è soccombente in ordine alla questione della legittimazione, cosicché il motivo deve ritenersi logicamente subordinato all'accoglimento dei mortivi svolti nel ricorso principale e in quello incidentale del Dolce in ordine alla sua legittimazione attiva. In questo senso il motivo resta assorbito; e ciò indipendentemente da quanto sopra detto in ordine ai profili della legittimazione della Vaccaro.
22. Con il quarto motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce la violazione dell'art. 91 c.p.c., per avere il tribunale proceduto alla compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio considerando «la particolarità della controversia, la soccombenza reciproca e la ricorrenza di giusti motivi». A fronte di questa motivazione le contestazioni della ricorrente sono assolutamente generiche e, comunque, il principio generalmente affermato a questa Corte e condiviso dal Collegio - dal quale si è discostata la sentenza 5 maggio 1999, n. 4455 - è nel senso che rientra nei poteri del giudice di merito la valutazione dell'opportunità della compensazione, totale e parziale, delle spese sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca che di sussistenza di altri giusti motivi, salva la censurabilità della relativa motivazione nel caso in cui a giustificazione della disposta compensazione siano addotte ragioni illogiche o erronee (Cass. 20 settembre 2000, n. 12431; Cass. 23 aprile 2001, n. 5976; Cass. 7 marzo 2001, n. 3272; Cass. 3 maggio 2002, n. 6366).
23. Per quanto detto i ricorsi riuniti devono essere rigettati.
Sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio per cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 17 giugno 2003.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 3 FEBBRAIO 2004






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