Cass.
Civ., Sez. III, sent. 3
febbraio 2004 n. 1940 sulla nullità del
contratto di vendita di beni pubblici gravati da uso civico
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Rosa Vaccaro, quale erede di Salvatore Vaccaro, conveniva dinanzi al
Pretore di
Cefalù Carmela Dolce intimando allo stesso, sfratto per
morosità in ordine ad
un terreno e chiedendo la convalida dell'intimazione con emissione di
ingiunzione per i canoni. Il Dolce contestava la domanda, deducendo che
mancava
la prova della titolarità del rapporto iure successionis da
parte della
Vaccaro, che Salvatore Vaccaro non aveva mai posseduto le particelle
oggetto di
causa, che il rapporto di locazione era cessato e che il terreno era
stato
ceduto in comodato alla Turist Beach. Rigettata la convalida e disposto
il
mutamento del rito, veniva chiamata in causa la Turist Beach S.r.l..
Quest'ultima costituitasi chiedeva il rigetto delle domande, esponendo
di aver
concluso con Salvatore Vaccaro un contratto di comodato e contestando,
fra
l'altro, la pretesa di Rosa Vaccaro, anche in considerazione della
natura del
bene destinato ad uso civico.
Il Pretore respingeva la domanda.
Proposto appello, il Tribunale di Termini Imerese lo accoglieva,
dichiarando:
la simulazione relativa del contratto di comodato concluso il 18 giugno
1992
tra Bartolomeo Dolce, Salvatore Vaccaro e Carmelo Vazzana, dissimulante
una
locazione nulla per illiceità dell'oggetto; la nullità
dello stesso contratto
di comodato per illiceità dell'oggetto; la nullità del
contratto di locazione
del 16 marzo 1987, intercorso tra Salvatore Vaccaro e Carmelo Dolce.
Disponeva
inoltre il rilascio del fondo da parte della Turist beach S.r.l. e
rigettava la
domanda di pagamento dei canoni, compensando le spese di entrambi i
gradi.
Avverso questa sentenza la Turist Beach propone ricorso per cassazione
affidato
a dieci motivi. Rosa Vaccaro resiste con controricorso e propone a sua
volta
ricorso incidentale articolato in quattro motivi. Carmelo Dolce propone
ricorso
incidentale, svolgendo sei motivi, al quale resiste Rosa Vaccaro. Il
Dolce e la
Turist Beach S.r.l. hanno depositato memoria. All'udienza dell'11
novembre 2002
la Corte ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti
di
Carmelo Dolce, in relazione al ricorso incidentale proposto da Rosa
Vaccaro.
Dopo l'adempimento, il ricorso è stato chiamato all'udienza del
17 giugno 2003.
Rosa Vaccaro ha depositato memoria nella quale si dà atto della
nomina del
nuovo difensore.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale e quelli incidentali vanno riuniti a norma
dell'art.
335 c.p.c..
2. La società ricorrente con il primo motivo lamenta la
violazione e falsa
applicazione dell'art. 102 c.p.c. in combinato disposto con gli artt.
26 della
legge n. 1766 del 1927. Secondo quanto dedotto, la sentenza che
porrà fine alla
lite, avuto riguardo all'ampliamento del tema di indagine da parte del
giudice
di secondo grado, statuirà circa il diritto all'occupazione o
alla detenzione
del fondo in capo alla Vaccaro, alla Turist Beach o al Dolce, non solo
in una
prospettiva inter partes, ma anche nei confronti del Comune di
Campofelice. La
sentenza individuerà la controparte contrattuale del Comune, che
doveva dunque
partecipare al giudizio quale litisconsortile necessario, tanto
più che
considerato il suo interesse alla valutazione e all'apprezzamento della
controparte contrattuale. Inoltre, la necessità di integrare il
contraddittorio
anche nei confronti del Comune di Campofelice di Roccella
discenderebbe, in via
più generale, dall'applicazione analogica delle norme e dei
principi che
regolano i contratti di subaffitta e di sublocazione. L'esistenza della
concessione tra il Comune e il presunto dante causa della sig.ra
Vaccaro
comporta infatti che ogni discorso sulla esistenza, validità,
efficacia, durata
del rapporto tra il concessionario originario e il nuovo utilizzatore
non possa
che avvenire alla presenza del vero titolare del bene, originario
concedente e,
cioè, il Comune.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata nel tracciare gli elementi che caratterizzano la
controversia ha esposto che originariamente Giovanni Vaccaro, padre di
Rosa e
Salvatore Vaccaro, era occupante abusivo del terreno oggetto di causa.
Successivamente, con atto del 20 novembre 1952, il Comune di
Campofelice di
Roccella aveva concesso in affitto il predetto terreno a Giovanni
Vaccaro, in
attesa dei provvedimenti definitivi di ripartizione, con la previsione,
in
applicazione della finalità relativa alla destinazione di
terreno ad uso
civico, del divieto di subaffittare. Alla morte di Giovanni Vaccaro
erano
subentrati nel rapporto di affitto con il Comune i figli. In data 16
marzo
1987, Salvatore Vaccaro aveva disposto del bene con un contratto di
subaffitto
concluso con Carmelo Dolce. Quindi sempre Salvatore Vaccaro, in data 18
giugno
1992, aveva sottoscritto scrittura di comodato del bene con la Turist
Beach
S.r.l., onde consentire alla stessa di impiantare sul terreno una
struttura
geodetica.
Questi sembrano essere, nell'ottica della ricorrente, i profili che
avrebbero
ampliato il thema decidendum e determinato la necessità di
integrare il
contraddittorio con il comune. Più specificamente la
società ricorrente deduce
che il Tribunale, nel considerare la questione della legittimazione
attiva
della Vaccaro, era entrata nel merito dell'effettiva titolarità
del diritto al
godimento del bene, in tal modo coinvolgendo lo stesso Comune di
Campofelice.
Il motivo è infondato.
Il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente
previsti
dalla legge, quando la situazione sostanziale dedotta in giudizio deve
essere
necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di ogni
soggetto che
ne sia partecipe onde non privare la decisione dell'utilità
connessa
all'esperimento dell'azione proposta, indipendentemente dalla natura
del provvedimento
richiesto (v. per es. Cass. 17 novembre 1996, n. 11550).
L'accertamento, poi,
circa la sussistenza del litisconsorzio va effettuato sulla base del
petitum,
cioè in base al risultato perseguito in giudizio dall'attore.
Nel caso di specie si controverte - secondo la ricostruzione risultante
dalla
sentenza impugnata e sopra riassunta - in ordine all'esistenza,
validità e
risoluzione di contratti di locazione (o subaffitto) e di comodato di
un fondo
di destinazione ad uso civico e concesso in affitto dal Comune. Questi
contratti sono stati conclusi con terzi dall'affittuario del fondo
stesso, che
con l'azione intende ottenere il rilascio del bene e il pagamento del
canone
non pagato.
I rapporti in contestazione sono dunque unicamente quelli tra
l'affittuario -
che assume la veste di locatore (o subaffittante) e comodante -, da un
lato, e
il locatario (subaffittuario) e il comodatario, dall'altro.
L'originario
contratto di affitto con il Comune viene considerato nella sentenza
impugnata
unicamente (e ovviamente incidentalmente) al fine di fondare,
unitamente ad
altri elementi, la legittimazione dell'attrice Rosa Vaccaro. Non
é esatto
dunque quanto deducono i ricorrenti Dolce e Turist Beach S.r.l. che la
sentenza
individuerà la controparte del Comune, cosicché ogni
decisione deve essere
assunta in contraddittorio con l'ente pubblico. La sentenza riguarda
unicamente
i rapporti tra le parti in causa e, in particolare, l'esistenza, la
validità e
la risoluzione di contratti tra loro conclusi, ai quali il Comune
è estraneo.
L'integrazione del contraddittorio nel caso di specie avrebbe semmai
l'effetto
- non coerente con la lettera e la ratio dell'art. 102 c.p.c. - di
ampliare il
contraddittorio a rapporti diversi da quelli in causa.
La conclusione raggiunta trova conferma nel principio, enunciato da
questa
Corte nel giudicare in tema di giurisdizione, secondo cui sulla domanda
di
rilascio di un terreno di uso civico fondata sulla dedotta
nullità di un
rapporto privatistico avente ad oggetto il trasferimento di quel bene,
la
giurisdizione spetta al giudice ordinario e non al commissario per la
liquidazione degli usi civici, perché la tutela invocata mira
esclusivamente ad
assicurare il ripristino della situazione di fatto anteriore, senza
alcun
pregiudizio delle pretese delle parti nei confronti dell'ente titolare
del
demanio civico (Cass. S.U. 26 aprile 1993, n. 4901; Cass. S.U. 12
dicembre
1988, n. 6763).
3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la «violazione e
falsa
applicazione del sistema predisposto dagli art. 214 e 215 c.p.c. in
tema di
disconoscimento di scrittura privata e dall'art. 216 c.p.c. in
relazione al
mancato procedimento di verificazione, e pure violazione e falsa
applicazione
delle regole imposte dall'art. 75 e segg. c.p.c., in tema di
legittimazione ad
agire, in relazione, in modo particolare, all'art. 81 c.p.c., e
all'esame
pregiudiziale, da parte del giudice, della legitimatio ad causam, delle
parti,
con riferimento all'art. 360 c.p.c. n. 3, per violazione di legge, e n.
5 per
omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia rilevabile
d'ufficio».
Più specificamente la ricorrente osserva che nel giudizio
pretorile aveva
disconosciuto la sottoscrizione di Salvatore Vaccara nel testamento
olografo
presentato dalla asserita erede Rosa Vaccaro a fondamento della sua
legittimazione a proporre la domanda. La stessa Vaccaro, tramite il suo
difensore, dopo avere contestato il potere della Turist Beach S.r.l. ad
effettuare il disconoscimento, aveva chiesto la verifica della
autenticità della
sottoscrizione apposta alla scheda testamentaria. Tale richiesta di
verifica
non aveva avuto alcun seguito. Era dunque preclusa la
possibilità di utilizzare
la scrittura privata stessa, o comunque di prenderla in esame,
cosicché Rosa
Vaccaro mancava di legitimatio ad causam; e tale mancanza era
rilevabile
d'ufficio dal giudice d'appello.
Il motivo è inammissibile.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, i motivi del
ricorso per
cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni
che siano già
comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, non essendo
prospettabili per la prima volta in sede di legittimità
questioni nuove o nuovi
temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non
si
tratti di questioni rilevabili d'ufficio. (Cass. 9 gennaio 2002, n.
194; v.
pure Cass. 21 giugno 2002, n. 9097; Cass. 24 febbraio 2000, n. 2088).
Nel giudizio d'appello non è stata in alcun modo trattata la
questione del
disconoscimento della scrittura e della verificazione della scrittura
disconosciuta. L'argomento non può dunque trovare ingresso nel
giudizio di
cassazione. Non rileva che il tema sarebbe stato evocato dinanzi al
Pretore che
avrebbe omesso di pronunziare. L'eccezione di disconoscimento non
risulta
infatti riproposta in appello, cosicché trova applicazione la
presunzione di
rinunzia di cui all'art. 346 c.p.c..
4. Con il terzo motivo la società ricorrente deduce la
«violazione e falsa
applicazione dell'art. 183 c.p.c., commi 4 e 5, e delle regole che
disciplinano
la mutatio libelli, in relazione all'art. 447 bis c.p.c.». Con
l'introduzione
nel procedimento di sfratto di una pluralità di domande
radicalmente nuove
erano state violate le disposizioni inderogabili dettate dal nostro
sistema
processual-civilistico in tema di mutamento della domanda.
Correttamente dunque
il Pretore di Cefalù aveva negato l'ammissibilità delle
domande introdotte
dalla Vaccaro con la cosiddetta memoria integrativa in primo grado.
Né era di
un qualche rilievo la circostanza, affermata nella sentenza impugnata,
che
tutti i nuovi argomenti avevano come unico fine la pretesa originaria,
e cioè
il rilascio del bene, avendo la parte introdotto nel processo un tema
di
indagine completamente nuovo.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha costantemente affermato che il ricorso per cassazione -
in
ragione del principio di cosiddetta autosufficienza dello stesso - deve
contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le
ragioni per le
quali si chiede la cassazione della sentenza di merito, ed
altresì a permettere
la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la
necessità di far
rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso (v. per es.
Cass. 5
settembre 2002, n. 12905). Nel motivo non si specifica quale sarebbero
le domande
nuove, con ciò violando il principio indicato. Si dice
unicamente che sarebbe
diverso il petitum «riferito addirittura ad un terreno diverso da
quello
indicato e descritto nell'atto di sfratto per morosità»,
ma senza specificare
in cosa consisterebbe la diversità e, dunque, la novità.
5. Con il quarto motivo la società ricorrente lamenta la
«violazione e falsa
applicazione dell'art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra
il
chiesto e il pronunciato - Violazione e falsa applicazione dell'art.
115 e 115
c.p.c. in ordine al principio della disponibilità delle prove e
al prudente
apprezzamento e valutazione delle stesse da parte del giudice,
nonché la
violazione delle regole del contraddittorio». Il giudice di
merito aveva posto
a fondamento della decisione fatti diversi rispetto a quelli enunciati
a
sostegno della pretesa. In particolare, era stata posta a sostegno
della
pronunzia in tema di legittimazione attiva della Vaccaro il contratto
stipulato
con il Comune di Campofelice nell'anno 1952 da un certo Giovanni
Vaccaro, che
si afferma essere padre dell'attrice e di quel Salvatore Vaccaro cui
l'attrice
sarebbe succeduta, senza tuttavia che questo contratto fosse posto a
fondamento
della pretesa svolta dalla Vaccaro. Inoltre, il giudice aveva
individuato un
rapporto di successione tra Giovanni Vaccaro e Rosa Vaccaro che
quest'ultima
non aveva mai dedotto e mai provato.
Il motivo è privo di fondamento sia con riferimento alla
violazione di legge
che al vizio di motivazione. Nella sentenza impugnata si afferma che la
Vaccaro
era titolare del diritto al possesso del fondo «quale erede del
Vaccaro
Giovanni e del Vaccaro Salvatore nel contratto d'affitto intercorso tra
lo
stesso e il comune di Campofelice di Roccella». Fermo restando
dunque che l'attrice
era erede del fratello Salvatore, il Tribunale ha ritenuto di motivare
anche in
ordine ad un rapporto di successione con il padre Giovanni. Questa
ricostruzione, effettuata sulla base del materiale in atti, è
servita nelle
intenzioni del Tribunale per qualificare il possesso in capo a Rosa
Vaccaro e
da ciò trarne ulteriori conclusioni in ordine alla
legittimazione. La
qualificazione del possesso poteva essere compiuta dal Tribunale
d'ufficio,
cosicché non vi alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c..
In ogni caso, la qualificazione del possesso e la affermata
qualità di erede
del padre Giovanni ritenuta dal Tribunale per dimostrare ulteriormente
la
legittimazione della Vaccaro risulta effettuata ad abundantiam, senza
efficienza causale sulla decisione. E' infatti sufficiente a fondare la
legittimazione ad agire in giudizio di Rosa Vaccaro la successione dal
fratello
Salvatore, poiché l'erede succede nei contratti conclusi dal suo
dante causa.
In altri termini non è dubitabile che la Vaccaro, per il solo
fatto di essere
erede del fratello Salvatore che aveva concluso i contratti di cui
è causa,
abbia per ciò solo la qualità per agire in giudizio per
la esecuzione o la
risoluzione di quei contratti, diverso essendo il profilo dell'essere
parte del
contratto di affitto stipulato a suo tempo dal padre con il Comune di
Campofelice di Roccella.
Nello motivo si deduce ulteriormente che «non figura da alcun
atto o documento
prodotto ex adverso che sussista identità tra il fondo a suo
tempo concesso in
affitto dal Comune a tale Vaccaro Giovanni e quello occupato
abusivamente da
Vaccaro Salvatore, oggetto di uso civico, e quello oggetto del
contratto di
locazione del 16 marzo 1987, e quello oggetto, da ultimo, del contratto
di
comodato». Questo profilo non è però rilevante, per
la ragione sopra indicata,
così come non rileva la questione della prova della successione
tra Giovanni e
Rosa Vaccara.
6. Con il quinto motivo la Turist beach S.r.l. deduce la
«violazione e falsa
applicazione degli artt. 21 e 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203 e
dell'art.
2 della legge n. 244 del 1957, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.
anche per
omessa istruttoria e n. 5 per omessa motivazione circa un punto
decisivo della
controversia rilevabile d'ufficio». In particolare sostiene la
ricorrente che
il Tribunale avrebbe dovuto comunque negare la legittimazione della
Vaccaro, in
quanto si sarebbe dovuto fare applicazione delle norme che disciplinano
i
contratti di affitto di fondo rustico. In applicazione di queste norme,
l'attrice non avrebbe mai avuto la titolarità del contratto di
affitto del
fondo in oggetto, in quanto nella posizione contrattuale del fratello
Salvatore
nei confronti del Comune era subentrato per effetto del contratto di
subaffitto
Carmelo Dolce. Ciò perché non avendo il Comune locatore
del fondo fatto valere
la nullità del subaffitto, a norma dell'art. 21 della legge n.
203 del 1982, il
subaffittuario era subentrato nella posizione giuridica
dell'affittuario.
Il motivo è inammissibile.
Come si è già detto, nel giudizio di legittimità
non è consentita la
prospettazione di nuove questioni di diritto e di temi di contestazione
diversi
da quelli proposti nel giudizio di merito. La doglianza sopra riassunta
è
inammissibile in quanto la società ricorrente prospetta
questioni del tutto
nuove non dibattute nei precedendi gradi di giudizio.
Nello stesso motivo la ricorrente lamenta che Rosa Vaccaro non poteva
succedere
nel contratto d'affitto con il Comune non possedendo la qualifica di
coltivatore diretto.
Anche questo profilo è inammissibile in quanto ha carattere di
novità rispetto
alle precedenti deduzioni e comunque confonde la questione della
legittimazione
ad agire in giudizio per la risoluzione o l'esecuzione dei contratti
conclusi
dal proprio dante causa, con la titolarità del rapporto
originario tra
Salvatore Vaccaro e il Comune di Campofelice di Roccella, rapporto per
quanto
si é detto estraneo alla causa.
E' opportuno anche rilevare che la ricorrente nel motivo, come anche in
altri
che saranno successivamente trattati, tende a contestare la
legittimazione ad
agire della Vaccaro facendo valere l'inesistenza di un rapporto
contrattuale di
questa con il Comune o, comunque, l'inesistenza di un diritto [o
possesso] sul
fondo. Ma, come questa Corte ha più volte affermato, il
convenuto in
giudizio dal locatore (o dal comodante) per la restituzione
dell'immobile
locato a suo tempo trasferito al conduttore (o data in comodato) non
può,
avvalendosi di un'eccezione de iure tertii, contestare la
legittimazione
dell'attore, allegando che questi non avrebbe la titolarità di
un diritto reale
sul bene (Cass. 10 dicembre 1979, n. 5413) o che avrebbe trasferito ad
altri la
proprietà del bene (Cass. 14 aprile 1983, n. 2620) o avrebbe
perduto la
disponibilità del bene stesso (Cass. 14 gennaio 1974, n. 112, in
un caso in cui
l'eccezione era fondata sulla perdita della disponibilità
dell'immobile a
seguito della revoca dell'assegnazione fatta dalla P.A.; Cass. 20
aprile 1995,
n. 4477).
7. Con il sesto motivo la società ricorrente lamenta la
«violazione e falsa
applicazione degli art. 1343, 1418 e 1421 c.c., con riferimento in
particolare
al principio della rilevabilità d'ufficio della nullità
in relazione al
principio della domanda di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c.. Violazione e
falsa
applicazione sotto ulteriore profilo degli artt. 1343, 1418 e 1421 cc.
con
riferimento all'art. 21 legge n. 203 del 1982 in combinato disposto con
gli
artt. 9, 11 e 13 della legge n. 1766 del 1927. Tutto in relazione
all'art. 360
c.p.c. n. 3». La ricorrente richiamati i limiti alla
rilevabilità d'ufficio
della nullità, lamenta che la sentenza aveva dichiarato la
nullità del
contratto di locazione senza un'espressa richiesta in tal senso da
parte della
Vaccaro che anzi aveva chiesto la risoluzione per inadempimento del
contratto
in questione.
Il motivo é inammissibile.
La ricorrente manca infatti dell'interesse ad agire per ciò che
concerne il
contratto di locazione che, per essere stato concluso da Carmelo Dolce,
costituisce per la società res inter alios acta.
8. Con il settimo motivo la società ricorrente deduce la
«violazione e falsa
applicazione degli artt., 1, 2, 4, e 53 della legge 3 maggio 1982 n.
203 -
Violazione e falsa applicazione del principio che vieta la rinnovazione
tacita
dei contratti della p.a. e piú in generale delle regole della
contabilità
pubblica, in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3». La
qualificazione in termini
privatistici del contratto di affitto fra Giovanni Vaccaro e il Comune
di
Campofelice di Roccella, operata dal Tribunale comportava fra le altre
conseguenze che la durata del contratto era regolata dalla legge n. 203
del
1982. In applicazione della legge indicata il contratto era scaduto e,
trattandosi di contratto concluso da un ente pubblico, non poteva
applicarsi la
rinnovazione tacita del contratto. Per tale ragione mancava in capo
alla
Vaccaro la titolarità del rapporto che aveva legato l'originarlo
affittuario
del bene in questione e, quindi, la legittimazione attiva nel giudizio.
9. Con l'ottavo motivo la ricorrente deduce la «violazione e
falsa applicazione
del sistema predisposto dalla l. 16 giugno 1927 n. 1756, circa la
disciplina di
usi civici, anche con riferimento all'art. 1140». Secondo quanto
esposto era
principio pacifico che la titolarità del diritto fatto valere
uti civis non si
trasmette agli eredi. Quindi la Vaccaro non era in alcun modo
legittimata alla
restituzione dello stesso. Essa peraltro non aveva ereditato la
qualifica di
occupatore abusivo, che magari aveva posseduto il fratello Salvatore,
perché
quest'ultimo si era volontariamente spogliato di tale qualifica avendo
deliberatamente dismesso ogni rapporto reale ed effettivo col bene e
avendo
immesso nel diritto di uso e di occupazione soggetti terzi.
Anche questi motivi sono privi di fondamento. E lo sono per le ragioni
già
esposte in occasione della trattazione del secondo e del quinto motivo,
essendo
per un verso estraneo al thema decidendum la questione del contratto di
affitto
con il Comune, per altro verso non potendo utilmente eccepire il
comodatario (o
il conduttore) la mancanza di titolo sul bene del locatore che ha
trasferito il
bene e concluso il contratto, per altro verso ancora essendo la
legittimazione
della Vaccaro conseguente alla successione nel contratto di comodato
concluso
dal suo dante causa Salvatore Vaccaro. E' ovvio, poi, che rimane
impregiudicata
la questione della sussistenza o meno di una situazione giuridica sul
terreno
in questione da parte della Vaccaro nei confronti del Comune, che non
riguarda
questa causa.
10. Con il nono motivo la Turist Beach S.r.l. deduce la
«violazione e falsa
applicazione degli artt. 1417, 2722, 2724 e 2729 c.c., violazione e
falsa
applicazione dell'art. 184 c.p.c.. Omessa, insufficiente e
contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato
dalla parte
e rilevabile d'ufficio». Lamenta in sostanza che il Tribunale
aveva dichiarato
la simulazione del contratto di comodato, consentendo sul punto
illegittimamente la prova per testimoni.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il contratto di comodato era
simulato e
dissimulava un contratto di locazione nullo per violazione di legge.
Nella
stessa sentenza, poi, il Tribunale ha anche dichiarato la
nullità dello stesso
contratto di comodato per illiceità dell'oggetto.
Prescindendo dalla singolarità della duplice statuizione del
Tribunale, appare
tuttavia evidente che essendo stato considerato nullo il contratto di
comodato
per illiceità dell'oggetto era del tutto irrilevante, statuire
poi sulla
simulazione e sull'esistenza di un contratto di locazione dissimulato
peraltro
anch'esso nullo.
11. Con il decimo motivo la Turist Beach S.r.l. lamenta la
«violazione e falsa
applicazione dell'art. 1345 cod. civ. anche in relazione al sistema che
disciplina gli usi civici e pure i vincoli paesaggistici d'insieme
(c.d. legge
Galasso) oltre che per omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione
circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e
rilevabile
d'ufficio». Il giudice di appello aveva dichiarato la
nullità del contratto di
comodato per illiceità del suo oggetto. Ciò aveva
ritenuto poiché il terreno si
caratterizzava per la sua destinazione ad uso civico, e dunque per
consentire
l'attività tipica conseguente a tale destinazione, la
coltivazione agricola.
Inoltre perché la finalità prevista, ovvero la
realizzazione e gestione sul
detto terreno di una struttura geodetica aperta al pubblico e
caratterizzata
dalla presenza di strutture fisse allo Scopo di rendere accessibile
tale
struttura, si presentava assolutamente incompatibile con la
destinazione ed i
vincoli ricadenti sul bene stesso. Ciò premesso la ricorrente
contesta entrambe
le rationes decidendi poste a base della dichiarazione di
nullità. La c.d.
legge Galasso imporrebbe infatti solo dei vincoli di
inedificabilità relativi
(rimuovibili perciò in ogni tempo con il nulla osta della
Soprintendenza
competente), con la conseguenza che l'idea di realizzazione e di
mantenimento
di una struttura geodetica, per giunta di natura precaria (e
autorizzata) non
rende di per sé illecito l'oggetto né i motivi. Inoltre,
per ciò che concerne i
terreni destinati a uso civico, gli stessi non sono vincolati in forme
irreversibili alla coltivazione originaria.
Soprattutto i terreni che appartengono alla categoria b), di cui
all'art. 11
della legge n. 1766 del 1927 («terreni convenientemente
utilizzabili per la
coltura agraria»), poiché l'istituto della legittimazione
è esteso, nella
prassi, anche alle trasformazioni non agricole, purché per
finalità di pubblico
interesse, quale certamente si appalesa la valorizzazione in senso
turistico-ricettivo di una zona prossima al litorale marino. Inoltre,
l'art.
26, comma 1, della L.R. n. 10 del 1999 prevede che nella regione
siciliana le
legittimazioni delle occupazioni di terre di uso civico possono
effettuarsi
anche su terre che abbiano perduto, per effetto degli strumenti
urbanistici o
di edificazioni la destinazione di terreni agrari, boschivi ovvero
pascolativi.
La recente legge regionale del 23 dicembre 2000 n. 28 aveva poi
aggiunto che «la
già avvenuta edificazione, purché in regola con le norme
degli strumenti
urbanistici, non preclude la legittimazione …». Perfino, poi, il
regime di
indisponibilità dei beni della categoria A («terreni
convenientemente
utilizzabili come bosco o come pascolo permanente»), per i quali
sussistono
vincoli ambientali e naturalistici ben piú rigorosi di quelli
genericamente
esistenti per i beni inseriti nella categoria B, puó essere
derogato, sempre
per finalità di pubblio interesse, all'esito del procedimento
tecnico-amministrativo
di competenza regionale. E la Corte costituzionale sentenza n. 391 del
1989)
aveva definito il regime di inalienabilità dei beni di demanio
civico come un
regime di «alienabilità controllata», ammettendo la
possibilità anche di assoggettamento
dei beni civici a espropriazione forzata, sia pure previa
autorizzazione
dell'autorità competente.
Il motivo è infondato.
La cessione tra privati di beni comunali soggetti ad uso civico
è nulla, per
impossibilità dell'oggetto o per contrasto con norma imperativa
(piuttosto che
per illiceità dell'oggetto, come ritenuto nella sentenza
impugnata). Lo é per i
beni di cat. B) (artt. 11, 13, 21 legge 16 giugno 1927 n. 1766) prima
della
ripartizione, quale sembra essere quello per cui è causa,
rispetto al quale la
sentenza impugnata fa riferimento alla coltivazione agricola. Lo
sarebbe anche
per i beni di cat. A) che non possono essere alienati neppure dall'ente
pubblico, se non con l'autorizzazione della regione. Gli argomenti
astrattamente svolti nel motivo, anche con riferimento alle leggi
regionali
richiamate, non superano la conclusione della nullità rispetto
al caso di
specie.
L'infondatezza della doglianza rispetto alla autonoma ratio decidendi
relativa
alla destinazione del bene, esime il collegio dal considerare le altre
doglianze relative ai profili urbanistici.
12. Relativamente al ricorso incidentale proposto da Carmelo Dolce, la
controricorrente Rosa Vaccara ne ha eccepito l'inammissibilità,
deducendo che
lo stesso costituiva duplicazione del ricorso principale,
cosicché il Dolce,
per impugnare la sentenza, avrebbe dovuto presentare ricorso nelle
forme del
ricorso principale. L'eccezione é priva di fondamento.
Il principio dell'unicità del processo di impugnazione contro la
stessa
sentenza comporta che, una volta notificata la prima impugnazione,
tutte le
altre parti che intendano impugnare (ancorché contro parti
diverse dal primo
impugnante o relativamente a capi della sentenza non investiti dalla
prima
impugnazione) debbono farlo secondo le disposizioni e nei termini
previsti per
le impugnazioni incidentali (Cass. 29 settembre 2000, n. 12920). Il
ricorso è
dunque ammissibile per essere stato proposto nella forma incidentale e
notificato nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del
ricorso
principale. In ogni caso, non può non rilevarsi che il ricorso
incidentale è
stato presentato entro l'anno dalla pubblicazione della sentenza
impugnata (non
notificata, come dedotta nel ricorso incidentale e senza contestazioni
sul
punto), considerando il regime ordinario della sospensione feriale dei
termini
processuali, preveduto dall'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742,
applicabile alla causa in oggetto.
13. Con il primo motivo del ricorso incidentale Carmelo Dolce deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 214, 215 e 216 c.p.c.
nonché
dell'art. 75, in relazione all'art. 81 c.p.c., lamentando che nel
giudizio
pretorile la Turist Beach S.r.l. aveva disconosciuto la sottoscrizione
di
Salvatore Vaccaro nel testamento olografo presentato dalla asserita
erede Rosa
Vaccaro a fondamento della sua legittimazione a proporre la domanda. La
stessa
Vaccaro, tramite il suo difensore, dopo avere contestato il potere
della Turist
Beach S.r.l. ad effettuare il disconoscimento, aveva chiesto la
verifica della
autenticità della sottoscrizione apposta alla scheda
testamentaria. Tale
richiesta di verifica non aveva avuto alcun seguito. Era dunque
preclusa la
possibilità di utilizzare la scrittura privata stessa, o
comunque di prenderla
in esame, cosicché Rosa Vaccaro mancava di legitimatio ad causa.
Il motivo - che ricalca il secondo motivo del ricorso principale della
Turist
Beach S.r.l. - è inammissibile. E lo è per le stesse
ragioni già enunciate a
proposito del secondo motivo di ricorso della Turist Beach S.r.l. Nel
giudizio
d'appello non è stata in alcun modo trattata la questione del
disconoscimento
della scrittura e della verificazione della scrittura disconosciuta e,
dunque,
l'argomento non puó trovare ingresso nel giudizio per
cassazione.
14. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce la
«violazione e
falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e del principio di
corrispondenza tra
il chiesto e il pronunciato - Violazione e falsa applicazione dell'art.
115 e
116 c.p.c in ordine al principio della disponibilità delle prove
e al prudente
apprezzamento e valutazione delle stesse da parte del giudice,
nonché la
violazione delle regole del contraddittorio».
Il motivo é infondato. Le doglianze in esso contenute ripetono
sostanzialmente
- e in gran parte anche formalmente - le argomentazioni contenute nel
quarto
motivo del ricorso principale della Turist Beach S.r.l. Può
dunque rinviarsi a
quarto già detto a proposito di quel dativo (v. sub n. 5).
15. Con il terzo motivo il ricorrente incidentale deduce
«violazione e falsa
applicazione degli art. 1343, 1418 e 1421 c.c., con riferimento in
particolare
al principio della rilevabilità d'ufficio della nullità
in relazione al
principio della domanda di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c.. Violazione e
falsa
applicazione sotto ulteriore profilo degli artt. 1343, 1418 e 1421 cc.
con
riferimento all'art. 21 legge n. 203 del 1962 in combinato disposto con
gli
artt. 9,11 e 13 della legge n. 1766 del 1927. Tutto in relazione
all'art. 360
c.p.c. n. 33». Il ricorrente richiamata i limiti alla
rilevabilità d'ufficio
della nullità, lamenta che la sentenza aveva dichiarato la
nullità del
contratto di locazione senza un'espressa richiesta in tal senso da
parte della
Vaccaro che anzi aveva chiesto la risoluzione per inadempimento del
contratto
in questione.
Circa l'ambito del rilievo d'ufficio della nullità (art. 1421
c.c.) nella
giurisprudenza di questa Corte si registra un contrasto.
Secondo un primo indirizzo «il potere del giudice di dichiarare
d'ufficio la
nullità di un contratto ex art. 1421 va coordinato con il
principio della
domanda fissato dagli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., sicché
solo se sia in
contestazione l'applicazione o l'esecuzione di un atto la cui
validità
rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice é
tenuto a
rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio la nullità
dell'atto,
indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, per
converso, qualora la
domanda sia, diretta a far dichiarare l'invalidità del contratto
o a farne
pronunciare la risoluzione, per inadempimento, la deduzione nella prima
ipotesi
di una causa di nullità diversa da quella posta a fondamento
della domanda e
nella seconda ipotesi di una qualsiasi causa di nullità o di un
fatto diverso
dall'inadempimento sono inammissibili, nè tali questioni possono
essere
rilevate d'ufficio ostandovi il divieto di pronunciare ultra
petita» (Cass. 22
aprile 1995, n. 4607; 9 febbraio 1994, n. 1340; 11 marzo 1988, n. 2398;
8
novembre 1979, n. 5766; Cass. 28 gennaio 1972, n. 244; Cass. 9 marzo
1971, n.
661).
Secondo un altro più recente indirizzo «la nullità
di un contratto del quale
sia stato chiesto l'annullamento (ovvero la risoluzione o la
rescissione) può
essere rilevata d'ufficio dal giudice, in via incidentale, senza
incorrere in
vizio di ultrapetizione, atteso che in ognuna di tali domande è
implicitamente
postulata l'assenza di ragioni che determinino la nullità del
contratto.
Pertanto il rilievo di quest'ultima da parte del giudice dà
luogo a pronunzia
non eccedente i limiti della causa, la cui efficacia va commisurata
alla
domanda proposta, potendo quindi estendersi all'intero rapporto
contrattuale se
questa lo investa interamente» (Cass. 2 aprile 1997, n. 2858).
Può tuttavia prescindersi dall'indicato contrasto, in quanto nel
caso di specie
era in contestazione l'esecuzione del contratto di locazione concluso
tra
salvatore Vaccaro e Carmelo Dolce, la cui validità costituiva
elemento
costitutivo della domanda di pagamento dei canoni svolta da Rosa
Vaccaro. In
altri termini la nullità del contratto di locazione non è
stata pronunziata in
luogo della risoluzione dello stesso, ma per paralizzare la pretesa
della
Vaccaro in ordine al pagamento dei canoni. Ciò risulta chiaro
dalla sentenza
impugnata nella quale dalla nullità del contratto di locazione
si fa derivare
«l'impossibilità di accogliere la domanda azionata da
Vaccaro Rosa allo scopo
di ottenere i canoni insoluti da parte di Dolce Carmelo» (v. pag.
13 motiv.
nonché dispositivo), mentre la restituzione del bene si fa
conseguire alla
declatoria di nullità del contratto di comodato concluso da
Salvatore Vaccaro e
la Turist Beach S.r.l. (v. pag. 11 motiv. nonchè dispositivo).
16. Con il quarto motivo il ricorrente incidentale lamenta la
«violazione e
falsa applicazione sotto ulteriore profilo degli artt. 1343, 1918 e
1421 c.c.
con riferimento all'art. 21 legge 203/82 in combinato disposto con gli
artt. 9,
11 e 13 della legge 1766/1927 in relazione all'art. 360 n. 3
c.p.c.». La
doglianza riguarda la declaratoria di nullità del contratto di
affitto tra
Salvatore Vaccaro e Carmelo Dolce. La violazione delle norme indicate
viene
dedotta sotto vari e concorrenti profili: a) perché il divieto
di concedere in
subaffitto non comportava la nullità del contratto ma la
risoluzione del
contratto di affitto; b) perché questa nullità poteva
essere fatta valere solo
dal concedente; c) perché la nullità non poteva essere
fatta valere in base ai
principi desumibili dalla legge n. 1766 del 1927, anche considerando le
leggi
della Regione Sicilia n. 10 del 1999 e n. 28 del 2000.
Il motivo é inammissibile.
La sentenza impugnata dopo una (non rilevante) digressione sulla
simulazione
del contratto di comodato, ha dichiarato: a) la nullità del
contratto di
comodato concluso tra Salvatore Vaccaro e la Turist Beach S.r.l.
poiché
relativo ad un bene destinato ad uso civico e da ciò ha fatto
conseguire
l'obbligo della restituzione dello stesso a carico della Turist Beach
S.r.l.;
b) la nullità del contratto di locazione concluso tra Salvatore
Vaccaro e Dolce
Carmelo (integrante un contratto di subaffitto) anche per violazione
delle
norme della legge n. 1766 del 1927, facendo da ciò conseguire il
rigetto della
domanda della Vaccaro di pagamento dei canoni di locazione non versati.
Da quanto detto risulta chiaro che il ricorrente manca di interesse,
poiché la
nullità del contratto di locazione è stata dichiarata per
paralizzare la
pretesa della Vaccaro al pagamento dei canoni, mentre, come si è
già detto, il
rilascio del bene è stato pronunziato quale conseguenza del
contratto di
comodato e a carico unicamente della Turist Beach S.r.l..
17. Con il quinto motivo il ricorrente incidentale deduce la
«violazione e
falsa applicazione degli artt. 21 e 49 della legge 3 maggio 1952 n. 203
e art.
2 legge 244/1957, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. anche per
omessa
istruttoria e n. 5 per omessa motivazione circa un punto decisivo della
controversia rilevabile d'ufficio» . In sostanza il ricorrente
incidentale, con
un motivo che ripete nella sostanza e nella forma il quinto motivo del
ricorso
proposto dalla Turist Beach S.r.l. lamenta che il Tribunale avrebbe
dovuto
comunque negare la legittimazione della Vaccaro, in applicazione delle
norme
sopra indicate che disciplinano i contratti di affitto di fondo
rustico.
Il motivo è inammissibile, per le stesse ragioni per le quali
é stato
dichiarato inammissibile il quinto motivo della ricorrente principale
Turist
Beach S.r.l. e, precisamente, perchè vengono prospettate
questioni del tutto
nuove non dibattute nei precedenti gradi di giudizio.
18. Con il sesto motivo (rubricato nel ricorso come VIII) il ricorrente
incidentale deduce la «violazione e falsa applicazione del
sistema predisposto
dalla l. 16 giugno 1927 n. 1766, circa la disciplina degli usi civici,
anche con
riferimento all'art. 1140 in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 3 e
lamenta, con
argomentazioni che ripetono nella sostanza e nella forma l'ottavo
motivo del
ricorso proposto dalla Turist Beach S.r.l., che la Vaccaro non era in
alcun
modo legittimata alla restituzione del bene. Infatti, la
titolarità del diritto
fatto valere uti civis non si trasmette agli eredi; essa peraltro non
aveva
ereditato la qualifica di occupatore abusivo, che magari aveva
posseduto il
fratello Salvatore, perché quest'ultimo si era volontariamente
spogliato di
tale qualifica avendo deliberatamente dismesso ogni rapporto reale ed
effettivo
col bene e avendo immesso nel diritto di uso e di occupazione soggetti
terzi.
Il motivo è infondato. E lo é le ragioni già
esposte in occasione della
trattazione dell'ottavo motivo proposto dalla Turist Beach S.r.l. e,
cioè: per
essere estranea al thema decidendum la questione del contratto di
affitto con
il Comune; non potendo utilmente eccepire il conduttore la mancanza di
titolo
sul bene del locatore che ha trasferito il bene e concluso il
contratto, per
essere la legittimazione della Vaccaro conseguente alla successione nel
contratto concluso dal suo dante causa Salvatore Vaccaro. E' ovvio,
poi, come
già detto, che rimane impregiudicata la questione della
sussistenza a meno di
una situazione giuridica sul terreno in questione da parte della
Vaccaro nei
confronti del Comune, che non riguarda questa causa.
19. Con il primo motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce
«l'errore
materiale nell'indicazione delle particelle relative al terreno oggetto
di
causa, avvero mancata osservanza del principio della corrispondenza
(letterale)
tra il chiesto é il pronunziato». Il tribunale non aveva
considerato che
nell’ambito della memoria integrativa e dell'atto per integrazione del
contraddittorio essa, ferma restando l'identità del terreno per
cui era causa,
aveva proceduto ad una migliore indicazione dei dati identificativi del
terreno, ad evitare successive difficoltà in corso d'esecuzione
ed aveva diritto
a che il bene venisse identificato conformemente alle sue richieste.
Ció
premesso la Vaccaro ha concluso nel senso che «trattandosi di una
correzione di
un errore materiale, non avente carattere sostanziale, potrà
essere effettuata
direttamente» dalla Corte di cassazione.
Il motivo è inammissibile.
La speciale disciplina, dettata dagli artt. 287 e ss. c.p.c., per la
correzione
degli errori materiali incidenti sulla sentenza, la quale attribuisce
la
competenza all'emanazione del provvedimento correttivo allo stesso
giudice che
ha emesso la decisione da correggere, mentre non è applicabile
quando contro la
decisione stessa sia già stato proposto appello dinanzi al
giudice del merito,
in quanto l'impugnazione assorbe anche la correzione di errori,
è invece da
osservarsi rispetto alle decisioni impugnate con ricorso per
cassazione, atteso
che il giudizio relativo a tale ultima impugnazione è di mera
legittimità e la
Corte di cassazione non può correggere errori materiali
contenuti nella
sentenza del giudice di merito, al quale va, pertanto, rivolta
l'istanza di
correzione, anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione
(Cass. 27
luglio 2001, n. 10289; Cass. 6 febbraio 1995, n. 1348).
Qualora poi la questione non rilevasse quale errore materiale, la
prospettazione
sarebbe nuova non essendo stata dibattuta in appello la questione dei
dati
identificativi del terreno in questione.
20. Con secondo motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce la
violazione
dell'art. 112 c.p.c. per avere il tribunale ritenuto d'ufficio la
nullità del
contratto di locazione, dell'art. 1453 c.c. per non aver pronunziato la
risoluzione di inadempimento di tale contratto, degli artt. 1218, 1223,
1224,
1587, 2043 c.c. per non aver condannato i conduttori al pagamento dei
canoni e
al risarcimento dei danni.
Il motivo è infondato.
Come già si è osservato in occasione della trattazione
del terzo motivo del
ricorso incidentale proposto dal Dolce, nel caso di specie il rilievo
d'ufficio
della nullità non viola le norme indicate, poichè,
essendo in contestazione il
pagamento dei canoni, era richiesta in sostanza l'esecuzione del
contratto di
locazione del quale si predicava ovviamente la validità. Non
puó esservi dunque
dubbio in ordine al potere di rilievo d'ufficio della nullità; e
ciò
prescindendo dai termini del contrasto giurisprudenziale che si
registra nella
giurisprudenza di legittimità in ordine ai limiti di tale
rilievo e che è stato
sopra riassunto.
Gli altri profili del motivo sono logicamente assorbiti.
21. Con il terzo motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce la
violazione
e falsa applicazione degli artt. 1571 e 1575 c.c. per non avere il
Tribunale
ritenuto sufficiente a radicare la legittimazione attiva dell'attrice
l'essere
parte del contratto di comodato e di locazione.
La Vaccaro non è soccombente in ordine alla questione della
legittimazione,
cosicché il motivo deve ritenersi logicamente subordinato
all'accoglimento dei
mortivi svolti nel ricorso principale e in quello incidentale del Dolce
in
ordine alla sua legittimazione attiva. In questo senso il motivo resta
assorbito; e ciò indipendentemente da quanto sopra detto in
ordine ai profili
della legittimazione della Vaccaro.
22. Con il quarto motivo del ricorso incidentale la Vaccaro deduce la
violazione dell'art. 91 c.p.c., per avere il tribunale proceduto alla
compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio
considerando «la particolarità della controversia, la
soccombenza reciproca e
la ricorrenza di giusti motivi». A fronte di questa motivazione
le
contestazioni della ricorrente sono assolutamente generiche e,
comunque, il
principio generalmente affermato a questa Corte e condiviso dal
Collegio - dal
quale si è discostata la sentenza 5 maggio 1999, n. 4455 -
è nel senso che
rientra nei poteri del giudice di merito la valutazione
dell'opportunità della
compensazione, totale e parziale, delle spese sia nell'ipotesi di
soccombenza
reciproca che di sussistenza di altri giusti motivi, salva la
censurabilità
della relativa motivazione nel caso in cui a giustificazione della
disposta
compensazione siano addotte ragioni illogiche o erronee (Cass. 20
settembre
2000, n. 12431; Cass. 23 aprile 2001, n. 5976; Cass. 7 marzo 2001, n.
3272;
Cass. 3 maggio 2002, n. 6366).
23. Per quanto detto i ricorsi riuniti devono essere rigettati.
Sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese
del
giudizio per cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese del
giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma il 17 giugno 2003.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 3 FEBBRAIO 2004
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