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Tribunale civile di Bologna, 25 gennaio 2000, n. 206, sui contratti di credito al consumo F… s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t. M. F.: “Nel merito, rigettare integralmente l’opposizione proposta, con conferma in ogni sua parte del decreto ingiuntivo opposto; condannare la M. S., in persona del suo legale rappresentante in carica, al pagamento della somma capitale ingiunta, oltre ad interessi di mora al tasso del 2,5% mensile sino al saldo effettivo, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese, competenze ed onorari”. D. R.: “1) rigettare la domanda proposta contro il sig. R. D. con l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e condannare la M. S. in persona del suo legale rappresentante pro tempore a risarcire quanto speso dal sig. R… per la restituzione della merce difettosa; 2) in via subordinata, ridurre il prezzo della merce ricevuta dal sig. R. nella misura che sarà ritenuta di giustizia, compensando il credito di quest’ultimo relativo alle spese per la restituzione della merce difettosa. Con vittoria di spese e competenze di giudizio”. Esponeva parte ricorrente di avere stipulato quattro contratti di finanziamento, di un importo totale di £. 35.140.758, nei confronti dei signoriR.., S., V…e T., per l’acquisto di beni presso il venditore convenzionato M. Una volta concluse le operazioni di compravendita, la F. aveva inviato l’intero importo finanziato al venditore ed i bollettini di pagamento rateale ai rispettivi beneficiari, i quali però non avevano versato alcuna rata. Poiché laM.., nel predisporre il contratto di finanziamento poi firmato dai quattro compratori, non aveva provveduto ad inserire una serie di dati previsti dall’art. 124 DLGS 385/1993 a pena di nullità del contratto, nonché previsti anche dall’accordo di convenzionamento tra F… e M., la F. si trovava nell’impossibilità di agire giudizialmente per il recupero del credito nei confronti dei soggetti finanziati, che peraltro lamentavano la sussistenza di gravi vizi nei beni compravenduti. Pertanto, avendo con tale comportamento negligente violato l’art. 2 dell’accordo di convenzionamento stipulato il 22/12/1993, la M. diveniva contrattualmente inadempiente verso la F.., ed ai sensi dell’art. 6 dello stesso accordo doveva rimborsare alla F. la somma finanziata. 2) In accoglimento del ricorso, il Pretore, con decreto n. 4152 emesso il 19/9/1996, ingiungeva alla M. di pagare alla F.. la somma di £. 35.140.758, oltre ad interessi di mora del 2,5% mensili dal 1/8/1996 al saldo ed alle spese del procedimento, liquidate in complessive £. 1.175.000 oltre al 10% ex art. 15 t.p., i.v.a. e c.p.a.. 3) Con atto di citazione in opposizione ritualmente notificato il 8/11/1996, la M. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, convenendo in giudizio non solo la F., ma anche i signori M. S. e V., quali chiamati in garanzia. Parte opponente chiedeva la revoca del decreto e, in subordine, la condanna dei soli R., S. e V.. 4) Con comparsa di risposta depositata in Cancelleria il 23/12/1996, si costitutiva in giudizio R.. Esponeva in particolare il R.. che il computer acquistato si era rivelato difettoso al punto di non consentirne l’utilizzazione. Pertanto, appena scoperto il difetto, con una prima raccomandata inviata ALLA F. ed alla M. D., aveva immediatamente denunciato l’esistenza del vizio, richiesto la sostituzione o riparazione del computer, chiarito che in mancanza il contratto doveva intendersi risolto; in assenza di ogni risposta, con una seconda raccomandata, aveva poi effettivamente provveduto a risolvere il contratto, chiedendo istruzioni per la restituzione della merce. 5) Con comparsa di risposta depositata in Cancelleria il 7/1/1997, si costituiva in giudizio anche la F., che chiedeva il rigetto dell’opposizione, si opponeva alla chiamata in garanzia dei compratori e domandava la concessione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo. 6) Con ordinanza riservata depositata il 10/6/1997, il Pretore rigettava allo stato l’istanza di provvisoria esecuzione, sul presupposto che “la F., secondo le modalità contrattuali stabilite nella convenzione con il venditore, ha 90 giorni di tempo per esaminare la domanda di finanziamento e la completezza degli elementi ivi contenuti” 7) Alla quarta udienza del 22/9/1999, nessuno compariva per parte opponente, la F. ed il R. precisavano le rispettive conclusione, il Giudice tratteneva la causa in decisione concedendo i termini di legge ex art. 190 c.p.c.. Con le comparse conclusionali rispettivamente depositate il 19/11/1999 ed il 22/11/1999, la F. ed il R. illustravano poi le loro difese conclusive. MOTIVI DELLA DECISIONE a) Deve preliminarmente dichiararsi la contumacia dei convenuti E. S. e G. V., ritualmente chiamati in causa dalla citazione in opposizione operata dalla M. D., ma mai costituitisi nel presente giudizio. Va poi osservato che parte opponente, dopo la rinuncia al mandato dell’avvocato E…, non è comparsa all’udienza ex art. 184 c.p.c. ed all’udienza di precisazione delle conclusioni. Tuttavia, in aderenza a quanto costantemente ritenuto dalla Suprema Corte, la omessa precisazione delle conclusioni della parte nell’udienza di cui all’art. 189 c.p.c., non comporta alcuna nullità o decadenza, dovendosi presumere che la parte abbia inteso fare riferimento alle conclusioni formulate in precedenza (cfr., da ultimo, Cass. Sez. III n. 10027/1998). Pertanto, occorre riferirsi alle conclusioni rassegnate dalla M. D. nell’atto di citazione in opposizione ed in epigrafe trascritte. Per quanto concerne invece il R.., non possono essere prese in considerazione le conclusioni riportate in sede di comparsa conclusionale, poiché è pacifico che nel nostro ordinamento l’udienza di precisazione ex art. 189 c.p.c. è la sede ultima per formulare le istanze processuali (cfr., ex pluribus, Cass. n. 1698/1984), essendo la funzione della comparsa conclusionale unicamente quella di illustrare domande ed eccezioni già svolte (cfr. Cass. Sez. II n. 5714/1997 e Cass. Sez. II n. 4111/1996). Pertanto, avendo il R.. in sede di precisazione delle conclusioni precisato “come in atti”, occorre riferirsi alle conclusioni rassegnate in comparsa di costituzione e risposta, in epigrafe trascritte. In ogni modo, va rilevato come sia l’intera comparsa conclusionale del R.. a non essere rituale, essendo stata depositata in cancelleria il 22/11/1999, e cioè 61 giorni dopo l’udienza di precisazione del 22/9/1999, in violazione del termine perentorio disposto dall’art. 190 c.p.c.. b) Venendo al merito della controversia, l’opposizione deve essere accolta, e pertanto deve revocarsi il decreto ingiuntivo n. 4152/1996 emesso dal Pretore di Bologna in data 19/09/1996. Non può innanzitutto dubitarsi del fatto che i contratti di credito al consumo stipulati dalR., S. V. e T., sono nulli per l’espressa comminatoria di cui all’art. 124 comma 3 DLGS n. 385/1993, mancando di tutti gli elementi richiesti dalla norma, ed in particolare della “descrizione analitica dei beni” acquistati a seguito del finanziamento e del “prezzo stabilito dal contratto”. Di tale nullità, tra l’altro, non dubita nemmeno la stessa F…, che sin dalla comparsa di risposta ha correttamente dato atto di non potere riscuotere coattivamente i ratei del finanziamento, proprio in ragione dell’invalidità del contratto di finanziamento. Ciò posto, è ben vero che la corretta compilazione delle richieste di finanziamento, ed in particolare del rispetto della normativa posta dall’art. 124 DLGS n. 385/1993, è un preciso obbligo contrattuale assunto dalla venditrice convenzionata M. D. nei confronti della F… (cfr. art. 2 delle condizioni generali di convenzionamento); che tale obbligo è stato violato, in seguito alla predisposizione di quattro domande di finanziamento certamente incomplete per la mancanza dei requisiti richiesti (cfr. le domande di finanziamento agli atti); e che astrattamente la M.. D… è quindi contrattualmente responsabile verso la F… per inadempimento contrattuale. Tuttavia, è altrettanto vero che nulla è dovuto alla F.. a titolo di risarcimento danni, in quanto trattasi di danni che ai sensi dell’art. 1227 comma 2 c.c. sarebbero stati evitati “usando l’ordinaria diligenza”. Pur se non è emerso con chiarezza, nel corso di causa, il preciso momento in cui il finanziamento è stato erogato, il comportamento della F… non può infatti logicamente sfuggire ad una duplice alternativa: o il finanziamento, come appare logico, è stato erogato dopo avere preso visione della richiesta predisposta dalla M… D., ed allora va osservato che la nullità del contratto era ictu oculi evidente allora come ora, trattandosi di un documento privo di tutte le parti che per legge devono essere compilate e che la stessa F.. richiede ai venditori convenzionati di compilare; oppure il finanziamento, per un qualche peculiare motivo, è stato concesso senza avere preso visione della richiesta, ed allora va in ogni caso evidenziato come, ai sensi dell’art. 3 lett. d) del contratto di finanziamento, tale richiesta è irrevocabile per ben 90 giorni, e la F… aveva quindi tre mesi di tempo per potere vagliare la richiesta stessa prima di accettarla. In ogni caso, quindi, deve essere mosso alla F… un forte rilievo in termini di negligenza, che va ben oltre il mero concorso del fatto colposo del creditore (cfr. art. 1227 comma 1 c.c.), ma integra la più radicale fattispecie del danno che avrebbe potuto essere in toto evitato con l’uso dell’ordinaria diligenza (cfr. art. 1227 comma 2 c.c.). L’avere concesso un finanziamento dopo avere preso visione di un contratto palesemente nullo, ovvero l’aver concesso un finanziamento omettendo di verificare la validità di un contratto che si poteva facilmente verificare e per il quale ci si era riservati tre mesi di tempo per farlo, comporta ad avviso di questo Tribunale la violazione da parte del creditore del dovere, dettato dall’art. 1227 comma 2 c.c., di tenere “una condotta attiva o positiva diretta ad impedire le conseguenze dell’altrui comportamento dannoso” (Cass. Sez. III n. 3250/1996), estrinsecazione del più generale “dovere di correttezza nei rapporti” tra le parti (Cass. Sez. I n. 4854/1998), finalizzata a far sì che “con certezza il danno venga evitato o ridotto” (Cass. Sez. lav. n. 487371995). Né può seriamente ritenersi che tale comportamento non poteva essere richiesto in quanto consistente in un’attività gravosa ed eccezionale, tale da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (Cass. Sez. III n. 6856/1998, Cass. Sez. III n. 9874/1997, Cass. Sez. III n. 3250/1996, Cass. Sez. lav. n. 4873/1995), da interessare abnormemente la sfera giuridica personale del creditore (Cass. Sez. I n. 4854/1998), da risolversi in un facere non corrispondente all’id quod plerumque accidit (Cass. Sez. III n. 6856/1998, Cass. Sez. III n. 6798/1993). L’applicabilità del disposto dell’art. 1227 comma 2 ed il rigetto della domanda risarcitoria, travolgono, sotto il profilo logico, ogni questione circa l’applicabilità della clausola penale di cui all’art. 6 delle condizioni generali di convenzionamento, alla violazione dell’art. 2 delle condizioni stesse da parte del venditore convenzionato. c) Deve essere rigettate anche la domanda riconvenzionale proposta dal Romeo e relativa alla condanna della M… D.. a risarcire quanto speso “per la restituzione della merce difettosa”. Basta, al proposito, osservare che non solo il R.. non ha in alcun modo processualmente provato la difettosità di tale merce, ma non ha nemmeno dedotto alcun mezzo di prova in proposito. Pertanto, da un lato la merce non è stata restituita, e dall’altro lato non vi è prova alcuna dei difetti lamentati. d) Per quanto concerne infine le spese di lite, richiamato quanto argomentato al punto a) in ordine alle conclusioni effettivamente e validamente rassegnate dalle parti, ritiene il Tribunale che ex art. 92 comma 2 c.p.c. s’imponga una pronuncia di compensazione delle spese stesse. Infatti, per quanto concerne il rapporto processuale tra la M.. D. e la F…, è ben vero che la domanda della M… D. è stata pienamente accolta e la Finemiro è risultata totalmente soccombente; ma è altrettanto vero che sussistono giusti motivi, esplicitati dall’inadempimento contrattuale della M. D. stessa nei confronti della F. (inadempimento che, per il disposto dell’art. 1227 comma 2 c.c., non ha comportato alcun risarcimento danni, ma che si è detto essere comunque indiscutibile), per compensare totalmente tra le parti le spese di lite. Per quanto concerne invece la posizione processuale del R.., la compensazione delle spese si spiega con il principio della soccombenza parziale: all’accoglimento della domanda di rigetto delle pretese vantate nei suoi confronti dalla M. D., chiamante in causa, è infatti seguito il rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento danni. - in accoglimento dell’opposizione, revoca il decreto ingiuntivo n. 4152/1996 emesso dal Pretore di Bologna in data 19/09/1996, e per l’effetto rigetta la domanda creditoria contenuta nel ricorso proposto dalla Finemiro s.p.a. in persona del suo legale rappresentante p.t. M. F.; - compensa integralmente le spese di lite tra la M.. D. S. s.r.l., la F.o s.p.a. ed il signor R. D.. Il Giudice Dott.ssa Maria Acierno Bologna, 20/1/2000 (Sentenza decisa con la collaborazione del dottor Gianluigi Morlini, uditore giudiziario). |
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